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Autore: Benny23    23/02/2014    0 recensioni
Cecelia Wilson è una ragazza sempre vissuta tra le grinfie della famiglia Wilson. Sempre guardando il lato positivo, non ha mai visto niente di così maligno da cambiargli la vita: per lei erano solo persone da evitare, ma, dopotutto, non la trattavano in maniera perfida. Nel cambiamento più importante della sua vita, Cecelia si accorge che il grande passo che vuole da sempre fare, svanisce in un attimo. Il 16 Settembre comincia il liceo, e avvengono cose strane sin dalle 6.30 del mattino. Che cosa scoprirà Cecelia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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La famiglia più insopportabile di cui un cittadino poteva far parte, era quella dei Wilson. Per Cecelia, non ce n’era una in grado di soddisfare ciò che lei voleva. In effetti, tutta la famiglia Wilson la trattava come un’estranea, anche se faceva parte sempre dello stesso cognome. Lei, invece, pensava che, dopotutto, non ci andava tanto male: leggendo qualche giornale e guardando molto spesso il telegiornale in tv, si accorse che c'erano famiglie che trattavano i loro figli in maniera peggiore. Per questo Cecelia non voleva lamentarsi di ciò che aveva, e si distraeva pensando al suo futuro. Avvolte le scappava qualche parola su ciò che voleva fare, come nell’ora di cena: era così emozionata, che quella sera stessa iniziò a parlarne finché sua madre non la fermò, mandandola a pulire i piatti (che, per giunta, non erano neanche sporchi, visto che non li aveva nemmeno messi a tavola!).
Comunque sia, dopo la cena e l’emozione tenuta dentro, Cecelia andò a letto. Quella notte non riuscì a dormire.
Il giorno dopo si svegliò mezz’ora prima, e si accorse del suo cuscino sporco di sudore. << Diamine! >> esclamò Cecilia, girando il cuscino dall’altro lato. Sfiorò con lo sguardo l’orario, per poi concentrarsi sul calendario: “Giorno: 16 Settembre”.
Lo continuò a fissare, finché, di scatto, non sobbalzò in piedi: iniziava il liceo. Sicuramente non sarebbe andata come le medie: pensava a quanti amici avrebbe potuto avere. Non aveva scelto lo stesso liceo degli altri suoi compagni, per paura di incontrarli e farsi rovinare la sua vita da quei codardi. In effetti, Cecelia pensava che anche lei fosse una codarda.
Giunta la percezione che quel giorno sarebbe iniziata la scuola, si affrettò a vestirsi, e immediatamente si ritrovò pronta. Neanche quando i suoi genitori le avevano detto di andare allo zoo della Sicilia, si sentì così emozionata a tal punto da balzare in aria. Il suo modo infantile di vedere le cose le faceva vedere tutto nel modo più immaturo. I suoi genitori non la sorvegliavano tanto, per questo se l’è sempre dovuta cavare da sola. Per lei, quella sua piccola identità infantile era solo un modo per nascondere la sua maturità.
Cecelia era una ragazza dai capelli neri e di media lunghezza. Era bassa e magrolina, ed aveva gli occhi marrone scuro. 
Si guardò allo specchio per qualche secondo per poi pettinarsi i suoi spettinati capelli, notando le sue doppie punte. In verità, Cecelia non si importava molto delle critiche altrui, per cui non riusciva a dipendere dagli altri. 
Agitandosi per la stanza, ad un tratto, notò fuori dalla finestra, un ragazzo intento a guardarla dritto negli occhi. Non fece nemmeno in tempo a raggiungere il suo profondo sguardo che sembrò il ragazzo scomparire nel nulla. Si affrettò, senza far rumore, a raggiungere il giardino appartenente per metà anche alla famiglia Marshall, una famiglia così dolce, ma solo all'apparenza. Per questo Cecelia si nascose tra i pochi cespugli che vedeva per il giardino, rischiando di essere scoperta dal postino, che, di solito, arrivava a quest'ora (amante della signora Marshall, non faceva neanche in tempo a vedere Cecelia, che subito gli diceva a lei di ciò che aveva visto, per essere poi premiato con un “bacio” sulla guancia). 
Intenta a ritornare indietro, vide solo un fruscio di foglie muoversi verso la sua destra: il ragazzo era del tutto scomparso. Si girò d'ovunque – tanto che fece il giro completo intorno a se stessa – per poi ritornare nella sua stanza senza fiato.
Tutto questo,accadde in massimo cinque minuti. Cecelia pensò che poteva essere catalogata come la sua prima esperienza liceale (o meglio, il suo primo momento di pazzia adolescenziale).
Si mise a ridere fra sé e sé pensando forse di essere fuori di testa. Chi non lo era di prima mattina? Sentì il postino arrivare e provare ad acchiappare qualcuno nelle circostanze, cosa che non funzionò. Cecelia ridacchiò dall'alto e aspettò che suo fratello Dylan iniziasse ad urlare di aver fame. Questa volta, Cecelia lo colse di sorpresa tappandogli la bocca, e dicendogli che gli preparava lei da mangiare. Dylan rise al solo pensiero e si sedette a tavola. Questo era un giorno speciale (almeno per Cecelia, visto che Dylan era davvero giù di morale per l'inizio della scuola)  dunque si affrettò a preparare la colazione - anche per i genitori - e chiese a Dylan di dirgli che a scuola ci andava a piedi.
Lui annuì con la testa e la vide andarsene via canticchiando una canzoncina inventata da lei.
Dylan era suo fratello minore, nonché il rompiscatole di turno. Aveva solo 3 anni e mezzo. Aveva i capelli rossastri e gli occhi verdi. Non solo era antipatico con i loro genitori, ma quando restavano soli faceva finta di nulla, mentre durante il dì la evitava sì e no tutto il giorno. Non sopportava quando la trattava male ridendo di lei, però almeno sapeva che, in fondo, ci teneva.
Cecelia chiuse delicatamente la porta e notò il postino fissarla. Si avvicinò a lei e l'annusò. << Ah, lo sapevo! Signorina Wilson, lei stamani è venuta nel giardino della signora Marshall? >> chiese lui, come se non fosse una domanda, bensì un'affermazione.
<< Se permette, è anche il giardino della famiglia Wilson >> Disse. Si grattò la testa e poi continuò. << Stamattina dormivo. Mi sono svegliata verso le 7.30, per poi ora uscire fuori di casa >>.
Camminò a testa alta verso il marciapiede che, andando sempre dritto, conduceva al liceo, per poi salutarlo con un cenno della mano. Non voleva di certo finire nelle grida della signora Marshall, se non l'avesse salutato.
Allegramente, Cecelia passeggiava per la città salutando tutti con il suo raro sorriso. 
Fece più o meno 25 passi da casa, eppure notava sempre rivenire le stesse persone. Scosse la testa e credeva fosse la sua immaginazione. Continuò a camminare, era sicura: quella persona l'aveva vista col cellulare in mano per tre volte di fila. Di certo non poteva teletrasportarsi.
Cecelia decise di guardarsi indietro, e notò la sua casa ed il postino pronto a filtrare con la signora Marshall. << Aspetta, aspetta, aspetta. Non mi sono mossa da qui?! >> Disse Cecelia, guardandosi intorno. Eppure le era sembrato di camminare così tanto, da non riuscire a tener fiato. Sembrava uno di quei programmi che a Cecelia non piacevano affatto, come Maghi&Magie o Cose strane, dove l'ultimo appena detto parlava semplicemente delle cose strane che avvenivano nelle case altrui (come oggetti volanti, etc.).
Cecelia era così confusa che rientrò subito in casa. << Dylan, non riesco ad andare a scuola! Non ci riesco! >> Gli urlò. Vide l'orario, ed era passato solo qualche secondo da quando lei era uscita di casa. I suoi occhi si aprirono: era davvero sorpresa. Si allontanò lentamente da suo fratello e si sedette.
Dylan la guardava ancora in modo strano, finché non si mise ad urlare. << Mamma, l'ha capito! Svelta! >> 
In effetti, sapeva dire solo qualche parola. Cecelia rimase stupita di come fosse riuscito suo fratello a dire quelle frasi. Anche se aveva 3 anni e mezzo, di certo doveva mettere il soggetto ed il predicato verbale. Invece, Cecelia non capì cosa avesse capito.
Si fece qualche domanda, finché sua madre non la guardò sbalordita. << Cosa ha capito? >> Le chiese a Dylan. Lui diede uno sguardo a Cecelia come per dirle “Avanti, diglielo tu”.
Fece un sospiro e si alzò dalla sedia. << Mamma, non riesco ad arrivare al liceo. Ho fatto tantissimi passi, ma vedevo sempre le stesse persone >>, le disse, ancora confusa.
La madre le prese le spalle e la tirò a sé. << Ti spiegherò tutto >> Le disse, facendola sedere.
<< Ma mamma, devo andare a scuola! >>. Improvvisamente si bloccò il tempo, e solo la madre con la figlia potevano muoversi. Cecelia notò dalla finestra tutti fermi. Non respiravano neanche. Per un attimo si spaventò, poi notò la madre sorridere.
<< Un giorno te ne saresti accorta >> Disse la madre, guardando Dylan. << Lui già lo sa, non volevo fare lo stesso errore fatto con te >> Ridacchiò fra sé e sé. << Allora, che poteri hai tu? >>
<< Eh? >> Sobbalzò di nuovo in piedi. << Mamma, è uno scherzo, no? Io odio la magia, e tutto ciò che riguarda essa >>.
<< Lo so >> Le affermò, con calma. << Dylan già lo sa di avere un potere. Io, semplicemente, riesco a fermare il tempo >>.
Cecelia continuava a rimanere incredula a ciò che diceva. << E-ed io? Solo perché restavo sempre nello stesso punto ho un potere...? Forse Dylan mi ha fatto una magia! Oppure qualcun altro. Oppure è stato un errore, forse in un vostro libro di magia... >> Iniziò ad agitarsi.
<< Calmati. E' da quando sei nata che hai un potere. Forse... ci sono! Allunghi il tempo. Anche se non servirebbe quasi a nulla... >> Rimase a fissare un punto per qualche secondo. << Non saprei, non saprei >> si ripeteva.
Cecelia si stava arrabbiando. << Mi hai sempre trattato...male?! Perché tutto d'un tratto sei così...normale con me? >>
<< Non ho mai voluto! >> Esclamò, perdendo la calma che qualche minuto fa aveva. << Ma, quando dico bugie, non riesco a guardare dritto una persona negli occhi. O meglio, quando non le dico qualcosa. Per questo tutti sanno quando mento... >>
La guardò ancora con stupore. Quindi, in tutti quegli anni, sua madre e suo padre l'avevano evitata (più, tutta la famiglia Wilson), solo perché aveva qualche stupido potere e lei non lo sapeva? E cose le avrebbe cambiato? Se non era utile per migliorare i voti della scuola, tanto valeva non usarli minimamente.
<< Di certo ciò non mi cambia la vita. Ma non potete evitarmi sempre per poi da un momento all'altro trattarmi da principessa. Fammi andare a scuola >>
<< Non ci riuscirai. Il tuo potere non te lo permette. Ti accompagno io >>. 
Con uno schiocco delle dita, la madre rifece continuare il tempo. La prese per mano, e la accompagnò fuori. Cecelia vide ancora il postino in 'intimità' con la Marshall. << Buongiorno! >>, esclamò mia madre, portandomi sempre per mano, fino alla macchina.
La signora Marshall si avvicinò subito a noi (tutto per levarsi il postino fra i piedi!). 
<< B-Buongiorno >> Fece un bel sorriso falso a tutt'e due. << Allora, è il tuo primo giorno di liceo, Cecelia? Dovresti esserne contenta >>. 
<< Be', lo sono >> disse, salendo in macchina.
La Marshall alzò il sopracciglio e se ne andò. Dopotutto, si odiavano a vicenda.
   
 
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