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Autore: DorotheaBrooke    22/02/2014    7 recensioni
Tywin Lannister al capezzale del figlio, dopo la battagli delle acque nere, è diviso fra l'ammirazione per il coraggio del figlio e l'odio per il mostro che ha ucciso sua moglie.
- Ormai è nelle mani degli dei- ribadì Pycelle con finto dispiacere
-Pycelle, voi siete il Gran Maestro, giusto?- chiese Tywin Lannister voltandosi verso la porta
-Sì, mio signore, Gran Maestro e fedele servitore dei Lannister- Replicò il vecchio con un goffo inchino
-Un Gran Maestro che si affida agli dei come l’ultimo dei septon mi è del tutto inutile- replicò dirigendosi verso la porta –usate la vostra arte per guarirlo e non venite mai più a parlarmi di divinità.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tyrion Lannister, Tywin Lannister
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Cersei continuava a parlare. Non aveva smesso da quando si era resa conto di non essere più in pericolo, ogni volta che si incontravano, ripeteva di come quel mostriciattolo osceno avesse minacciato il sangue del suo sangue, disonorato la famiglia eccetera, eccetera, eccetera. Perfino qui continuava a miagolare e a soffiare come una gattina isterica, perfino qui. Lord Tywin abbassò il capo. La luce che filtrava nella piccola, umida stanza era a malapena sufficiente per distinguere la figura che giaceva immota su un misero giaciglio. Tyrion era irriconoscibile, le bende coprivano metà del suo volto, le palpebre calate celavano l’asimmetria degli occhi. A prima vista si sarebbe detto un bambino. Ma perfino un orfano malato di febbre, proveniente dalla fogna più oscura e sconosciuta, avrebbe suscitato più compassione di quella che vi era nella stanzetta.
 
-le ferite sono molto profonde mio signore- Il tono del maestro Pycelle voleva essere grave, serio. La recita sarebbe riuscita meglio se nei suoi occhi non avesse fiammeggiato un lampo di vittoria –Pensate, metà del naso è andata perduta-
 
Tywin Lannister continuava a osservare il piccolo corpo disteso di fronte a lui. E così sotto quelle bende, il volto mostruoso di suo figlio era ancora più deforme.
 
-Credo che non ci resti altro da fare che pregare- concluse il maestro Pycelle, nell’evidente sforzo di trattenere un ghigno.
 
Cersei riprese a lamentarsi della condotta scellerata del fratello. Le avrebbe dovuto ricordare che il compito di  un leone è azzannare alla gola i propri nemici, non ascoltare le lamentele di chi era stato troppo debole per affrontare a viso aperto i propri rivali. Sì, presto lo avrebbe fatto, ma non ora. Il Lord di Castel Granito si passò una mano sulla fronte.
 
-Mio figlio ha guidato l’attacco fuori dalle mura- disse, come se stesse cercando di convincersi delle proprie parole– Quale demone l’ha posseduto?-
 
Non avrebbe mai creduto che quella creatura infame e ridicola fosse in grado di dimostrare anche solo un decimo del coraggio di Jaime, eppure…
 
Chiuse gli occhi, riportando alla mente gli eventi della battaglia. La sua cavalleria aveva sfondato il fianco delle truppe di Stannis, disperdendole. Si era aspettato una battaglia più difficile, ma si era sbagliato. I soldati dell’usurpatore, stanchi e terrorizzati dalle fiamme verdi che ancora illuminavano le acque nere, erano già impegnati a combattere su un altro fronte e furono colti di sorpresa. “Bravo cagnolino” si era detto, pensando che la sortita fuori dalle mura fosse stata guidata dal Mastino.
Fu in quel momento che il grido di battaglia più improbabile che ci fosse raggiunse le sue orecchie –Mezzo uomo! Mezzo uomo!- I soldati alzavano le spade gridando al cielo quelle parole, come se ad esse fosse dovuta tutta la speranza che albergava nei loro cuori, si lanciavano contro i nemici, come se quelle parole fossero una protezione più impenetrabile di qualsiasi scudo, si accasciavano ripetendo quelle poche parole perfino in punto di morte. Non l’avrebbe mai creduto possibile. Aveva spronato il suo cavallo, mulinando la spada contro i nemici, ma più ne abbatteva, più il grido cresceva, risuonava nell’aria, raggiungeva le sue orecchie, avvelenava il suo sangue. Neanche la disfatta di un milione di nemici avrebbe potuto placare la sua rabbia. I soldati erano disposti a seguire fino alla morte suo figlio, ma non il figlio che avrebbe voluto, non il figlio che sarebbe dovuto essere al suo fianco … Jaime, la gioia dei suoi occhi, la sua speranza per il futuro dei Lannister, il suo più grande motivo di orgoglio, era lontano. Quei maledetti uomini venerava per comandante non uno splendido e fiero leone, ma un nano deforme, pieno solo di insolenti arguzie e di appetiti osceni. Come osava quel mostro dare alla gente motivo di amarlo? Lui che aveva rubato a suo padre l’amore di una vita? Fu in quel momento, mentre girava il cavallo per assestare un fendente mortale a un aggressore che lo vide. Giaceva fra le braccia di un ragazzino, il sangue che risaltava sul pallore mortale del suo viso. Il mostro … il folletto … Tyrion … su figlio … aveva visto suo padre e nel suo sguardo c’era sollievo … no, era qualcosa di più, qualcosa che Tywin Lannister non avrebbe mai creduto che la creatura che aveva ucciso sua moglie fosse in grado di provare. Il cavallo aveva girato su se stesso e quando lo sguardo di Tywin Lannister si era posato di nuovo su suo figlio, gli occhi di Tyrion erano chiusi, come se avessero tratto fino ad allora la forza di rimanere aperti dalla vista del padre che amavano. Un pensiero così strano aveva colto di sorpresa il lord di Castel Granito che non era stato neanche in grado di ordinare che al ragazzo che trascinava via suo figlio fosse dato un cavallo.
 
Tywin Lannister trasse un sospiro. Mentre il re, suo nipote, si era nascosto tra le gonne di sua madre, come un gattino senza unghie, la bestia, che fino ad allora era stata la sua vergogna, era scesa in campo, spronando i propri uomini, preferendo la morte alla vergogna della sconfitta. Tyrion si era comportato in modo migliore di chi era migliore. E ora giaceva in una stanza oscura in cui ristagnava un odore acre di sudore e di sangue putrefatto. Forse il difensore della città si sarebbe meritato di più. Non poté fare a meno di chiedersi  che cosa avrebbe fatto se su quel letto ci fosse stato Jaime. La risposta che gli sovvenne fu immediata. Di certo qualche testa sarebbe caduta se un trattamento del genere, un atteggiamento così irrispettoso fossero stati riservati al figlio prediletto e non al nano, al folletto di Castel Granito. Sì, si disse Tywin Lannister, su quel letto ci sarebbe dovuto essere l’aitante, il valoroso Jaime Lannister, magnifico nella sofferenza com’era terribile nell’ira. Era il figlio sbagliato che stava lottando fra la vita e la morte, il figlio sbagliato aveva salvato Approdo del Re. Il corpo di Tyrion in quel letto squallido appariva ancora più piccolo e fragile, un corpo così non era fatto per andare in battaglia e le guerre non erano posto per i piccoli nani. Eppure suo figlio aveva combattuto in prima fila, senza che nessuno gliel’ordinasse, senza che nessuno pretendesse da lui un simile coraggio. E ora quegli occhi che erano stati animati da un simile e folle ardore forse non si sarebbero più aperti. Cos’avrebbe fatto se quella creatura sbagliata e mai voluta fosse morta per difendere l’onore della casa che l’aveva sempre rifiutato? Cos’avrebbe fatto se il figlio che aveva sempre disprezzato e torturato avesse perso la vita, per difendere la città e, con essa, la famiglia dalla quale non aveva avuto altro che dolore? Avrebbe potuto perdonargli di aver ucciso Joanna? Avrebbe  potuto assolvere il figlio nano dal peccato di essere vissuto?
 
Ditocorto fece una battuta. Lo sguardo che gli rivolse fu sufficiente per congelare il sorriso sulle sue labbra da damerino imbellettato. Per un attimo ammirò il folletto per aver resistito alla tentazione di mettere su delle picche le teste di tutti quei signori viscidi e inutili. Il suo sguardo tornò sul figlio morente e ciò che vide fece ribollire il suo sangue nelle vene per la furia. Gli occhi di quella creatura indecente erano di nuovo aperti, doveva aver sentito le parole di Baelish perché il suo sguardo era pieno di rabbia e sdegno. Com’era possibile che quel nano avesse ancora la forza di sostenere lo sguardo di colui a cui aveva rubato l’amore? Come osava essere ancora vivo? Perché si ostinava ad andare avanti nonostante tutto? La rabbia di Tywin Lannister tuttavia durò solo un istante, dissolvendosi nell’istante in cui gli asimmetrici occhi che lo osservavano si richiudevano e suo figlio sprofondava di nuovo nelle tenebre da cui era riemerso. Sì, si disse il lord di Castel Granito mentre la calma tornava a dominare su di lui, per il coraggio e il valore che aveva dimostrato, forse avrebbe potuto perdonare Tyrion Lannister … ma solo se fosse morto.  
 
- Ormai è nelle mani degli dei- ribadì Pycelle con finto dispiacere
-Pycelle, voi siete il Gran Maestro, giusto?- chiese Tywin Lannister voltandosi verso la porta
-Sì, mio signore, Gran Maestro e fedele servitore dei Lannister- Replicò il vecchio con un goffo inchino
-Un  Gran Maestro che si affida agli dei come l’ultimo dei septon mi è del tutto inutile- replicò dirigendosi verso la porta –usate la vostra arte per guarirlo e non venite mai più a parlarmi di divinità.
 
Mentre nella stanza calava il silenzio, pensò di aver detto ciò che doveva dire, ma non ciò che voleva dire.

Uscì, augurandosi che suo figlio non passasse la notte.  
-per il suo bene…- mormorò raggiungendo le scale.
 
  
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