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Autore: TheLittleBlonde    22/02/2014    6 recensioni
Convinta di andare nella strada giusta, mi ritrovai in aperta campagna. Per dindirindina. Avevo sbagliato strada. C'era da capire: in mezzo alla strada, alle due di notte, e con il pensiero che quando sarei tornata a casa mi sarei dovuto sentire il cazziatone dei miei.
Ritornai indietro e, dopo due lunghe ore di vacillamento, alle 4:01 arrivo, finalmente, davanti casa Tomlinson. In quel momento, me lo immaginavo dormire beatamente sul suo letto, senza la più pallida idea di chi avrebbe bussato alla sua porta alle quattro di mattina.
Con l'aspetto di un bradipo dopo una maratona, e sulla testa al posto dei capelli, una marmotta morta, bussai decisa al campanello della casa di Lou.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Something that we're not... or maybe yes?

Feci la mia solita entrata trionfale (per 'trionfale' intendo che nessuno mi caca), a scuola.
Stava chi limonava come un ossesso. I secchioni che ripetevano l'intero libro di fisica. Le troie che scambiavano il corridoio della scuola per una passerella, e sculettavano destra-sinistra, su-giù.
I giocatori della squadra di pallanuoto, rimorchiavano. Ma si può rimorchiare prima di una lezione di fisica quantistica? Si, loro possono.
Ma poi ci sono io. Quella a cui non interessa ne ripassare fisica, né sfilare. Una via di mezzo.
Prima di uscire di casa, non mi guardo tre ore allo specchio dicendo 'Oh quanto sei bella'. Anche perché la mattina presto, sembro un panda con le occhiaie, quindi.
Arrivai, camminando con molta lentezza, al mio armadietto. Inserii la mia difficilissima combinazione (12345), e cercai i libri che servivano alla prima ora. Guardai l'orario appiccicato sull'anta dell'armadietto, che mi aveva affisso Harper, altrimenti avrei dovuto chiedere a lei per il resto dell'anno, l'orario del giorno. Sperai vivamente che avrei avuto il tempo di prendere un bel cappuc... DRINN! La campanella mi stordii i timpani e imprecai un 'MERDA', che veniva dal profondo del mio cuore. Niente da fare, stava per iniziare la lezione di letteratura, e dovevo muovermi, altrimenti il prof. Edison mi avrebbe messo in punizione.
Chiusi l'armadietto rumorosamente. Notai che tutti i studenti si erano vaporizzati nel giro di qualche secondo e che ero rimasta sola in quel corridoio. Sentii la porta del bagno dei bidelli aprirsi e quel bastardo, decrepito, sordo, matusalemme del bidello Garret gridare: “Emlinson, corri in aula o ti mando in presidenza”. Quel vecchio ce l'ha sempre avuta con me, cazzo.
Non ebbi la forza di rispondere, con sua sorpresa, e mi avviai velocemente verso l'aula, in cui mi aspettava il mio carissimo prof. Edison.
2 MINUTI DOPO:
“Sei in ritardo, Emlinson. La lezione inizia alle 8:30, e tu sei arrivata alle 8:31.” ribattè il prof. guardando il suo orologio. “Ringrazi che sono venuta, professore” dissi tranquilla, facendogli un sorriso beffardo. Il prof. si limitò ad inarcare le sue sopracciglia bianche, e iniziò la sua solita lezione. Ora avrei potuto anche andare in letargo.
Mi sedetti al mio solito posto. Ultima banco a destra. “Ciao Mary” esordì il mio compagno di banco, allegramente. Lui non era ne mio amico, né il mio ragazzo. Non era nessuno. Almeno lui per me. Ma per lui era diverso. Dal giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta, non mi aveva più mollata. Pensava che eravamo qualcosa che non eravamo. Non so se avete capito.
Non era male come ragazzo: occhi azzurri, capelli sempre spettinati e un bel fisico. Ma forse era un po' troppo per me. Lui era troppo intelligente, invece io avevo il cervello di un canguro. 'Louis e Mary', 'Mary e Louis'. Non suonano bene.

 

 

“Mary, ascoltami. Questo oroscopo dice che siamo destinati a stare insieme”.
Louis non voleva andarsene. Erano 3 km che camminavo, ma lui continuava a rincorrermi gridando questa cosa. Facevo finta di non sentirlo. Ma insomma. Il destino di due persone è scritto su un fottuto giornale? Io non credo a queste cose. Ma evidentemente Louis, sì.
“Louis, vai a casa. E' inutile che mi segui, sventolando quell'oroscopo del cazzo. Tanto non sarò mai la tua ragazza”. E per la miliardesima volta glielo rinfacciai. Era abituato. E mi faceva tenerezza vederlo rimanere male ogni volta. Faceva male vedere quei suoi occhi color mare, spegnersi all'improvviso, con una semplice frase. Lui, alla fine, era l'unico che non mi aveva mai lasciato. Era seccante, snervante, appiccicoso, ma anche sensibile, dolce e iperprotettivo. E lo ammiravo. Lo ammiravo, perché nonostante i miei continui 'no', lui continuava a provarci. E avevo paura che un giorno avrei ceduto. Era il solito ragazzo della porta accanto, bonazzo e che ti aiuterebbe in qualsiasi momento.
Ma avevo paura. Avevo paura di innamorarmi.
Avvolte lo odiavo così tanto, ma era l'unico che capiva quando stavo male, anche se fingevo un sorriso. Quando mi guardava negli occhi, sentivo un zoo ballare la macarena nel mio stomaco. Quando faceva qualche battuta, per non dargli soddisfazione, rimanevo impassibile, ma ridevo impercettibilmente sotto i baffi. Avvolte litigavamo. Litigavamo perché non mi passava le risposte del compito di fisica quantistica. Perché prendeva la mia matita per sbaglio, pensando fosse la sua.
Oppure perché mi ripeteva continuamente 'Mary, è inutile che ti faccio io le espressioni. Devi imparare tu'. Ma dopo cinque minuti facevamo pace, e tutto ritornava come al solito. Io che cercavo di non dargli retta e lui che pensava che eravamo qualcosa che non eravamo. Chi intende, intenda.

 

 

You wanna be more than just be friends,
I think i'm through this again.
Stop trying get inside my head.

 

 

“Passami la matita, imbecille”.
“Certo Mary”.
Lo so, sono sempre troppo gentile. Ma le equazioni hanno un brutto effetto su di me.
'Non è vero sei sempre così' disse la mia testa. “Non è vero, zitta deficiente”.
'Ti stai offendendo da sola, Mary'.
'Fanculo'. Gettai quaderni e matite all'aria. Louis fece un salto, poi cominciò a guardarmi confuso.
“Problemi? Mi sono scassata la minchia, non ce la farò mai. Quindi ora puoi andare, grazie” dissi sbraitando in un modo che non avevo mai usato contro di lui.
Louis rimase immobile con uno sguardo deluso, direi. Dopo qualche secondo, cominciò.
“Ma che minchia ti ho fatto per meritare di essere trattato così? Non basta che ti aiuto, ti copro a scuola, ti compro la merenda, ti riaccompagno a casa, ti sto vicino? Ti irrito così tanto?” gridava, e gridava. Era incazzato nero. Non lo avevo mai visto così. E sapevo per certo, che questa volta era stata colpa mia, avevo esagerato. Però era stata sempre colpa mia. Sempre. Tutte le volte che lo trattavo male e non gli chiedevo scusa. Ma non volevo ammettere che senza di lui, non ero niente.
Oddio, forse ho esagerato troppo. Ritorno in me.
Al suono di quelle grida, i miei occhi iniziarono a sudare.
“Rispondi. Dimmi che non sono niente per te. Che sono solo un peso. Dimmelo. Così smetterò di pensare che un giorno potremo essere qualcosa di più” disse, ma questa volta con tono più placato.
Abbassai lentamente lo sguardo verso le mie vans nere. Che avrei potuto rispondere? Non lo sapevo neanche io, chi era per me. Amico, ragazzo, amante, rapinatore, killer o Shrek. Più che altro il dubbio era tra le prime due.
Nel frattempo, potevo benissimo udire il suo respiro quieto, in attesa di una risposta. Ma non l'avrebbe avuta, data la mia chiarezza nelle idee.
“Ho capito tutto. Ma lo avrei dovuto capirlo molto prima. Bene, ora ti lascio in pace. Addio, Mary, non cercarmi mai più. Anche se so che non lo farai, dato il tuo infinito orgoglioso.” disse, sull'uscio della porta di camera mia, con la giacca tra le mani e lo sguardo fisso su di me. Si girò lentamente per andarsene. Chiuse la porta, anzi le sbattè.
Alzai lo sguardo, e potevo sentire ancora il suo odore. Le lacrime continuavano a scendere, perché sapevo quasi per certo che non lo avrei mai più visto.

'Addio, Mary, non cercarmi mai più'.

La frase che mi impedì di dormire quella notte.

 

 

 

Due giorni, quattro ore e ventuno minuti. Due giorni, quattro ore e ventidue. Due giorni, quattro ore e ventitré minuti che non ci parlavo. Anzi, che non mi parlava.
A scuola, mi aveva evitato, come se avessi la peste.
Aveva cambiato banco, e a pranzo non si era fatto vedere.
Sono tornata a scuola da sola, e ho dovuto fare algebra da sola.
Ma andava tutto alla grande. Ero di buon umore, fuori il cielo era sereno e tanti uccellini cantavano grazios.. ma chi vogliamo prendere in giro? Solo il fatto che alle 23:24 ero a pensare a colui che non può essere nominato, era un brutto segno. Non riuscivo a credere che mi potesse mancare così tanto. E avevo tanta voglia di vederlo. Avevo voglia di abbracciarlo come non avevo mai fatto. Ma prima di tutto, dovevo capire chi era per me, Louis. Partiamo dal principio: che fosse Gesù, non credevo proprio.
Un homo sapiens? Può essere.
Caino? Nha, era più buono di un pezzo di pane.
Little Tony? Non mi risultava che facesse pubblicità di Danacol.
Taylor Swift? Ma se non si era mai fatto una ragazza in vita sua, a differenza di Tay.
Justin Bieber? Non faceva corse clandestine.
Nicky Minaj? Non aveva due bocce con dei pesciolini rossi sul petto.
Vladimir Luxuria? Non mi risulta che Louis abbia cambiato sesso.
Un amico? Può essere.
Il ragazzo per cui sentivo qualcosa? Ehm...
Ero così confusa che, prendere una decisione in quel momento sarebbe stato più difficile di un'espressione con l'alfabeto.
Iniziai a pensare a tutti i momenti passati insieme.
La prima volta che lo incontrai, quando per sbaglio gli rovesciai la bottiglia d'acqua addosso, ma lui invece di incazzarsi, iniziò a fissarmi con un sorriso da ebete. Indimenticabile.
Quando venne per la prima volta a casa mia, e appena entrò, mio padre urlò a squarciagola contento 'Finalmente Mary ha trovato un ragazzo'. Io volevo sprofondare, ma Louis sembrava d'accordo con l'affermazione di mio padre.
Quando distrasse il prof, che stava per scoprirmi con il cellulare acceso in classe.
E poi quella volta che mi portò sulla ruota panoramica. Mi aveva portata lì, senza il mio consenso, perciò per farmi salire, mi dovette prendere a sacco di patate. Non mi ricordo quante parole gli abbia potuto dire. Ma quando arrivammo in cima, e da lì si vedeva tutta Londra, mi calmai, e per qualche secondo ringraziai Louis, per avermi portato per la prima volta lì, a vedere un tramonto mozzafiato. Ed è stato lì, che per la prima volta guardai negli occhi Louis, e sentii lo zoo Safari nel mio stomaco ballare la salsa. Ma io non provavo nie... Oppure quella volta in cui ci misero in punizione ad entrambi per colpa mia. O quando a San Valentino, mi regalò i baci perugina e delle rose. Ma rifiutai le rose, perché noi non eravamo niente. Ma io non provavo n.. Oppure tutte le volte che provava ad abbracciarmi, ma io mi scansavo. Quando non diceva niente alle mie risposte acide. Tutte le volte che l'avevo respinto. Ma io non provav.. Tutte le volte che lo facevo rimanere male, e negli ultimi tempi, iniziavo a sentirmi in colpa. Quando mi guardava negli occhi e io non connettevo più. Quando cercava di farmi ridere, se ero giù di morale. Ma io non pro.. Il desiderio di rivederlo e prenderlo a parolacce per avermi a evitato per due giorni. La voglia che avevo in quel momento di abbracciarlo, stringerlo, e dirgli cose che non gli avevo mai detto. Ma io n..
Okay, ora era chiaro quello che dovevo fare. Mi alzai dal letto alle 24:43 e con il pigiama, senza svegliare nessuno, uscii di casa, per andare a riprendermi, quello che era mio.

 

 

 

Quella notte prima, dopo aver chiuso la porta di casa alle mie spalle, mi ricordai di aver maledettamente dimenticato le chiavi di casa. Perciò stetti per un mezz'ora a bestemmiare davanti alla porta. 'Porca miseria, cazzomerda, porca troia, minchia'. Qualche vicino mi gridava anche dietro, dicendo che non dovevo urlare all'una di notte, e io gli rispondevo con un educato dito medio.
Mi avviai verso casa di Lou, alle 01:14. Le strade deserte. Il cielo stellato, e ad illuminare le strade i lampioni alti di Londra. Camminare a quell'ora, mi fece sentire una prostituta che ha appena finito di 'lavorare'.
Convinta di andare nella strada giusta, mi ritrovai in aperta campagna. Per dindirindina. Avevo sbagliato strada. C'era da capire: in mezzo alla strada, alle due di notte, e con il pensiero che quando sarei tornata a casa mi sarei dovuto sentire il cazziatone dei miei.
Ritornai indietro e, dopo due lunghe ore di vacillamento, alle 4:01 arrivo, finalmente, davanti casa Tomlinson. In quel momento, me lo immaginavo dormire beatamente sul suo letto, senza la più pallida idea di chi avrebbe bussato alla sua porta alle quattro di mattina.
Con l'aspetto di un bradipo dopo una maratona, e sulla testa al posto dei capelli, una marmotta morta, bussai decisa al campanello della casa di Lou.
Aspettai qualche secondo, 15-20, ma nessuno si degnava ad aprire.
Suonai un'altra volta, con la massima calma. Aspettai qualche secondo, ma niente.
Suonai una terza volta, ma questa volta con le ovaie leggermente irritate. Ed ancora niente.
Spazientita cominciai a dare pugni alla porta. “Louis apri questa porta, o chiamo il mio amico Zayn, e faccio saltare in aria la casa”. Ma gridavo al vento. Nessuno si degnava ad aprire. Oppure Louis, aveva sentito ma non voleva aprire.
Mi buttai a terra, con la schiena al muro, le gambe piegate e la testa su di esse. Avevo perso tutte le speranze che potesse aprire quella porta.
“Ehi, che ci fai qui?” sentii mormorare al mio fianco, da un essere piuttosto assonnato. Ma potevo riconoscere quella voce tra mille. Scattai in piedi e mi attaccai a Lou, con le braccia intorno al suo collo e lei mie gambe cingergli i fianchi. In un primo momento, non ricambiò la presa. Ma dopo qualche secondo, mi strinse anche lui molto forte.
In quel momento ero in paradiso. Ero in pace con tutto il mondo, cosa che non mi era mai successa.
E
 soprattutto, era la prima, e dico prima, volta che abbracciai Louis.
“Mi sei mancato Lou”.
“Anche tu Mary”.
Riportai i miei piedi a terra e, guardai Louis negli occhi. Pensai che, abbracciarlo era fatto. Ma mancava un'altra cosa.
Presi la mano di Lou, e lo trascinai nel dietro del suo giardino. Ci sedemmo sul dondolo, io abbracciata a lui, con la testa nell'incavo del suo collo.
“Sono le quattro e un quarto di mattina, sono stanca morta, ma devo dirti una cosa. Non sono venuta qui di prima mattina per chiederti se oggi mi avresti accompagnato a scuola, e neanche per copiarmi la traduzione di inglese. Sono venuta qui, per dirti una cosa importante”.
Louis si lasciò scappare una risatina. “Che cazzo ridi? Io ti sto facendo un discorso altamente serio, e tu ridi?”.
“No, dai scusa. Continua”.
“E non interrompermi più o ti do una testata. Dicevamo. Comunque, ora che ci penso, le cose da dirti sono due. La prima è: SCUSA. Scusa per averti rovesciato quella bottiglia d'acqua addosso, la prima volta. Scusa per risponderti male. Scusa per non ringraziarti per tutto il tuo aiuto. Scusa per farti rimanere male. Scusa se qualche volta hai pensato che tu, non fossi nessuno per me. Scusa se avvolte ti faccio soffrire. Scusa se non so dimostrare il bene che ti voglio, ma io sono così. SCUSA per tutto”. Lo dissi tutto d'un fiato. Non avevo neanche il coraggio di guardarlo in faccia. Forse si era addormentato, per il sonno.
“E la seconda cosa?” disse dolcemente, accarezzandomi il braccio. Ehm.. e vabene che mi stavo per dichiarare, però adesso stava diventando un po' troppo dolce.
“Oddio, che sonno! Tu non hai sonno? Si, che hai sonno. Quindi se hai sonno, ora vai a dormire. A dopo”. Feci per alzarmi ma Louis mi afferrò il braccio, e la forza per dimenarmi non ce l'avevo.
“Devi parlare, si o no?”. Si.
“No”.
“Ti faccio il solletico” disse Lou, mettendo le mani in posizione.
“No, ti prego. Okay.” feci un luuuungo respiro..
“Mary, è inutile che perdi tempo respirando” mi disse Lou scocciato.
“Okay. Era per prepararmi”. Mi posizionai davanti a lui, per guardarlo negli occhi. La distanza che ci divideva era minima. Santi numi.
“Ho pensato stanotte, a tutti i momenti passati insieme. E cercavo di autoconvincermi che non provo niente per te. Ma ogni volta che cercavo di dirlo, mi veniva in mente un altro ricordo insieme. Insomma. Non pensavo che lo avrei mai detto, ma..”. O la và, o la spacca. Quello era il momento e se non lo avessi detto, me ne sarei pentita, Louis si sarebbe arrabbiato con me, il professore si sarebbe arrabbiato, insieme al bidello Garret, Alice la putty, mia madre, mio padre, mia sorella di 6 anni, Gigi D'Alessio, Loredana Bertè, Pupo, Brad Pitt, Leo Di Caprio, Madre Teresa di Calcutta, Don Matteo. Il mondo di sarebbe incazzato con me. Morale della favola: dire tutto.
“Mary? Ci sei o sei connessa?” disse Louis, passando una mano davanti agli occhi. Feci di 'sì' con la testa.
.

..

….

…..

…... “Ti amo!”. MERDA, il guaio era fatto. Sentivo il cuore battere a mille, e un caldo tremendo. Strabuzzai gli occhi, e poi li strinsi. Merda, merda. E non sentivo neanche più Lou, forse si era scandalizzato troppo. L'avevo detto troppo con freddezza? Oppure non ci poteva credere? O non voleva più vedermi in vita sua? Non sapevo che pensare, sentivo solo un silenzio fastidioso. Dovevo solo aspettare un suo gesto.
All'improvviso, sentii tirarmi. Mi alzai, e Louis mi costrinse a togliere le mani che coprivano il mio viso. In quel momento potevo vederlo, in tutta la sua bellezza. I suoi occhi, la sua leggera barbetta, le sue labbra. Ma poi c'ero io. Avrei potuto giurare di essere rossa come un pomodoro.
Louis si avvicino lentamente al mio viso.
Fece strofinare in nostri nasi dolcemente, e con il mio consenso, arrivò alle mie labbra.
Le nostre labbra si unirono perfettamente, come se erano destinate a essere congiunte. Il suo sapore di menta, mi faceva impazzire. Il modo in cui mi stava baciando, mi faceva impazzire.
Sapeva che a me non piacevano i baci appassionati, tipo Leo Di Caprio, perciò mi stava baciando con una delicatezza infinita.
Non avevo più fiato, perciò mi staccai, a malavoglia. Louis mi cinse i fianchi, e mi guardava negli occhi. Aveva un'espressione contenta, come quando un vecchietto senza pensione vince alla Lotteria. E io non ero da meno. Ero riuscita a superare tutte le mie paure. Yuppy, yeah!
“Ti amo anch'io Mary, dal primo momento che ti ho vista. E ti ho sempre voluta mia. E ora lo sei”.
Sorrisi, e gli lasciai un leggero bacio a stampo sulle sue labbra.
Ma mi ricordai di quel problema, porcodio.
“Lou... c'è un piccolissimo problema”. Okay, non era piccolo, ma enorme.
“Dimmi tutto”.
“Ho dimenticato le chiavi di casa”. Louis scoppiò a ridere. “Dio Mary, sei sempre la solita”.  



WATANKA!
Hola a tutte. Sono Maria Pia (Mary/Mapy). Questa è la mia prima OS sui 1D. Lasciate qualsiasi recensione, sia 'carina', che 'che merda di OS'. Ve ne sarei grata. Non scrivo molto, perchè per fare questo angolo autrice, ho perso per due volte tutto il testo. Quindi perdonatemi.
Per contattarmi: ASK 
http://ask.fm/MapyLouisee
Grazie mille per essere passata. Ti ringrazio anche se non ti è piaciuta. PEACE&LOVE.

Mary.

  
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