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Autore: mimmi_love    24/02/2014    6 recensioni
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Letter to Josh.



Caro Josh,

mi ricordo ancora quando ci vedemmo la prima volta.
Avevamo sei anni, mi ero appena trasferita nella villetta affianco alla tua e stavo portando dentro la mia valigia .
Ero molto triste, non volevo andarmene dalla mia casa, non volevo andare a vivere a Seattle, dall’altra parte del paese, lasciando tutti i miei amici e le mie maestre in Florida, nella città del sole; ma a sei anni non incidi tanto sulle decisioni prese dai tuoi genitori e così mi trovai catapultata in quel posto squallido e piovoso.
Trascinavo quella valigia pesantissima e mi cadde di mano la bambola che andò a finire in una pozzanghera. Mi salirono le lacrime agli occhi, ma ero determinata a non piangere, così mi fermai per prenderla e ti vidi da dietro la finestra vicino a tua mamma che ci guardavate curiosi.  Sorrisi flebilmente a quel bambino al di là del vetro, capendo che saremo diventati grandi amici.
Durante il mese di luglio le nostre madri diventarono amiche, e da quel momento ho vaghi ricordi sul se passavo più tempo a casa tua o a casa mia. Mi ricordo tuo fratello, Connor, che ci veniva sempre a dare fastidio. Tu gli gridavi contro, ma io volevo che restasse. Essendo figlia unica avevo sempre desiderato un fratellino o una sorellina con cui giocare.
Il mese di agosto passò veloce, anche se tu non c’eri; tornasti giusto in tempo per l’inizio della scuola.
Eravamo in classe insieme e, siccome ero nuova, pensarono che farmi sedere con il mio vicino di casa mi avrebbe aiutato a socializzare di più con i compagni; ma la verità è che non socializzai proprio con nessuno, nessuno a parte te.
Due anni dopo a San Valentino mi regalasti Lila la giraffa. La conservo ancora lo sai? È nell’armadio dell’infanzia: quello in cui tengo i quaderni e i libri, le bambole e i pupazzi.
Mi è piaciuta dal primo momento che l’ho presa in mano.
-Cassie, questa è per te. Mamma ha detto che oggi è San Valentino e si fanno i regali alle persone a cui vuoi bene. Allora io l’ ho fatto a te-
-Grazie, Josh, sei il mio migliore amico-  risposi abbracciandoti stretto stretto.
-anche tu sei la mia migliore amica, per sempre-
In quel momento ero felicissima di quello che avevi appena detto, ma crescendo capì che quella sarebbe stata la mia tortura.
Alle scuole medie ci separarono e io mi sentì malissimo quando entrando in classe non ti vidi sorridente al primo banco. Ero spaesata e andai a chiedere alla mamma dove fossi. Lei mi rispose che ti avrei incontrato durante l’intervallo perché non eri in classe con me.
E così crescemmo separati.
Tu, come al solito, circondato da tanti amici e amiche. Io seduta da sola a cercare di intercettare un tuo sguardo, anche involontario.
Alle superiori andò meglio, trovandoci di nuovo in classe insieme mi facesti inserire nel tuo gruppo e fu lì che conobbi Alex. Penso di essergli piaciuta dal primo momento, ma io credevo che ti avrei fatto un torto mettendomi con lui. Quando ti fidanzasti con Melanie mi sentì tradita e così per ripicca andai da Alex, era ancora lì, mi aveva aspettato.
Oramai avevamo quindici anni e il fatto che studiassimo sempre insieme, non era visto di buon occhio e per il più delle volte era frainteso.
-Ohoh, Hutcherson, vacci piano con la piccoletta- oppure –Non si fanno queste cose a Melanie, ci rimarrà male-
E io mi sono sempre chiesta se lo facessero apposta per farci litigare o essere cattivi era nella loro natura. In ogni caso era terribile.
Mi diedero anche della ‘puttana’ e  dissero che facevamo cose a quattro. Che ero una svergognata e avrei dovuto avere almeno un po’ di contegno.
Io sbottavo, ma non sapevo come rispondere. Ero così timida, terribilmente timida e chiusa in me stessa. Allora spingevo gli occhiali sul naso e abbassavo la testa camminando in fretta per raggiungere l’aula.
-ma che ti interessa, Cassie, dicono quello che vogliono. Lasciali parlare-
Me lo ripetevi sempre tutte le volte che piangevo disperata e tu cercavi di consolarmi.
-Ma, Josh……non è vero-
-appunto, tu lo sai, io lo so che senso ha stare a piangere?-
Annuivo convinta e mi asciugavo le lacrime tutte le volte, ma puntualmente tornavo a piangere di nuovo ogni qualvolta dicevano qualcosa di cattivo.
Ero così sensibile.
Quando avevamo sedici anni ti lasciasti con Melanie per fidanzarti con Dianna. Era una ragazza bellissima: capelli biondi, occhi azzurri, naso e bocca perfettamente  in sintonia con il resto del corpo. Era così dolce e simpatica e non le interessavano le voci che circolavano sul nostro conto.
Divenne mia amica, la mia prima amica vera. Le volevo un bene dell’anima. Tu l’amavi e lei ti amava. Ma come tutte le cose belle, anche lei era destinata a finire.
Lasciai Alex dopo nove mesi di fidanzamento, mi ero stufata del suo atteggiamento da  ‘padre premuroso e/o ipersensibile e/o iperprotettivo’
Però ci stetti male lo stesso, in fondo era stato il mio primo fidanzato.
Quella sera, la ricordo come fosse ieri, volevate uscire e portarmi con voi al cinema, ma io non volevo stare a fare il terzo incomodo e così vi convinsi ad andare ugualmente senza di me.
Credimi Josh, se ti dico che mi sento in colpa tutte le volte che ci ripenso, sareste potuti restare a casa e guardare un film romantico seduti sul letto di camera mia, eppure vi spinsi ad andare.
La dinamica dell’incidente mi è solo stata raccontata, dai giornali, dalla polizia, dai medici e anche da te: stavi guidando tranquillamente per andare al cinema quando un camioncino vi ha preso in pieno sul lato del passeggero; Dianna era seduta lì. È morta sul colpo.
Quando al funerale incontrai i genitori tu  eri già andato via, mi chiesero
-lui c’è?-
-no, è andato via-
-digli che non è colpa sua, è stata una beffa del destino- mi disse il padre singhiozzando.
-Mi dispiace davvero tanto signori Adams. Dianna era la mia migliore amica, le volevo un bene dell’anima e…..e avrei potuto fermarli quella sera, ma, ma-
 Mi morirono le parole in gola e iniziai a piangere, la madre mi abbracciò, ma in realtà quella che aveva bisogno di affetto era lei, era lei che il destino aveva voluto punire.
-cara, non è colpa tu, non ci potevi fare niente bambina mia-
-solo una cosa- mi chiese il padre –qualche volta vieni a trovarci e porta anche lui ci ricorderemo di Dianna tutti assieme. Divideremo il dolore-
Annuì tirando su col naso.
Tornai a casa decisa a dirti tutto, ma quando trovai la porta della tua stanza chiusa capì che non era il momento, che non avresti voluto che te lo dicessi, perché non potevi sopportare ancora altro dolore. Ti sentivi in colpa e ti dovevo lasciare immerso nei tuoi pensieri.
Me ne andai a dormire, ma non chiusi occhio. Pensavo alla mia bella amichetta, ai suoi occhi azzurri e rimpiansi il primo giorno che l’avevo vista. Perché? (Ti chiederai) perché la invidiavo, la invidiavo da morire. Volevo essere lei. Essere capace di divertire gli altri e di coinvolgerli come faceva Dianna, ma non ci riuscivo, non era ‘arte mia’.
Mi si stringe la gola e mi salgono le lacrime agli occhi ancora oggi quando penso a lei.
Volevo tornare dai genitori, ma si trasferirono in Francia per continuare a ‘sopravvivere’; qui avevano troppe cose che ricordavano loro Dianna.
I mesi passarono, mesi che pesavano come macigni sulla mia e sulla tua  coscienza.
Piano piano cominciammo a riprenderci e, per la prima volta da quando ci conoscevamo fui io ad aiutare te.
Restavi giorni chiuso in casa con la persiana abbassata, io arrivavo aprivo tutto e facevo entrare ‘l’aria buona’ e tu bestemmiavi perché la luce ti dava fastidio.
-Oh, andiamo Edward,  noi non abbiamo l’eternità-
Quella volta mi guardasti strano e io scossi la testa – Edward Cullen, idiota, quello di Twilight-
-e io che c’entro?-
-sei un vampirello come lui, non esci mai di giorno-
-non voglio uscire-
Scossi la testa sedendomi sul tuo letto:
-e va bene, so che è difficile, so che la tua vita è stata scossa in malo modo, so che non desideravi tutto questo e so anche che sei arrabbiato con Dio, perché gli chiedi cosa Dianna abbia fatto di male per meritarsi questo, ma è andata così e ti devi accontentare, devi andare avanti perché lei non ti avrebbe mai voluto ridurre in questo stato. Era la mia migliore amica, l’unica che io abbia mai avuto, mi ha insegnato più lei che chiunque altro e le voglio un bene dell’anima. E sai che c’è….proprio per questo le ho fatto una promessa, le ho promesso che avrei vissuto per tutte e due; le ho promesso che la mia vita sarebbe stata così bella e così gioiosa da fare vivere anche lei. E non ho intenzione di venir meno a ciò che ho detto. Quindi adesso muovi il culo andiamo a farci un giro e domani torni a scuola-
Mi guardasti scioccato, non ti aspettavi una mia presa di posizione così netta, se devo essere sincera non so neanche io come e da dove mi uscirono quelle parole.
-Cassie, io la amavo, la amavo da morire-
Sospirai perché per mesi avevo sperato che quelle parole le dicessi a me.
Passarono altri mesi e ti dimenticasti anche di Dianna. Sappi che nessuna delle fidanzate che hai avuto dopo era come lei. Nessuna.
Il liceo finì e io vinsi la borsa di studio per Harvard. Il mio sogno si stava avverando e niente mi avrebbe impedito di raggiungerlo.
Alla cerimonia del diploma chiesero ad ognuno di noi cosa avrebbe voluto fare da grande; sei stato l’unico a non rispondere. Tutti ti guardavano, tutti tranne me; io guardavo tua madre che sconsolata scuoteva la testa. È stato un colpo basso per lei.
A settembre sono partita per Harvard; non dimenticherò mai lo sguardo orgoglioso di mio padre mentre mi faceva ‘ciaociao’ con la mano.
Mi accompagnasti tu…. Ricordo ogni singolo istante di quel meraviglioso viaggio che per me segnava un inizio, per te una fine.
Ci promettemmo di scriverci ogni settimana una lunga mail; la cosa andò avanti per qualche mese, poi perdemmo la voglia e se mi chiamavi una volta al mese era un miracolo.
Ti allego la prima e l’ultima mail che mi hai mandato, per farti capire come è cambiato la tua opinione nel giro di pochi mesi.
 

“Cara Cassie,
oramai è una settimana che sei partita, ma a me sembra già un’ eternità. Ci pensavo ieri sotto la doccia: non siamo mai stati così lontani per coì tanto tempo. Abbiamo diciannove anni, ci conosciamo da quando ne avevamo sei, per me sei come la droga. Sei una dipendenza. Non me ne ero mai accorto fino a quando non sei partita, fino a quando non ho cominciato a vedere la finestra di camera tua sempre chiusa.
Comunque volevo informarti del fatto che ho ( di nuovo) conosciuto una ragazza: si chiama Anita, è portoricana e sono sicuro che ti piacerebbe da morire. È una ragazza semplice e gioiosa. Scherza sempre e quando parla in spagnolo mi incanta. Sono quasi convinto mi prenda in giro perché non ci capisco niente. Ma rido lo stesso perché la sua risata è davvero coinvolgente. Ha i capelli castano scuro e due occhi verdi meravigliosi. Mi ricorda Dianna. So che non dovrei dirlo, che sono passati tre anni e che eccetera, eccetera, eccetera. Ma il suo modo di relazionarsi con le persone è davvero molto simile a quello di Dianna.
 Sto pensando di dovermi cercare un lavoro, e so già che quando leggerai esclamerai: ‘sarebbe anche ora’ ma mi sono reso conto di saper fare ben poco.
In ogni caso, a te come sta andando? I corsi? Gli esami? La coinquilina? I professori? E dimmi un po’ l’hai già trovato un fidanzato?.
Ti voglio bene migliore amica,
 
baci baci XOXOXO                                                                  *Joshy*”
 

 
Quando la lessi per la prima volta ero felicissima per te e non vedevo l’ora di conoscere questa Anita che ti aveva fatto perdere la testa. Anche le lettere che mi hai scritto dopo sono state bellissime, ma l’ultima è stata la più terribile. Come se mi avessero infilato un pugnale dritto nel cuore.


“Cara Cassandra,
quanti mesi sono che sei partita? otto,nove? Ho perso il conto oramai. Credo in ogni caso che sia meglio finirla con questa stupida promessa delle mail. Ti ho scritto per l’ultima volta per dirti che mi iscrivo alla Pennsylvania university per il secondo semestre. Sei contenta vero? In ogni caso ci vediamo il giorno del Ringraziamento.
                                                                                                                                                                              JHutch"



  Cassandra, Josh, perché mi hai chiamata così, sai bene che io odio il mio nome per intero. E perché ti sei firmato col cognome? Perché Josh? Perché hai deciso di farmi soffrire così tanto?
In ogni caso, ti dico adesso quello che avrei voluto risponderti, ma che un po’ per orgoglio, un po’ per ripicca non  ti ho mai scritto.


Josh,
 
si può sapere perché cazzo mi chiami Cassandra? Non sapevo neanche che conoscessi il mio nome per intero. Cosa ti ho fatto di male? Sono partita, lo so, sono andata via, ma l’ho fatto per il mio futuro e so che tu avresti fatto lo stesso. Sono felicissima per te, finalmente hai messo la testa apposto e ti sei deciso ad andare al college. Fai bene. Io ho già fatto tre esami: 28,30, 29. Sono così contenta.
Ho conosciuto un ragazzo, si chiama Derek, lo amo tantissimo. Stiamo insieme da quasi un mese. E credimi se ti dico che sento che è quello giusto. So che tu non credi nel ‘sesto senso’ ma sono una donna, ce l’ho e ci credo per natura.
In ogni caso mi dispiace che tu stia così male per questa situazione, non credevo che potessimo arrivare ad un tale punto.
Non so se verrò il giorno del ringraziamento, in ogni caso….sii felice.
                                                                                                                                                                             Cassie”

 
                                                                                                     
Avrei dovuto mandartela, avrei dovuto mettere da parte l’orgoglio invece è rimasta lì fra le bozze e nessuno l’ha mai letta.
Il successivo giorno del Ringraziamento io c’ero e c’era anche Derek lo portai a conoscere la mia famiglia; facevamo sul serio.
Tua mamma mi disse che eri andato da qualche parte con una delle tue nuove fidanzate e che non saresti tornato neanche a Natale.
Fu un colpo basso, speravo di farti conoscere Derek e di chiederti cosa ne pensavi.
Per due anni non sentì più parlare di te. Ne un messaggio, ne una chiamata, ne una mail e neanche un bigliettino. Pensai ti fossi completamente dimenticato di me.
Parlavo spesso con tua madre e tuo fratello che mi raccontavano cosa stavi combinando, ma io sentivo che non era tutto vero quello che tu dicevi a loro e quello che lor dicevano a me.
Mi mancavi tanto.
Derek era ancora il mio ragazzo, si laureò quell’anno in giurisprudenza e partì per andare a fare tirocinio in uno studio legale.
Mi chiese di sposarlo. E io risposi di si. (Te l’avevo detto che era quello giusto)
In ogni caso non ci sposammo subito: io volevo finire il college e lui voleva trovare un lavoro.
C’era anche da mettere in conto che mi avrebbero assegnato ad un ospedale universitario dopo la laurea e non avevo idea di quale sarebbe stato.
Il 15 marzo mi arrivò l’invito al tuo matrimonio.

 
Joshua Ryan Hutcherson  
&
Margaret Anne Salvatori
 
Vi invitano al loro matrimonio, che si terrà il 9 luglio nella chiesa di Whiston, Seattle”
 
Cominciai a saltellare per tutta la casa urlando
-Josh si sposa, si sposa, Derek…Josh si sposa-
-chi è Josh?- mi chiese in tono inquisitorio
-Il mio vicino di casa a Seattle, si sposa  a luglio. Ci andiamo vero?-
-Ma certo amore mio-
-Oh, Derek, sono così felice per lui-
 
Credo proprio che in quel momento lui penso “sono felice per me”, ma non l’ha mai dato a vedere. Non è mai stato un ragazzo geloso.
Il 9 luglio eravamo in chiesa; eri così bello, lo smoking nero di donava tantissimo e Margaret era bellissima.
Dopo la cerimonia venni per abbracciarti, ma tu ti limitasti a baciarmi sulle guance come se fossi una tua normale conoscente.
L’entusiasmo venne meno.
Così me ne andai senza neanche conoscere tua moglie.
 
Poi fu il mio turno.
 
“Derek Sheperd
&
Cassandra Maddox”
Vi invitano al loro matrimonio, che si terrà il 12 dicembre nella cattedrale di Saint Marie, Seattle”
 
Non so come reagisti quando ti arrivò l’invito, ma credimi che io ero al settimo cielo.
I preparativi per il matrimonio furono frenetici e intervallati da lunghi momenti di studio. Mi laureai il giorno del tuo primo anniversario di matrimonio.
Dissi a tua madre che volevo che venissi, non so se lei non te lo ha mai detto o se tu non sei voluto venire. In ogni caso non c’eri e non c’eri neanche al mio matrimonio.
Ti cercai entrando in chiesa e dopo alla cena, ma non venisti.
Chiesi a tua madre il perché e lei mi rispose che Margaret non stava molto bene, allora provai a telefonarti, ma non mi rispose nessuno.
Sai, forse avresti potuto almeno mandarmi un bigliettino, o dei fiori, o delle congratulazioni.
 
Passarono altri anni, io ero felice, lavoravo in un ospedale fantastico, mi stavo specializzando in neurochirurgia; Derek era diventato giudice e stavamo pensando di avere dei bambini.
 
Dianna Sheperd nacque il 23 aprile del 2030, la chiamai come lei. Perché volevo che mia figlia diventasse come Dianna. Bella, solare, divertente e intelligente.
Tre anni dopo arrivò il maschietto: Dylan Sheperd.
 
Volevo sapere di te, volevo sapere come stavi e cosa stavi facendo. Così chiamai tua madre.
-Ciao Michelle, sono io Cassie-
-Piccola, come stai?-
-Bene, bene, credo che mamma ti abbia detto che ho due bambini vero?-
-Certamente cara, se ne vanta con tutti i vicini: Dianna e Dylan-
-E Josh, che fine ha fatto? Non lo sento da anni oramai-
-Josh e Margaret non stanno passando un bel periodo, lei è malata-
-Mi dispiace tanto, ma perché non mi risponde?-
-Non lo so, Cassie, a volte non lo sento neanche io per mesi. Non è stato molto fortunato in amore-
Alludeva a Dianna.
-Va bene, Michelle, io devo andare adesso, se lo senti salutamelo. Digli che mi manca-
 
Nonostante le mie richieste non ti facesti sentire; seppi credo cinque anni dopo che Margaret era morta e che i funerali si sarebbero tenuti in Pennsylvania.
  Io andai, pensavo di poterti vedere e di poterti consolare come avevo già fatto in precedenza, ma tu non c’eri.
-Non ce la fa a venire, sta male- dissero
Ma io ti conoscevo e sapevo che sotto c’era qualcos’altro.
Contattarti era impossibile e così lasciai perdere, anche perché Derek si stava insospettendo.
-Cassie, si può sapere che c’è? Perché lo chiami sempre?-
Allora pensai che era inutile sbattersi tanto e che se avessi avuto bisogno di me mi avresti chiamata tu.
 
Nel 2036 nacque la mia terza figlia: Dalila Sheperd.
Saresti potuto essere uno zio fantastico, ma non c’eri e la tua assenza ha condizionato tutta la mia vita.
 
Dopo la nascita di Dalila ci fu un periodo molto triste sia per la mia famiglia che per la tua. Morirono mia madre e tuo padre. A distanza di pochi mesi uno dall’altra ero devastata dal dolore. E speravo con tutta me stessa che saresti venuto al funerale per potermi lasciare abbracciare da una persona amica che aveva conosciuto direttamente mia mamma.
Ovviamente, non c’eri e mi dovetti accontentare (non che non andasse bene) di Derek e di tuo fratello.
Due anni dopo la morte di tuo padre morì anche tua madre, pensavo che almeno in quell’occasione saresti tornato.
Glielo dovevi, Josh, era la persona che ti ha donato la vita. E tu non sei neanche andato al suo funerale. Fossi stata in te il rimorso mi avrebbe logorato l’anima.
Ma d’altronde eri abituato a mancare ai funerali. Non ti erano mai piaciuti.
Anche a me ricordavano tanto Dianna, ma che ci potevo fare: stavano morendo tutte le persone più importanti della mia vita e dovevo per forza essere presente ai loro funerali, dovevo dare loro l’ultimo saluto.
Tre anni fa è morto anche mio papà. L’ultimo ricordo che avevo della mia infanzia. Con lui se ne è andata una grandissima parte della mia vita.
E non chiedermi perché, come una stupida, credevo di trovarti al suo funerale.
Non credo di averti mai perdonato per avermi lasciato da sola ad affrontare questi grandi lutti; ma ti volevo in ogni caso un bene che andava al di là delle piccole delusioni.
 
Oggi è il tuo compleanno, il 12 ottobre.  Stamattina in ospedale mi hanno chiamato per un codice rosso, sono corsa in pronto soccorso e il paramedico dell’ambulanza mi ha detto che si trattava di un paziente sulla cinquantina che aveva avuto un incidente sull’autostrada e che prima di perdere conoscenza  ha detto:
-portatemi dalla dottoressa Maddox, portatemi dalla mia Cassie-
Ho cominciato a correre e mi sono fatta spazio fra le persone per arrivare all’ambulanza, ti stavano sistemando sulla barella.
Ho cominciato ad urlare, cose senza senso, ad urlare il tuo nome e a implorarti di svegliarti,  ti pregavo di aprire gli occhi.
È dovuto intervenire il mio capo, la responsabile di neurochirurgia non può assumere certi atteggiamenti.
Ma tu eri lì, sporco di sangue e privo di sensi.
Ti hanno fatto le analisi, ho ordinato analisi di ogni genere. Il tuo caso era disastrato.
Sei costole schiacciate, forte trauma cranico, femore, anca destra e bacino completamente distrutti.
Il mio istinto da medico mi diceva di lasciar perdere, di chiamare la famiglia e informare che non c’era più niente da fare.
Ma non potevo lasciar morire il mio migliore amico; così ti ho operato con la migliore  equipe medica di sala.
Ma il tuo cuore non ce l’ha fatta.
Mi sei morto fra le braccia. Guardavo il monitor piatto e per  farmi dichiarare l’ora del decesso l’infermiere mi ha dovuto scuotere con tutte e due le mani.
-ora del decesso…..8,47-
-dottoressa, avvisiamo la famiglia?- hanno chiesto le mie matricole.
Ma ero io la tua famiglia, allora ho risposto di no e ho chiamato io Connor.
Non ci voleva credere neanche lui, ma purtroppo gli ho dovuto confermare tutto. Sta arrivando in questo momento.
Sai Josh, credo che la nostra amicizia vada al di là della morte, al di là di qualunque cosa, di qualunque persona. Perché in fondo spesso è così... Le persone che non ci sono più, quelle che tanto ci sono mancate, quelle che abbiamo riconosciuto nei sogni nel nostro desiderio di riaverle accanto, ci vengono incontro, ci accolgono, per accompagnarci oltre il muro d'ombra: verso la luce. E allora in questo momento io sto pensando che finalmente sei felice, finalmente hai rincontrato Dianna e lei ti ha aiutato a trovare la pace. Adesso siete insieme e non devi più temere niente.
Proteggimi Josh, proteggi me e la mia famiglia, proteggi tuo fratello e salutami tanto tanto mamma e papà.
Spero di rivedervi un giorno, ma il giorno più lontano possibile. Perché io qui adesso ho una famiglia e devo badare a loro.
Rimarrai sempre nel mio cuore, impresso nella mia anima e nella mia memoria.
È inutile dirti che: ti amo, ti ho amato  e per sempre ti amerò.
 
Tua,                                        
                                                                                                                         Cassie    








Heello, very heeello, happy helloo!

è la prima OS che scrivo, anzi in realtà è proprio la prima storia....quindii, pleeeseee siate magnanimii :c

in ogni caso, è una cosa che mi è venuta in mente credo tre giorni fa allora ho cominciato a scriverla e volevo pubblicarla già ieri solo che poi il login è scaduto, il computer si è scaricato io dovevo ripetere storia eccetera, eccetera, ecceteraa.

scrivetemi qualcosaaa! qualunque cosa, accetto critiche (solo se costruttivee ahahaha lol)

in ogni caso recensite e non fatemi sentire forever aloooneeee :( 




Amooo tutttiiiiiii <3





vi voglio strabene byeee didi :)
  
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