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Autore: Il Cavaliere Nero    25/02/2014    5 recensioni
"Te ne sei dimenticato? Ti avevo mandato un sms, Shinichi! Ho la finale delle gare di karate!!” lo rimbeccò.
-Come potrei dimenticarmene? Nelle ultime settimane hai passato più tempo in palestra che a casa…- pensò con una buona dose di fastidio, visto tutto il tempo che era stato costretto a trascorrere con il suo Ojisan.
“No, certo che me lo ricordo! Ti avrei telefonato più tardi per darti l’in bocca al lupo! Non cominci a mezzogiorno?”
“Telefonarmi? Come sarebbe a dire?” Poi le parole fatali:
“Non verrai?”
Il silenzio che seguì non le diede necessità di risposta.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gioco del destino
 

 
Il vibrare del cellulare nascosto sotto il cuscino lo svegliò bruscamente.
Il piccolo investigatore si alzò di scatto come riscosso da un incubo, trovandosi a sedere sul tatami. Lanciò un’occhiata alla sveglia di Kogoro, la quale segnava le sette meno un quarto.
-Ma chi accidenti…- inveì nella sua mente, già pronto ad urlare contro ad Hattori di piantarsela di chiamarlo a quell’ora del mattino per invitarlo a Osaka, sfidarlo a una prova di deduzioni, prenderlo in giro per Londra o qualunque altra stupida motivazione lo spingesse a disturbarlo.
Ma quando mise la mano sotto il guanciale scoprì che la chiamata in entrata non era sul telefonino di Conan, bensì su quello di Shinichi.
“R-Ran?” si fece scappare appena lesse il nome della sua amica sul display. Si tappò poi la bocca con una mano, alzando immediatamente gli occhi verso Kogoro nella paura d’averlo svegliato: ma quello ronfava privo di qualsiasi cognizione, un rivolo di saliva che gli colava dalla bocca e le braccia abbarbicate attorno ad un cuscino che, col massimo delle probabilità, stava sognando avesse le forme di Yoko Okino.
Afferrò il modulatore vocale e fece per correre in bagno; ma proprio quando aprì la porta s’imbattè nella figura di Ran che, dandogli la schiena, era di fronte il lavabo e picchiettava con ansia l’indice su un piatto umido. Con le stesse falcate che avrebbe utilizzato per accerchiare Bourbon e prenderlo alle spalle, s’infilò in bagno, chiudendo la porta come fosse di porcellana.
S’affrettò a regolare il modulatore e poi rispose:
“Ehi, ciao Shinichi! Come stai?” la voce tradiva una recitata ostentazione di calma.
“Ran!” si finse sorpreso. Il timore che la ragazza potesse decidere di chiudersi in bagno perché Kogoro non la sentisse, e l’imbarazzo provocato dal ricordo dei fatti di Londra lo spinsero ad essere un po’ troppo brusco:
 “Come posso aiutarti? Hai bisogno di qualcosa?” 
“Ah…beh, io…Hai fretta per caso?” s’accigliò.
“No! Cioè sì…in, in verità sto lavorando a quel caso e…”
“Non hai nemmeno un minuto?”
Conan ebbe un brivido freddo a percorrergli la schiena.
-Oh oh…- realizzò, e cercò di rimediare: “Ma sì, è solo che…”
“No no, capisco. Non ti preoccupare!” Si rivelò improvvisamente comprensiva.
“Volevo solo ricordarti di oggi pomeriggio! Parleremo di più quando ci vedremo!”
“Oggi pomeriggio?”
-Vederci?- Cadde dalle nuvole, perciò non riuscì a mordersi la lingua: e stavolta Ran non fu tanto comprensiva.
“Te ne sei dimenticato? Ti avevo mandato un sms, Shinichi! Ho la finale delle gare di karate!!” lo rimbeccò.
-Come potrei dimenticarmene? Nelle ultime settimane hai passato più tempo in palestra che a casa…- pensò con una buona dose di fastidio, visto tutto il tempo che era stato costretto a trascorrere con il suo Ojisan.
“No, certo che me lo ricordo! Ti avrei telefonato più tardi per darti l’in bocca al lupo! Non cominci a mezzogiorno?”
“Telefonarmi? Come sarebbe a dire?” Poi le parole fatali:
“Non verrai?”
Il silenzio che seguì non le diede necessità di risposta.
“Shinichi!!”
Lui sospirò.
Dopo quel che le aveva detto – per di più rincorrendola e trattenendola con vigore per un braccio, guardandola con gli occhi seri di chi non accetta di rimanere inascoltato e il tono di voce sicuro: “Il cuore della donna che amo…come potrei dedurlo?”- quel diniego diventava ancor più pesante. Gli dispiaceva enormemente essere costretto a dirle di no, ma come avrebbe potuto mentirle? Assicurarle la sua presenza e poi non presentarsi sarebbe stato ancora peggio; e poi lei non si meritava tante bugie.
Aveva in tutti i modi cercato di convincere Ai a concedergli una pillola di antidoto, soltanto una di tutte quelle che portava sempre con sé in un dispenser, come fossero caramelle per la gola.
Non mille, una! La sua domanda si era di molto adattata alle esigenze, eppure Haibara s’era rifiutata ugualmente.
“Perché tu possa di nuovo dare sfogo al tuo ego e metterci in pericolo tutti? Puoi scordartelo, Kudo-kun. Mi dispiace per la signorina dell’agenzia investigativa, ma non saremo braccati dall’Organizzazione a causa di un paio di mosse di karate.” La risposta della sua solita ironia lapidaria, prima che gli voltasse le spalle e riprendesse come nulla fosse accaduto a sfogliare la sua rivista di moda.
“Non posso, Ran…”
“Ma come non puoi? Mi avevi risposto dicendo che avresti fatto il tifo per me, me lo ricordo benissimo!”
“Sì, certo, ma intendevo dire che…”
“Che cosa?”
“Che…che avrei fatto il tifo per te! E’ una cosa che si dice, no? Non intendevo dire che sarei venuto!”
“E’ una cosa che si dice??” lo rimbeccò, la voce tanto alta che il giovane detective la udì ben distinta in due: quella che proveniva dalla cornetta e quella che proveniva dall’adiacente cucina.
Sospirò ancora, frustrato. Ma quel sospiro che voleva essere uno sfogo per il dolore che lui stesso provava nel pronunciare quelle parole fu equivocato dalla ragazza per fastidio di fronte alla sua insistenza.
S’indispettì e non gli permise di terminare la frase.
“Ascolta, Ran. Io sono…”
“Tu, tu, tu! Sempre tu! Ed io che cosa sono, eh, Shinichi?” s’infuriò.
“Cosa sono io?”
Quindi interruppe la linea troncando la conversazione.
Quando Conan, sconsolato, uscì dal bagno la cucina era vuota.
Attese per un po’ che sbollisse la rabbia finchè anche Kogoro non lo raggiunse attorno al tavolo privo di qualunque cibo.
Sostituì al classico “Buongiorno” un’affrettata constatazione: “Cos’è questa novità?” prima di domandargli:
“E Ran? Dov’è?”
Conan gli indicò la porta della sua stanza, categoricamente chiusa, anzi barricata.
“Va’ a svegliarla, su! Dobbiamo essere lì per tempo, e poi dobbiamo anche passare a prendere Eri.” Sbuffò, seccato.
“Io…” tentennò.
Non voleva, non poteva vederla piangere ancora.
Abbassò gli occhi, cercando di elaborare un pretesto per eludere quell’incarico, ma non ce ne fu bisogno: la porta si aprì, e una Ran ancora abbastanza incollerita  - ma con gli occhi ben lucidi che Conan non attribuì, come Kogoro, all’insonnia tipica della notte pre-gara .
“Co-conan!” subito lo chiamò, e quando il bimbo alzò gli occhi si ritrovò quelli di lei ben puntati sul suo volto.
Sudò freddo: che avesse capito…?
“Perché non porti gli occhiali?”
Sussultò: che stupido! Dalla fretta di rispondere si era dimenticato di indossarli! E poi dopo quella litigata, beh, la memoria non s’era rinfrancata, tutt’altro.
“Io…io mi sono svegliato da poco e…”
“Per favore Conan-kun, valli subito a mettere! Questa vostra somiglianza oggi non mi è di buon auspicio.”
“Somiglianza di cosa?” Il padre non colse l’allusione, ed anche Shinichi finse di non capire pur avendo nel cuore una ferita ben dolorosa.
-Perdonami, Ran! Perdonami davvero.-
 
§§§
 
“Non capisco davvero perché hai voluto che venissimo anche noi così in anticipo!” si lagnò Kogoro, che a passo veloce accompagnava la figlia di fronte la porta dello spogliatoio.
Dopo una colazione stranamente silenziosa e intervallata dagli auguri del detective più anziano: “Ma su figliola, non fare quella faccia! Sarai bravissima, vincerai di sicuro, di cosa ti preoccupi? Ridi, ridi!”  avevano raggiunto l’appartamento nel quartiere di Goika, per prendere Eri.
Il viaggio in automobile, come d’abitudine noleggiata, tutti e quattro insieme non aveva di certo alleggerito l’atmosfera. Per non stare troppo a contatto, così la mamma aveva detto, lei era andata immediatamente a prendere posto nella sala, mentre Kogoro e Conan l’avevano accompagnata nello spogliatoio.
“Tu passerai ore con le tue amiche e con il Sensei per questo assurdo ritiro che precede la gara, ed io e quella vecchia megera dovremo stare insieme, da soli per di più e…”
“E dai, papà!” lo bloccò, poggiando a terra il borsone con il cambio e il gi.
“Non te lo ricordi che giorno è oggi?”
“Certo bambina mia. E’ solo per questo che ho accettato…” gli occhi di Ran s’illuminarono prima che il padre terminasse:
“…è il giorno della tua vittoria!”
Sbuffò seccata, afferrando di nuovo la borsa con foga prima di sbattergli la porta in faccia:
“Voi detective vivete nel vostro stupido mondo di casi, ossessioni ed indagini senza ricordarvi di niente! Niente!”
“Ma che…” Kogoro aggrottò la fronte, sorpreso. Di cosa parlava? Grattandosi la testa con l’indice si voltò verso Conan, rimuginando ad alta voce:
“Che giorno è oggi?”
Non giunse nessuna risposta.
“Ehi, moccioso, mi hai sentito?! Che giorno…” Poi finalmente volse lo sguardo ai suoi piedi.
E vide che Conan non c’era più.
 
§§§
 
S’infilò nella palestra già affollata, benchè mancassero più di due ore all’inizio degli incontri.
Cercando di non farsi vedere si addentrò tra gli spalti, puntando ai posti occupati dai Mouri.
Avvistò Eri parlare con Sonoko, accorsa per tifare Ran e Kyogoku, quindi penso di approfittare della loro distrazione. Si avvicinò in silenzio al cappotto della karateka, che la mamma avvocatessa aveva poggiato sulla spalliera del posto per occuparlo, e fece per estrarre dalla tasca interna della sua mini giacca qualcosa.
-Eri e Sonoko non devono vedermi, altrimenti non potrò più metterle in tasca…-
“Brutto moccioso!” Kogoro lo colse alle spalle, sollevandolo da terra per il colletto della camicia.
“Perché scappi sempre, eh?”
Non fece in tempo a difendersi che l’uomo lo incalzò:
“Che giorno è oggi?”
Rimase basito quanto lui pochi istanti prima.
“Il giorno della gara di Ran, Ojisan! Ma cosa…”
“No, stupido ragazzino, no! Me lo ha chiesto Ran prima, mi ha detto: Sai che giorno è oggi? E quando le ho risposto quel che hai detto tu ora si è imbestialita! Lei ti parla sempre, state sempre lì a chiacchierare e chiacchierare…perciò, dimmi: che giorno è oggi? E cos’è successo? Perché Ran ha detto che i detective vivono nel loro mondo senza ricordarsi di niente?”
“Perché è così.” Eri comparve alle loro spalle, accompagnata da una Sonoko dall’espressione divertita.
“Non hai davvero niente da dirmi, Kogoro?” aggiunse poi, incrociando le braccia al petto.
“Se vuoi che ti chieda scusa per essere arrivato in ritardo, ti ho già spiegato che è stata colpa di questo moccioso!” lo scrollò in aria come fosse una tovaglia da ripulire dalle briciole di pane, quindi con uno strattone lo lasciò rovinare a terra.
“Ahi…” si lamentò lui, massaggiandosi la parte lesa che era cozzata col pavimento: il sedere.
“Non si decideva a uscire dalla stanza! Ran gli ha detto di mettersi gli occhiali e lui ci ha impiegato mezz’ora ad indossarli! Sono fatti di pietra, di lava? Eh, moccioso?”
“Non dare la colpa al bambino, sei tu che sei uno zotico burbero!” lo schernì lei, portando le mani ai fianchi con modi indispettiti.
Conan ridacchiò, non potendo evitare di paragonare la figlia alla madre:
-Con questo bel caratterino, come poteva Ran venire su diversamente?-  constatò con gli occhi ridotti a due fessure mentre tra le mani stringeva ancora il piccolo oggetto ed il biglietto che aveva scritto. Per trovarli nel caos di quella stanza da letto piena di mozziconi di sigarette, bottiglie di birra e cd di Yoko aveva impiegato mezz’ora; inoltre, l’ansia che Ran o Kogoro potessero entrare e coglierlo in flagrante non l’aiutava affatto.
Aveva acquistato quel regalo per la ragazza il giorno stesso in cui gli aveva comunicato dell’incontro.
Di certo la lite della mattina non aveva potuto prevederla; ma che lei avrebbe invitato Shinichi e che lui non sarebbe potuto andare, oh, quello l’aveva previsto eccome! Perciò aveva pensato di correre ai ripari comprandole qualcosa per tentare di essere presente. O almeno, di mostrale di essere presente, perché la presenza fisica era davvero l’unica cosa su cui non si poteva transigere.
Lui era sempre con lei, anche se Ran lo ignorava. In ogni momento della giornata: quando si svegliava, quando cucinava, quando lavava i piatti…quando lavava se stessa nella vasca. Beh, questo in effetti era meglio che continuasse ad ignorarlo!
Per evitare di non avere più tempo in futuro l’aveva acquistato subito, ma era stato costretto a nasconderlo nella  sua camera – che sfortunatamente era anche la stanza di Kogoro!- dal momento che il professor Agasa avrebbe di sicuro ficcato il naso se l’avesse depositato da lui sino al giorno designato.
Peccato che non avesse scritto il biglietto sino a due ore prima. Anzi…meglio; ciò che aveva scritto era un’ottima replica alla loro litigata, a quel che lei gli aveva chiesto senza concedergli poi il tempo di risponderle.
“Regina del foro dei miei stivali!”
“Detective il dormiente dal cervello grande quanto una nocciolina!”
“Tsk!”
“Tsk!”
Mentre quella seconda litigata infuriava, il piccolo detective approfittò della distrazione generale per mettere il suo dono ed il bigliettino nella tasca del cappotto di Ran, e tirò un sospiro di sollievo per esserci finalmente riuscito. Ma una voce lo colse alla sprovvista, di soprassalto:
“Ehi, ragazzino!”
Si voltò ritrovandosi a pochi centimetri di distanza il volto dell’ereditiera Suzuki.
Sudò freddo, cercando di trovare una scusa all’imminente domanda di lei: “Cosa le hai messo in tasca?”, ma i suoi timori non erano fondati.
“Quello sbruffone verrà? Tu lo sai?”
“Ti riferisci a Shinichi…niichan?” si sbrigò ad aggiungere.
-Mio dio, se continuiamo così oggi mi verrà un infarto senza che io prenda l’aptx…-
“Sì, esatto! Ho visto Ran piuttosto nervosa. Dimmi che è solo per lo scontro!”
“Shinichi-niichan non verrà, Sonoko-neechan! Non ha ancora risolto quel caso…”
“Maledetto codardo! La dichiarazione che le ha fatto a Londra non è servito a svegliarlo, ed io che lo credevo finalmente maturato!” alzò un pugno in aria e mimò un colpo violento.
“Se lo prendo gli faccio vedere io!”
Le sue invettive si mescolarono alle parole della coppia separata:
“Dovrei davvero chiedere il divorzio!”
“Fallo, non vedo l’ora!”
“Quell’imbecille, Ran non se la merita!”
“Dimentichi che sono un avvocato? Posso farlo quando voglio!”
“Cos’aspetti? Anzi, non t’incomodare, lo faccio io!”
“Detective da quattro soldi, chi si crede di essere?”
Quel tumulto fu interrotto dalla donna più grande che, all’apice della rabbia, diede le spalle al marito con finta disinvoltura.
“Basta così, mi hai stancato. Me ne vado fuori finchè non sarà il turno di Ran!”
Detto questo afferrò il suo cappotto, indossandolo.
-Ehi ehi…-
Reagì di scatto il finto bambino, correndole incontro.
“Aspetti signora Kisaki, non metta il cappotto di Ran…Ran-neechan!” le ordinò, temendo che potesse trovare il regalo ed insospettirsi. Nessuno aveva visto Shinichi nella sala, e nessuno si era mai allontanato da quel soprabito.
Era una donna intelligente, ed avrebbe anche potuto intuire qualcosa…
Lo sguardo sorpreso che gli rivolse la donna lo spronò a continuare:
“…o, o lo sgualcirà tutto! Ran-neechan ci tiene molto!”
“Lo so, Conan-kun, non ti preoccupare. Questo cappotto è il mio, il suo l’ho lasciato in macchina proprio per questo motivo.”
La mascella dell’Holmes dell’era Hesei toccò terra.
Il tempo che gli ci volle per ricevere il colpo gli impedì di fermarla in qualche modo prima che si allontanasse troppo dalla sua linea d’azione.
-Accidenti!!- imprecò mentalmente quando digerì il tutto e riacquistò lucidità, capendo l’urgenza della situazione.
Fece per inseguirla ma andò a sbattere contro la gamba poderosa di qualcuno che si era frapposto tra loro.
Massaggiandosi il naso alzò gli occhi riconoscendo nella figura misteriosa Makoto Kyogoku.
“S-Sonoko-san, buongiorno.”
“Oh, buongiorno a te, Makoto-kun! Sono venuta a vederti! Ti porterò fortuna!” squittì arrossendo lievemente, mentre si gettava su di lui per stringergli il braccio.
“Ti-ti ringrazio. Se vincerò…ti dedicherò la vittoria! Questo sarà il mio regalo di San Valentino, Sonoko-san!”
Kogoro e Shinichi sbatterono le palpebre più volte, prima di recepire il messaggio. E nello stesso istante, compresero le reazioni indispettite delle loro compagne.
-Ecco che giorno è oggi…San Valentino!!-
 
§§§
 
“Lo sapevo che avresti vinto, Ran! Tu sei la numero uno!!” la festeggiò con trasporto la sua migliore amica mentre la giovane vincitrice girava la chiave nella toppa dell’appartamento.
“Non dire bugie, Sonoko: tu avresti preferito vincesse Kyogoku perché ti avrebbe dedicato la coppa!”
“Non è vero, io non tradisco le amiche per gli uomini! E poi…” rise “…mi ha dedicato il secondo posto! Mi accontento comunque!”
Ran le sorrise, lanciando un’occhiata ai suoi genitori; Kogoro aveva continuato a lanciare alla moglie frecciatine che lei non aveva raccolto. Per di più aveva accettato immediatamente di cenare con loro quella sera, senza farsi troppo pregare. Sembrava stranamente felice.
L’unico ad avere un’aria sconsolata era Conan: i suoi faticosi tentativi di recuperare l’errore erano stati innumerevoli, nonché fallimentari. Quel giorno aveva assistito o direttamente partecipato a due litigate,era stato insultato da due persone, aveva picchiato il sedere contro il pavimento e il naso al ginocchio muscoloso di una medaglia d’argento del karate.
Poteva andare peggio di così?
Oh, sì che poteva! Ran gli avrebbe telefonato ancora, ne era certo. Ai suoi occhi, il ragazzo infatti non solo non si era presentato alla manifestazione ma si era addirittura dimenticato del giorno di San Valentino dopo averle detto di amarla settimane prima.
Sbuffò, dirigendosi verso la sua stanza.
“Ehi, moccioso, va in camera? Mi porti il cappotto sul letto di Ran per favore?” gli comandò sotto forma di domanda la biondina, praticamente lanciandoglielo addosso.
“Io devo andare un attimo in bagno!” E scomparve alla vista di lui che, con un sopracciglio tremante di nervosismo, pensava:
-Non indosserò mai più un cappotto in vita mia…-
Prima di recarsi in camera con tutta l’intenzione di trascorrerci dentro il seguito della serata lanciò un’ultima occhiata a Ran, che si stava recando a fianco dei suoi genitori.
Kogoro era seduto alla sedia della sua scrivania, ed Eri gli si avvicinata con un affabile sorriso sulle labbra.
“Cosa vi state dicendo?” tentò di spronarli, sperando in cuori suo che, per quel giorno, gli insulti fossero finiti.
“Già, cosa vuoi da me? Sentiamo!”
“Papà!” lo rimbeccò, ma Eri la zittì.
“Non ce la fai proprio, non è vero, Kogoro? Come il giorno del mio compleanno*, non riesci ad ammettere di avere anche questo lato?”
Ran si meravigliò.
“Di cosa parli?” si sorprese anche Kogoro, aprendo il primo cassetto per cavarne una lattina di birra celata lì per le emergenze.
Eri si abbandonò, per un solo istante, ad un’espressione rabbonita:
“E’ un bel regalo, Kogoro. Ti ringrazio. E soprattutto…un bel biglietto!”
Estrasse la mano dalla tasca per rivelare un piccolo foglio di carta ripiegato tra le dita.
“Come?” entrambi i suoi interlocutori sussultarono.
“Ma quale regalo?”
“Papà ti ha fatto un regalo di San Valentino?”
“Guarda che ti sbagli. Io non ti ho regalato proprio niente!”
“Posso vederlo?” Subito s’intromise la figlia, non riuscendo a trattenere la sua gioia.
“Se tuo padre si intimidisce così tanto ad ammetterlo, forse è meglio di no, Ran.”
“Allora, almeno leggerò il biglietto!” e con una rapida mossa se ne impossessò. L’aprì, meravigliandosi del contenuto:
“Oh!” la sua espressione parve perplessa. Da quando in qua suo padre era così...così…
“Mi sono stupita anche io. E’…una bella cosa da dire, cioè…da scrivere.” Eri arrossì evidentemente, cominciando a sentirsi a disagio.
Ran lo rilesse ancora un paio di volte, poi capì.
“Oh!” gemette di nuovo. E stavolta sorrise davvero. Il primo sincero, genuino e vero sorriso della giornata.
La madre raggiunse il punto di rottura, la sua faccia era paonazza. Inoltre Kogoro continuava a mostrarsi all’oscuro della faccenda e allungava il collo nel tentativo di leggere anche lui quel pezzo di carta.
Perciò gli diede le spalle, prendendo commiato:
“Ma se ancora non sei pronto ad ammettere come stanno le cose, è come se non mi avessi regalato nulla.”
“Ma mamma!”
“Chissà, forse il prossimo San Valentino sarà quello buono…” li salutò così, abbandonando padre e figlia.
Mentre quest’ultima le correva dietro cercando di fermarla, Kogoro aprì la lattina declamando a gran voce:
“Ma che diavolo hanno tutti, oggi?! Questa giornata è cominciata male e finita peggio!”
 
§§§
 
Non fece neppure in tempo a mettere piede nella sua stanza che ecco il cellulare suonare. Quello di proprietà di Shinichi però.
Sospirò rumorosamente, l’umore sotto alle scarpe: non aveva ancora digerito la lite della mattina che gliene toccava un’altra! Cosa si sarebbe potuto inventare?
Ero lì ma appena hai vinto sono dovuto scappare via?
Magari citandole qualche mossa e descrivendole nella più fedele minuzia di particolari i suoi attacchi…no, no! Era ridicolo.
E poi non era giusto mentire così tanto: Ran non si meritava davvero tutte quelle bugie.
Anche se…
Si grattò la testa spettinando i capelli, sperando di poter prendere alla svelta una decisione. Nel frattempo il cellulare continuava a vibrare: forse se non avesse risposto…Ricordò la faccia contrita di Eri quello stesso pomeriggio.
Meglio di no.
“Tale madre…” si ammonì per l’ennesima volta in quel giorno, afferrando pur con mano titubante il cellulare e portando il papillon alla bocca.
“Pronto?”
Il tono di voce non parve arrabbiato, tutt’altro: e le sue parole glielo confermarono.
“Il tuo cinismo mi fa dimenticare spesso che sei il figlio del più famoso scrittore di Los Angeles.”
Shinichi sgranò gli occhi. Che lei…?
“Mi hai fatto due regali. Sono stata molto contenta di vedere mamma così emozionata…Avresti dovuto vedere la sua faccia!”
Le labbra dell’investigatore si curvarono in un sorriso; cadde seduto a terra, emanando lungo sospiro di sollievo. Nell’altra camera, attraverso il cellulare Ran udì soltanto uno sbuffo divertito:
“Ero convinto fosse il tuo cappotto. Avevo un po’ fretta, perciò non ho fatto caso che…”
“E quando te ne sei accorto?” lo interruppe.
“Quando…” Ran non meritava tante bugie.
“Quando ho visto tua madre indossarlo.”
“Allora lei ti ha visto!” Era già pronta a correrle dietro giù per le scale e chiederle per quale motivo non avesse detto che Shinichi era alla gara; avrebbe potuto almeno vederlo…
“No no! Mentre uscivo…ehm…dalla palestra mi sono voltato per caso e ho visto che lo sollevava! Mi è…sembrato brutto andare lì dopo tutto questo tempo…dirle che...beh…” cominciò ad incartarsi.
“E poi tuo padre…già non gli ero simpatico prima…”
Ran percepì la sua difficoltà; penso fosse dovuta soltanto all’imbarazzo per quanto le aveva rivelato a Londra, e seppur ancora un po’ infastidita da quello strano gioco del caso decise di venirgli incontro.
“Non ti preoccupare. Hai fatto bene! Te l’ho detto…sono stata contenta per loro. Però mi dispiace un po’ per il regalo…mamma non mi ha neppure voluto dire di cosa si trattasse! Cos’era?”
Chiese candidamente.
Shinichi arrossì.
“Non…non ha più importanza, ora!” si affrettò a dire, gli occhi ridotti a due puntini.
“Ma…” volle aggiungere immediatamente “il biglietto…”
“Sì, quello l’ho visto.” Esitò un po’, quindi aggiunse: “L’ho letto.”
Shinichi sorrise tanto rumorosamente che lei lo percepì nonostante la distanza.
“E…e a questo proposito, Shinichi, e a proposito di quello che mi hai detto…a…a Londra…” prese coraggio, decisa a replicare “Io…”
“No, Ran! Per favore.” La bloccò sul nascere, meravigliandola.
“Perché?” rispose senza neanche accorgersene “Hai cambiato idea?”
Il suo tono di voce così naturale ma preoccupato allo stesso tempo lo fece scoppiare a ridere.
“Certo che no!” si affrettò ad aggiungere per evitare che scoppiasse una nuova furibonda litigata.
“Ma…preferirei sentirtelo dire dal vivo, se non ti dispiace. Una volta qualcuno ha detto che certi discorsi, per mezzo di  una cornetta telefonica non vengono bene…che ci sono cose che possono dirsi soltanto a parole*. Sai chi era?”
Lei si tranquillizzò, tornando a respirare quell’aria che prima le era mancata.
“Qualcuno che dice le cose perché è così che si dice!” lo rimbeccò, e Shinichi temette di trovarsi ancora sul piede di guerra:
“Non intendevo…”
“E allora chiedimi scusa! E sai come?”
“Come?” Tremò.
-Non chiedermi di incontrarci, Ran, ti prego! Non posso…-
“Dimmele!”
“Eh?”
Ma non giunse subito la risposta.
Il detective intrappolato nei panni di un bambino s’incuriosì e, in silenzio, uscì dalla sua stanza per fare capolino in quella di Ran. La vide appoggiata con la schiena al davanzale della finestra, e il viso completamente rosso.
“Quelle…quelle parole che hai scritto sul biglietto. Potresti- potresti dirmele?”
Anche Shinichi allora arrossì violentemente.
Attraverso quella piccola fessura della porta scorse Ran mordersi un labbro e tormentarsi una ciocca di capelli tra le dita.
E osservandola con il corpo di un bambino ma gli occhi di un adulto, si scordò  della condizione in cui si trovava: dimentico di qualunque altra cosa, pensò soltanto a lei.
 
§§§
 
Nel sedile posteriore di quel taxi che l’avrebbe ricondotta nel suo appartamento di Goika, Eri poggiò la testa contro il finestrino perdendosi nella contemplazione del cielo.
“Sei davvero uno stupido, Kogoro…” arrossì, estraendo dalla tasca del cappotto quel biglietto sgualcito per tutte le volte che era stato maneggiato e riletto.
Sospirando con affetto, lo portò sotto la luce della luna e lo lesse ancora una volta.
 
§§§
 
Ripetè quelle parole con sincero sentimento, ricordando ancora quel biglietto scritto con le mani di Conan Edogawa ma il cuore e la ragione di Shinichi Kudo:

 


“Sei meravigliosa passione
 
e fiera intelligenza”
 
 
 
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*Compleanno di Eri: volume 68, file 4.
*(…) Certe cose possono dirsi solo a parole : volume 47, file 4. 




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Note dell'autrice: Ahimè, ahimè, ahimè! So bene che c'è una certa fic ancora in attesa di essere conclusa, la mia adorata Fiuto da detective che se ne sta lì buona buona in attesa degli ultimi due capitoli...ma l'ispirazione non si può fermare, o sbaglio? xD
In realtà ho partecipato al Contest di San Valentino per il Detective Conan Forum con questa one shot, e terminata la "gara" ho deciso di pubblicarla...anche un pò per dimostrare a tutti che: sì, sono viva! Tornerò -spero- il prima possibile- nei limiti della mia particolarissima accezione della parola prima- a scrivere, anzi ne pregusto già il momento :D Per ora...spero vi piaccia questa storia!
Un grande, grandissimo bacio


Cavy
   
 
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