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Autore: Miss Loki_Riddle Gold    26/02/2014    2 recensioni
Non saprei come definirlo neanch'io e trovare qualcosa da dire per istigarvi a leggerlo mi sembra una missione impossibile, ma ci voglio provare. E' una storia nata camminando per le strade della mia città e tratta di una ragazza che si è persa nelle pieghe dell'esistenza stessa. Ho tentato di rimandarvi le emozioni di paura che prova lei... spero di esserci riuscita e che vi piaccia. E' la prima storia Originale che mi decido di pubblicare per cui, per favore, ditemi che ne pensate. Ovviamente accetto anche le critiche costruttive.
Ah, ultima cosa: sono presenti ripetizioni volute per dare effetto maggiore alle frasi, per dare enfasi alle situazioni.
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un sogno divenuto incubo

 
A volte ci si perde. A volte ci si perde per le vie di una città, a volte ci si perde per le piaghe dell’esistenza stessa. E’ in quei momenti che si inizia ad avere paura, ma poi si decide di non chiedere aiuto, si decide di andare avanti. Perché? A volte per pigrizia, a volte perché non si sa a chi chiederlo, a volte perché ci si vergogna, ma tante altre volte perché non c’è nessuno a cui chiederlo. Per questi o tanti altri motivi si decide di andare avanti, di percorrere la strada nel suo insieme, anche se se ne ha paura. Pian piano che si avanza la paura scema, smette di esserci o forse ce ne si abitua e non ci si accorge più della sua esistenza. E’ in quei momenti che ci si lascia andare al gusto della perdita. Che cos’è comunque perdersi se non il percorrere strade sconosciute, il non trovare più strade familiari, il non avere più un appiglio a cui aggrapparsi? E’ così che mi ritrovo io, mi sono persa. Mi sono persa nell’esistenza stessa della vita. Non so più cos’è vero e cosa non lo è. Non so più dove sono, cosa sto vivendo, chi sono. Non ho più idea del perché sono qui, ma cos’è qui comunque? Quando è iniziato? Non lo ricordo più. Forse la prima volta avevo dieci anni…
 
Mi ritrovo in un giardino. Un giardino bellissimo, rigoglioso. L’erba sembra brillare per quanto è verde, di un verde smeraldo. Sembra quasi ridere. Ridere alla vita, all’esistenza stessa, ma è impossibile. I prati non ridono, ne sono certa. Eppure quei tulipani rossi sembrano quasi messi apposta in quella posizione, sembrano quasi delle mezzelune, delle labbra. Quelle margherite, poi… ci giurerei che sembrano denti, se fosse possibile. Denti aguzzi, appuntiti. Denti pronti a morderti, a farti del male. Cerco di non pensarci, faccio un passo avanti.
Il prato sembra farsi rotondeggiante. Cado. Scivolo giù, verso quei fiori, ora divenuti denti. Mi sento rotondeggiante, tento di osservarmi, ma non ci riesco. Non so neanche più come si fa. Continuo a cadere, non riesco ad afferrare niente. Non mi sento neanche più gli arti. Scivolo, superando quella bocca. Scivolo di lato su quel volto che un tempo era un prato. Solo ora capisco cosa sono. Solo ora me ne rendo conto. Solo ora me ne accorgo, ora che è troppo tardi. Sono una goccia, sono una lacrima che si è staccata da una ciglia.
Splosh! Sono atterrata su qualcosa di morbido. Tento di alzarmi, ma non ci riesco. Mi sento schiacciato a terra, mi osservo attorno. Dei cuscinetti grandi ed incredibilmente lunghi, quasi delle salsicce si stanno chiudendo inglobandomi in loro. Salsicce verdi smeraldo. Non riesco a capire, mentre loro si abbassano chiudendosi ermeticamente.
Mi sento in gabbia. Sono in gabbia. Sono in una gabbia, una gabbia con le sbarre molto lunghe e sottili. Sbarre verdi, verde smeraldo. Sono in piedi, me ne accorgo solo ora. Alzo lo sguardo, ma non riesco a vedere la fine della cella. Strani oggetti mi piovono addosso, per lo più petali, petali di tulipano, o sono rose? Rose rosse? Sicuramente il colore è quello. Rosso fuoco. Rosso sangue. Ci sono anche dei foglietti bianchi che cadono. Non capisco. Perché? Una risata si alza, si leva rovinando il silenzio. Una risata che mi spaventa. Tento di fare un passo avanti, ma non ci riesco. Abbasso lo sguardo, ma tutto si fa sfocato.
Sono sdraiata. Come mai? Non lo so. Tento di alzarmi in piedi, ma non ci riesco. Non riesco a fare nulla. Vedo solo una luce, una lampada al neon è attaccata sopra di me ed io vedo solo quello. Una lampada lunga e larga, una lampada attaccata ad un muro bianco. Un bianco che mi spaventa. Non riesco a fare nulla. Qualcosa mi tiene legata polsi e caviglie. Qualcosa mi impedisce i movimenti. Tento di volgere lo sguardo, ma non ci riesco. Percepisco qualcosa di duro ai lati del volto. Qualcosa occupa la mia visuale. Un volto semi coperto da una mascherina bianca. una maschera che gli copre la parte inferiore del volto. Le labbra e parte del naso sono nascosti, ma se non lo fossero potrei vedere un sorriso deformargli il volto. Un sorriso che non gli arriva agli occhi. Sono quelli che mi colpiscono. Sono verdi, verdi smeraldo. Sono freddi come le lame che sembrano ferirmi.
Qualcos’altro occupa la mia visuale. Una mano coperta con un guanto verde. Una mano che stringe qualcosa, qualcosa di lungo e sottile. Un bisturi, un bisturi da cui scendono gocce rosse, rosse sangue. Sgrano gli occhi e tento di urlare, ma non ci riesco. Nessun suono esce dalle mie labbra se non un verso strozzato. Probabilmente qualcosa me lo impedisce, ma non so cosa sia. Non me ne accorgo, non lo capisco.
- Adesso tu dimenticherai e lo farai per me.- Sono le prime parole che sento. Tento di lottare, inutilmente. Lo so, ma non posso fare diversamente. Poi… tutto si fa dolore. 
   
 
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