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Autore: Lady Guineviere di Camelot    21/06/2008    2 recensioni
Inghilterra, 1804. La guerra tra la flotta napoleonica e quella inglese, farà da sfondo ad una storia d'amore che riuscirà ad arrivare in pieno oceano atlantico.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
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24 luglio, 1804

Bristol, Inghilterra

 

Il problema, non era tanto il dover portare abiti strettissimi e scarpe scomodissime, ma sposare un uomo che parlava un'altra lingua.

Jacklynn si trovava al centro dell’enorme salotto, adiacente allo studio. Se ne stava lì, immobile e silenziosa come una statua di marmo, a guardare per l’ennesima volta, come sua madre decideva il suo futuro. Lady Charissa Mildred Bradford, era solita a prese di comando e molto ligia verso le regole. Tutte le sue decisioni, venivano prese secondo un unico criterio: tenere alto l’onore della famiglia. E niente l’avrebbe mai fermata. Nemmeno se significava sacrificare un membro della famiglia. Ma questa volta, Jacklynn, non si sarebbe piegata al suo volere.

<< …Quindi mia cara, Lord Boris Hans Gilbert Johan e il resto della sua famiglia saranno qui domani mattina, e mi aspetto che tu li riceva con le dovute maniere. Mi sono spiegata abbastanza? >> aggiunse infine Lady Charissa, con occhi che sprigionavano fierezza per l’ultima delle sue trovate. Jacklynn rimase a fissarla per alcuni istanti;

Non si era mai resa conto prima d’ora, di quanto sua madre sembrasse più giovane rispetto alla sua età. I capelli, che un tempo erano d’uno scintillante color ebano, erano rimasti tali, se non per alcune ciocche grigie. Il corpo non aveva subito molte variazioni. La stessa sottile vita, le mani affusolate, il collo eretto e le spalle aperte. Il viso, invece, ne risentiva molto di più, portando alcune rughe ai lati degli occhi. Però, era ancora una bella donna.

Jacklynn respirò a fondo, prima di rispondergli con una parola << No >>. Quel semplice suono, echeggiò in tutta la stanza, lasciando dietro di se un pesante silenzio. La voce ferma e decisa, che Jacklynn aveva usato, non accompagnò la madre pochi istanti dopo. Gli occhi, sebbene d’un blu intenso, erano fiammeggianti. Le mani, oramai grinzose, tremavano ai lati del busto, e il tic del sopracciglio sinistro era più pronunciato di prima. << Come sarebbe a dire no!? Come puoi solamente pensare una cosa del genere!? Tu devi fare il tuo dovere senza discutere! Lo vuoi capire che non puoi fare quello che vuoi!? Tu non sai cosa sia giusto o sbagliato per il bene della famiglia! >> Jacklynn, sebbene intimorita dalla sfuriata della madre, le ripose comunque. << E’ vero. Non so cosa sia giusto o sbagliato per il bene della famiglia. Ma so cosa è giusto per il bene di me stessa. E francamente… questa volta hai esagerato. Questa volta non posso proprio accontentarti >>. Mentre parlava, gli occhi di Lady Charissa, saettavano da un lato all’altro della stanza, senza posarsi un secondo. Sembrava sul punto di scoppiare. Se ci fosse stato Lord Beauregard, avrebbe sicuramente detto, che per lei era come un ammutinamento. << Io non ho solo un dovere verso la mia famiglia. Mamma… io ho un dovere anche verso il mio cuore! >>.

Fu un attimo, e un inteso bruciore premeva sulla guancia sinistra di Jacklynn. Istintivamente, si portò una mano al viso, mentre gli occhi cominciavano a farsi lucidi. Alzò lo sguardo verso quello della madre, fissandola intensamente. Come poteva farle una cosa del genere? Possibile che non gli interessasse quello che provasse? Perché, quello schiaffo che aveva ricevuto, era chiaramente un no. Un’azione negatoria per tutti i pensieri di Jacklynn che avrebbero voluto uscire.

Prima che Lady Charissa potesse pronunciare parola, uscì dal suo studio Lord Beauregard, che rimase visibilmente sconcertato dalla scena. Lui, non era solito a picchiare le figlie, e nemmeno a sgridarle. Nonostante fosse stato un marinaio per molti anni, non trovava giusto educarle come se fossero un reggimento di soldati. I suoi occhi, indugiarono prima su Jacklynn, poi sull’imponente figura della moglie, che stava sovrastando la figlia.

Avanzò con qualche passo, facendo suonare il tacco dei mocassini, sopra il pavimento in marmo. << Ebbene? Che motivo avevi di maltrattare Jacklynn? >>

<< Ah! Adesso non metterci anche tu. E’soltanto colpa tua, se nostra figlia fa così. Tu che le hai messo in testa cose che ad una ragazza non andrebbero insegnate! >>. Jacklynn guardò il padre, dopo quell’affermazione. Non riusciva a capire cosa c’era di sbagliato in quello che le aveva insegnato, e che tutt’ora gli insegnava;

Fin da piccolina, le raccontava le sue avventure di quando prestava servizio per la Royal Navy. Adorava ascoltare il timbro caldo della voce del padre, mentre entrambi seduti accanto al camino, parlavano per ore e ore di mari e avventure. Inoltre, andavano a cavallo insieme passando intere giornate in giro per boschi e prati. Per Jacklynn non c’era niente di meglio.

<< Non c’entra un bel niente quello che le ho insegnato >> decretò Lord Beauregard, che cominciava ad alterarsi. << Non puoi pretendere che sposi un uomo vent’anni più grandi di lei, straniero e che per di più non conosce ne ama! >>.

<< Non dire iddiozzie! Lo hanno fatto Hariett, Chantal e Corinne… ora lo deve fare anche lei! >>.

<< No. Jacklynn no! Lei non è come le altre! >>.

<< No invece! Sei tu che la vuoi diversa… tu con i tuoi stupidi racconti da scaricatore di porto, che non fanno altro che riempirle la testa di sciocchezze! >>.

<< IO non ho intenzione di stare a sentire le tue sciocchezze! >>, concluse infine, senza lasciare spazio ad eventuali repliche. Si avvicinò a Jacklynn e prendendola per un braccio la invitò ad uscire << Vieni Jacklynn… andiamo a prendere un po’ d’aria fresca >>.

Scesero insieme nella giardino di Villa Bradford, che si ergeva in tutta la sua bellezza in cima ad un colle, dal quale dominava la veduta di tutto il porto, del paese e dell’intera baia.

Era una giornata molto bella: gli uccellini cantavano, i prati d’un verde intenso, il cielo azzurro cristallino e il sole splendeva alto nel cielo, bagnando di calore tutto quanto. Una lieve brezza, ventilava l’afosa giornata di luglio, trasportando con se un dolce profumo di gelso.

Jacklynn si accomodò sul bordo del fontana, e immergendo una mano nell’acqua, chiuse gli occhi, immaginandosi d’essere ovunque, ma non lì. Lontano da quel Boris e famiglia. Lontano da quelli che volevano farglielo sposare. Ma quando lì riaprì, vide il solito giardino, che faceva da sfondo a molte delle sue cavalcate e il volto corrucciato del padre. Gli occhi verdi, che lei aveva ereditato, vagavano attorno. I capelli argentati venivano scompigliati dal leggero venticello, assieme alla giacca marrone. Le mani era giunte dietro alla schiena, ma dopo un attimo, la destra andò a toccare l’estremità d’un baffo. Gesto che era solito fare il padre, quand’era pensieroso.

<< Papà… >> lo chiamo con voce soave Jacklynn. Lord Beauregard si voltò nella sua direzione. La fissò per un istante, notando quanto fosse diventata bella la sua bambina, ormai donna. Una donna forte e coraggiosa, di cui andava enormemente orgoglioso. Andò a sedersi accanto alla figlia, prendendo una delle sue piccole mani diafane, tra le sue.

<< Sai… mi ricorderò sempre di quando disobbedii per la prima volta al mio capitano. Mi trovavo nell’Oceano Indiano, e a quel tempo prestavo servizio sull’Intrepid >> Jacklynn lo guardava, già rapita dalla storia che stava per raccontargli. Molte volte, si era giudicata ingorda di questi racconti. Avrebbero potuto superare la sua voglia di cioccolata alla menta. << Ci trovavamo in una situazione difficile: avevamo subito un attacco molto pensante, che ci aveva fatto perdere la randa e il fiocco. Per di più, infuriava anche una tempesta. Avevo ricevuto l’ordine di far sbarcare con delle scialuppe l’equipaggio superfluo e una quarantina di cannoni, in modo da rendere più leggera l’imbarcazione. Questo significava che chi venivano sbarcato aveva poche possibilità di sopravvivere. Così, rifiutai di eseguire l’ordine >> concluse Lord Beauregard, con una nota nostalgica nella voce.

Jacklynn, non resistette all’impulso di domandargli << E alla fine cosa ti hanno fatto? E gli uomini dell’Intrepid? >>

<< Alla fine è andato tutto bene. Per quanto riguarda me, bhè… fui obbligato a passare due mesi in isolamento, tagliando cipolle >>.

<< Ma… alla fine, ti sei pentito di quello che hai fatto? >>.

<< No, ma… le decisioni impetuose e audaci in un primo momento riempiono di entusiasmo, ma poi sono difficili a seguirsi, e disastrose nei risultati >>.

Jacklynn lo guardò con riconoscenza, e senza esitazione gli buttò le braccia al collo abbracciandolo fortemente. << Grazie papà. Ti voglio bene >>. Lord Beauregard ricambiò l’abbraccio affettuoso della figlia, rispondendole << Anch’io. Non preoccuparti, troveremo una soluzione >>.

Albeggiava. La giornata successiva, non sembrava affatto estiva. Gelide raffiche di vento accompagnavano il cielo minaccioso, che di lì a poco avrebbero rovesciato un torrente d’acqua.

Una cameriera camminava a grandi passi su e giù per la maestosa villa, che si stava preparando a ricevere i suoi ospiti.

Qualcuno bussò alla porta di Jacklynn, ed alcuni suoni echeggiarono sul legno di noce. << Avanti… >> rispose una voce insonnolita proveniente dall’interno della stanza. La porta si aprì, con un leggero cigolio. << Miss Jacklynn… Le ho portato l’acqua fresca per lavarsi >> disse solennemente la cameriera, poggiando su un tavolino finemente intarsiato, una brocca piena d’acqua, un asciugamano lindo e una saponetta alla lavanda.

Dal cuscino dell’elegante letto a baldacchino di legno massiccio, si sollevò una testa piuttosto arruffata. << Mildred…La vestaglia, per favore >>.

<< Subito, Miss Jacklynn >>.

Dal giaciglio discese una giovane donna. I capelli castani lucenti, le ricadevano sulle spalle in ciocche disordinate ed i suoi profondi occhi verdi gettarono il primo sguardo al risveglio del mondo attorno a lei. Mildred, scostò le tende color ocra che coprivano l’enorme finestra, cosicché la luce poté irradiare la stanza. << Mentre lei si lava, vado a prenderle un abito. La sarta ne ha mandato uno proprio ieri >>, aggiunse in tono piatto la cameriera, prima di lasciare la stanza.

Jacklynn comincio a preparasi per accogliere il suo promesso sposo, anche se con mala voglia. Non aveva ancora pensato come ritardare queste nozze forzate, ma sicuramente non sarebbe arrivata all’altare con quell’uomo.

Per l’occasione, decise di indossare un abito da giorno color pesca, ornato da pizzi e merletti dorati. Al collo portava una collana di bianchissime perle, come alle orecchie.

Si acconciò i capelli in una crocchia molto elegante, e per ammirare il suo operato, si guardò allo specchio;

La capigliatura castana splendeva lucente ed in netto contrasto con la pelle chiara del viso. Le labbra carnose erano ricurve in una specie di smorfia, e gli occhi, sebbene d’un verde intenso, parevano vitrei.

All’undici e mezza, la famiglia Bradford era schierata nell’ampio atrio della villa, pronta a ricevere gli ospiti. Per quest’occasione, erano presenti anche Chantal, Hariett e Corinne, assieme ai rispettivi mariti. Naturalmente, si erano mostrate fredde e distaccate nei confronti di Jacklynn. Specialmente Chantal, con la quale non era mai andata d’accordo.

Alcuni istanti dopo, il rumore d’una carrozza si stava avvicinando gradualmente. La prima persona che scese dal cocchio, fu un uomo abbigliato con più fronzoli possibili. Assomigliava ad un pappagallo che voleva in tutti i modi, ostentare il suo piumaggio variopinto. Il fisico, invece, riportava i tipici caratteri somatici svedesi: folti capelli biondi, denti grandi e protesi, mascella quadrata e pronunciata, pelle chiara quasi trasparente e piccoli occhi azzurri. Fu seguito immediatamente, da un ometto basso e tozzo, che si divertiva a far roteare il bastone che reggeva nella mano destra, ed una donna di costituzione robusta, che aveva raccolto i capelli in due palline, poste all’estremità della testa. Tutti e tre si guardarono attentamente attorno, analizzando con aria minuziosa qualsiasi cosa, prima che si presentassero.

<< Hälsningar. Io sono Lord Boris Hans Gilbert Johan >> disse, presentandosi il biondo, con un piccolo inchino. << Questo è mio padre, Lord Hans Bjorn Gilbert Joahn e questa mia madre, Lady Ingegard Frida Hilma Johan >> aggiunse infine. Quest’ultimi si fecero avanti, chinando leggermente il capo. Lady Charissa rispose con foga al loro saluto, protendendo la mano destra verso Lord Boris e Lord Hans, i quali le concessero immediatamente il baciamano.

<< Siamo onorati dalla vostra presenza Signori Johan. Io sono Lady Charissa Mildred Bradford e mio marito, Lord Beauregard Archibal Bradford >>.

<< Onorato >> si limitò a dire Lord Beauregard, con voce strascicata.

Lady Charissa, gli lanciò all’istante un’occhiata di fuoco, mentre faceva avanzare le figlie per presentarle << Questa è Lady Chantal, Lady Hariett, Lady Corinne ed infine… >>.

S’interruppe un momento, cercando di far avanzare Jacklynn, che stava il più possibile in disparte. << Perdonatemi >> disse con voce mielosa Lady Charissa, mentre tirava in avanti Jacklynn. << Questa è Miss Jacklynn Charissa Bradford >>.

Lord Boris la scrutò dall’alto in basso con occhio critico. Era una bella ragazza, oltre che un buon partito. Di certo, non era il suo genere, ma quel corpo così flessuoso, sarebbe stato suo prima del matrimonio. Le si avvicinò con fare sensuale. Lentamente, le prese una mano, che sfiorò delicatamente con le labbra, poi alzando gli occhi verso Jacklynn, disse:

<< Sono onorato di conoscervi. La vostra bellezza mi ammalia >>.

<< Vorrei poter dire lo stesso di voi! >>, ribatté acida.

<< Jacklynn! >> sbottò immediatamente Lady Charissa.

<< Oh… non preoccupatevi My Lady >>, disse senza togliere lo sguardo da Jacklynn. << Sono più che convito, che presto cambierà idea. O comunque… sarà costretta >>

Jacklynn gli rivolse un’occhiata torva, che venne ricambiata, con una altrettanto pungente. Istintivamente, si strinse nell’esili spalle, disgustata al pensiero, che quell’uomo viscido potesse avvicinarsi. Un brivido di repulsione, le attraversò tutto il corpo, mentre cercava di allontanare la ripugnante immagine di lei, tra le braccia di Lord Boris.

Nell’imbrunire, le nubi grigiastre, che avevano indugiato fino ad un momento prima, riversarono a terra un fiume d’acqua. Tutto si fece improvvisamente più buio, ed il fragore dei tuoni rimbombava tra le pareti della villa. Alcune gocce, cominciarono a picchiettare contro i vetri delle finestre, distogliendo Jacklynn dai suoi pensieri;

Stava riflettendo su ciò che era accaduto, durante le cena. Lord Boris le riservava occhiate languide e taglienti, lasciando intendere molto bene le sue intenzioni. Jacklynn cercava di stargli alla larga il più possibile, stando in silenzio e tenendo gli occhi fissi sul piatto. Qualche volta, la madre, cercava di far instaurare una conversazione fra i due giovani, ma Jacklynn era troppo risoluta ad impedire quelle nozze forzate.

Improvvisamente, nella penombra dell’enorme libreria, un’alta figura stava avanzando verso Jacklynn. La luce traballante delle candele, rendeva ancor più difficile il compito, di riconosce l’identità della persona. << Miss Jacklynn… cosa fa qui tutta sola? >>.

Jacklynn sussultò, ed alzandosi dalla sedia, guardò in direzione di Lord Boris che giocherellava con una porcellana di Meissen.

<< Ehm… io, ecco… >>, tentò di rispondere, riuscendo solamente a balbettare parole sconnesse. Deglutì, cercando di non farsi prendere dal panico. Dopotutto, pensò, non erano del tutto da soli. Al piano di sotto c’era la sua famiglia, non le sarebbe accaduto nulla. Nel mentre, Lord Boris, la stava fissando intensamente, attendendo una qualche risposta, ma Jacklynn non trovava altro da dire, se non quello di mandarlo al diavolo.

<< Evidentemente… Miss Jacklynn, non gradisce la nostra compagnia.… >>, disse lui, rompendo il gelido silenzio che impregnava la stanza. Posò la porcellana sullo scrittoio, cominciando ad avanzare verso Jacklynn. Gli occhi blu scintillanti.

D’istinto la giovane indietreggio. Non lo conosceva abbastanza bene, da poter dare un giudizio preciso, su cosa potesse fare se provocato.

Ma era sicura che non fosse un gentiluomo e temeva che potesse diventare violento, se contrariato.

Con suo enorme sgomento, il sofà in velluto blu, le arrestò la sua ritirata, e fu obbligata a fermarsi e ad incontrare gli occhi selvaggi e il ghigno di lui.

Cogliendone la paura, Lord Boris avvertì in sé, un senso di rinnovato potere. << Ma Miss Jacklynn dovrà ben presto ricredersi >>, disse quasi tenero.

Allungò una mano, afferrò il sottile polso avvolto in un morbido tessuto e diede uno strattone, facendola cozzare contro di lui.

<< Giù le mani! >>, gridò Jacklynn, mentre tentava di allontanarlo senza alcun successo. << Potrete anche aver chiesto la mia mano signore, ma di certo non mi possedete ancora! >>

<< A questo punto si può rimediare, mio bel bocconcino >>, decretò Lord Boris, mentre le sue labbra s’incurvavano in una smorfia presuntuosa.

<< Mai! Potete scordarvelo. Vipera schifosa! >>, disse stizzita Jacklynn.

<< Ma sentitela! Parlate proprio come uno scaricatore di porto. Nella vostra condizione, crea una gradevole simmetria >>, disse, andando a sfiorare i lunghi capelli, che parevano fili di seta.

Jacklynn si sentì oltraggiata da quel gesto, così tentò nuovamente di respingerlo, sollevando entrambe le braccia. Gli occhi di Lord Boris brillavano, per l’enorme tenacia che dimostrava la ragazza. Combatteva come una leonessa, nonostante avesse paura. Era orgogliosa e dura. Qualità molto rare da trovare, in una ragazza di quel periodo.

<< Non dovete angustiarvi troppo, Jacklynn >> la circuì Lord Boris, << Sono sicuro che riusciremo a trovare un accordo fra noi… >>.

Jacklynn, si accorse d’essere stretta maggiormente, e il viso di lui, si stava avvicinando lentamente al suo. Il panico l’assalì, offuscandole la mente. Non poteva permettere che ciò accadesse. Tentò ancora, invano, di spingerlo via, mentre una risata di scherno uscì dalla di Lord Boris. Il respiro le si fece affannoso, quando i loro nasi si stavano per sfiorare.

<< AHH!! >>. Un grido rabbioso si levò nella stanza. Lord Boris si premeva la guancia sinistra con una mano, là dove, un istante prima, Jacklynn lo aveva graffiato. Scrutò il palmo, ora rosso, poi si volse a guardare Jacklynn, in piedi davanti a lui.

Presa dallo stupore, per la sua azione così avventata, non riuscì a muoversi subito. Aveva appena graffiato un uomo, a mani nude. Ma quel che l’angustiava di più, era lo sguardo di fuoco che le rivolse subito dopo.

Spaventata a morte, si sollevò le gonne e cominciò a correre, senza guardare realmente dove stesse andando. Uscì dalla biblioteca e imboccò il primo corridoio che le si presentò davanti. Intanto Lord Boris la stava inseguendo, gridando come un pazzo. Nel mentre, al piano di sotto si accorsero del trambusto, e angustiati, si recarono di sopra.

Jacklynn, stava correndo velocemente, cercando un posto dove potersi nascondere. Giunse all’area del palazzo, riservata alla servitù. Sempre inseguita da Lord Boris, aprì la porta e corse lungo un altro corridoio, ma più malconcio. Scese delle scale, ed aprì un'altra porta ancora, che fungeva da entrata secondaria per la servitù.

Improvvisamente, si ritrovò in giardino, allagato dal temporale che stava infuriando in quel momento. Senza farci caso, continuò dritta per la sua strada, mentre sentiva in lontananza delle voci che le ordinavano di fermarsi. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, perché senza essersene resa conto, era uscita dai confini della tenuta, ritrovandosi in mezzo ad una strada della baia.

Si guardò attorno disorientata, mentre la pioggia le bagnava gli occhi, facendole vedere tutto sfuocato. Le labbra irrigidite dal freddo e l’abito inzuppato.

Resasi conto, di dove si trovasse, Jacklynn volse uno sguardo nostalgico verso l’imponente villa, ma non poteva ritornare indietro. Sapeva che sarebbe scoppiato l’inferno, se fosse tornata a casa subito. In verità, non era pentita del suo gesto, ma sapeva che la madre non gliel’avrebbe fatta passare liscia.

Dopo cinque minuti, passati immobile sotto la pioggia, per trovare una possibile soluzione, costatò che, prima di tutto doveva trovare un riparo dove passare la notte, e la mattina dopo, tornare a casa per chiarire tutto.

<>, mormorò irrigidita, poiché incapace di controllare i brividi. S’incamminò per la stretta via, sapendo già dove andare. Ma con la pioggia e il freddo sempre più intensi che le si scagliavano contro, era tremendamente difficile.

Dopo un tempo, che le era parso quasi interminabile, i suoi occhi individuarono la meta tanto bramata, immersa nella lugubre oscurità del temporale. Con lo sguardo, scandagliò attentamente la banchina, in cerca degli alberi più alti che distinguevano i vascelli d’oltremare, dai piccoli pescherecci. A quelli vista, la voce calda del padre, si fece spazio nella sua mente, rimembrando una delle tante avventure passate tra gli oceani. Quel ricordo, la colmò di serenità, e facendole abbozzare un mezzo sorriso, continuò la sua marcia.

Finalmente, era arrivata. Lo confermava il fetido odore del fiume e scarti di pesce. Di tanto in tanto, canti stonati, recitati da qualche marinaio ubriaco la raggiunsero, ed il cigolio del legno di cui erano fatte le navi, la fece rilassare. In lontananza poté determinare gli alberi altezzosi delle navi più grandi. Incoraggiata dalla loro vista, affrettò il passo, per quanto fosse possibile con i piedi doloranti. Le scarpette di satin, erano inzuppate e le dita rigide e intirizzite dal freddo. Inoltre, era quasi congelata, mentre la stanchezza e il dolore l’avvolgevano come un sudario.

Il porto di Bristol era molto importante per il Sud dell’Inghilterra. Ogni anno, imbarcazioni d’ogni genere, attraccavano in quel molo. Solitamente, facevano soste di tre giorni, prima di salpare per l’oceano, affinché i marinai si potessero riposare, e le navi rifornire.

Quella sera, il porto era più carico del solito. La causa, probabilmente, era il temporale che aveva fatto ingrossare il mare, e di conseguenza tutte le navi costrette a rientrare.

Jacklynn aveva l’imbarazzo della scelta;

C’era una maggior presenza di vascelli e fregate. Alcune usate come mercantili, altre facevano parte della marina britannica. Si sorprese molto, quando notò quest’ultimo particolare. La maggior parte delle navi militari, erano impegnate oltreoceano, per sconfiggere la flotta di Napoleone.

Una folata di vento, la investì, tanto che fu costretta a stringersi nel vestito per opporsi al freddo: quello, era un chiaro avvertimento, che le suggeriva di cercare il più in fretta possibile un riparo.

Fece scorrere lo sguardo, sulle prue di tutte quelle prestigiose navi, ma solo una attirò la sua attenzione. Era dipinta di giallo e nero. Le vele, nonostante fossero state arrotolate, erano d’un bianco candido, mentre la prua era abbellita da una sirena, intarsiata nel legno. I tre alberi oscillavano nel vento, maestosi, mentre l’intero bastimento era abbellito da raffinate modanature in legno.

Incantata da tale bellezza, si diresse verso l’enorme vascello che aveva scelto per la notte. Quando vi fu abbastanza vicina, notò il nome dell’imbarcazione, dipinto a caratteri dorati lungo lo scafo. "H.M.S. Ember Rose", citava la scritta. La sigla H.M.S. specificava l’appartenenza del vascello, alla marina britannica. Istintivamente Jacklynn, dopo questa scoperta, guardò scrupolosamente il ponte, ora deserto, e le finestre, di cui solo una, irradiava un flebile luce. Come quella d’una lanterna. Ricordando ciò che le aveva insegnato il padre, riconobbe quella vetrata, come gli alloggi del capitano della nave. Rassicurata dal fatto, che un capitano non si sarebbe mai scomodato a scendere nella stiva in piena notte, salì lungo la passerella.

Facendo meno rumore possibile, osservò il ponte, rimanendo basita, scoprendo quanto fosse ordinato e pulito, rispetto a come se lo immaginava. Ma la cosa che la sbalordì ancor di più, fu scoprire che la sentinella di guardia, si era appisolata su un mucchio di corde.

Si tolse le scarpe, evitando così che il tacco facesse rumore sopra il legno. Sempre facendo molta attenzione a non svegliare la sentinella, cercò con lo sguardo la porta che portava sotto in coperta. Individuata, s’inoltrò silenziosamente nel ventre di quell’accogliente nave, che per quella notte gli avrebbe fatto da casa.

Finalmente, riuscì a raggiungere la stiva, ed appoggiandosi contro una delle pareti cerò di ristabilizzare il battito ed il respiro, ora irregolari, per l’agitazione provata in quel momento;

Era appena entrata di nascosto in una nave della marina. Lei era bagnata e malconcia, e si stava nascondendo dalla madre. Non si riconosceva più. Non avrebbe mai pensato, che un giorno avrebbe fatto una cosa del genere.

Infine, notò con piacere, che dopotutto, la stiva era calda ed accogliente, anche se piena di casse e barili. Vinta dalla stanchezza, cercò un’angolino in cui andarsi a sedere.

Trovato un posticino tra due casse, si lasciò andare al suolo, chiudendo le palpebre che si stavano facendo pesanti. Il cuore, che poco prima batteva furioso nel petto, si era finalmente placato, ed il respiro si era fatto regolare.

Il sonno, che minacciava di sopraffarla, s’intensificò, quando Jacklynn si lasciò andare, facendosi cullare dell’onde del mare, che stavano facendo ballare la nave. Ed improvvisamente si addormentò, accompagnata dal suono melodioso d’un violino.

   
 
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