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Autore: Leanansidhe363    26/02/2014    3 recensioni
Sherlock e John sono stati insieme per dieci anni. Sei dei quali come una coppia sposata. Sull'orlo di un brutto divorzio, Sherlock ha un incidente e l'ultima cosa che ricorda è diciotto mesi prima, proprio prima che il suo matrimonio cominciasse a cadere a pezzi. John ora è di nuovo fidanzato e sta cercando di rifarsi una vita. Ma, come al solito, nulla è come sembra con il Consulente Investigativo e la coppia si rende conto troppo tardi che l'amore potrebbe essere la dipendenza più letale di tutti.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Salve.Avevo pubblicato questa storia con il mio account,ma non avevo letto che dovevo farlo con l'account dell'autrice,quindi ci riprovo XD Ringrazio chi aveva recensito la storia,mi dispiace che nel cambio di account la recensione sia andata persa :(  Mi sono imbattuta in questa stupenda fic che mi ha spezzato il cuore,e volevo condividerla con quante più persone possibili.Il mio inglese è un po' approssimativo (come pure la mia grammatica,in realtà XD ),quindi il risultato non sarà perfetto,ma dato che nessun'altro la stava traducendo non ho potuto esimermi :) La fic è una work in progress,per ora sono stati pubblicati 8 capitoli.Per chi volesse leggere il lavoro originale in inglese,questo è il link:
http://archiveofourown.org/works/708212/chapters/1308236

Farò del mio meglio per aggiornare quanto prima,penso di pubblicare un nuovo capitolo ogni 2-3 giorni circa.Scusate se mi sono dilungata,buona lettura,e preparate i fazzoletti :)


 

Capitolo 1 : Prologo

 

"John," Sherlock sospirò: "Non essere melodrammatico. Non è proprio la tua zona. "Erano nel bel mezzo di un altro vivace scambio di opinioni. Qualcosa di frequente in modo allarmante e odiosamente banale. Stavano litigando come una vecchia coppia sposata. Beh, in realtà stavano litigando come una relativamente nuova coppia sposata. Sei anni, in effetti. Amanti per otto. Amici per dieci. E stava tutto cadendo a pezzi.
Loro non litigavano più per le dita in frigorifero o colonne vertebrali nella lavastoviglie, questa era la loro versione di lite domestica, e John si era da tempo abituato ad essa. Loro litigavano per cose che Sherlock non riusciva a capire, come ad esempio perché non andava bene che lui si facesse prendere da un impeto di gelosia possessiva ogni volta che una donna sorrideva a John. Il medico aveva detto che si trattava di una questione di fiducia e che Sherlock, dopo tutti questi anni, dovrebbe sapere fottutamente bene che John non era interessato a nessuno, se non a lui. 
 John sapeva che Sherlock era possessivo e ossessivo e geloso ed esigente e irragionevole. Aveva detto al medico tutto questo la prima notte che avevano dormito insieme. Raggomitolati nudi nelle lenzuola del letto di John, le dita trascinate leggermente sopra le costole di John, aveva tranquillamente spiegato che questo avrebbe cambiato tutto. Che John non era più al sicuro. Che Sherlock stava per rovinare la sua vita. 
John aveva riso di quell’avvertimento, uno sbuffo di fiato espulso contro la clavicola di Sherlock. Un sorriso che ha riscaldato il detective dalla testa ai piedi. John aveva roteato gli occhi e aveva detto che se due anni di occhi in vasetti di marmellata e sporadici attacchi sibilanti di noia pura non lo avevano fatto scappare, era abbastanza fiducioso che neanche un orgasmo spettacolare aveva intenzione di farlo. John era così dannatamente intelligente rispetto agli idioti intorno a loro, un così bravo dottore. Così empatico e gentile e aperto e accogliente.
E si era sbagliato. Sherlock aveva sempre saputo che si era sbagliato. Sapeva che l'unico modo per restituire la gentilezza sarebbe allontanarsi, rifiutare quel calore. Lasciare libero John di condividere quel calore con qualcuno che non l’avrebbe succhiato fuori di lui in un vortice di freddo e di pazzia e sociopatia. Ma Sherlock era egoista e avido e disperatamente innamorato dell'uomo tra le sue braccia. Non poteva sopportare di lasciarlo andare. Anche se l’avrebbe rovinato. Anche se avrebbe rovinato entrambi.
Ora John si trovava in cucina, la mano pericolosamente vicino ad un esperimento di Sherlock e sbraitava di come era un cazzo di uomo adulto cresciuto e di come aveva bisogno di smettere di agire come un bambino petulante quando John  aveva osato parlare con la bella cameriera al caffè in fondo alla strada. C'era sarcasmo pesante sulla sua lingua e Sherlock sentì quel tocco familiare di gelosia nel suo intestino quando ha ricordato il modo in cui lei stava guardando John. Era lo stesso modo in cui Sherlock guardava John, quindi non c'era modo che il dottore avrebbe potuto perdere la natura apertamente sessuale dello sguardo e non aveva fatto nulla per fermarlo. Si era solo seduto lì lasciando che la ragazza lo spogliasse con gli occhi. E’ stato fastidioso. 
 
I loro litigi peggiori e più frequenti erano sul fatto che Sherlock avvelenava il suo sangue con cinque o sei cerotti alla nicotina per volta. John avrebbe enfaticamente affermato che era un dannato medico che Dio lo maledica e forse Sherlock si doveva fidare su questa cosa. Sherlock avrebbe risposto in modo calmo e ragionevole che almeno non era coca o eroina e che sarebbe stato disponibile a scambiarli con queste se John era davvero sconvolto dai cerotti. John sarebbe poi diventato un po’ pallido e poi un po' verde e poi avrebbe urlato che infilarsi il veleno nel naso o nelle vene non era quello che voleva nemmeno ("tu egoista stupido fottuto coglione!").
John aveva sempre rifiutato, nel profondo del suo essere, di capire che alla base di tutto, sotto la brillantezza e l'eleganza e la bellezza, Sherlock era a un piccolo passo dal farsi. Aveva trascorso la sua tarda adolescenza e i primi venti anni  con più diacetylmorfina nelle vene che sangue e si era quasi ucciso due volte. John voleva credere il meglio di Sherlock e si rifiutava di accettare che il meglio non era un gran che. 
Sherlock aveva preso un cc di troppo in due diverse occasioni (diciannove e ventisei anni, rispettivamente) e suo fratello era stato quello che aveva ripulito entrambi i pasticci. Mycroft lo aveva messo in riabilitazione intensiva e lo aveva tenuto fuori di prigione. Sherlock si era risentito terribilmente per questo. Un buon fratello avrebbe solo colto il suggerimento e l’avrebbe lasciato morire. Era quello che Sherlock aveva voluto in quel momento. Quando poteva ancora sentire, così come pensare. Prima di diventare un sociopatico per pura necessità. Ogni respiro faceva male quando poteva sentire il dolore degli altri, così come leggere nelle loro contrazioni ogni minuto. L'empatia era inutile; offuscava i suoi sensi e rendeva difficile filtrare i dati rilevanti dal sentimento inutile. L’aveva cancellata.
Sherlock sapeva quello che faceva a John quando gli sentiva dire cose del genere, all'uomo che era stato ammutolito e inorridito e poi forse un po’ malato leggendo la cartella clinica di Sherlock durante una loro crisi una notte su insistenza del detective. Aveva quasi sperato che John avrebbe visto che lui non andava in alcun modo bene per il medico e che era una questione di tempo affinché Sherlock lo avrebbe fatto a pezzi. Per John e Sherlock minacciare di mettersi un ago nel braccio era abbastanza simile a minacciare di mettersi una pistola alla testa. Era un bastardo a farlo, ma aveva bisogno di cerotti ed era l'unico modo per farlo capire a John. John era l'unica cosa al mondo che Sherlock amava. Anche se gli faceva passare un inferno inimmaginabile. 
A volte, i litigi diventavano così violenti che si dicevano cose terribili gli uni agli altri e soffrivano in silenzio per giorni. Quando John era esploso su come Sherlock non amava neanche se stesso, come diavolo si aspettava di amare John e Sherlock aveva risposto con un tagliente sbraitare su come non aveva mai fottutamente chiesto a John di amarlo. Come era meglio prima che John lo amasse, come lo erano entrambi, John era diventato molto calmo e molto stanco ed aveva tranquillamente salito le scale verso quella che era stata la sua camera da letto e chiuse la porta e si rifiutò di piangere davanti a Sherlock. Sherlock si era seduto fuori dalla porta, con le spalle al muro, e ascoltava i respiri irregolari e qualche tirata su col naso e considerava che questo era quello che voleva dire distruggere qualcosa di bello.
Non aveva mai amato tanto John come in quei momenti in cui gli faceva veramente del male. Il primo litigio era stato una diga. Avevano discusso prima, e Sherlock aveva chiesto scusa. Ma la prima volta che aveva infilato un coltello metaforico nelle budella di John - cinque anni dopo che avevano deciso di fare questa cosa pazzesca tra di loro giuridicamente vincolante - era stato sconsiderato e distratto e aveva cancellato la conversazione in corso che aveva portato a gridare che aveva portato a urlare che aveva portato a John che sbatteva la porta dietro di sé e trascorreva i prossimi due giorni con la sorella. Ma si era finalmente conficcato dentro di lui che John era bello e gentile e luminescenti e perfetto e Sherlock stava per estinguerlo.
Stava, per quelle ore molto lunghe durante le quali John sedeva nella sua vecchia camera da letto mentre si sentiva distrutto, seduto sul lato opposto torcendo la fede nuziale d'oro al dito anulare sinistro e sentiva le incisioni all’interno raschiare accusatorie sulla sua pelle. Ciò che ci sopravvivrà è l'amore. Era l'iscrizione che John aveva scelto per lui. Una citazione di Philip Larkin che Sherlock avrebbe pure potuto tatuarsi sul suo fottuto cuore. Un giorno, quando la sua mente brillante, infine, avrebbe attraversato il confine che porta alla completa follia, Sherlock avrebbe dimenticato il suo nome e dimenticato la voce di John, ma non avrebbe mai dimenticato quelle parole.
Il giorno che John aveva preparato i bagagli e gettato la chiave sul tavolo e lo aveva lasciato, Sherlock aveva giaciuto sul divano per diciassette ore e non si era più mosso. Né quando John era uscito dalla porta, né dopo. Lui non aveva risposto al telefono, non aveva mangiato, non aveva nemmeno dormito. Aveva solo fissato il soffitto e girato il suo anello sul suo dito, distrattamente. Ciò che sarebbe loro sopravvissuto era l'amore. John l’aveva scolpito nell’oro e avvolto intorno al suo dito, e John non mentiva. Doveva essere vero. 
 

  
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