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Autore: Redviper    21/06/2008    1 recensioni
Natale. Nebbia. un uomo si perde mentre si reca a casa di sua madre per festeggiare e finisce in un luogo inaspettato.
Lungo one-shot con cui ho partecipato al concorso della biblioteca comunale di Corbetta ( e ovviamente non ho vinto).
Attenzione: contiene elfi!!!
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era la vigilia di Natale del '99 e mia madre aveva insistito perché venissimo tutti a passare il Natale nella vecchia casa appartenuta a suo nonno, dalle parti di Forlì, più precisamente a Fratta. Un nome che è tutto un programma. Ma cosa non si fa per accontentare la propria anziana e volitiva mamma...

Fratta si poteva raggiungere solo tramite stradine provinciali piene di curve. Erano anni che non ci andavo e mi ricordavo solo vagamente come fare ad arrivarci. La nebbia era stata una compagnia costante per quasi tutto il viaggio, fin dalla Pianura Padana e poi su per le colline.
I miei punti di riferimento erano solo i segnali stradali. L'ultima volta che ero passato di qui non c'erano tanti negozi e le loro insegne luminose, sebbene fossero un segno rincuorante di presenza umana in tutto quel candore, non mi erano di grande aiuto per orientarmi.

Da Forlì avevo preso la direzione delle colline, verso S.Martino. Al bivio per salire verso Predappio e la Rocca delle Caminate avevo svoltato in direzione di Para. Fin qui tutto bene.
Però poi dovevo aver svoltato dalla parte sbagliata perché improvvisamente mi ritrovai in una stradina secondaria molto stretta, fiancheggiata da alti alberi che spuntavano sinistri e scuri dalla nebbia che si era fatta ancora più fitta.

Indeciso sul da farsi, accesi tutte le luci per rendermi più visibile ad un eventuale passante e accostai la macchina al ciglio della strada.
Per fortuna avevo un cellulare. Provai a chiamare mia madre a casa per farmi dare delle indicazioni. Non ci riuscii: evidentemente ero entrato in una zona priva di campo.
Di fare inversione non se ne parlava, la strada era così stretta che non c'era quasi spazio per la manovra e comunque con quella visibilità non ci avrei nemmeno provato.
Decisi allora di proseguire per quella strada. Avrei potuto capitare in un centro abitato, dove avrei ricevuto indicazioni sulla strada da seguire per Fratta o, alla peggio, trovare uno spiazzo dove fare inversione.

Dopo una decina di minuti, o forse più, chi può dirlo, arrivai in una zona dopo la nebbia era meno fitta e intravidi che dietro una curva c'era, gioia delle gioie, un paesino.
Gettai uno sguardo alla cartina stradale, spiegata sul sedile del passeggero, e sperai ardentemente di essere arrivato quantomeno a Meldola.
Proseguii fiduciosamente.

Più mi avvicinavo però, più sospettavo di essere finito da tutt'altra parte. Le case, raggruppate intorno ad una piazzetta con tanto di fontanella artistica, al momento spenta, erano... beh, strane, per mancanza di una definizione più adatta.
Tanto per cominciare erano diverse da tutte le case tipiche e antiche che avessi visto nella zona, eppure avevano un'aria venerabile ma ben tenuta ed erano circondate, anzi, quasi immerse in un bosco di sempreverdi . Avvicinandomi ancor di più mi accorsi che erano decorate con motivi floreali. Inoltre in giro non c'erano macchine, tranne una vecchia jeep militare tirata a lucido e decorata anch'essa con motivi floreali.

Chissà dove ero finito?

Parcheggiai nella piazzetta sotto lo sguardo allibito di una piccola folla di residenti, che , a dirla tutta, erano strambi quanto il loro villaggio. Erano vestiti un po' come medievali, ma non esattamente. Alcuni portavano lunghe tuniche ricamate strette un vita da fusciacche o cinture, altri indossavano pantaloni e giacche dall'aspetto austero, elegante e vagamente militaresco, il tutto comunque nei toni del verde, del beige o del bordeaux. Tutti quelli che potei vedere sembravano giovani, puliti e snelli, anche se alcuni avevano un'aria severa e austera che la gente associa più comunemente alla vecchiaia.
Mi osservavano con fare apertamente stupito, semplicemente curioso o vagamente indignato.

Dovevo essere finito in una specie di comunità hippie, uno di quei posti dove la gente va a ritirarsi per "sfuggire al logorio della vita moderna".
Che strano, mia madre non me ne aveva mai parlato, eppure non avrebbe di certo perso un'occasione per criticare "questi giovani sfaccendati che giocano a fare i contadini"...

Evidentemente erano molto bravi a nascondersi.

Mi feci coraggio e abbassai il finestrino. L'aria era fredda e pulita e odorava di fumo di legna.
Stavo per aprire la bocca per chiedere informazioni, ma uno dei residenti, un tizio alto e capellone vestito di una tunica bordeaux, mi prevenne.
"Come diavolo ha fatto ad arrivare qui?" mi domandò in tono brusco. Aveva un accento straniero piuttosto forte e musicale, che non riuscii a collocare. Non era inglese e dubitavo fortemente che fosse francese.
Il tono della domanda e il fastidio palese nei gesti del mio interlocutore erano estremamente irritanti.

"Stavo cercando di arrivare a Fratta, ma ho sbagliato strada, - risposi seccamente – se avrete la cortesia di dirmi come uscire da qui, toglierò subito il disturbo..."
"Oh... - fece il tipo, imbarazzato, rendendosi conto di essere stato scortese – Non intendevo questo. Solo che... Oh, non importa. - scrollò le spalle. - Adesso vedremo cosa possiamo fare per lei."
"Grazie molte." risposi un po' perplesso e tirai fuori il telefonino per riprovare a chiamare mia madre. Ero già in ritardo per il pranzo.

"Non serve, - mi interruppe un ragazzo molto giovane vestito di azzurro – qui non prende di sicuro."
Sconsolato, abbandonai il tentativo.
"Non ti preoccupare, – proseguì lui – adesso vediamo di farti tornare a casa."

Si sentì un suono alto e lamentoso. L'uomo con cui avevo parlato prima era in mezzo alla piazzetta e stava suonando un corno.

Mi guardai attorno perplesso.

"Sta chiamando l'adunata. - spiegò il giovanotto – Adesso aspetta qui da bravo che risolviamo tutto."

I residenti mi lasciarono lì in macchina e si riunirono in piazza. Dopo qualche istante, chiusi il finestrino, tirai fuori dalla borsa il libro che stavo finendo di leggere (La fata carabina di Daniel Pennac) e mi disposi ad aspettare, sperando che non ci mettessero troppo.

I residenti dello strano villaggio si riunirono preoccupati in piazza. Era la prima volta che qualcuno riusciva ad arrivare a loro attraverso il Confine senza essere stato invitato.

"È terribile, Gwahir! Il Confine deve essersi infranto!" esclamò una donna.
Un mormorio allarmato fece eco alle sue parole.
"Ma allora corriamo un terribile pericolo!" esclamò un giovane.
"Ci scopriranno!" si lamentò un altro.
"Calmi! - Gwahir interruppe le esclamazioni dei suoi alzando le mani per imporre silenzio – Non giungiamo a conclusioni affrettate. L'unico che ci può dare qualche certezza a riguardo è Aryon."
"Esatto. - disse Aryon, seccato – E a quanto ne so io il Confine è ancora in piedi come prima. Quindi niente panico."

Molti si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo.
"E allora come si spiega che quello straniero sia arrivato fin qui?" insistette polemica una giovane donna vestita di lilla.
Aryon tossicchiò nervosamente. "A dire il vero non ne ho idea..."
"Aha! - esclamò la donna – Quindi magari il Confine ha una falla..."
"Via, Melyanna, non diciamo sciocchezze! - la rimproverò Aryon, bonariamente – Il Cristallo splende ancora radioso e quindi il Confine è intatto tutto intorno al villaggio, come sempre."
"Tutto ciò ancora non spiega la presenza di quell'uomo qui." Melyanna non demordeva.

"Secondo me è colpa della nebbia. - ipotizzò un giovane vestito di grigio chiaro – Lo straniero non ha visto il Confine, cosicché l'incantesimo non ha fatto effetto e lui è arrivato qui senza rendersene conto."

"Miros ha ragione. - confermò il giovane vestito di azzurro che aveva parlato con lo straniero – Guardatelo là, non si è affatto reso conto della Transizione. È convinto di essere ancora dal suo lato del Confine."
Melyanna si lasciò sfuggire una risatina " Non è molto perspicace, allora."
"Meglio per noi. Questo ci risparmia un sacco di guai. - concluse Gwahir – Quindi la strategia migliore, secondo te, Audel, è assecondarlo nella sua convinzione e liberarcene al più presto?"
Il ragazzo vestito di azzurro annuì con aria sfrontata. "Esatto, capo. Niente di più facile."

Gwahir tirò un sospiro di sollievo. "Fossero tutte così facili da risolvere, le crisi... Bene, chi si offre volontario di dare indicazioni allo straniero su come arrivare a... Come si chiamava quel posto?"
"Fratta!" suggerì qualcuno dalla folla.
"Oh, sì... Fratta. Come si arriva a Fratta. Esattamente. - riprese Gwahir - Chi si offre per dirglielo?"
"E dove sarebbe Fratta?" chiese qualcuno.
"Beh, di sicuro in mezzo ad un bosco." rispose qualcun altro, ridacchiando.
"Io lo so! - disse Audel - Ci sono già stato un po' di volte."
"Benissimo! - fece Gwahir tutto soddisfatto, fregandosi le mani – Allora è fatta. Gliele dai tu le indicazioni."
"Con il tuo permesso, capo, farei anche di meglio." propose Audel, tutto sorridente.
Gwahir gli rivolse uno sguardo interrogativo. "Spiegati." gli ordinò.
"Già che io e i miei amici dobbiamo comunque fare le nostre commissioni in paese, ne approfittiamo e lo accompagniamo a Meldola. Poi da lì in cinque minuti lo straniero sarà a Fratta." Audel era palesemente soddisfatto della propria idea.

Gwahir ci pensò su qualche istante. "Va bene. Fatelo, ma fate attenzione."
"Certo, capo! Grazie , capo! - Audel stava già correndo a mettere in pratica il suo piano. - Miros! Aewel! Lia! Andiamo in paese! Preparate la jeep!"

Dopo qualche minuto di lettura il ragazzo vestito di azzurro bussò al mio finestrino.

"Buone notizie, straniero, -disse tutto allegro – io e i miei amici dobbiamo andare giù al paese a fare delle spese e ti ci accompagniamo. Sei contento?"
"Fantastico! Siete molto gentili. - risposi, felice di riuscire a rimettermi sulla via di casa – Quando partiamo?"
"Subito! Giusto il tempo di scaldare la macchina."
I suoi amici gridarono qualcosa in una lingua straniera. Il ragazzo sorrise. "Visto? Si parte! Stacci dietro, mi raccomando!" disse e corse verso la jeep, sedendosi al posto del guidatore

Guardai l'orologio. Ero in ritardo di mezz'ora ormai. Al paese avrei riprovato a chiamare mia madre per scusarmi e rassicurarla.

I ragazzi si misero in moto su quella loro macchina bizzarra. Guidavano piuttosto bene e andavano piano. Meglio così.
Ripercorremmo la strada che avevo fatto all'andata. La nebbia era ancora molto fitta.
Ad un certo punto la stradina stretta si immetteva in una strada un po' più grande, la provinciale per Meldola. Ecco dove avevo sbagliato all'andata. D'altronde in corrispondenza dell'incrocio c'era una selva di cartelli e quello per Meldola si confondeva nella folla.

Dopo qualche minuto di viaggio senza ulteriori problemi arrivammo a Meldola.

I ragazzi parcheggiarono nella piazza del paese, davanti alla friggitoria.
Accostai accanto alla loro macchina.
"Grazie mille ragazzi! Non avrei saputo cosa fare senza di voi."
"Ma no, non c'è problema. - rispose gentilmente il ragazzo – Da qui sapete come arrivare a Fratta?"
"Credo di sì." risposi, non particolarmente sicuro.
"Beh, in ogni caso basta arrivare in fondo al paese per questa via e poi proseguire lungo la strada. Non si può sbagliare." mi spiegò gentilmente.
Lo ringraziai di nuovo e approfittai della sosta per telefonare a mia madre.

"Pronto?" rispose mia sorella Gianna dopo due squilli.
"Gianna? Sono io, Walter."
"Walter! Ma dove accidenti sei finito? Siamo tutti qui che ti aspettiamo?" mi rimproverò lei.
"Anche il Mario?" domandai. Mio fratello minore, nato prematuro, da una vita compensava il suo unico anticipo arrivando sempre in ritardo.
"Anche il Mario. - rispose gravemente mia sorella – Dove sei finito?"
"Sono a Meldola. Arrivo fra dieci minuti al massimo." risposi.
"Va bene... Avviso la mamma. A tra poco." disse mia sorella chiudendo la comunicazione.

Misi il telefonino nuovamente al sicuro nella tasca del cappotto e mi accinsi a rimettere in moto la macchina, quando vidi i ragazzi hippie che scaricavano dal bagagliaio della jeep un grande fusto di metallo e lo facevano rotolare verso la friggitoria.
Incuriosito, abbassai di nuovo il finestrino. Il ragazzo simpatico era ancora lì vicino.
"Ehi, senti, che state facendo con quel coso?" domandai.
"Ritiriamo l'olio usato del signor Gino, il proprietario della friggitoria." rispose lui, serafico.
"E che ci fate con l'olio già usato?" Quei ragazzi mi incuriosivano sempre di più.
"Lo filtriamo e poi lo trasformiamo in biodiesel, per la jeep. Sai, inquina di meno del diesel normale. - mi rispose lui come se fosse la cosa più normale del mondo – E poi il Gino è contento perché non deve spendere soldi per smaltire l'olio e ci fa lo sconto sullo gnocco fritto."

Scossi la testa perplesso e misi in moto la macchina.
"Arrivederci ragazzi e grazie ancora!" salutai.
"Buon viaggio!" mi augurarono loro, salutandomi con la mano mentre me ne andavo.

Dopo qualche minuto, seguendo le istruzioni del ragazzo, a cui, nella mia fretta, non avevo nemmeno chiesto il nome, arrivai finalmente a Fratta.

La casa di mio nonno era esattamente come me la ricordavo. Suonai il clacson e mio fratello Mario mi aprì il portone di ferro. Parcheggiai nel cortile accanto alla sua macchina e scaricai i bagagli. Di mio c'era ben poco, erano quasi solo regali per i miei parenti, soprattutto per quelle pesti dei miei nipoti, i figli della Gianna e dalla mia altra sorella, la Simona.

Sulla soglia di casa mi aspettava mia madre, un po' più invecchiata di quando l'avevo vista l'ultima volta ma sempre molto elegante e curata. Aveva un'espressione tra il preoccupato e l'inviperito, cosa che mi metteva alquanto in soggezione.
Decisi di giocare d'anticipo. "Scusa il ritardo, mamma, ma per la nebbia mi sono perso e sono finito nella comune hippy che c'è prima di Meldola e..."

"Ma che dici? - mi interruppe mia madre severamente – Non c'è nessuna comunità hippy, né a Meldola né altrove."

Io rimasi basito per qualche istante.

"E non fare quella faccia da pesce lesso. - mi esortò mia madre – Vieni dentro che il pranzo è pronto."

  
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