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Autore: _Ellis_    22/06/2008    17 recensioni
Himitsu significa segreto.
Come quei tanti segreti che si celano nel castello del re.
Lui, ragazzo allegro e sprezzante delle regole, fin troppo per il grande fardello che pesa sulle sue spalle. Dovrà fronteggiare la realtà e scoprire che niente è più come prima, gli arcani dovranno essere svelati.
Sesshoku to genjitsusei.
Si lasciò sfuggire un lieve sospiro, abbassando la testa mentre varcavano i cancelli principali. Essi rappresentavano un confine di libertà, grazie al quale lasciava alle spalle la prigionia. Il varco tra povertà e ricchezza. Quello era un mondo in cui non importava quanto si fosse educati e ben vestiti; l’unica preoccupazione era quella di non sapere come sfamare se stessi o la propria famiglia. Vi auguriamo buona lettura, Sarn & _Ellis_
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Himitsu- Capitolo Uno
Himitsu
Ame no Yoru
by Sarn & _Ellis_





Quella notte non riusciva a chiudere occhio.
Colpa della pioggia, che incessante batteva sul vetro.
Perciò si era alzato dal morbido letto a baldacchino dalla trapunta rossa, che da quando aveva memoria stava al centro della sua stanza.
Era notte fonda ed era assurdo pretendere che un qualsiasi domestico si alzasse per andare a cercare una lucerna per illuminarlo. Non ricopriva il suo ruolo di principe da ben quindici anni e non aveva l'egoismo di chiedere ai suo servitori una cosa del genere.
Il contatto dei proprio piedi con il freddo marmo bianco del pavimento lo fece rabbrividire.
Un po' controvoglia scostò le morbide coperte.
Si chinò e a tentoni, cercando le pantofole.
Nel camino il fuoco era spento da tempo, aria gelida aleggiava nella stanza.
Se questo era quello che si prospettava per l'autunno, non osava pensare all'inverno.
Ancora intontito, si lasciò scivolare giù dal letto e attraversò l'enorme stanza dalle pareti di nuda roccia.
Si fermò davanti alla tenta di velluto color vinaccia, che copriva l'altissima finestra. La scostò.
Piccole gocce di pioggia, simili a lacrime argentate, si depositavano sul vetro con un leggero plic, per poi scivolare velocemente verso il basso, immediatamente seguite dalle loro sorelle.
Posò un palmo sul vetro gelido.
L'altro aveva ancora stretto il tessuto scuro della tenda.
La sensazione di quel ruvido materiale tra le dita, gli portò alla mente un ricordo strano.
Effimero e sfuggente. In bilico tra sogno e realtà.
Vedeva sé stesso bambino, seduto sullo smisurato tappeto delle regioni Orientali, il quale stava ancora in quella che, tra tutte le stanze a sua disposizione, sua madre preferiva in assoluto.
E, come adesso, stringeva quella tenda di velluto. Allora si aggrappava alle vesti della madre, rapito dalla loro lucentezza e morbidezza. In cambio riceveva un sorriso indulgente, insieme a quei suoi grandi occhi color nocciola, che sembravano vedere soltanto lui.
Doveva essere un sogno, evidentemente. Era assurdo pensare a sua madre vestita in quel modo.Non gliel'avrebbero mai permesso. Le leggi erano contro di lei.
Lasciò andare la tenda, come se essa potesse scacciare quell'assurdo pensiero dalla mente.
Ormai era sveglio.
Come in tutte le notti di pioggia, del resto.
Si sedette vicino alla finestra, in una poltroncina che il demonio biondo gli aveva messo lì, casomai un giorno avesse voluto "guardare le nuvole". Effettivamente, l'influenza del Casato Nara si stava facendo sentire, specialmente quella dell'ultimo discendente.
Ad ogni modo, riconobbe che, per una volta, la sorella aveva avuto una pensata discretamente intelligente.
La poltroncina era morbida.
Per scaldarsi si accoccolò su sé stesso, tornando a guardare la pioggia sul vetro.
Oltre quelle gocce, fuori, il nulla. I suoi occhi seguivano come ipnotizzati lo scrosciante gioco delle lacrime del cielo. Mentre il suo sguardo ceruleo si fondeva con la sfumatura perlacea delle gocce. Ricordò parole antiche che aveva udito da piccolo.
Lo stesso giorno in cui si era aggrappato agli abiti della madre, ne era sicuro. Nonostante non ci fosse certezza che quella memoria fosse reale, ricordava tutto con chiarezza.

" Non mi piace quando piove! " aveva sbuffato, fissando con rancore il terreno solcatolo da rigagnoli d'acqua.
" Perché?" gli aveva domandato gentilmente.
" Non posso uscire! " si era lamentato, piagnucolando.
" Se vuoi, posso raccontarti una storia " aveva proposto la donna, gli occhi le brillavano.
In realtà non aveva voglia di ascoltare una favola, ma annuì, aprendosi in un sorriso a trentadue denti. Gliel'aveva chiesto lei e le sue iridi gli avevano trasmesso una gioia indescrivibile. Era una delle poche volte che l'aveva vista così radiosa, e nonostante non volesse, si sarebbe seduto sul tappeto, attento. Lo avrebbe fatto per la sua mamma.
" Sai che la pioggia cela la stirpe leggiadra? "
Non aveva capito una sola parola.
Il suo sguardo confuso ne era la conferma.
Lei sorrise, come per prenderlo in giro. Sempre bella, le mani che cercavano quelle del figlio per stringerle.
"Nella lontana terra in cui le piogge non cessano mai, si nasconde la stirpe meno legata alla terra. Ma quella che la rispetta maggiormente."
Ennesimo sguardo vacuo.
" Quel luogo è la dimora degli elfi ".

L'oscurità più completa.
Buio fuori e dentro la stanza.
Decise di accendersi un lume, per rischiarare minimamente quelle tenebre, quindi tornò alla posizione di prima, nel tentativo di riscaldarsi almeno i piedi gelidi.
Così non riusciva più a vedere le gocce, ma solo l'immagine che il vetro rimandava.
Quella di un ragazzo biondo, che fissava sé stesso, in una notte di pioggia.
Sospirando, appoggiò la fronte al vetro e chiuse gli occhi.
Non c'era più niente da vedere, si poteva solo sentire il rumore della pioggia.
Non era mai stato capace di dormire in quelle notti.
Quel suono ripetuto incessantemente risvegliava in lui sensazioni difficili da definire. Il solo remoto ricordo della madre lo aveva turbato. Riportare alla mente il calore di un abbraccio materno lo aveva scosso.
Ci si metteva anche quel fastidioso picchiettio a non farlo dormire!
Fin da quando era piccolo, non ci era mai riuscito.
Ed era felice di vivere in un paese dove non pioveva spesso.
Un lampo rischiarò brevemente il cielo.
Ma Naruto non se n'era nemmeno accorto, perché in quella posizione, appoggiato al vetro, con le braccia sul davanzale e i capelli che gli coprivano il viso, nonostante tutti gli spifferi, si era addormentato.
Morfeo lo aveva silenziosamente rapito, cullandolo nel torpore del suo abbraccio. Unico contatto che gli era concesso, poiché i tempi in cui le forti braccia della mamma che lo cingevano, erano passate.

" Svegliati, orecchie di pietra!!! " urlò, per la centesima volta. Esasperata, scosse violentemente la poltroncina, facendo scivolare chi vi si era accoccolato.
" Ramen! 'Tebayo?!? " strillò il ragazzo, sconvolto per essere stato riportato così bruscamente alla realtà.
" Buon giorno, fratellino " lo salutò ironicamente, sbattendo le ciglia con aria angelica.
" La tua delicatezza è sorprendente " replicò lui, massaggiandosi il fondoschiena dolorante.
Si alzò con uno scatto, osservando il limpido cielo azzurro al di fuori della finestra. Finalmente la pioggia era cessata.
" Sei riuscito a dormire? " gli domandò la ragazza, preoccupata. Era a conoscenza del fatto che non riuscisse a prendere sonno in quelle notti. Da piccoli erano soliti non chiudere occhio, troppo presi dalle storie che si raccontavano, incuranti dello scrosciare al di fuori del castello.
" Abbastanza... " borbottò, passandosi una mano tra la chioma arruffata, come a non volergli permettere di stare troppo in ordine.
Lei sorrise, battendogli una gentile pacca sulla spalla, sussurrandogli: " e fai qualcosa per quei capelli!"
Lui si scostò, con una leggera smorfia, facendole cenno di uscire perché doveva vestirsi. Tirò fuori dal baule un paio di calzoni di lana e una blusa scura, molto pesante. Seduto sul letto, cercò senza successo di infilarsi i pantaloni, con il risultato di sdraiarsi completamente. Socchiuse gli occhi, contemplando la volta cerulea.
Era una bella giornata, come non ne si vedevano da tempo. Un vero peccato sprecarla rinchiusi tra quelle quattro mura. Non era certo il tipo di ragazzo ligio alle regole e rispettoso, sarebbe scappato come suo solito. Ma sua sorella? Già l'immaginava, tra le grinfie della temibile istitutrice, Madama Tsunade. Rabbrividì al solo pensiero.
Balzò giù dalla trapunta scarlatta, infilandosi il giaccone dal collo. Corse fuori dalla camera, per bussare alla porta di quella della ragazza. Appena gli diede il permesso di entrare, abbassò cautamente la maniglia.
La trovò intenta a pettinarsi i lunghi capelli biondi, seduta davanti al grande specchio. Districava le ciocche dorate con cura e lentezza, spazzolandole metodicamente.
" Principessina!" la beffeggiò lui "non dirmi che vuoi rimanere rinchiusa nella torre più alta!". Rise.
Lei gli restituì uno sguardo infastidito e vagamente curioso.
" Ti andrebbe di venire a fare un giretto? " le propose, strizzandole furbescamente l'occhio.
" I-in città? " domandò, timorosamente, mordendosi un'unghia rosata.
" Certo! Non hai ancora visto le sue meraviglie! " le sorrise, incoraggiante.
" O-ok! Ma dobbiamo sbrigarci... " decise, alzandosi.
Fecero per uscire, quando lui la fermò. "Ino, sarà meglio che tu indossi qualcosa che dia meno nell'occhio" disse, indicando la sua costosa veste turchese.
" Oh, giusto " convenne, contrariata. Amava quel lato dell'essere principessa.

Tornò poco dopo, una semplice veste nera, senza pizzi o merletti, le copriva le forme. Sopra di essa si allacciò un mantello marrone, uguale a quello del fratello.
" Il cappuccio " le ricordò lui. Lei eseguì, dispiaciuta. Eppure sapeva che il colore della sua chioma segnalava chiaramente la sua presenza. Quell'esatta sfumatura dorata era il marchio della famiglia reale.
Afferrò saldamente la mano di Naruto, correndo insieme a lui verso l'uscita secondaria delle cucine. L'aria calda e piena di vapore del grande locale le fece lacrimare gli occhi, mentre le domestiche lavoravano, in frenetica attività, come tante piccole formiche.
" Shizune! " l'urlo del ragazzo fece trasalire tutti, mentre correva verso una giovane donna dai corti capelli castani e grandi occhi scuri.
" Naruto-sama, konnichiwa " rispose gentilmente, abbassando il capo e pulendosi le mani sul grembiule bianco.
" Che buon odorino! Cosa prepari di buono?!? " le domandò il giovane principe, con l'acquolina in bocca.

Lei si schernì, agitando convulsamente le mani. Al che, lui le bloccò i polsi, supplicandola, gli occhi lucidi, di dargli " qualcosina".
La cuoca scomparve tra gli innumerevoli scaffali della dispensa, mentre il biondo le urlava dietro" Sii abbondante, mi raccomando!". Tornò subito dopo con un piccolo cestino di vimini, colmo di morbide pagnotte appena sfornate e un vasetto del miele più pregiato.
" Tieni! " disse Naruto a Ino, con un sorriso gaio.
Lei prese titubante quel piccolo pezzo di pane, ricoperto dal nettare dorato. E le parve di non aver mai assaggiato niente di così squisito.
" Mi piace " disse, con evidente sorpresa.
Lui scoppiò a ridere allegramente.
" Come posso essere ancora d'aiuto, Principe Naruto? " chiese Shizune, chinando il capo con reverenza.
" Sei stata gentilissima. Ma tu oggi non ci hai mai visto, intesi? " le ammiccò con fare seducente.
" C-certo... "
" Sayonara! " strillò il ragazzo, prendendo per mano la sorella e dirigendosi verso una piccola porta sul retro.
I cardini non oliati cigolarono fastidiosamente, mentre i due giovani si introducevano nel cortile.
" Yo, Naruto. "
Un uomo comparve improvvisamente di fronte a loro, come materializzato dal nulla.
" Ohayo, Kakashi! " gridò Naruto, ma la sua voce tradì una lieve nota di timore.
" Immagino che tu non sia qui per guardare il paesaggio, in compagnia della principessa... " commentò l'altro, in tono laconico.
Ino notò che la parte inferiore del volto dell'uomo era coperta da una maschera nera. Se ne chiese il motivo.
L'occhio sinistro era chiuso, mostrando la palpebra solcata da una sottile cicatrice rossastra. I capelli di un'incredibile sfumatura argentea erano liberi di cadere sulla fronte, conferendogli così un aspetto trasandato. Ciò nonostante indossava la divisa scura delle guardie reali..
" Ho una cosa per te, penso proprio che ti piacerà. " ghignò il principe.
Dalla tasca interna della casacca tirò fuori un libricino dalla copertina verde, sulla quale era stampato il titolo " Icha Icha Paradise Tactics- VM18 ".
L'occhio sano di Kakashi si spalancò per un istante, simulando il suo interesse.
" Buona lettura! " esclamò il biondo con aria furba.
Fece per correre via, ma la voce dell'uomo lo richiamò indietro.
" Ah, Naruto. "
" Che c'è? "
" Non cacciarti nei guai. "
" Io non cerco guai, sono loro che trovano me. " disse, per poi scoppiare nella sua solita risata strafottente.



Salve a tutti!
Innanzitutto ci teniamo a ringraziare tutti gli utenti che leggeranno questa Fan Fiction. Grazie di cuore!
Ci teniamo a informarvi di una cosa, inoltre. Questa storia è il frutto, se non di un anno, ma di molti mesi di lavoro. L'idea è nata dal nostro comune amore per questo Manga/ Anime e per il Fantasy. La trama si è delineata, diventando sempre più complessa. I personaggi sono diventati man mano sempre più complessi e la storia è maturata, come noi del resto. Sia come persone che come scrittrici.
Questa Fan Fiction è un'avventura che è nata e cresciuta con noi ed è stata in grado di mantentere salda la nostra amicizia.
Per cui, leggetela con cura.
Il titolo giapponese significa Notte di Pioggia.
Speriamo che riuscirete ad amarla e ad appassionarvi. O almeno che vi interessi.
Scusate se siamo state prolisse, ma è una cosa che ci tenevamo a dire.
Con affetto,
Sarn & _Ellis_


P.s: Abbiamo avuto un'idea per tutte le persone che lasceranno una recensione: che ne dite se a rispondervi fosse il vostro personaggio preferito?
Se l'idea vi piace, fateci sapere qual'è e noi provvederemo.




  
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