+++ Prima Parte +++
Prologo
“Moriremo tutti”
Disse voltandosi, sorridendogli, in
fondo era esente da quel verdetto senza speranza
“ Bhe…questo è sicuro” fece una pausa guardandola negli occhi, gli
rivolse il suo stesso derisorio sorriso
“ …Quello che mi preoccupa è il come”
concluse la frase lui.
L’abbracciò. Abbracciò quel fragile
mostro con tutte le sue forze,
“ Mi dispiace non essere morto con te” gli disse con voce sommessa.
Anche lei lo strinse a sè con disperazione, reprimendo l’ istinto.
“ Se vuoi posso ucciderti adesso. ”
Rise lieve e poi concluse con un sospiro:
“ Non sono queste le parole di una donna innamorata.” carezzò i suoi fini capelli biondo scuro.
“ Non credo di essere né l’una né l’altra” rispose saccente come al solito.
Lui emanava un buon profumo di vivo e i non morti né erano attratti in un modo
incredibile,
“ Vuoi dirmi che mi sono innamorato di un uomo ? Credo di aver bisogno di tempo
per accettarlo.“
Lei rise.
Anche in quella drammatica situazione, riusciva sempre a fare stupide battute.
Allacciò le braccia al suo collo, e si alzò sui tacchi degli anfibi, mentre
strinse il suo capotto nero in pelle.
Si baciarono.
E la fame di lei, quella della carne viva, crebbe e crebbe, a dismisura,
dolorosamente,
mentre l’amore gli scaldava un cuore che non batteva più da tempo.
fine prologo
***
capitolo
1
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Quel giorno provai un
dolore enorme.
Fu quella la prima volta, in cui desiderai che i vivi tornassero in vita,
ma i miei genitori, passandomi una mano tra i capelli biondi mi dissero che non
era possibile.
Piansi e piansi, tirai su con il naso,
pregando con tutte le mie forze, desiderando di rivederlo ancora, un ultima
volta.
Avevo 10 anni, quando il mio pesce rosso, vinto ad una fiera, morì dopo poche
settimane.
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-Non c’è più nulla da fare -
Dice una voce, fredda e distante, non ha nessun calore, è come se avesse ripetuto quella frase
milione di volte dal tono che sento usare.
-Era così giovane…- è una voce di una donna , dove essere stanca.
-Ora del decesso? – C’è una terza persona.
Mi sento soffocare, ho bisogno di aria per favore. Aiutatemi.
- 7.45.- Non può essere. Stanno parlando di me?
Mi sentite? Dannazione, sto gridando! Sono viva!
-Avvisa i genitori di questa ragazza – l’identica voce che ha chiesto l’ora
della mia apparente morte,
sento il freddo contatto con il lenzuolo
sul mio viso.
Che cosa diamine sta succedendo?
Se sento le conversazioni tra queste persone, non dovrei essere morta giusto?
Calma.
Calma.
Calma.
Ora si accorgeranno di aver sbagliato, si accorgeranno del mio ventre che va
giù e su, cercando disperatamente aria. Sono medici d’altronde! Dio, riderei
istericamente se mi fosse permesso,
ma sento i miei muscoli pesanti ; sento
tutto il mio corpo pesante in realtà
-è probabile che alla sua morte si fossero rassegnati già da tempo. D’altronde è in coma da 5 anni, vedrai sarà
più facile del previsto.- Ero sicura che si rivolgesse alla donna, difatti
rispose lei.
-Non è mai facile annunciare una morte.- Poi i suoi passi, e la porta che si
apriva e si richiudeva dietro al rumore pesante dei suoi zoccoli, probabilmente
bianchi.
Coma? Ero in coma?
Arrivò un ultimo ordine dal superiore, doveva assolutamente esserlo, perché il
tono di voce era molto autoritario.
-Ricorda, di chiedergli se sono disponibili ha fargli donare gli organi.-
Quella volta non ci fu risposta, sento solo che mi stavo muovendo, o meglio,
sentivo che mi muovevano, dovevo essere su un letto d’ospedale.
Era difficile immaginare tutto ad occhi chiusi, ma d’altronde non riesco ad
aprirli, le palpebre sono troppo pesanti e la parola, era come se mi fosse stata
negata, da una specie di sortilegio.
Che stupida. Riuscivo a fantasticare anche in quel momento.
Ma certo…era un sogno…un terribile sogno!
Con tutti i film horror che guardavo alla sera, non c’era da stupirsi se poi
facevo simili incubi!
Sento il gelo di una stanza. Provo ad alzare un braccio, anche un solo dito,
per far vedere che sono viva, che sento, che respiro ancora. Stupidi, stupidissimi medici!
Cristo, se non faccio nulla va a finire che….un rumore metilico anticipa i miei
pensieri, sono terrorizzata da morire. Pensavo che l’obitorio fosse posto per
chi era passato a miglior vita, non per chi ancora sentiva , non per chi
gridava, era tutto così confuso.
- Eva Knight - mugola
una voce. Probabilmente sta leggendo il mio nome su qualche cartella clinica.
Ero stanca di ipotizzare. Volevo svegliarmi, e mostrare i miei occhi azzurri,
puntarglieli addosso,appoggiare le mani sui fianchi , e come era mio modo fare,
urlargli contro, insultandolo naturalmente.
Io e le buone maniere eravamo sempre
stati su pianeti differenti.
L’aria mi venne tolta, e il gelo che provai si fece più penetrante, eppure
c’era qualcosa che non andava, non avevo freddo, e anche se ero confusa e
spaventata il mio respiro, alle mie orecchie rimaneva immutato, quando invece
avrebbe dovuto essere quantomeno affannoso.
Infine, ancora il rumore metallico, breve, ma che mi ferì l’udito, era come se
una grande serratura venisse richiusa fortemente.
Passarono parecchie ore, o almeno credo,
5 anni di coma, ammesso che ci ero stata, avrebbero tolto la percezione
di tempo a qualunque essere umano, con un immane sforzo, che di certo non
immaginavo, riuscii ad aprire gli occhi. Qualcosa mi parve diverso.
Non so cosa…ma diverso.
Vedo davanti a me solo l’oscurità. Fanculo ai tunnel di luce che mi avevano
sempre descritto , io avevo solo una
gabbia metallica davanti a me.
Lo sapevo che sarei andata all’inferno. Non avrei dovuto lasciare il mio ex
ragazzo il giorno di san Valentino.
Immaginavo che parlare sarebbe costato un altro immenso sforzo, quindi mi
limitai a mettere i miei pensieri in atto; mi diedi forza con le gambe, e pian
piano, facendo pressione su una
superficie buia, mi diedi una spinta verso l’esterno.
Volevo uscire da quella mia provvisoria tomba. Avevo sempre ripetuto fino alla sfinimento
che avrei voluto essere cremata, e invece mi trovavo in una camera funebre. Ma
forse era così la procedura, in ogni caso non mi interessava, dato che ero
ancora viva e vegeta.
La luce a neon mi ferisce gli occhi e mi
metto immediatamente una mano sul viso coprendolo.
Che freddo. Il mio viso è freddissimo.
Abbassando lo sguardo azzurro, noto che vesto solo di una vestaglia, che da ben
poco spazio all’immaginazione, azzurra. Orribile.
-Cazzo- mormoro infastidita.
Fu quella la prima parola che dissi…dopo 5 anni.
Passai poi la mano, tra la mia chioma dorato scuro, i miei capelli erano molto
più lunghi di quello che mi ricordavo. Non avevano un particolare taglio,
scendevano sulle mie spalle, solo questo.
Guardai le mie gambe. Pallide, troppo pallide, le vene tra l’ azzurro e il
verde risaltavano, facevano impressione. Ero sempre stata abbastanza scura di
carnagione, dato che abitavo in una metropoli dove il solo picchiava e
scottava, sulla testa delle persone. Los
Angeles.
Scendo dallo scomodo letto, darli l’appellativo di letto, era davvero un elogio però. Il mio corpo
duole, e sembra che sulla mia schiena sia caduto un macigno di proporzioni
gigantesche.
Mi avvio gobba e curva , con fatica immane, verso un piccolo specchio
appannato, sotto ai miei piedi, il granito era gelido, quella stanza era fatta
per conservare i cadaveri, in fondo era normale.
La cosa anormale è che non tremo né
batto i denti. Ci sono altri morti intorno a me, probabilmente in attesa di un
autopsia, li ignoro per non vomitare, ma non provo comunque lo stimolo di farlo, continuo quel
breve ma faticoso tragitto.
Il braccio pesa , ma lo alzo verso la superficie offuscata , devo vedere il mio
viso, devo essere sicura di essere viva, lascio scivolare lentamente la mano,
mentre il segno delle mie dita resta sulla superficie riflettente. Guardo la
mia immagine, quella di una ragazza di diciotto anni, cresciuta forse troppo in
fretta, bionda, con un viso magro ma ovale, e un naso lungo, labbra rosate,
piene, dolci in apparenza.
Avrei dovuto vedere questo. Perché, ho sempre pensato di essere bella, non sono
affatto modesta.
Faccio un passo indietro, barcollando. Prendo respiro. Un respiro profondo…che
non sento. Mi metto una mano sulle labbra, respiro nuovamente.
Il nulla. Sulle mie affusolate dita non sento nulla, né un respiro freddo né caldo. Affanno , ma è solo
il movimento del mio petto che fa capire che sto soffocando, dalle mie labbra,
in realtà non esce nemmeno il più flebile dei respiri.
Mi impongo di alzare gli occhi, mi guardo nuovamente con aria disperata.
Tremo, ma non per il freddo, ma per il terrore che provo.
Ho un aria troppo pallida, quasi malata, posso intravedere anche sul mio viso
delle vene, i miei capelli, i miei magnifici capelli, che sembravano una
criniera dorata, dandomi un aspetto sicuro, sono pochi, lunghi, ma fragili e
sottili, per non parlare delle mie spalle, minute, l’osso sembra fuoriuscire.
E i miei occhi. Uno è azzurro, come me lo ricordavo, un vero e proprio azzurro,
con una sfumatura blu, l’altro è…inumano.
Dorato. Avvicinandomi alla mai immagine, noto che ha qualcosa di molto diverso
dall’altro, ma non è solo per il colore. Sembra non appartenermi.
Cosa è successo, cosa cazzo è successo?
Mi accascio sulle mie ginocchia, mettendomi le mani tra i capelli, il cervello
sembra scoppiarmi.
Gli altri mi credono morta.
Non sento il più il mio respiro.
Sono di un pallore malato.
Sollevo un braccio verso la parte destra del petto, mentre il mio viso viene
solcato da una lacrima.
Solitaria e Preziosa. Io non piango mai.
E il mio cuore, scopro, non batte più.
Sono morta. Sono morta, ma viva.
Mi volto di scatto, guardando verso lo scomodo letto che avevo abbandonato, con
una stupida idea, il mio sorriso scompare immediatamente, vedendolo vuoto.
Avevo pensato, che magari, potevo essere uno spirito, un fantasma.
Chino nuovamente il capo, sorridendo, con sarcasmo.
Non sono nemmeno un vampiro, sono troppo brutta per esserlo.
Guardo la mia mano, posso intravedere sul palmo, parte della mai pelle
decomposta….
direi quindi di essere, una morta vivente,
….
e come tale ho fame.
Una fame insaziabile.
***