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Autore: DanzaNelFuoco    24/02/2014    5 recensioni
Questa storia ha partecipato al "Contest dei libri non letti" di M4RT1 indetto sul forum di efp e si é classificata quarta.
- Intro:
Morta.
Morta.
Morta.
Come può una semplice parola contenere tanto dolore?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Galbatorix
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non c'era nulla. 

Era morta.
Morta.
Morta.
Morta.
La parola gli rimbombava nel cervello, ma non riusciva ad andare oltre le sinapsi.
Morta.
Morta.
Morta.
Come può una semplice parola contenere tanto dolore?
Morta. Morta. Morta.
Vagava.
I boschi attorno a lui erano tutti uguali.
Aveva finito le lacrime.
Morta. Morta. Morta.
Gli alberi si confondevano.
I tronchi erano tutti uguali.
Solchi salati gli rigavano le guance.
Morta. Morta. Morta.
Aveva abbracciato il suo cadavere per un po'.
Aveva osservato il sole tramontare e risorgere sulle sue squame iridescenti.
Morta. Morta. Morta.
Era stata la sete a spingerlo a vagare e il sole cocente lo aveva intontito.
La mente delirava.
morta morta morta
Le labbra erano secche, la notte portava frescura, cercava acqua senza saperlo.
La sua mente era fissa su un solo pensiero.
Jarnunvösk era morta. Il suo drago. Ciò che lo rendeva speciale.
La creatura con cui avrebbe dovuto condividere la vita.
Non c'era più.
Era morta.
morta morta morta
Il dolore lo aveva intontito oltre ogni misura.
Rivedeva la freccia incantata conficcarsi nel petto della dragonessa.
Rivedeva l'attacco degli Urgali.
Nella sua mente tutto era chiaro e limpido.
Ma non capiva.
Non capiva che Jarnunvösk non c'era più.
Ormai era solo un sordo dolore al petto che pulsava.
Inebetito, la sua mente ripercorreva gli eventi, ma non riusciva a capire il nesso tra l'attacco, la freccia e la morte.
Perché non era morto lui? Perché era sopravvissuto?
La sua anima era morta.
Percepì un ombra verde muoversi velocemente alle sue spalle. Si voltò di scatto, soffocando un urlo di gioia. Ma non c’era nulla.
Aveva sperato che Jarnunvösk fosse viva e lo avesse inseguito.
"Sono qui, Galbatorix. Hai fatto un incubo, sono viva. E che altro potrei essere?" gli sorrise il drago, sbuffando fumo dalle narici.
Ma non c'era nulla.
Cadde a terra.
Prosciugato dalla sete, corroso dalla fame, torturato dalla perdita.
Era caduto al limitare del bosco, a pochi passi dalla salvezza.
Era svenuto.
Sognava.
Frammenti, immagini confuse, una freccia, una squama.
"Sono viva. Che altro potrei essere?"
morta morta morta
Il corpo massiccio che cade.
Verde nel verde della boscaglia.
Verde è il colore della speranza.
Ma lei è morta.
morta morta morta
Che speranza può avere un cuore dilaniato?
Un occhio rosso. Il suo occhio.
Un vortice di immagini che consuma la sua mente esattamente come la febbre consuma il suo corpo.
Convulsioni fanno tremare il suo corpo.
Un rivolo di sangue scorre lungo la guancia che ha sbattuto su un sasso.
Una macchia si allarga dal fianco, un taglio poco profondo, regalo della boscaglia.
La testa mozza di un Urgali.
Un'ala spezzata e trafitta da frecce.
Un tentativo disperato di volo.
Le ali che sbattono inutilmente.
Il corpo che ricade a terra.
Il cavaliere sbalzato di sella oltre la boscaglia.
Una freccia.
Il buio che avanza.
Il buio che scolorisce i contorni.
Il buio che crea un corridoio di luce.
E in quel corridoio di nebbia oscura un uomo che si allontana.
Una sagoma nera.
La sua coscienza.
La sua mente.
Ciò che lo rende umano.
E se ne sta andando, lasciandosi alle spalle il buio.
Il buio.
La luce.
La luce che tinge di rosso le palpebre.
Gli occhi che si socchiudono per poi chiudersi di nuovo.
Galbatorix pensa che riaprirà gli occhi sulla boscaglia, che rivedrà il suo drago morto.
Galbatorix pensa che riaprirà gli occhi nella sua camera, all'Accampamento, e che dovrà assolutamente dare da mangiare a Jarnunvösk.
Galbatorix riapre gli occhi ed è in una camera sconosciuta.
Il letto è scomodo, ma lui è abituato al terreno. La camera è spoglia e spartana.
Sente una porta aprirsi.
Un uomo avanti negli anni, rugoso, cotto dal sole.
Gli porge una ciotola piena d'acqua.
Le mani sono callose.
"Bevi piano, ti farà male."
La voce é roca e profonda.
L'acqua è fresca e scende per la gola del ragazzo portando ristoro.
Galbatorix pensa di non essersi mai sentito meglio.
"Dove sono?"
"A poche miglia da Ceunon. Nella mia fattoria."
Un contadino.
Perché si trovava in casa di un contadino?
I ricordi tornano violenti, con la potenza dell'acqua che sfonda una diga.
Jarnunvösk.
Morta.
"Devo andare."
Galbatorix tenta di alzarsi, ma la ferita al fianco, unita alla mano che il contadino gli pone sul petto, lo costringono a lasciarsi ricadere sul letto.
"Devi riposare. Eri e sei stremato."
Rimane lì per poco.
Il contadino morirà pochi anni dopo senza sapere di aver ospitato e curato un re, un tiranno, un assassino, un pazzo.
 
Galbatorix era diventato re.
Solo i Varden mancavano all'appello, poi il suo dominio sarebbe stato completo.
Lui e il suo esercito si addentrarono nella foresta.
Un’ ombra verde passò alle sue spalle.
Si voltò di scatto, soffocando un urlo.
Invece un sussurro uscì dalle labbra del sovrano.
"Jarnunvösk."
Ma non c’era nulla.
  
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