Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Windancer    24/02/2014    2 recensioni
Storia incentrata sul personaggio di Hakuryuu, che mi è sempre tanto piaciuto. Cercherò di approfondire la psicologia del personaggio e d è possibile che non rispetti gli eventi della storia originale. Tutto inizia quando lascia i suoi amici, per ritornare nella sua terra. Cosa accadrà? Recensite se vi va :)
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aladdin, Alibaba Saluja, Hakuei Ren, Hakuryu Ren, Morgiana
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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NdA Salve a tutti.

Wow, sono mesi che non pubblico e ora sto per farlo addirittura con una long-fic, non ci posso credere. E’ successo tutto all’improvviso (Una cosa come ieri) e nonostante questo riesco a vedere perfettamente la conclusione di questa ff che spero possa piacervi. Non è molto che seguo Magi ma me ne sono innamorata e se siete qui anche voi vuol dire che l’apprezzate come me.

Che dire, non intendo tediarvi oltre se non per invitarvi ad esprimere la vostra opinione su quanto leggerete J

Ps. Per la cadenza dei capitoli non vi prometto niente ma cercherò di pubblicare il secondo la prossima settimana ^.^

Pps: Il titolo non è mio ma di una canzone degli Epica così come la citazione a inizio capitolo. Sono da sempre mia grande fonte d’ispirazioni, i testi e le musiche ogni volta tolgono il fiato.

 

Disclaimer: penso sia ovvio ma i personaggi in questione non mi appartengono e la storia non è stata scritta a scopo di lucro.

 

Dedico inoltre questa ff alla mia sfortunata compagna di avventura, pazza ed egocentrica, maniaca e sclerata, malata di biondi, la dolcissima e cara Arturia Pendragon ;)

Grazie infinite per avermi imposto di scrivere questa storia che senza di te non avrebbe mai visto la luce de sole.

 

Do you cry to the heaven's high
When you're confined in here?
Do you not ever wonder why
These leaden tears will never dry?
They'll leave behind so many shadows
The substance in time forced into life
Still exists because it's here
Living in me, living in all the memories in my life

Lost inside blank infinity

 

Chapter 1 - Lost inside blank infinity

 

Un giovane bruno e bell’aspetto camminava spedito per le vie affollate della città.

Aveva deciso, non sarebbe tornato indietro per niente al mondo.

Gli occhi arrossati, il volto tirato, aveva ottenuto un passaggio da un brav’uomo che passava di lì con il suo carro colmo di mercanzie.

Aveva celato la sua identità. Nessuno avrebbe saputo fino al momento giusto. La solitudine gli sembrava qualcosa di strano in quei momenti.

Il carro procedeva lento lungo la strada.

Sollevò il capo e guardò scomparire in lontananza il profilo dorato della città che solo poco tempo prima l’aveva accolto calorosamente.

Nonostante la diffidenza che aveva in corpo da sempre, il suo guscio protettivo aveva fatto presto a sfaldarsi per poi andare completamente in frantumi.

Pezzo dopo pezzo aveva faticosamente ricostruito la sua identità. Ma quanto dolore ancora gli riservava il destino. E quanta sofferenza aveva visto negli occhi di quella giovane.

L’avevano rapito completamente dal primo istante.

La sua timidezza non era altro che una maschera. Erano più simili di quanto non credesse. E forse anche questo aveva contribuito ad avvicinarli.

Ricordava a stento cosa fosse il calore di un abbraccio.

Nella sua memoria solo sangue e urla silenti di morti che non era riuscito a salvare.

Se solo avesse… Ma cosa? Che Cosa?! Le grida risuonavano continuamente nella sua testa senza dargli un attimo di tregua. Le combatteva ogni notte fino allo stremo.

E perché tutto questo? Non lo sapeva.

Non aveva mai capito niente lui.

Sempre troppo ingenuo.

Lui sarebbe diventato imperatore un giorno, sì , e ogni cosa sarebbe andata per il verso giusto.

Questo gli ripetevano continuamente.

Ricordava ancora lo sguardo accorato della sorella maggiore mentre lo scortava nello studio, mentre gli si annunciava che un giorno avrebbe regnato incontrastato. E chissà lei dov’era.

Dolce, forte, coraggiosa, ancora legata a felici ricordi del passato che fu. Profumo di piatti prelibati proveniente dalle grandi cucine reali, mattinate trascorse tutti insieme in riva al lago. Risate e scherzi per tutto il tempo.

E le corse pazze su e giù per i lunghi e tortuosi corridoi del palazzo? Come dimenticarle. Sorrise.

L’avvolse un turbinio di emozioni.

Quanto tempo era trascorso da allora. Non lo ricordava con precisione ma sembrava un’eternità. Quasi che quel bambino contento fosse un’altra persona, e, forse lo era davvero.

Gli sfuggì una risatina pensando a tutte le avventure vissute insieme ad Alibaba, Morgiana e al piccolo Aladdin. Non aveva capito subito Alibaba in realtà. O forse era il ragazzo biondo a non aver capito lui. C’erano state incomprensioni.

Lui era sempre così allegro, solare cime se tutti i problemi del mondo non lo sfiorassero neanche. Solo una volta gli aveva visto quello sguardo sul volto.

Uno sguardo perso nelle profondità del passato anche se per il resto gli era parso un giovane spocchioso ed irritante perfino.

Quella sicurezza, il modo di fare così arrogante non l’avevano certo spinto ad amarlo di più.

Sua cugina invece, sembrava decisamente gradire la sua compagnia, e dopo aver opposto un po’ di resistenza i primi tempi, non aveva potuto fare a meno di lasciarsi andare.

‘Che sciocca’. Aveva pensato di lei. Non lo conosceva che da poche settimane. Come riusciva a fidarsi di una persona estranea’

E spesso aveva faticato a iniziare una conversazione con lui.

Con il tempo aveva iniziato a capire qualcosa in più di quel misterioso ragazzo la cui giovialità celava ben altro.

 

Una notte di luna piena, mentre s’erano accampati, sentendo un rumore s’era sporto in avanti e l’avevo visto che usciva di nascosto dalla sua tenda.

Era il suo turno di guardia, per cui rimase immobile, appoggiato al tronco d’una grande quercia. In silenzio stette ad ascoltare i passi lievi sulle foglie ed i fiori umidi di pioggia.

L’aveva seguito con lo sguardo mentre si arrampicava su uno sperone di roccia. Solo per un attimo aveva temuto il peggio.

Alla luce della luna la pelle diafana e i capelli biondi spiccavano nel cielo notturno.

L’espressione decisa.

I pugni serrati.

Un sussurrò scivolò nell’aria.

Che cos’era?

Ancora.

Un Nome.

Kassim.

Un singhiozzo scosse il petto.

Poi un altro, più forte del primo e infine il pianto soffocato nella manica candida della casacca, come se avesse paura che la notte lo spiasse.

Geloso del suo dolore nascondeva il viso piegato in una smorfia.

Poi, silenzioso come un gatto si avvicinò alla fine della rupe.

Il ragazzo rimasto indietro intanto s’era allontanati dal grande albero.

Avanzato di pochi passi aveva fatto sì che non lo scoprisse.

Sarebbe intervenuto se necessario.

E poi, lo vide.

Gettò qualcosa giù nello strapiombo.

Un oggettino minuscolo, dal un brillio aveva detto che doveva trattarsi di una qualche pietra ma non sapeva altro.

All’improvviso Alibaba scosse la testa, no, non c’era nessuno lì con lui, era solo.

Il giovane principe aveva fatto in fretta a ritornare alla sua postazione come se nulla fosse successo.

Un brivido gli corse su per la schiena intirizzita.

Che cosa aveva appena visto?

Era un momento privato, e lui aveva violato l’intimità profonda in cui si trovava l’amico per mera curiosità. Si vergognò di sé stesso. Era pur sempre un principe per amor del cielo, e si era appena comportato come un bambino.

Aspettò, respirando piano, che Alibaba facesse ritorno alla sua tenda, sperando ardentemente che non lo scorgesse.

Finalmente i passi del biondo divennero un’eco sottile e poi più nulla.

Tirò immediatamente un sospiro di sollievo, sentì i muscoli delle gambe stendersi.

Dandosi ancora dello stupido si guardò attorno un paio di volte brandendo la lancia con entrambe le mani, ma non c’era nessuno. Si sedette di nuovo su un ciocco di legno dietro di lui.

Rimase così per molte ore, il viso appoggiato alla mano sinistra, l’arma stretta nella destra, in attesa che l’alba tingesse il cielo di rosa. Che spettacolo sarebbe stato.

L’indomani giunse troppo presto, non vide il sorgere del sole: era stato vinto dal sonno intorno alle 5.00 del mattino e il cinguettio degli uccelli l’aveva ridestato solo alcune ore dopo quando il sole era già alto. Ancora mezzo addormentato aveva proteso le braccia in avanti cercando a tentoni la sua lancia.

Ma dove l’aveva lasciata? Si domandò, imprecando silenziosamente in un impeto di collera.

Se fossero stati attaccati quella mattina, mentre gli altri ancora riposavano dopo le fatiche del viaggio… non osava immaginare.

Ma poi eccola! L’arma tanto ricercata era sempre stata lì accanto.

Subito l’afferrò e si mise in posizione da combattimento.

Lo sguardo ormai vigile e attento scrutava le chiome rade degli alberi in fiore, alla ricerca di possibili nemici nascosti fra i cespugli di mirto.

Ad un tratto , ancora perso nei suoi pensieri, senti la presa salda d’una mano che gli teneva la spalla destra.

Sussultò preparandosi al peggio.

Voltatosi a fronteggiare il presunto avversario aveva aumentato la stretta sulla lancia acuminata.

“Ehi! Calma, sono solo io, Alibaba”

Era proprio lui, e se la rideva della grossa anche.

Gli spiegò che quel mattino s’era svegliato presto, non riuscendo più a prender sonno e accortosi della sua stanchezza aveva montato la guardia al suo posto.

Il giovane dai capelli scuri rimase per un attimo immobile a guardare il suo inaspettato interlocutore.

Non capiva assolutamente le sue ragioni né perché non gli avesse detto di quella notte. Tutte i suoi interrogativi vennero spazzati via da un enorme sorriso: Alibaba gli tese allegramente la mano e lui, gliela prese, ancora più inaspettatamente. Era stato un riflesso spontaneo. Il corpo aveva agito prima ancora che la mente gli imponesse di allontanarsi da quello strano ragazzo che non sapeva far altro che cacciarsi nei guai.

Gli era sembrato che avesse mormorato un flebile “grazie” mentre gli voltava le spalle, allontanandosi a cercar legna insieme al piccolo Aladdin. Non avrebbe saputo spiegare con esattezza che cosa era veramente accaduto in quei due giorni, sapeva solo che da quel momento, qualcosa era cambiato per sempre.

Un violento scossone lo ridestò dai suoi pensieri. Sarebbe arrivato in città nel giro di poche ore.

Gli sembrava ancora lontana ma già scorgeva le alte torri del palazzo. D’istinto strinse forte con una mano il bordo di legno del carro, tanto da farsi male.

Nel frattempo cercò di distrarsi e prese ad osservare gli oggetti accatastati sul fondo del mezzo. Ve n’erano di tutti i generi: lampade a olio, chincaglierie varie, monili dall’aspetto dozzinale, cesti di frutta e tessuti di discreta fattura.

L’occhio cadde infine su un copricapo bianco, un bel turbante di seta che giaceva lì abbandonato. Lo ricopriva uno spesso strato di polvere.

Le labbra si piegarono in un mezzo sorriso, ripensando che sarebbe davvero piaciuto al piccolo Aladdin, anzi, gliene avrebbe regalato uno alla prima occasione.

Non conosceva bene neanche lui, ma sapeva che si trattava di un Magi che, e la cosa era curiosa, aveva l’aspetto d’un bambino.

Non gli era sembra così potente all’inizio, a dire il vero, si era trovato più volte a chiedersi quali fossero i suoi reali poteri.

In vita sua aveva conosciuto solo un altro Magi.

Stando insieme aveva apprezzato grandemente la sua compagnia, benché alcuni dei suoi responsi fossero alquanto sibillini.

Percepiva sempre un’aura positiva intorno a lui.

Spesso Aladdin aveva dovuto far da paciere nelle frequenti discussioni che l’avevano visto contrapposto ad Alibaba.

E il tempo era trascorso velocemente in loro compagnia, tanto che non vederli più in giro lo rattristava un po’, doveva ammetterlo.

Pur se con difficoltà, aveva imparato che le persone non si possono mai giudicare dalle apparenze. “Perché non siamo mai quello che mostriamo di essere”, gli aveva detto sua sorella tanti anni prima.

Avevano trascorso momenti sereni, altri più burrascosi, ma avevano superato tutto, insieme. Per la seconda volta nella sua vita aveva sentito di far parte di una famiglia dopo tanto tempo.

A malincuore li aveva lasciati, ma soprattutto avrebbe sentito ogni giorno la mancanza di lei.

Morgiana.

Era una Fanalis, l’aveva notato immediatamente a differenza del biondo compagno d’avventura.

Aveva dentro di sé una forza incredibile.

Era bella sì. Occhi brillanti, guance rosee, viso piccolo, corpo minuto. Ma non era il motivo che l’aveva attratto: era indomabile, sapeva essere una vera furia.

Nelle sue vene scorreva il sangue di una delle più antiche stirpi che avessero mai abitato il mondo conosciuto.

I capelli di fiamma ne era valida testimonianza.

L’aveva amata dal primo istante in cui i loro sguardi si erano incrociati per caso.

E lei aveva sorriso, timida, non sapendo bene cosa rispondere.

Anche lui aveva presto dimenticato cosa fosse la “regalità” e s’era visto impacciato come non mai.

Faceva i conti con un sentimento tutto nuovo.

Non aveva mai provato nulla del genere e questo lo sconvolgeva.

Il cuore batteva forte nel petto, la testa andava in confusione.

Avrebbe voluto parlarle, dirle che la capiva! Che sapeva perfettamente che cosa provava e che conosceva la triste storia del suo popolo.

Quanta forza di volontà c’era in quell’esserino così delicato e fragile e tanto saldo come diamante al tempo stesso. L’aveva vista lottare e ne aveva ammirato i movimenti veloci e precisi delle gambe, l’agilità con cui colpiva l’avversario senza lasciargli il tempo di reagire.

Era una combattente nata.

La sua lotta era più di un semplice scontro corpo a corpo, era una danza.

Elegante, sicura, bellissima.

In ogni attacco risiedeva l’impeto di tutta la sua gente.

E più la guardava, più sentiva il desiderio di imparare da lei, da lei che era così forte e fragile insieme.

E la rivide ancora una volta mentre gli diceva che sì, gli voleva bene come ad un fratello, ma che no, non l’avrebbe seguito.

Era stato forse uno sciocco a sperare che potesse ricambiare i suoi sentimenti. In quei mesi aveva visto come lei guardava il loro compagno.

E ne era stato geloso.

 E’ vero, ma capiva che non avrebbe mai potuto forzarla ad amare un altro. Così come era consapevole che non avrebbe mai e poi mai provato un sentimento di eguale intensità per un'altra donna.

L’aveva baciata. Un bacio d’addio, dolce, appena accennato e nonostante questo un calore improvviso gli aveva infiammato le gote.

Le aveva preso la mano, l’aveva stretta forte fra le sue, assaporandone il tepore. Non avrebbe avuto un’altra occasione. Lei non s’era opposta, forse ancora sconvolta dal gesto improvviso. Non le aveva dato modo di parlare.

Solo alla fine aveva promesso, prima di andar via, che un giorno sarebbe tornato, per lei, per dimostrarle che il suo non era un amore passeggero.

E forse, non avrebbe mai potuto mantenere quella promessa.

Gliel’avrebbero certamente impedito con ogni mezzo.

Loro.

All’improvviso una voce lo richiamò al presente: “Ehi ragazzo! Ehi, dico a te! Guarda che siamo arrivati ormai. Hai per caso intenzione di dormire nel mio carro?”

“Io… Certo che no. Mi scusi davvero.

La ringrazio anzi per la sua disponibilità” Si affrettò a rispondere il giovane, ancora frastornato.

Fece un inchino subito dopo e dopo esser sceso, vide l’uomo allontanarsi per una ripida stradicciola.

Sollevò gli occhi per un attimo.

Eccola. Splendida e terribile.

La vedeva in tutta la sua magnificenza, la città che aveva lasciato tempo prima e che aveva considerato il suo unico mondo.

Si stagliava imponente sull’orizzonte la sagome del palazzo. I marmi preziosi rilucevano agli ultimi raggi del sole morente.

Il vento soffiava portando con se l’aria fresca della sera.

Era lì, strinse forte i pugni.

Ormai non poteva più tirarsi indietro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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