Serie TV > NCIS
Ricorda la storia  |       
Autore: Emily27    23/02/2014    7 recensioni
Una speranza in cui credere.
Il destino che può dare e togliere.
Un luogo speciale in cui ritrovarsi.
(Storia partecipante al concorso "Slash Vs Het" di Lady.EFP )
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tutta colpa del destino


Primo capitolo
Speranza





 
Tre ore, tre lunghe ore che erano passate lente come fossero giorni. Il tempo sembrava aver rallentato la sua corsa: ogni volta che Gibbs guardava l'orologio appeso alla parete grigia di fonte a lui, le lancette si erano spostate appena.
Posò le braccia sulle ginocchia e si prese il viso fra le mani, traendo un lungo sospiro. Non ricordava l'ultima volta in cui si era sentito tanto in preda all'ansia e aggrappato così fortemente alla speranza. Era solo, seduto su quella che faceva parte di una fila di sedie lungo il corridoio deserto, al termine di cui, a pochi metri di distanza, c'era quella porta. Sempre impietosamente chiusa.
Lui, così abituato alla solitudine, in quel momento desiderò avere qualcuno accanto che gli dicesse, anche mentendo, che sarebbe andato tutto bene.
Guardò di nuovo l'orologio: tre ore e dieci minuti.
Si tirò su contro lo schienale della sedia e appoggiò la testa sul muro. Chiuse gli occhi e infilò una mano nella tasca della giacca, toccando la lettera che Jenny gli aveva dato prima che i loro sguardi si scambiassero un ultimo saluto silenzioso.
Se non ci rivedremo più, leggila.



Washington, otto giorni prima

Tutti stavano ridendo ai racconti di Mike Franks, tutti tranne Gibbs. Cosa diavolo gli era venuto in mente di rivelare alla squadra le sue disavventure da “pivello”? Non lo aveva mai fatto prima e nessuno glielo aveva mai domandato. Non aveva idea da quale discorso avesse preso spunto, poichè quando li aveva raggiunti alle scrivanie ne stavano già parlando e la sua reputazione era ormai stata intaccata.
«Ehi, capo, sei davvero tu la persona di cui sta parlando Mike?» chiese DiNozzo, per il quale le rivelazioni dell'agente anziano sembravano essere divertimento puro.
«Certo che sto parlando di lui» rispose Franks al posto di Gibbs, dando una pacca sulla spalla di quest'ultimo.
Jethro sospirò, rassegnato al fatto che quelle informazioni fossero ora di dominio pubblico.
«Sto già pensando a quando sarò un vecchio agente in pensione e racconterò le gesta del nostro pivello» disse Tony girandosi verso McGee con uno sguardo perfido.
«Posso immaginare...» fece Ziva sollevando gli occhi al cielo.
Timothy incrociò le braccia sul petto e replicò: «Io non voglio immaginare.»
«Per me di pivello ne esiste soltanto uno» dichiarò Franks. «E sono orgoglioso di lui.» Una seconda pacca sulla spalla di Gibbs accompagnò le sue parole, mentre il diretto interessato si lasciava andare ad un sorriso.
«Sai sempre come farti perdonare, Mike.»
Franks salutò tutti: era giunto il momento di andare, il volo per il Messico lo stava aspettando. Una settimana prima aveva accompagnato Jenny, Ziva e Tony di ritorno da Los Angeles, dando poi un valido aiuto nella cattura di Svetlana, alla fine rimasta uccisa proprio per mano sua, e successivamente si era trattenuto a Washington per alcuni giorni.
«Passo a salutare Jenny e poi tolgo il disturbo...» Mike ebbe appena il tempo di pronunciare tali parole, che vide il direttore scendere la scala. «Come non detto.»
Jenny lo raggiunse e insieme a Gibbs lo accompagnò all'ascensore.
«Grazie di nuovo, Mike, per esserci stato. Non lo dimenticherò» disse lei.
«Quando gli amici chiamano, Mike Franks risponde. Anch'io ho le mie regole, giusto?» domandò all'ex collega.
«Giusto» rispose Jethro con un sorriso, che lasciò il posto sul suo volto ad un'espressione più seria. «Grazie, di tutto.»
«Basta coi ringraziamenti, o finirò col sentirmi troppo importante.»
Le porte dell'ascensore si aprirono e Mike passò ai saluti.
«A presto, Pivello» disse, poi si avvicinò a Jenny. «Abbi cura di te...»
A Gibbs non sfuggì il lungo sguardo che i due si scambiarono.
Una volta che Franks fu salito sull'ascensore e le porte scorrevoli si furono chiuse, il direttore Shepard si voltò verso Jethro. «Devo parlarti, ma non ora.»
«Va bene» rispose lui, senza porre domande.

Quella sera, mentre levigava il legno della barca, Jethro lasciò che i suoi pensieri fluissero liberamente. Da sempre, lo scantinato era il luogo migliore dove poterlo fare.
Solo una settimana prima, Jenny lo aveva chiamato da Los Angeles per metterlo al corrente dei fatti avvenuti laggiù e di come lei e Mike Franks avessero affrontato da soli gli uomini arrivati nel diner. A fatti avvenuti, appunto. Era una questione che riguardava anche lui e lui avrebbe dovuto essere là a proteggerla, invece era stata Jenny a voler proteggerlo, tenendolo fuori e appellandosi a Mike. Ne avevano discusso, in uno scontro che non aveva portato a niente, e tutto quello che gli era rimasto era stato il pensiero di aver corso il rischio di perderla. Un rischio scampato, ma che la realtà che si profilava all'orizzonte trasformava brutalmente in una certezza.
Non fu per lui una sorpresa vedere comparire Jenny in cima alla scala.
«Un tacito appuntamento, il nostro» considerò mentre scendeva lentamente i gradini.
«A volte non servono tante parole» sostenne lui alzando un attimo gli occhi a guardarla, per poi riabbassarli sul lavoro che stava facendo.
Jenny gli fu accanto e lo osservò con le mani infilate nelle tasche dello spolverino.
«No, se conosci bene la persona che ti sta di fronte.»
«Dovevi parlarmi?» domandò Gibbs senza smettere di levigare.
«Sì...» rispose Jenny quasi in un sussurro. Lasciò trascorrere alcuni secondi, prima di continuare. «Sono malata, Jethro.»
Lui arrestò il movimento della mano e gettò la lima sul tavolo.
«Finalmente. Cosa aspettavi a dirmelo, di non essere più in grado di svolgere il tuo lavoro?» Il suo tono risultò più brusco di quanto avrebbe voluto.
Lei restò impietrita.
«Tu... lo sapevi?»
«Perchè non me l'hai detto prima?»
«Lo sapevi.» Jenny scosse la testa. «Ducky. Avrei dovuto immaginarlo.»
«Perchè, Jen?» domandò ancora Gibbs più dolcemente, con gli occhi che cercavano i suoi. Quando Jenny alzò lo sguardo li vide, lucidi e fieri.
«Non volevo essere considerata e trattata come una malata, che provassi pena per me, che ti preoccupassi per me. Volevo restare la solita Jenny, e dirtelo avrebbe reso tutto più reale. Ho rimandato, ma era giusto che tu lo sapessi.»
Gibbs era al corrente della sua malattia da un po' di tempo, ma ascoltarla mentre ne parlava gli fece male.
«Mi addolora, Jenny, sono preoccupato. E lascia che io lo sia.»
«Ecco, lo vedi...» Il debole sorriso del direttore Shepard non arrivò a illuminarle il volto.
«Lo sa anche Mike, vero?»
«Non ti sfugge niente, Jethro. Sì, ha trovato le mie medicine.»
«È lui che ti ha convinta a dirmelo?»
«In parte» ammise lei. «Ma c'è anche un'altra cosa.» Jenny fece una pausa, poi proseguì. «L'altro ieri sono stata dal dottor Brooks, il medico che mi ha in cura, e ho ricevuto una buona notizia, se così la vogliamo chiamare. Esiste la possibilità di un intervento.»
Una luce attraversò il cuore di Gibbs e istantaneamente si tramutò in parole forse troppo cariche di illusione.
«Potresti guarire?»
«Non si sa. È un metodo di cura ancora in fase sperimentale, finora vi si è sottoposto un limitato numero di pazienti e solo in meno del quaranta per cento dei casi l'intervento è riuscito, ma è una speranza, ed io ho deciso di coglierla» spiegò Jenny.
«Questa è una buona notizia» disse lui. Anche se non c'era nessuna certezza, voleva crederci.
Lei annuì.
«Già. E sai una cosa... Se Mike fosse rientrato in quel diner un secondo più tardi io adesso non sarei qui. Anche se spesso siamo noi a decidere il nostro destino, forse in questo caso è stato lui a dettare gli eventi, per donarmi questa possibilità.»
«Forse... Ma se esiste un destino, voglio credere che ci sia anche scritto che tu starai bene.»
Jenny emise un sospiro. Chiuse gli occhi per alcuni istanti e poi li riaprì in quelli di Jethro.
«Ho bisogno di crederlo anch'io.»
Gibbs lo vide, il timore che cercava di dominare. Era quello di chi teme di vedere le proprie speranze disilluse e di dover fronteggiare ciò che ne consegue.
«È già stata fissata una data per l'intervento?»
«Sì, sarà la prossima settimana, è già tutto stabilito, meglio non aspettare troppo» rispose Jenny, poi, in un tono più basso e fermo, aggiunse: «Questo lo sai solo tu. E lo saprai solo tu.»
Gibbs restò in silenzio, era uno di quei momenti in cui le parole risultavano superflue.
L'indipendente e coraggiosa Jenny Shepard voleva affrontare tutto da sola, senza dire nulla alle persone che le volevano bene, senza consentire loro di starle vicino. Forse non intendeva permetterlo neanche a lui.
«In quale ospedale sarai ricoverata?»
«Non sarò operata a Washington e nemmeno qui negli Stati Uniti. Ad eseguire l'intervento sarà il dottor Legrand, alla clinica Mont Louis di Parigi.»



Parigi, oggi

Se non ci rivedremo più, leggila.
Non voleva pensarci, non voleva perderla, né fra un'ora e né fra mesi.
Quell'attesa lo stava logorando. Più passava il tempo, più vedeva spegnersi la speranza, nonostante s'imponesse di non pensare al peggio. Il medico aveva detto che l'intervento sarebbe durato circa tre ore, ma ne erano già trascorse più di quattro e la porta della sala operatoria continuava a restare chiusa. Non era un buon segno.
Jethro si alzò in piedi e mosse alcuni passi, incapace di contenere l'ansia crescente che lo divorava, poi appoggiò la schiena ad una parete e si passò una mano sul viso.
Cosa stava succedendo là dentro? Quali erano le condizioni della sua Jenny?
La sua Jenny.
Gli era venuto naturale definirla così, perchè, dopo che aveva perso Shannon, era stata l'unica donna che avesse amato davvero. E che amava ancora.
Malgrado fingessero il contrario, negassero l'evidenza, malgrado lei avesse un tempo deciso che le loro strade dovessero dividersi, i loro sguardi non mentivano: quello che c'era stato non era mai finito. Incominciò a credere che il destino avesse sul serio fatto la sua parte, ma soltanto per prendersi gioco di loro, conducendoli nel luogo dove tutto aveva avuto inizio e proprio lì mettervi fine.
Trascorsero altri dieci minuti, che divennero quindici. Jethro fu attraversato da un brivido quando vide aprirsi la porta della sala operatoria. Si staccò dal muro, mentre compariva il dottor Legrand con la mascherina calata sul collo, la fronte imperlata di sudore e l'espressione indecifrabile.
Gibbs non osò domandare, combattuto tra la speranza, che fulminea era ritornata a bussare alla porta del suo cuore, e la paura delle terribili parole che avrebbe potuto udire.




Anche questa volta sarò breve, tre capitoletti e mi tolgo di torno ;)
Giusto per tenervi un po' sulle spine... o almeno spero :P
Il prossimo tra una settimana.
Ciao!
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > NCIS / Vai alla pagina dell'autore: Emily27