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Autore: Kay78    23/06/2008    0 recensioni
Perché non ti chiami fuori allora? Devi solo non aprire. Sarebbe facile dopotutto! Perché non lo fai? Basta poco.
Ma sei sempre stata debole in questo genere di cose e la porta, alla fine, la apri.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: La storia è già stata inserita da me su Phantastes con il nick Leana.




Fenditure


Senti suonare alla porta e lentamente vai ad aprire, non hai nessuna fretta: lo sai già chi è.
Ti ha chiamato dieci minuti fa, ti ha raccontato tutto, che ha fatto l’ennesima cazzata e lei è scappata in lacrime. Al solito. Ed ora è a te che tocca aggiustare le cose. Alla fine è sempre così, sono loro a metterti in mezzo, ironico, no? Sembra quasi che in un modo tutto loro, perverso e malato, trovino la situazione eccitante. Tu speri solo di esserti sbagliata, che stavolta sia diverso, che non sia chi credi tu ad aver suonato alla tua porta.
“Potrebbe sempre essere il vicino, o il portiere.”.
È questo che stai pensando, ma non ci credi neanche tu. Perché non ti chiami fuori allora? Devi solo non aprire. Sarebbe facile dopotutto! Perché non lo fai? Basta poco.
Ma sei sempre stata debole in questo genere di cose e la porta, alla fine, la apri.
Anche stavolta avevi ragione.

Te la trovi subito davanti, l’innamorata delusa, stagliata contro la luce fredda dell'androne e non ha nemmeno preso l'ombrello quella cretina! È zuppa, ed ha la faccia coperta da una poltiglia nera e appiccicosa. Mascara lo chiama, ma sembra solo schifo. Non la sopporti proprio quando si concia a quel modo: tacchi alti e tette in fuori. Non ha classe, neanche sa cos'è, la classe. Ti sale una rabbia feroce solo a guardarla. E vorrei vedere, sembra una battona.
La prima volta che l'hai vista invece, tutta un'altra storia. Ti è rimasto impigliato nella retina quel momento. I jeans anni settanta, la maglietta rossa tutta scolorita, i capelli lisci e neri che scendevano lungo la schiena e un'aria furba da bambina cresciuta, un frammento di ghiaccio in un pomeriggio estivo che ti stava soffocando. Non riesci proprio a scordartela quell'immagine, vero?
E infatti adesso vai ad incollarla sulla patetica visione che ti si è presentata alla porta. Sei diventata brava a farlo ormai, ti viene naturale, l'hai vista anche in condizioni peggiori, ma riesci sempre a dimenticartene.
Sono successe talmente tante cose fra quel giorno ed oggi- ma non quelle che desideravi tu, no, quelle no, quelle mai, sei troppo vigliacca per farle accadere- e adesso tu sei la sua migliore amica, ma lei non sarà mai la tua. Lei non lo sarà mai per te, amica, e lo sai bene. Lo sai bene almeno quanto sai di avere un mostro dentro che ti spacca in due. Senti la frattura farsi un po' più profonda ad ogni sua parola. E lei parla talmente tanto! Ha la bocca sempre piena di parole stupide. Eccola, ha già cominciato. Nei dieci secondi che ti sei fermata a riflettere si è messa a frignare. E falla smettere Cristo! È così debole…
Ma a te non importa, è venuta da te, corsa da te, tu sei il suo rifugio e mentre lo pensi ti esce quel sorriso strano, che ti storce il viso in modo tutt'altro che affascinante, come se ti sorridesse solo una metà della faccia ed il resto fosse perso chissà dove, ma che ti piace fare e ti rende felice. Appena lei ti guarda, però, lo senti spegnersi. Indietreggi di qualche passo per lasciarla entrare e vedi le gocce di pioggia scivolarle di dosso e iniziare a cadere sul pavimento. Allunghi la mano distrattamente verso il tavolo su cui avevi già preparato tutto, afferri un cambio di vestiti e la spedisci ad asciugarsi.
Lei sembra non capire, dovresti saperlo, appartiene proprio a quel tipo di persone, capisce solo quello che le pare. E così comincia a balbettare, petulante come al solito:
‘Io…’.
Tu la zittisci immediatamente puntandola nella direzione del bagno.
‘Nel frattempo preparo un tè’. Le dici e ti dirigi verso la cucina.

È la prima cosa intelligente che hai fatto da quando il maledetto telefono ha squillato. Tu ci sei dentro fino al collo si, ma almeno il parquet è salvo. La tua dignità invece, beh quella, tesoro, te la sei giocata da un pezzo e sperare di riconquistarla con una semplice frase è troppo ingenuo persino per te.
Ti arrabatti alla ben e meglio davanti ai fornelli, sei una pessima cuoca tu, ma a far bollire l'acqua dovresti riuscirci anche da sola. Niente soccorsi stavolta, non ti azzardi neanche a chiederli a dire il vero, sai che non arriverebbero, che nessuno si sognerebbe di aiutarti. Alla fine, però, ce la fai ugualmente, e senza nemmeno un'ustione! Nel cervello esplodono i festeggiamenti. Miracolo! È la prima volta che accendi un fornello e non devono intervenire i pompieri.
Appena entra in cucina vi sedete, una davanti all'altra. Lei parla e tu ascolti, o meglio fai finta. Ma sei tranquilla, sai che non ti perdi nulla, sta dicendo le solite minchiate, che lui non la capisce, che si sente usata, che l’ha beccato a scopare un’altra, niente di nuovo insomma.
Per farla felice ti basta annuire ogni tanto, e nel frattempo sei libera di goderti il tepore della tazza fra le mani. Alzi gli occhi e ti incanti a guardare il vapore che dal tè sale ad arrossarle leggermente il volto pulito.
“Adesso si ragiona”. Pensi.
La guardi con addosso il pigiama che le hai prestato, è enorme, le sta mille volte. L'hai fatto apposta a scegliere il più grande. Ha dovuto fare i risvolti sia alle maniche che ai pantaloni.
“È proprio tappa”. E un sorriso ti sbuffa incontrollato fuori dalle labbra.
Lei si acciglia all'istante, ti sta raccontando i drammi della sua vita e tu ridi. Cerchi di recuperare in qualche modo e, in un vergognoso calo di lucidità, tenti di farlo passare per uno sbadiglio. È un tentativo disperato, ne sei consapevole, ma se lei se ne andasse adesso… non vuoi neanche pensarci, è così perfetta ai tuoi occhi ed io proprio non capisco. È solo una tipa tutt’ossa col quoziente intellettivo di un pesce sotto sale, vuoi mettere con una signora? Una di quelle vere intendo, quelle che possono indossare perle e Chanel senza sembrare la bizzarra caricatura delle loro nonne, che conoscono i nomi latini dei fiori e parlano correntemente quattro lingue, quelle come Angela, con la loro educazione da collegio esclusivo. Donne che sono un traguardo. Ma tu questo argomento non lo capti proprio, durante la scalata non c’eri, sei arrivata solo dopo e non hai dovuto fare altro che goderti la vetta che altri avevano conquistato. Ti odio così visceralmente a volte... ma sono una signora anch’io, in qualche modo, e lascio correre.
Intanto quella ha abboccato. Certo che più stupida non potevi trovarla neanche volendo.

Ora te ne stai a letto, rigida e tesa, a guardare il soffitto senza dormire. Sapere che lei se ne sta lì accanto a dormire beata ti manda al manicomio, così ti concentri sul soffitto. Nella penombra ti sembra quasi di vedere delle sfumature diseguali:
“La seconda mano non l’hanno data bene” pensi “Eppure è stato ridipinto da poco, domani devo chiamare la ditta, ho pagato per un lavoro ben fatto...”.
E bla bla bla. Lo senti quanto sono noiosi i tuoi pensieri? Fortuna che questi non sono quelli veri, sono solo una patina sottile che viene grattata via in un lampo quando lei, nel sonno, si muove e ti finisce addosso. Cerchi istintivamente una via di fuga, ma sei già al limite estremo del letto, se ti scansassi finiresti dritta sul parquet.
Ti appelli al tuo autocontrollo ma lei si stringe un po' di più passandoti un braccio sopra l'addome e ti rendi conto che quella del parquet non è poi una cattiva idea:
“È legno, un materiale naturale, dopotutto ho sempre desiderato un maggior contatto con la terra e poi sarebbe un modo come un altro per sfruttarlo, con quello che è costato”.
Già, peccato che sia febbraio e vorrebbe dire prendere una polmonite. Usa il cervello ogni tanto, imbecille, e visto che ci sei falla sfanculare a casa sua che, e puoi giocartici quello che vuoi, quella si prepara a farti molto, molto male.
Invece tu inizi a contare a ritroso da 1000 a 1 e sei arrivata appena a 932 quando lei comincia a sfiorarti il collo con le labbra in quel modo innocente e finto accidentale che usano sempre le donne. Ti volti verso di lei alla ricerca di un modo per togliertela di dosso senza svegliarla e finalmente ti rendi conto che non dorme affatto.
Certo ce ne hai messo ad accorgertene.

I vostri pigiami devono essersi smaterializzati. È l’unica spiegazione possibile per la velocità con cui ve li siete tolti di dosso. La guardi nel buio e ti sembra quasi che il suo corpo sia coperto di linee, un tracciato da seguire, e quando le sfiori le senti vibrare e formicolare sotto le dita, (come le corde del violoncello, quando le percorri, pignola e determinata, alla ricerca del suono perfetto) e la pelle diventa così sottile che ti sembra che non ci sia affatto, quel corpo che ti sembrava a guardarlo così leggero da poterci passare attraverso è consistente e reale. All’improvviso è tutto così, troppo (troppo desiderato, troppo improvviso, troppo spaventoso), che ti perdi e non ricordi neanche chi, di voi due, ha iniziato (ha iniziato lei, la troia, ma sta pur certa che la colpa la darà a te), sai solo che non vuoi finire, che domani non deve venire, mai più, che se lo vuoi abbastanza domani non verrà e tu potrai seguire le linee in eterno, descrivendo percorsi e modulando suoni ogni volta diversi, solo per lei, soltanto per lei. Ma domani sta già facendo capolino dalla finestra e, che tu ci creda o meno, ti porterà solo lacrime. Poi, che mi colpisca un fulmine se capisco il motivo, mentre lentamente scivoli nel sonno, tutto inizia a cambiare.

Mi sveglio in piena forma e, per quanto quella non mi piaccia granché (anzi, se devo dirti la verità, non mi piace proprio) mi sento abbastanza rilassata da preparare i biscotti. Il profumo dei biscotti, il tepore dei biscotti, non mi sento di negarlo neanche alla più abbietta delle donne, neanche alla troia che mi hai fatto trovare nel letto quando mi sono svegliata. Preparerò quelli alle noci, però, le gocce di cioccolato te le scordi, codarda. Stai tranquilla che non me lo dimentico come te la sei svignata lasciandomi in questa situazione assurda! Che c’è? Paura delle conseguenze? Ed ora non scappare a piagnucolare in un angolo, l’hai iniziata tu questa storia. Abbi almeno la decenza di rimanere a guardare la fine.

Il campanello suona e vado ad aprire la porta, è arrivato in perfetto orario, mentre i biscotti erano in forno l’ho chiamato, gli ho detto di venirsela a riprendere, che le ho parlato, che si è calmata e che ora è tutto a posto.
Ho mentito, ma lui mi piace, mi piace davvero, è parte della mia vita, abbiamo sempre suonato insieme, siamo sempre stati meravigliosi insieme, gli archi più affiatati della storia. Perfetta armonia di suoni e vite: io per lui e lui per me, sempre.
Poi c’è Angela, la mia vita, e il rischio che mi hai fatto correre non intendo correrlo mai più, sono sempre troppo distratta per avere segreti.
Tu rimani nella mia testa, rimani a guardarli mentre si abbracciano chiedendosi perdono. E piangi, mentre io sorrido lieve, perchè a me sta bene così, perché questo corpo è mio, perché l’unico desiderio che conti è il mio, e mentre piangi, misera ombra che mi infetta la mente, afferro uno dei biscotti appena usciti dal forno. Li senti? Quel calore, quel profumo, insinuarsi lentamente nella pelle, unica cosa reale al di sotto della fenditura che ci divide.

  
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