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Autore: Tomi Dark angel    26/02/2014    8 recensioni
Mi chiamo John Watson e vivo a Londra. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di piogge torrenziali. Si trova esattamente sul meridiano della miseria. La mia città, in una parola è… solida. (...) L’unico problema sono le infestazioni: in alcuni posti hanno topi o zanzare. Noi invece abbiamo… i draghi.
Johnlock
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti. No, non mi sono presentato, e di certo mi pare maleducato rifiutarmi di farlo. Mi chiamo John Watson. Sì, avete letto bene: nome comunissimo, altrettanta comunissima vita in una comunissima città. Bene, fantastico. O forse non è propriamente così. Insomma, c’è un motivo che mi spinge a scrivere qui. Ho bisogno di raccontare, così come voi necessitate di sapere. La mia è una storia un po’… curiosa. Ma chi non direbbe così, trattandosi di faccende personali? Chiunque cerca di rendersi interessante, chiunque vorrebbe attirare l’attenzione. Io non sono mai stato così, ma credetemi se vi dico che questa… sì, questa storia è diversa. Questa è la mia vita, questa è la storia di come sono morto e infine rinato tra le zampe, o le mani, della più maestosa delle creature.
Vivo a Londra. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di piogge torrenziali. Si trova esattamente sul meridiano della miseria. La mia città, in una parola è… solida. Ed è qui da parecchio, a giudicare dalle numerose storie di guerre barbariche, invasioni e battaglie che hanno condotto all’edificazione di tutti questi edifici ultramoderni e altrettanto resistenti. In effetti, sono tutti piuttosto nuovi. Abbiamo gli autobus, il palazzo reale, il Big Ben e un magnifico tramonto. L’unico problema sono le infestazioni: in alcuni posti hanno topi o zanzare. Noi invece abbiamo…


Dragon Trainer


-I DRAGHI!!!-
Qualcuno urla in lontananza, ripete le stesse parole fin quasi allo sfinimento delle corde vocali. È un istante, un battito di ciglia: il cielo si oscura velocemente mentre qualcosa di immenso lo copre di una massa di scaglie e artigli micidiali. No, non è uno… sono più creature.
La gente scappa, grida impazzita e come formiche in fuga verso il formicaio sicuro, si rifugia negli edifici più solidi nella speranza che questi reggano, che mantengano quel brandello di speranza per la sopravvivenza. Se le mura crollano, è la fine.
I bambini gridano, uomini armati sbucano dai vicoletti, abbandonano le postazioni di sorveglianza con la paura negli occhi e false voci di coraggio sulle labbra. Nessuno si sente al sicuro, nessuno lo è dall’era antica, ormai. La morte cala di continuo, piove dall’alto e si porta via uomini, donne e bambini, senza distinzioni d’età o razza. Non risparmia nessuno, non guarda in volto coloro che hanno perso familiari e amici a causa sua.
E adesso, la morte attacca di nuovo.
Membrane gigantesche d’ali traslucide oscurano il cielo, ruggiti talmente possenti da scuotere di minuscoli terremoti ogni singolo palazzo riempiono l’aria. Draghi. Bestie magnifiche, gigantesche, armate d’artigli e squame taglienti. Migliaia di razze diverse, chi con due teste, chi col muso più corto, chi ancora con la coda irta d’aculei. Tutte distinzioni, tutti micidiali armi di distruzione.
Ed è lì, tra i militari che puntano fucili e svariate armi da fuoco al cielo, che sbuca un uomo. Giovane, con una massa scompigliata di capelli biondo cenere, gli occhi di un azzurro sgargiante che spiccano inquieti sul viso sporco e coperto di tagli e lividi. Avanza zoppicando, la mano stretta a un bastone, ma conosce bene la sua meta. È zoppo, ma non stupido.
I militari non andranno da nessuna parte con quelle stupide armi da fuoco. Nonostante i mirini luminosi, è notte, e i draghi non sempre hanno le squame chiare e lucenti. Alcuni possiedono la pelle coriacea e scura, impossibile da vedere e da colpire al buio. Oltretutto, sono incredibilmente resistenti e l’unico modo per abbatterli è colpire le ali con qualcosa di pesante.
John cade, si rialza faticosamente dalla polvere e dal fango. Ha le mani sporche di sangue. Qualcuno gli urla di tornare a casa, di rifugiarsi, ma non può farlo: è un soldato, lo è sempre stato e come tale morirà se dovrà morire. Riprende a zoppicare affaticato, la ferita alla spalla bruciante come fuoco. Digrigna i denti ma non si ferma: raggiunge un edificio disabitato ma piuttosto in alto. È rischioso salire, si esporrebbe al fuoco nemico… eppure, deve farlo. Lì c’è il suo lavoro, l’unica possibilità di abbattere un drago con metodi antichi, utilizzati dagli antichi vichinghi.
Sale le scale, aggrappato al corrimano per combattere il peso morto della gamba che si trascina dietro. Striscia, stringe i denti. Le mani si sbucciano contro il ferro rovente del corrimano. Forse qualche drago l’ha scaldato all’inizio dell’attacco. Ma anche questo dolore è sopportabile, e John quasi se ne dimentica quando raggiunge il terrazzo e oltrepassa la porta ormai ridotta in cenere.
È uno spettacolo bellissimo è terribile quello che gli si para dinanzi: gigantesche bestie ruggenti, con enormi code che scudisciano, colpiscono anche solo di striscio il palazzo più vicino e lo abbattono con la facilità di un castello di carte. In lontananza, alcuni draghi piombano dall’alto, talmente veloci che è quasi impossibile vederli e risalgono in cielo in ampie spirali, stringendo tra gli artigli povere vittime urlanti, per le quali c’è ben poco da fare.
-Coraggio, John.-
John raggiunge la catapulta, ne accarezza il metallo ormai rovente che all’istante gli ustiona la mano. È un meccanismo complesso, che ha richiesto mesi di studi e l’aiuto di Molly Hooper e Mike Stamford per essere costruito, ma il risultato è eccezionale: un intreccio di ferro, legno e rame che uniscono due tenaglie a una grossa rete di acciaio legata a dei pesi massicci.
John siede alla postazione di lancio, chiude un occhio e mira al cielo. Attende in pace, appellandosi alla calma serafica del soldato, ascoltando i suoi stessi battiti cardiaci e il respiro tranquillo del guerriero che è sempre stato in lui. Non teme le fiamme dei draghi, non teme il mondo che poco a poco gli crolla intorno.
Semplicemente, attende. L’ha fatto per una vita, continuerà a farlo se necessario. Ma alla fine, anche il suo momento arriva.
Un lampo oscuro, fruscio d’ali enormi che tagliano il vento a una velocità spaventosa.
John fa scattare i meccanismi, la rete spicca il volo sibilando minacciosa, i pesi massicci talmente grossi da poter abbattere un camion senza sforzo semplicemente schiantandovisi contro. John non lo vede subito, ma la rete incappa in qualcosa.
Qualcosa di enorme, più grosso degli altri draghi, incespica in aria, sbatte le ali in lontananza e sfonda un palazzo nel tentativo di usarlo come rampa di lancio per riassestare la traiettoria di volo. Fallito il tentativo, il drago crolla insieme a quello stesso palazzo, emettendo un ruggito intriso di disperazione quasi umana, che fa accapponare la pelle di John. Eppure, l’ex soldato è sicuro di ciò che ha visto: di draghi neri ne esiste un’unica razza, un solo esemplare forse in tutto il mondo. La più potente delle bestie, la più pericolosa, talmente veloce che nessuno l’ha mai vista: la Furia Buia.
 
-John, dannazione! Potevi farti ammazzare, lo sai?- grida Lestrade, inferocito.
John lo capisce, sa bene di aver corso un rischio salendo su quel terrazzo, così come sa che agli occhi dei suoi stessi ex commilitoni lui è ormai nient’altro che uno scarto, un rimasuglio della grande battaglia che quasi distrusse totalmente Londra e che lui, John, pagò con la zoppia eterna e l’espulsione dall’esercito.
Un tempo era un grande, il miglior uccisore di draghi. Adesso, non è più niente.
-Lo so, Greg.- risponde pacato, portandosi alle labbra la tazza sbeccata di the fumante che gli ha preparato la signora Husdon, la padrona di casa. È sempre stata sua amica, ma da due anni a quella parte è nient’altro una delle tante persone che lo trattano come un infermo, una bomba a orologeria pronta a esplodere nella follia più nera. A volte, John si chiede chi la gente tema di più, tra lui e i draghi.
-Lo dici tutte le volte, ma non mi dai ascolto! Non lo fai mai!- abbaia Greg, dando un pugno al muro. John apre il giornale bruciacchiato davanti al viso e nasconde il sorriso malcelato che poco a poco gli stira le labbra. Non ha intenzione di dirgli dell’accaduto, non parlerà della Furia Buia. Ma quando tornerà a casa con la testa del bestione alle spalle, allora dovranno riconoscerlo e lo stesso Greg tornerà a guardarlo con occhi nuovi. È l’opportunità di una vita, è la possibilità che ha sempre aspettato.
Attende in silenzio che Greg se ne vada, poi scatta in piedi e, afferrato il bastone, si precipita giù per le scale consumate dalle fiamme, oltre la porta sradicata, verso il suo futuro. Attraversa le strade deserte a testa bassa, sfilando come unica anima in pena tra i fumi e i cadaveri della devastazione. C’è silenzio, c’è morte. Di qui sono passati i draghi.
Da qualche parte, una donna piange. Poco lontano, un uomo si lamenta. Sangue, silenzio, giudizio del domani che poco a poco sopprime vite e ne risparmia altre. È il cerchio della vita, ma i draghi non dovrebbero farne parte.
John incespica e per poco non cade: una grossa squama color smeraldo giace abbandonata al suolo. John penserebbe che è bellissima se non appartenesse al più spietato degli assassini. Non ha mai guardato veramente un drago, non ha mai fissato in viso la furia omicida di quelle bestie senza pace, senza pietà. I draghi ammazzano, i draghi l’anima non ce l’hanno.
John avanza ancora, scavalca faticosamente le macerie di tanti palazzi distrutti e troppi corpi abbandonati al suolo. Maledice la sua stessa gamba, ma non si ferma. Lo ricorda bene, la Furia Buia dovrebbe trovarsi proprio lì: quei ruderi abbattuti sono gli stessi che il bestione si è trascinato dietro cadendo. Non è possibile che si sia rialzato… o sì? No, i militari l’avrebbero visto volare via, per quanto fosse possibile con quei pesi addosso.
John calpesta le macerie, si inerpica sbuffando tra di esse. Le unghie si spezzano, le ferite alle mani bruciano da morire, ma John non si ferma. Un passo, poi un altro. Deve cercare, deve trovare. La sua possibilità di riscatto è lì.
Il piede scivola, John rotola rovinoso sul vetro di finestre infrante e macerie affilate che incidono la carne, la graffiano, la lacerano di ferocia animale. Ma qualcosa di liscio passa sotto la sua mano, lo protegge per qualche istante dal dolore e lascia che urti il suolo con minor ferite di quante potrebbe trovarsene addosso. Quando John, ancora stordito, leva lo sguardo, lo posa su una grossa ala traslucida. Nera.
-Furia Buia…- sibila, indietreggiando velocemente. Ed è nello stesso istante che l’ala si muove, solleva la sua gigantesca massa chilometrica per scansare quasi infastidita la metà delle macerie. È un’ala gigantesca, di quelle che ricoprirebbero metà del mondo per abbracciarlo e chiuderlo in una cappa di oscurità. Eppure… c’è qualcosa di diverso. John non ha mai visto un drago da vicino, ma quell’ala non è esattamente come la immaginava.
La membrana è sottile, percorsa da profondi riflessi di zaffiro. Pare venata di prezioso splendore e luminosità nascosta che s’inerpica tra le ossa sottili che separano le larghe vele dell’ala spiegata, su fino all’osso massiccio quanto la testa di John stesso. È… bellissima.
Ma la vera sorpresa giunge dopo, quando le ultime macerie si scansano e poco a poco rivelano il proprietario dell’ala maestosa e ricoperta di ferite.
Si sarebbe aspettato di tutto, tranne quello.
E mentre il mondo pare capovolgersi, sconvolgere ogni suo equilibrio di purissima logicità, davanti agli occhi dell’ex soldato una nuova realtà lascia cadere i suoi veli, scopre la raccapricciante novità che nessuno, umano o onnipotente Dio, avrebbe mai potuto concepire.
 
Angolo dell’autrice:
Dunque, parliamone. Sì, sono impazzita, non voglio negarlo. Come al solito, il mio cervello lavora per fatti suoi e i personaggi fanno lo stesso… per la miseria. Ammettendo che ho voluto intrecciare Dragon Trainer, uno dei miei film preferiti, con lo splendido Sherlock e… il risultato è un disastro. TA DAAAAAA!!! Ma! Signori e signori, oggi abbiamo una grande offerta! Al costo di una recensione, che includa anche insulti o minacce di morte, avrete la possibilità di vincere la gamba ferita di John! No, il resto è rimasto alla BBC, altrimenti non possono riciclare l’attore in una delle prossime serie tv… ma accontentatevi della gamba, su! A prestissimo per il prossimo (disastrosissimo) capitolo!!!
Tomi Dark AngelSalve a tutti. No, non mi sono presentato, e di certo mi pare maleducato rifiutarmi di farlo. Mi chiamo John Watson. Sì, avete letto bene: nome comunissimo, altrettanta comunissima vita in una comunissima città. Bene, fantastico. O forse non è propriamente così. Insomma, c’è un motivo che mi spinge a scrivere qui. Ho bisogno di raccontare, così come voi necessitate di sapere. La mia è una storia un po’… curiosa. Ma chi non direbbe così, trattandosi di faccende personali? Chiunque cerca di rendersi interessante, chiunque vorrebbe attirare l’attenzione. Io non sono mai stato così, ma credetemi se vi dico che questa… sì, questa storia è diversa. Questa è la mia vita, questa è la storia di come sono morto e infine rinato tra le zampe, o le mani, della più maestosa delle creature.
Vivo a Londra. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di piogge torrenziali. Si trova esattamente sul meridiano della miseria. La mia città, in una parola è… solida. Ed è qui da parecchio, a giudicare dalle numerose storie di guerre barbariche, invasioni e battaglie che hanno condotto all’edificazione di tutti questi edifici ultramoderni e altrettanto resistenti. In effetti, sono tutti piuttosto nuovi. Abbiamo gli autobus, il palazzo reale, il Big Ben e un magnifico tramonto. L’unico problema sono le infestazioni: in alcuni posti hanno topi o zanzare. Noi invece abbiamo…
Dragon Trainer
-I DRAGHI!!!-
Qualcuno urla in lontananza, ripete le stesse parole fin quasi allo sfinimento delle corde vocali. È un istante, un battito di ciglia: il cielo si oscura velocemente mentre qualcosa di immenso lo copre di una massa di scaglie e artigli micidiali. No, non è uno… sono più creature.
La gente scappa, grida impazzita e come formiche in fuga verso il formicaio sicuro, si rifugia negli edifici più solidi nella speranza che questi reggano, che mantengano quel brandello di speranza per la sopravvivenza. Se le mura crollano, è la fine.
I bambini gridano, uomini armati sbucano dai vicoletti, abbandonano le postazioni di sorveglianza con la paura negli occhi e false voci di coraggio sulle labbra. Nessuno si sente al sicuro, nessuno lo è dall’era antica, ormai. La morte cala di continuo, piove dall’alto e si porta via uomini, donne e bambini, senza distinzioni d’età o razza. Non risparmia nessuno, non guarda in volto coloro che hanno perso familiari e amici a causa sua.
E adesso, la morte attacca di nuovo.
Membrane gigantesche d’ali traslucide oscurano il cielo, ruggiti talmente possenti da scuotere di minuscoli terremoti ogni singolo palazzo riempiono l’aria. Draghi. Bestie magnifiche, gigantesche, armate d’artigli e squame taglienti. Migliaia di razze diverse, chi con due teste, chi col muso più corto, chi ancora con la coda irta d’aculei. Tutte distinzioni, tutti micidiali armi di distruzione.
Ed è lì, tra i militari che puntano fucili e svariate armi da fuoco al cielo, che sbuca un uomo. Giovane, con una massa scompigliata di capelli biondo cenere, gli occhi di un azzurro sgargiante che spiccano inquieti sul viso sporco e coperto di tagli e lividi. Avanza zoppicando, la mano stretta a un bastone, ma conosce bene la sua meta. È zoppo, ma non stupido.
I militari non andranno da nessuna parte con quelle stupide armi da fuoco. Nonostante i mirini luminosi, è notte, e i draghi non sempre hanno le squame chiare e lucenti. Alcuni possiedono la pelle coriacea e scura, impossibile da vedere e da colpire al buio. Oltretutto, sono incredibilmente resistenti e l’unico modo per abbatterli è colpire le ali con qualcosa di pesante.
John cade, si rialza faticosamente dalla polvere e dal fango. Ha le mani sporche di sangue. Qualcuno gli urla di tornare a casa, di rifugiarsi, ma non può farlo: è un soldato, lo è sempre stato e come tale morirà se dovrà morire. Riprende a zoppicare affaticato, la ferita alla spalla bruciante come fuoco. Digrigna i denti ma non si ferma: raggiunge un edificio disabitato ma piuttosto in alto. È rischioso salire, si esporrebbe al fuoco nemico… eppure, deve farlo. Lì c’è il suo lavoro, l’unica possibilità di abbattere un drago con metodi antichi, utilizzati dagli antichi vichinghi.
Sale le scale, aggrappato al corrimano per combattere il peso morto della gamba che si trascina dietro. Striscia, stringe i denti. Le mani si sbucciano contro il ferro rovente del corrimano. Forse qualche drago l’ha scaldato all’inizio dell’attacco. Ma anche questo dolore è sopportabile, e John quasi se ne dimentica quando raggiunge il terrazzo e oltrepassa la porta ormai ridotta in cenere.
È uno spettacolo bellissimo è terribile quello che gli si para dinanzi: gigantesche bestie ruggenti, con enormi code che scudisciano, colpiscono anche solo di striscio il palazzo più vicino e lo abbattono con la facilità di un castello di carte. In lontananza, alcuni draghi piombano dall’alto, talmente veloci che è quasi impossibile vederli e risalgono in cielo in ampie spirali, stringendo tra gli artigli povere vittime urlanti, per le quali c’è ben poco da fare.
-Coraggio, John.-
John raggiunge la catapulta, ne accarezza il metallo ormai rovente che all’istante gli ustiona la mano. È un meccanismo complesso, che ha richiesto mesi di studi e l’aiuto di Molly Hooper e Mike Stamford per essere costruito, ma il risultato è eccezionale: un intreccio di ferro, legno e rame che uniscono due tenaglie a una grossa rete di acciaio legata a dei pesi massicci.
John siede alla postazione di lancio, chiude un occhio e mira al cielo. Attende in pace, appellandosi alla calma serafica del soldato, ascoltando i suoi stessi battiti cardiaci e il respiro tranquillo del guerriero che è sempre stato in lui. Non teme le fiamme dei draghi, non teme il mondo che poco a poco gli crolla intorno.
Semplicemente, attende. L’ha fatto per una vita, continuerà a farlo se necessario. Ma alla fine, anche il suo momento arriva.
Un lampo oscuro, fruscio d’ali enormi che tagliano il vento a una velocità spaventosa.
John fa scattare i meccanismi, la rete spicca il volo sibilando minacciosa, i pesi massicci talmente grossi da poter abbattere un camion senza sforzo semplicemente schiantandovisi contro. John non lo vede subito, ma la rete incappa in qualcosa.
Qualcosa di enorme, più grosso degli altri draghi, incespica in aria, sbatte le ali in lontananza e sfonda un palazzo nel tentativo di usarlo come rampa di lancio per riassestare la traiettoria di volo. Fallito il tentativo, il drago crolla insieme a quello stesso palazzo, emettendo un ruggito intriso di disperazione quasi umana, che fa accapponare la pelle di John. Eppure, l’ex soldato è sicuro di ciò che ha visto: di draghi neri ne esiste un’unica razza, un solo esemplare forse in tutto il mondo. La più potente delle bestie, la più pericolosa, talmente veloce che nessuno l’ha mai vista: la Furia Buia.
 
-John, dannazione! Potevi farti ammazzare, lo sai?- grida Lestrade, inferocito.
John lo capisce, sa bene di aver corso un rischio salendo su quel terrazzo, così come sa che agli occhi dei suoi stessi ex commilitoni lui è ormai nient’altro che uno scarto, un rimasuglio della grande battaglia che quasi distrusse totalmente Londra e che lui, John, pagò con la zoppia eterna e l’espulsione dall’esercito.
Un tempo era un grande, il miglior uccisore di draghi. Adesso, non è più niente.
-Lo so, Greg.- risponde pacato, portandosi alle labbra la tazza sbeccata di the fumante che gli ha preparato la signora Husdon, la padrona di casa. È sempre stata sua amica, ma da due anni a quella parte è nient’altro una delle tante persone che lo trattano come un infermo, una bomba a orologeria pronta a esplodere nella follia più nera. A volte, John si chiede chi la gente tema di più, tra lui e i draghi.
-Lo dici tutte le volte, ma non mi dai ascolto! Non lo fai mai!- abbaia Greg, dando un pugno al muro. John apre il giornale bruciacchiato davanti al viso e nasconde il sorriso malcelato che poco a poco gli stira le labbra. Non ha intenzione di dirgli dell’accaduto, non parlerà della Furia Buia. Ma quando tornerà a casa con la testa del bestione alle spalle, allora dovranno riconoscerlo e lo stesso Greg tornerà a guardarlo con occhi nuovi. È l’opportunità di una vita, è la possibilità che ha sempre aspettato.
Attende in silenzio che Greg se ne vada, poi scatta in piedi e, afferrato il bastone, si precipita giù per le scale consumate dalle fiamme, oltre la porta sradicata, verso il suo futuro. Attraversa le strade deserte a testa bassa, sfilando come unica anima in pena tra i fumi e i cadaveri della devastazione. C’è silenzio, c’è morte. Di qui sono passati i draghi.
Da qualche parte, una donna piange. Poco lontano, un uomo si lamenta. Sangue, silenzio, giudizio del domani che poco a poco sopprime vite e ne risparmia altre. È il cerchio della vita, ma i draghi non dovrebbero farne parte.
John incespica e per poco non cade: una grossa squama color smeraldo giace abbandonata al suolo. John penserebbe che è bellissima se non appartenesse al più spietato degli assassini. Non ha mai guardato veramente un drago, non ha mai fissato in viso la furia omicida di quelle bestie senza pace, senza pietà. I draghi ammazzano, i draghi l’anima non ce l’hanno.
John avanza ancora, scavalca faticosamente le macerie di tanti palazzi distrutti e troppi corpi abbandonati al suolo. Maledice la sua stessa gamba, ma non si ferma. Lo ricorda bene, la Furia Buia dovrebbe trovarsi proprio lì: quei ruderi abbattuti sono gli stessi che il bestione si è trascinato dietro cadendo. Non è possibile che si sia rialzato… o sì? No, i militari l’avrebbero visto volare via, per quanto fosse possibile con quei pesi addosso.
John calpesta le macerie, si inerpica sbuffando tra di esse. Le unghie si spezzano, le ferite alle mani bruciano da morire, ma John non si ferma. Un passo, poi un altro. Deve cercare, deve trovare. La sua possibilità di riscatto è lì.
Il piede scivola, John rotola rovinoso sul vetro di finestre infrante e macerie affilate che incidono la carne, la graffiano, la lacerano di ferocia animale. Ma qualcosa di liscio passa sotto la sua mano, lo protegge per qualche istante dal dolore e lascia che urti il suolo con minor ferite di quante potrebbe trovarsene addosso. Quando John, ancora stordito, leva lo sguardo, lo posa su una grossa ala traslucida. Nera.
-Furia Buia…- sibila, indietreggiando velocemente. Ed è nello stesso istante che l’ala si muove, solleva la sua gigantesca massa chilometrica per scansare quasi infastidita la metà delle macerie. È un’ala gigantesca, di quelle che ricoprirebbero metà del mondo per abbracciarlo e chiuderlo in una cappa di oscurità. Eppure… c’è qualcosa di diverso. John non ha mai visto un drago da vicino, ma quell’ala non è esattamente come la immaginava.
La membrana è sottile, percorsa da profondi riflessi di zaffiro. Pare venata di prezioso splendore e luminosità nascosta che s’inerpica tra le ossa sottili che separano le larghe vele dell’ala spiegata, su fino all’osso massiccio quanto la testa di John stesso. È… bellissima.
Ma la vera sorpresa giunge dopo, quando le ultime macerie si scansano e poco a poco rivelano il proprietario dell’ala maestosa e ricoperta di ferite.
Si sarebbe aspettato di tutto, tranne quello.
E mentre il mondo pare capovolgersi, sconvolgere ogni suo equilibrio di purissima logicità, davanti agli occhi dell’ex soldato una nuova realtà lascia cadere i suoi veli, scopre la raccapricciante novità che nessuno, umano o onnipotente Dio, avrebbe mai potuto concepire.
 
Angolo dell’autrice:
Dunque, parliamone. Sì, sono impazzita, non voglio negarlo. Come al solito, il mio cervello lavora per fatti suoi e i personaggi fanno lo stesso… per la miseria. Ammettendo che ho voluto intrecciare Dragon Trainer, uno dei miei film preferiti, con lo splendido Sherlock e… il risultato è un disastro. TA DAAAAAA!!! Ma! Signori e signori, oggi abbiamo una grande offerta! Al costo di una recensione, che includa anche insulti o minacce di morte, avrete la possibilità di vincere la gamba ferita di John! No, il resto è rimasto alla BBC, altrimenti non possono riciclare l’attore in una delle prossime serie tv… ma accontentatevi della gamba, su! A prestissimo per il prossimo (disastrosissimo) capitolo!!!
Tomi Dark Angel
 
  
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