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Autore: Haley1994    26/02/2014    3 recensioni
In questa storia è presente un nuovo personaggio al posto di Cris. Si chiama Serena e avrà a che fare con il nostro Leone ma in qualche modo anche con un altro personaggio.
Aspetto le vostre recensioni! Watanka :D
***
Watanka. Che cos’è? Watanka. Nessuno lo sapeva. Nessuno tranne il leone.
***
Il dottor Carlo mi guardava negli occhi. Eravamo alla scrivania assegnata al medico di turno. Non smetteva di guardarmi.
...
“Queste cose in facoltà non ce le insegnano.. dobbiamo impararle sul campo”
Annuisco.
“Il mio cuore sta peggiorando vero?” Domando torturandomi le mani.
“Purtroppo sì..
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Watanka. Che cos’è? Watanka. Nessuno lo sapeva. Nessuno tranne il leone. Lui diceva che era una specie di formula magica. Una sorta di buon augurio. Un qualcosa che potesse spingere ad andare avanti.. come il coraggio. E qui, in questo posto, di coraggio bisognava averne.
Il nostro leone, o meglio, Leo, stava qui ormai da più di un anno. Era in un posto immerso nel verde, poco lontano dalla costa.
Un ospedale.
Un ospedale diverso da tutti gli altri, con un campo da basket sul tetto e il profumo del mare. Pieno di vita. Di storie da raccontare. Proprio come nelle favole. Proprio come nella vita.
 
Leo è un veterano qui dentro. È un tipo forte, pieno di coraggio e con la corazza dura. Se l’era costruita dopo essere entrato in ospedale. Dopo che la sua mamma l’aveva lasciato. Dopo che a poco a poco il male che aveva dentro, oltre a fargli perdere tutta la sua criniera, gli aveva portato via anche la sua gamba.
Il leone ora era pelato e storpio ma ruggiva ancora. Niente l’avrebbe fermato. Neanche quella carrozzella che ormai era parte di lui. Anzi, aveva imparato ad apprezzarla.. e a conoscerne i segreti per andare sempre più veloce. Per correre.
Leo non era solo in quell’ospedale. Oltre ai mille pazienti, il nostro leone fece amicizia con Nicola.
Nicola aveva più di settant’anni ma era diventato un punto di riferimento per il ragazzo. Era il suo mentore.
Rocco, invece, era un bambino di undici anni ed era in coma da otto mesi. Quel bambino era avvolto da chissà quale magia. Era lì, muto, immobile ma era VIVO. Lui faceva parte ormai della vita di tutti in quell’ospedale. Molti andavano da lui per parlare e anche se non ottenevano risposta, quando se ne andavano, si sentivano meglio. Si sentivano più forti. Si sentivano capiti. Anche Leo andava da Rocco. Ci parlava. Lo guardava. A volte gli stringeva le mani. E nel suo cuore si augurava che il bambino aprisse gli occhi.
Leo aveva anche un’altra amica in quell’ospedale speciale.
Leo aveva Serena..
 
Il dottor Carlo mi guardava negli occhi. Eravamo alla scrivania assegnata al medico di turno. Non smetteva di guardarmi.
“Carlo.. io..”  tentai di parlare ma ero frenata. Tutto quello che avevo in testa era solo confusione.
“Lo so, Serena..” Abbassò lo sguardo.. sconfitto.  
“Queste cose in facoltà non ce le insegnano.. dobbiamo impararle sul campo”
Annuisco.
“Il mio cuore sta peggiorando vero?” Domando torturandomi le mani.
“Purtroppo sì.. però devi stare tranquilla.. con il bypass potrai stare bene per un po’ di tempo” disse cercando di tranquillizzarmi.
“Per quanto?”
“Qualche mese.. fino anche non troveremo un donatore”
Guardai il dottor Carlo. Aveva le occhiaie. Quante volte l’ho visto fare il turno di notte e mentre era lì, studiava in continuazione le nostre cartelle. Voleva imparare. Imparare sempre di più..per aiutarci.
Altre volte invece era impegnato a coprire i guai che combinavamo io e Leo.
Leo..
Il leone..
In quel momento ricordai quando lo incontrai per la prima volta.
 
Sono da soli due giorni in questo ospedale e già dovevo tornare a studiare. Già, a scuola. In questo ospedale, per non farti rimanere indietro con il programma, c’è un’area studio. Ci sono un sacco di aule, tutte colorate.
Io stavo seguendo la traduzione della professoressa su una poesia di Leopardi, “Le ricordanze”. Era un palla assurda e non capisco come alla tipa davanti a me potesse piacere una cosa lagna del genere.
A distrarmi dai miei pensieri.. una voce..
 Con la coda dell’occhio vidi un ragazzo senza capelli.
“Senta prof, tutta questa matematica mi mette ansia! La farò dopo, con calma eh? Sennò finisce che comincio ad agitarmi.. mi viene l’ansia.. mi ammalo e torno in ospedale no?”.
Il ragazzo fece ridere i due ragazzi nell’aula con lui.
“Hai finito? Leo, dove sono le tue dispense?”
Domandò la professoressa di italiano mentre il ragazzo, Leo, entrò nella nostra classe.
“Le ho dimenticate prof!” disse, dopo aver cercato in qualche tasca.
Aveva l’aria da furbo e di chi sa quel che vuole.
“Eh, e adesso?” disse la professoressa..
“Seguo con… con lei!”
Alzai lo sguardo e vidi che stava puntando il dito contro di me.
“Va bene” e riprese la parafrasi della poesia.
Spostai il mio foglio al centro per fargli vedere dove eravamo rimasti.
“Sei nuova?”
“Sono qui da un paio di giorni”
“Ecco perché non ti ho mai vista”
Il mio occhio cadde sulla sua gamba. O meglio, sul fatto che non ce l’avesse.
Leo era su una sedia a rotelle. Era senza una gamba.
“Volevi sapere se mi fa male?”
“No io non..”
“Ho visto che la guardavi..”
Disse, indicando la sua gamba con lo sguardo.
“No, la guardavo perché.. non lo so nemmeno io.. ti fa male?”
No. E a te? ..fa male?”
“Cosa?”
“Il tuo male. Fa male?”
“E quale sarebbe il mio male?”
“Be’, non so,.. provo ad indovinare”
“Leo!Serena! Se non volete seguire, davvero, andate fuori!” ci rimproverò la professoressa.
“Scusi prof! Leopardi all’ospedale, è proprio una cattiveria eh!” disse scatenando le risate di tutta la classe.
“Addirittura  qui in libreria lo vendono con dentro le lamette! Così se uno se lo legge, ed intanto si taglia direttamente le vene!” continuò Leo facendo ridere tutti ancora di più.
“Ok, ma ti conviene stare attento perché dopo..ti interrogo” disse rassegnata.
Leo tornò a guardarmi.
“Allora provo ad indovinare”.

Prese un foglio e lo girò. Cercò dentro il mio astuccio e ne tirò fuori un pennarello rosso.
Scrisse «polmoni». Iniziai ad agitarmi. L’ansia iniziò a pervadermi. Deglutii a fatica mentre cancellai la scritta. Lui ci riprovò.
«Cuore».
“Questo gioco non mi piace”
“Oh come siamo delicati signorina..”
“Non sapevo che quelli amputati diventavano cattivi”
“Io ero cattivo pure prima” disse con sarcasmo.
“E anche un po’ stronzo”.

Sorrisi a quel ricordo. Consapevole che, indipendentemente da quale sia il mio destino, quest’ospedale mi cambierà la vita.
“Che c’è Sere?” Domandò il dottor Carlo riportandomi alla realtà.
“C’è che da oggi cambierà tutto. Me lo sento”
  
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