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Autore: Do_Not_Touch_My_Patria    24/02/2014    4 recensioni
E' un qualsiasi pomeriggio di Primavera, quando Enjolras decide di andare al cinema con Courfeyrac e Combeferre per distrarli dalla scuola e dai compiti.
Il cielo è grigio e l'aria frizzante nonostante la stagione inoltrata; la vita scorre tranquilla e ordinaria a Parigi.
Qualcosa, però, attira l'attenzione del biondo mentre assieme ai suoi amici sta attraversando il piazzale di fronte a Notre-Dame.
E' un ragazzino, è seduto a terra fra la polvere e lo sporco e ha su per giù la sua età.
Disegna, incurante delle occhiatacce dei passanti, e Enjolras non capisce perchè, almeno fino a quando il suo sguardo non incontra un cappellino da baseballe un cartello di cartone: "Un disegno, 50 centesimi. Grazie." cita la scritta semplice e dolorosamente reale.
E Enjolras si rende conto in un attimo quanto tutto quello sia sbagliato e quanto sia giusto, doveroso fare qualcosa.
E' un qualsiasi giorno di Primavera, il cielo è grigio e l'aria è frizzante, e il gruppo di giovani che rivoluzionerà la Francia ha appena trovato il suo Leader.
[Young!Les Amis de l'ABC]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Courfeyrac, Enjolras, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~Place de la Bastille







La scuola era quasi finita.
Combeferre, nonostante avesse la media del dieci in tutte le materie, era rimasto chiuso in casa a ripassare per tutta la settimana, suscitando il panico in Courfeyrac.
-Se lui sta studiando in questo modo a me bocceranno di sicuro!- si lamentava senza tuttavia degnarsi di aprire un qualsiasi libro.
In tutto quello Enjolras scuoteva la testa a metà fra il divertito e l'esasperato.
Lui sembrava essere l'unico che non si stesse preoccupando: dopotutto erano solo in seconda media, e non avevano nemmeno l'esame finale di cui preoccuparsi.
Si, l'anno successivo sarebbe stato un problema decisamente maggiore.
Era stata sua l'idea di vedersi quel giorno, un po' perché Ferre iniziava ad avere un bisogno fisico di uscire all'aria aperta, un po' perché Courfeyrac continuava a stressarlo con la sua voglia di andare al cinema e un po' perché non vedeva l'ora di togliersi da casa, dove ultimamente si sentiva sempre più stretto.
La sera prima aveva nuovamente litigato con suo padre.
Erano a cena, e la tv era accesa su TF1. Il telegiornale stava trasmettendo un servizio su un corteo svoltosi in mattinata nella zona della Courneuve in occasione del quale vi era stato uno scontro fra manifestanti e forze dell'ordine: due poliziotti erano stati feriti e cinque ragazzi erano finiti agli arresti.
-Che cani... - aveva biascicato suo padre scuotendo la testa.
-Però è stata la polizia a caricare per prima.- aveva obbiettato lui.
Il silenzio che era seguito a quella frase gli aveva fatto capire di aver detto qualcosa di estremamente fuori luogo.
-Quella gente è la feccia della Francia.- era stata la replica schifata dell'uomo.
Solitamente Enjolras non avrebbe risposto, limitandosi a chinare il capo e incassare la sconfitta, ma quella sera non aveva intenzione di arrendersi. Qualcosa, quella sera, gli bruciava dentro lentamente, spronandolo a ribattere.
-Manifestavano contro i tagli all'istruzione, a me sembra una giusta causa.-
Non aveva considerato, però, che i tagli all'istruzione erano stati votati proprio dal partito che sosteneva suo padre.
-Alexandre...- aveva mormorato sua madre nel tentativo di porre fine alla discussione.
-Come si può pensare a una Francia libera, se il suo popolo è ignorante?-
Monsieur Enjolras aveva spostato gli occhi dallo schermo della tv al figlio, il cui sguardo era colmo di qualcosa che l'uomo aveva riconosciuto con preoccupazione come autocoscienza.
-Non starai per caso dalla parte di quei disgraziati?- aveva risposto suo padre con un tono che non ammetteva repliche.
Enjolras aveva visto la mano dell'uomo stringersi a pugno e aveva percepito sua madre sussultare accanto a lui.
La spavalderia che gli aveva acceso il cuore si era spenta di colpo; aveva incassato la testa fra le spalle, abbassato lo sguardo e risposto atono.
-Lo sai, padre. Sto dalla parte della Giustizia.-
L'uomo aveva teso le labbra in un sorriso di una soddisfazione corrosa dall'egoismo, orridamente felice che suo figlio avesse capito chi comandava.
Sotto le ceneri, però, le braci ardevano ancora.
-Hey, Enjolras, tutto bene?-
La voce di Combeferre lo riportò alla realtà con uno strattone.
Lo guardò un momento, poi sorrise e annuì.
-Si, tutto ok, ero distratto...-
Combeferre stava per replicare, quando Courfeyrac entrò in camera di corsa e saltò a pesce sul letto.
-Allora? Ce ne andiamo o volete aspettare che Roxanne si unisca a noi?-
Combeferre e Enjolras rabbrividirono al solo pensiero di un pomeriggio al cinema con la ragazza e si alzarono in piedi. Di Courfeyrac ne bastava uno...
-Cosa andate a vedere di bello?- una cascata di riccioli scuri fece capolino dalla porta.
Enjolras sospirò.
–Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban...- disse con un'occhiata a Courf, che aveva insistito particolarmente perché scegliessero quel film. La sorella, ovviamente, era della sua stessa idea.
-Ah, l'ho visto mercoledì, è fighissimo! Anche se Gary Oldman è troppo vecchio per fare Sirius Black...-
Combeferre decise che un suo apporto al discorso sarebbe potuto essere interessante.
-Se non sbaglio Black dovrebbe avere trentatré anni a questo punto della storia... Basta considerare che i genitori di Harry avevano ventun anni quando...-
Ma Roxanne lo interruppe brutalmente.
-Blablabla... Si, hai ragione, Ragnetto, ma ora devo andare... Oggi esco con Eric!- cinguettò elettrizzata.
Courfeyrac storse il naso.
-Vedi di non portartelo in casa, che mi sta antipatico da morire.-
La ragazza gli fece una linguaccia.
-Solo perché a te non fila nessuno, Thieu!-
Il ragazzino aprì la bocca per replicare ma, a corto di argomenti, la richiuse subito facendo scoppiare a ridere gli amici e la sorella.
-Ciao ragazzi, divertitevi! E se mia madre chiede io sono uscita con le mie amiche, eh!- li salutò dando un bacio sulla guancia a suo fratello, scompigliando i capelli ad Enjolras e battendo una pacca sulla spalla a Ferre.
-Tua sorella mi avvilisce.- commentò quando furono rimasti soli.
Courf sorrise e, come Roxanne, gli batté una pacca spalla.
-Che ci vuoi fare, noi Bretoni non sappiamo mentire...- e rise di fronte all'espressione sbigottita dell'amico.
Uscirono di casa cinque minuti dopo, diretti al piccolo cinema sull’Île de la Cité che aveva consigliato loro la mamma di Courf.
Nonostante fosse primavera inoltrata il cielo era coperto di nuvole e tirava un venticello freschetto che alzava la polvere sul parvis di Notre Dame in piccoli mulinelli.
Combeferre e Courfeyrac stavano discutendo animatamente sulle differenze fra libro e film individuate nell'episodio precedente della saga e facevano congetture su come sarebbe stato quel terzo film tanto atteso; Enjolras procedeva a uno o due passi dietro di loro, le mani nelle tasche della felpa rossa, la sua preferita.
Suo padre gli aveva dato trenta euro per i biglietti del cinema, ma visto che probabilmente non avrebbero speso più di cinque euro a testa, potevano sperperare gli altri quindici euro in schifezze da sgranocchiare prima, dopo e durante la visione del film.
Le due banconote, una da dieci e una da venti, scricchiolarono sotto la presa di Enjolras, il cui sorriso distratto svanì di colpo alla vista di qualcuno.
Si trattava di un ragazzino, doveva avere uno o due anni più di lui, e se ne stava seduto per terra, ai piedi delle panchine accanto alle aiuole.
Stava disegnando, un grande blocco poggiato sulle ginocchia e delle matite sparse sul selciato.
Sulla panchina dietro di lui, come fossero stati in esposizione, vi erano una decina di disegni di vedute turistiche di Parigi.
Certo, come opere d'arte non erano delle migliori, ma in rapporto alla probabile età del ragazzino denotavano già un discreto talento.
Rallentò il passo, pensando a come mai quello sconosciuto se ne stesse in Piazza a Notre Dame a disegnare tutto solo anziché andare al cinema come stava facendo lui o comunque vedersi coi suoi amici.
Perché quel ragazzo faceva così?
Perché non si comprava dei vestiti nuovi, anziché andare in giro con quei jeans sbiaditi e rattoppati e quella maglietta palesemente oversize?
Fu quando vide il cartello che Enjolras arrestò completamente la sua marcia.
"Un disegno 50 centesimi. Grazie." recitava la scritta nera su quel pezzo di cartone rettangolare tenuto fermo da un paio di pietruzze.
Accanto ad esso, un cappellino da baseball tutto sporco di polvere e terra accoglieva poche manciate di centesimi.
Quel ragazzo chiedeva l'elemosina.
Elemosina.
Enjolras lasciò che quella parola gli riempisse la bocca, lasciò che il suo significato gli penetrasse le ossa.
Elemosina.
In casa sua quel termine era sempre stato pronunciato con disprezzo, con disgusto, e lui stesso non aveva mai perso tempo ad approfondirne il suono.
Adesso, intrappolata fra le mani di un ragazzino che non poteva avere più di quattordici anni, la parola "elemosina" assumeva un suono stridente, sbagliato, doloroso.
Non era giusto.
Non era giusto che quel ragazzo fosse costretto a sedersi per terra, fra gli sputi e le cicche di sigaretta, per poter mangiare.
Non era giusto che fosse costretto a indossare jeans rattoppati e maglie più grandi di lui perché -adesso Enjolras capiva- la crescita non fosse un problema.
Proprio come la sera prima, a tavola con suo padre, sentì qualcosa ardergli nel petto, un'indignazione sopita che si era risvegliata in lui all'improvviso, come la fiammata di un'esplosione.
Strinse il pugno nella tasca della felpa e percepì le sue banconote.
Una da dieci e una da venti.
Si rigirò le banconote fra le dita, riflettendo con espressione corrucciata. Aveva trenta euro che avrebbe speso in biglietti del cinema e schifezze da mangiare. Quel pomeriggio si sarebbe divertito, avrebbe riso e momentaneamente dimenticato i suoi problemi. Poi sarebbe tornato a casa dai suoi. Il maggiordomo gli avrebbe aperto la porta, sarebbe andato dritto in camera sua, tirata a lucido dalla donna delle pulizie, e avrebbe letto un libro in attesa che i suoi genitori tornassero dal lavoro.
Per la prima volta in tutta la sua vita, Enjolras realizzò veramente quanto fosse ricco, agiato, tranquillo, con un futuro già solidamente tracciato di fronte a sé.
E quel ragazzo?
Quale poteva essere il suo futuro, se già il presente era così precario?
Da chi sarebbe tornato quella sera?
E poi, chi gli assicurava che avesse un posto dove tornare?
Perché fra loro due doveva esserci un simile divario?
Senza nemmeno rendersene conto, Enjolras girò sui tacchi e tornò indietro fino a fermarsi di fronte allo sconosciuto.
Questo alzò lo sguardo su di lui e Enjolras vide nei suoi occhi, velati dell'indifferenza consunta di chi è abituato a chiedere, un lampo di vergogna.
-Vorrei un disegno.- si limitò a dire, spostando lo sguardo sui fogli in esposizione.
Il ragazzino annuì.
-Quale?-
Enjolras fece un passo avanti e afferrò uno dei disegni disposti in verticale; raffigurava Place de la Bastille in una giornata di sole, e l'angelo in cima all'obelisco scintillava come una promessa di libertà.
Il disegno non era certo perfetto, ma trasudava, nella sua incertezza infantile, la speranza che gli occhi dell'autore cercavano di tenere celata. Enjolras alzò gli occhi dal foglio e tirò fuori la mano dalla tasca della felpa, porgendo al giovane artista le sue due banconote.
-Prendo questo!- esclamò con decisione.
Il ragazzino guardò il denaro con aria desolata.
-Mi dispiace, non ho da darti il resto...- sussurrò indicando con un cenno della testa i pochi euro raccolti nel cappellino.
La sua voce tremava di vergogna.
Un conto era elemosinare agli adulti, ma con un ragazzino della sua età era completamente diverso, e i capelli dorati e lo sguardo ceruleo di quello sconosciuto sembravano voler rimarcare ancor di più la sua miserabile condizione.
Stava per dire qualcos'altro quando Enjolras riprese la parola.
-No, tienili tutti...- fece, muovendo un passo in avanti per incentivare il giovane ad accettare il denaro.
-Ma sono trenta euro! I miei disegni valgono a malapena cinquanta centesimi...- obbiettò.
Enjolras si chiese se avesse mai visto tanti soldi tutti insieme.
Sorrise e fece spallucce.
-Io stavo andando al cinema, ma credo che questi soldi servano più a te...-
In quel momento accadde qualcosa di strano, qualcosa che avrebbe scatenato una vera rivoluzione nel cuore di Enjolras.
Il ragazzino alzò per la prima volta lo sguardo fino ad incontrare i suoi occhi.
Fu un uragano, un'esplosione, una scarica elettrica.
Enjolras trattenne il respiro, tanto gli occhi del giovane lo avevano folgorato.
Di fronte a lui non stava più la stessa persona di prima. Il viso era trasfigurato: le labbra prima tese e severe mostravano due file di denti bianchi in un sorriso che avrebbe oscurato il sole, la schiena, prima inarcata sotto il peso della sua mediocrità, ora era ritta e fiera, persino la voce non era roca e spenta come prima, ma squillante ed energica, nonostante l'incredulità che rendeva le sue parole titubanti.
-Io non so come... Grazie... Davvero, grazie di cuore!- esclamò afferrando le banconote.
Il biondo balbettò un "figurati" imbarazzato, gli occhi ancora persi in quelli dello sconosciuto. Prima non li aveva notati, oscurati dai ricci neri mentre disegnava, ma adesso, illuminati dalla speranza, riusciva a vederli in tutto il loro splendore. Erano azzurri, ma di un azzurro diverso dal suo, più intenso, meno glaciale. Erano le profondità dell'oceano, l'infinito del cielo, erano l'assoluto dell'anima. In quegli occhi ancora increduli e riconoscenti, Enjolras vide qualcosa di talmente grande da non riuscire a trovare una parola adatta a descriverlo.
Lo salutò con un cenno della testa e si allontanò in direzione dei suoi amici, la voce del ragazzo ancora a rimbombare nelle sue orecchie.
-Che Dio ti benedica!- gli aveva gridato stringendo le banconote al petto senza che quel meraviglioso sorriso si fosse spento.
Raggiunse Ferre e Courf, che si erano fermati ad aspettarlo, e tornò ad abbassare lo sguardo sul disegno.
-Wow, è carino!- commentò Courfeyrac prima di irrigidirsi.
-Non gli avrai mica dato i trenta euro, vero?-
Il silenzio di Enjolras portò il moro sulla soglia della crisi isterica.
-Ma sei pazzo? Trenta euro? Dovevamo vedere il film con quei soldi! E la merenda? Trenta euro! Tu sei completamente fulminato!-
Ma Combeferre lo zittì con una gomitata nelle costole: Enjolras stava ancora guardando il disegno...


*


Quella sera, a cena, Enjolras mangiò poco.
-Non ho molto appetito...- fu la sua giustificazione mentre il padre inarcava un sopracciglio.
-Ti sei divertito oggi al cinema con Guillaume e Mathieu?- chiese sua madre con un sorriso gentile.
Il ragazzino si premurò di annuire con convinzione, sentendosi un poco in colpa per quella mezza bugia.
Si, era stata una bella giornata e si era divertito coi suoi amici, ma il cinema non l'avevano visto nemmeno da distante.
Eppure non se ne pentiva, era felice di quello che aveva fatto, quasi orgoglioso.
Quando era tornato a casa non si era azzardato a tirare il disegno fuori dallo zaino, terrorizzato dall'idea che i suoi genitori potessero vederlo e fargli domande, ma adesso sentiva il bisogno di tornare in camera a dargli un'occhiata.
A fine pasto sparì al piano di sopra, con la scusa di essere molto stanco, e nonappena si fu chiuso in camera sua corse ad aprire lo zaino con mani tremanti.
Il disegno era ancora lì, come l’aveva lasciato; l’angelo scintillava ancora sull’obelisco e i passanti se ne stavano in placidi crocchi di colore sulla carta ruvida e appena spiegazzata.
Quella notte non chiuse occhio.
Lo sguardo luminoso del ragazzino nell’accettare i suoi soldi continuava a presentarsi nel buio della notte e, a mano a mano che rifletteva su quell’incontro, Enjolras capiva, e sentiva crescere in sé un’ondata di fuoco vivo.
Erano già le quattro del mattino, e nella grande villa non si sentiva alcun rumore, segno che i suoi genitori dormivano ancora della grossa.
Scese da letto e aprì piano la porta, sperando che lo scalpiccio dei suoi piedi nudi sul marmo del pavimento non venisse amplificato dal silenzio della casa.
Scivolò come un’ombra nell’ufficio di suo padre e aprì un’anta del grande armadio bianco dove teneva la cancelleria.
Impilate ordinatamente di fronte a lui, dieci agende rosse sembavano averlo chiamato fin lì.
Furtivo, afferrò quella in cima alla pila e richiuse l’armadio, filando dritto in camera sua.
Accese la lampada sulla scrivania e si rigirò l’agenda fra le mani.
La copertina era completamente anonima, ad eccezione del suo colore brillante e denso come un’alba di sangue.
La aprì alla prima pagina ed annusò l’odore di carta nuova, per poi rovistare nel cassetto e prendere una penna blu.
Il giorno dopo, finita la scuola, si sarebbe visto con Ferre e Courf, e avrebbe illustrato loro il suo nuovo piano, li avrebbe convinti a partecipare ed aiutarlo nella sua risoluzione.
Dopotutto erano i suoi migliori amici, e sapeva che non lo avrebbero mai abbandonato.
Forse all’inizio non avrebbero capito, forse l’avrebbero preso per un pazzo visionario, forse gli avrebbero suggerito di tornare ad occuparsi della verifica di Geografia in programma per Lunedì, perché era solo un ragazzino e non era grande abbastanza per occuparsi di simili imprese, ma Enjolras sentiva nel sangue che, in un modo o nell’altro, alla fine avrebbero accettato anche loro, avrebbero compreso, avrebbero condiviso.
Annuì deciso e tornò a concentrarsi sulla sua agenda.
Lì avrebbe scritto ogni azione, ogni pensiero, ogni passo avanti in quella battaglia che aveva deciso di cominciare proprio a partire dall’ufficio di suo padre.
In alto a sinistra scrisse la data, poi andò a capo, e rimase con la penna a mezz’aria per qualche istante.
Scese dalla seggiola e tornò a rovistare nello zaino, per farne emergere il disegno del ragazzino, quel disegno che gli era costato trenta Euro e che gli era valso la sua coscienza.
Place de la Bastille, il fulcro di quella Rivoluzione che era stata la nascita della Francia moderna.
Il 14 Luglio, festa nazionale che ricordava la presa da parte del popolo di quelle carceri che per anni avevano rappresentato un potere cieco e sordo di fronte alla disperazione della gente.
Si domandò se il soggetto del disegno, scelto a caso fra molti, non fosse in realtà un segno del destino.
Enjolras aprì di nuovo il cassetto e ne estrasse un tubetto di colla, che spalmò diligentemente sul retro del disegno, abbastanza piccolo perché si potesse appiccicare sulle pagine senza che spuntasse dai bordi.
Prima di incollarlo, tuttavia, gli cadde lo sguardo su una lettera scarabocchiata nell’angolo in basso a destra, sul retro del foglio.
“R”.
Probabilmente era il nome del ragazzo che aveva fatto il disegno.
Chissà come si chiamava?
René? Roland? Forse Raoul? Non l’avrebbe saputo mai…
Incollò il foglio sulla prima pagina, proprio sotto alla data e osservò il suo operato con aria soddisfatta, eppure mancava ancora qualcosa.
Raccolse la penna e, sulle ultime righe lasciate libere, iniziò a scrivere con mani tremanti.
“Finchè gli uomini saranno schiacciati dall’Ingiustizia, finchè i popoli saranno soli di fronte alla cecità degli Indifferenti, finchè la Francia sarà costretta a tenere gli occhi bassi e manderà i suoi figli a mendicare, ci sarà sempre bisogno di lottare.
Fino a quando la Libertà smetterà di essere solo un sogno, giuro, io combatterò.”
Rilesse attentamente quello che aveva scritto, inconsapevole eppure ben conscio del fatto che quel giuramento gli avrebbe cambiato la vita.
Annuì ancora, poi sorrise, rivolto al silenzio della notte, all’oscurità muta che, nelle ore tenebrose prima dell’alba, avvolgeva la Francia.
Diede un’ultima occhiata al disegno di Place de la Bastille e ringraziò mentalmente quegli occhi che lo avevano svegliato dal suo stato di letargo, poi firmò con decisione e speranza nel cuore.
“Alexandre Frédéric Enjolras”
E mentre chiudeva l’agenda, la infilava nello zaino e spegneva la luce, un’altra luce si accendeva a Parigi, silenziosa e paziente, ma potente e inarrestabile come la marea: la luce della Speranza.







 
Note:

Buongiorno a tutti, adorati lettori!
Eccoci qui con una nuova one-shot! :D
Le storie sullo Young!Golden Trio mi sciolgono sempre. Adoro l'amicizia fra questi tre ragazzi in maniera esagerata.
Un po' meno adoro il padre di Enjolras. Anzi, diciamo che lui proprio lo detesto. Sulla madre non mi esprimo, forse in futuro avremo modo di parlare nuovamente di lei...
In questa storia, come abbiamo visto, abbiamo voluto parlare un po' del passato del nostro caro Leader in Red, approfondendo i legami con la famiglia e l'amicizia con Ferre e Courf, sfruttando biecamente uno spaccato di vita comune a qualsiasi ragazzino delle medie.
Ora, come piccola parentesi, fatemi saltellare come un'ebete perchè finalmente si vede Roxanne in azione e non vedevo l'ora di scrivere di lei!
Lei e Courf insieme sono sensazionali, li adoro!!! <3
Okay, ho finito.
Dicevamo?
Ecco, quello che dovrebbe essere un tranquillo pomeriggio di cinema e schifezze si muta per il nostro Enj in un'occasione di riflessione, perchè dannazione, non è giusto. Non è giusto e lui non può semplicemente starsene a guardare.
Hanno dodici anni, solo dodici anni, e Apollo da via trenta Euro a un tipo che nemmeno conosce solo perchè non è giusto che debbano essere diversi. E Courf sclera, ma Ferre ha già capito tutto, e allora lo assecondano e non fanno domande. Ci sarà tempo per le spiegazioni, e sanno che non bisogna mettere fretta ad Enjolras, quando assume quell'aria seria e pensosa.
Cari lettori, tenete bene a mente quell'agenda rossa e quel disegno un po' infantile, perchè avremo modo di vederli di nuovo, molto presto~
Sì, insomma, questo è a grandi linee, il modo in cui sono nati gli Amis de l'ABC.
Si tratta ancora di un gruppo a livello ancor più embrionale di quello che vedremo da qui a dieci anni, si tratta solo del nucleo, eppure Enj, Ferre e Courf già sono uniti per un fine più grande.
E chi sarà mai la causa di questa solenne decisione, di questo grande piccolo passo verso la giustizia?
Un ragazzino qualsiasi, seduto ai piedi delle aiuole in piazza, intento a vedere la sua arte -l'unica cosa di cui disponga- al fine di riuscire a mettere qualcosa sotto i denti.
Un ragazzino umile, così umile che non si prende nemmeno la briga di firmare per intero i suoi disegni.
Basta una lettera, dopotutto chi mai potrebbe ricordarsi di lui?
Eppure quella semplice R è destinata a grandi cose...
Insomma, questa piccola shot non è altro che un balzo all'indietro nell'infanzia dei nostri eroi, giusto per farci un'idea di cosa fossero prima di diventare i rivoluzionari che noi tutti conosciamo.
Piccoli appunti finali:
- il sistema scolastico è adattato a quello Italiano, per evitare confusioni a chi non ha dimestichezza con quello Francese, che a parer mio è un gran casino.
- il caro artista di strada ringrazia con un bel "che Dio ti benedica": una delle ultime volte che pronuncerà una frase simile. La prossima volta che lo incontreremo non crederà più alle benedizioni, né a Dio, né a nient'altro...

Grazie mille a tutti coloro che leggono/recensiscono/preferiscono blabla, sono sempre le solite menate, ma noi vi amiamo davvero, siete speciali! <3

Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori
  
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