Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |      
Autore: Reiko88    23/06/2008    2 recensioni
Tra epidemie, caos e disperazione, una ragazza divenuta zombie, dopo essere uscita da un coma, racconta la sua nuova vita tra l'istinto di un non morto e l'amore per un uomo
Genere: Malinconico, Dark, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

+++ Prima Parte +++


Prologo


“Moriremo tutti”
Disse voltandosi,  sorridendogli, in fondo era esente da quel verdetto senza speranza
Bhe…questo è sicuro”  fece una pausa guardandola negli occhi, gli rivolse il suo  stesso derisorio  sorriso
“ …Quello che mi preoccupa è il come”  concluse la frase lui.
L’abbracciò.  Abbracciò quel fragile mostro con tutte le sue forze,
“ Mi dispiace non essere morto con te” gli disse con voce sommessa.
Anche lei lo strinse a con disperazione,  reprimendo l’ istinto.
“ Se vuoi posso ucciderti adesso. ”
Rise lieve e poi concluse con un sospiro:
“ Non sono queste le parole di una donna innamorata.”  carezzò i suoi fini capelli biondo scuro.
“ Non credo di essere né l’una né l’altra” rispose saccente come al solito.
Lui emanava un buon profumo di vivo e i non morti né erano attratti in un modo incredibile,
“ Vuoi dirmi che mi sono innamorato di un uomo ? Credo di aver bisogno di tempo per accettarlo.“
Lei rise.
Anche in quella drammatica situazione, riusciva sempre a fare stupide battute.
Allacciò le braccia al suo collo, e si alzò sui tacchi degli anfibi, mentre strinse il suo capotto nero in pelle.
Si baciarono.
E la fame di lei, quella della carne viva, crebbe e crebbe, a dismisura, dolorosamente,
mentre l’amore gli scaldava un cuore che non batteva più da tempo.

fine prologo

***
capitolo 1

_____________________________________________________________________________________

Quel giorno provai un dolore enorme.
Fu quella la prima volta, in cui desiderai che i vivi tornassero in vita,
ma i miei genitori, passandomi una mano tra i capelli biondi mi dissero che non era possibile.
Piansi  e piansi, tirai su con il naso, pregando con tutte le mie forze, desiderando di rivederlo ancora, un ultima volta.

Avevo 10 anni, quando il mio pesce rosso, vinto ad una fiera, morì dopo poche settimane.
_____________________________________________________________________________________

-Non c’è più nulla da fare -
Dice una voce, fredda e distante, non ha nessun calore,  è come se avesse ripetuto quella frase milione di volte dal tono che sento usare.
-Era così giovane…- è una voce di una donna , dove  essere stanca.
-Ora del decesso? – C’è una terza persona.
Mi sento soffocare, ho bisogno di aria per favore. Aiutatemi.
- 7.45.- Non può essere. Stanno parlando di me?
Mi sentite? Dannazione, sto gridando! Sono viva!
-Avvisa i genitori di questa ragazza – l’identica voce che ha chiesto l’ora della mia apparente morte,
sento il freddo contatto con  il lenzuolo sul mio viso.
Che cosa diamine sta succedendo?  
Se sento le conversazioni tra queste persone, non dovrei essere morta giusto?
Calma.
Calma.
Calma.
Ora si accorgeranno di aver sbagliato, si accorgeranno del mio ventre che va giù e su, cercando disperatamente aria. Sono medici d’altronde! Dio, riderei istericamente se mi fosse permesso,
 ma sento i miei muscoli pesanti ; sento tutto il mio corpo pesante  in realtà
-è probabile che alla sua morte si fossero rassegnati già da tempo.  D’altronde è in coma da 5 anni, vedrai sarà più facile del previsto.- Ero sicura che si rivolgesse alla donna, difatti rispose lei.
-Non è mai facile annunciare una morte.- Poi i suoi passi, e la porta che si apriva e si richiudeva dietro al rumore pesante dei suoi zoccoli, probabilmente bianchi.
Coma? Ero in coma?
Arrivò un ultimo ordine dal superiore, doveva assolutamente esserlo, perché il tono di voce era molto autoritario.
-Ricorda, di chiedergli se sono disponibili ha fargli donare gli organi.- Quella volta non ci fu risposta, sento solo che mi stavo muovendo, o meglio, sentivo che mi muovevano, dovevo essere su un letto d’ospedale.
Era difficile immaginare tutto ad occhi chiusi, ma d’altronde non riesco ad aprirli, le palpebre sono troppo pesanti e la parola, era come se mi fosse stata negata, da una specie di sortilegio.
Che stupida. Riuscivo a fantasticare anche in quel momento.
Ma certo…era un sogno…un terribile sogno!
Con tutti i film horror che guardavo alla sera, non c’era da stupirsi se poi facevo simili incubi!
Sento il gelo di una stanza. Provo ad alzare un braccio, anche un solo dito, per far vedere che sono viva, che sento, che respiro ancora.  Stupidi, stupidissimi medici!
Cristo, se non faccio nulla va a finire che….un rumore metilico anticipa i miei pensieri, sono terrorizzata da morire. Pensavo che l’obitorio fosse posto per chi era passato a miglior vita, non per chi ancora sentiva , non per chi gridava, era tutto così confuso.
- Eva Knight - mugola  una voce. Probabilmente sta leggendo il mio nome su qualche cartella clinica.
Ero stanca di ipotizzare. Volevo svegliarmi, e mostrare i miei occhi azzurri, puntarglieli addosso,appoggiare le mani sui fianchi , e come era mio modo fare, urlargli contro, insultandolo naturalmente.
 Io e le buone maniere eravamo sempre stati su pianeti differenti.
L’aria mi venne tolta, e il gelo che provai si fece più penetrante, eppure c’era qualcosa che non andava, non avevo freddo, e anche se ero confusa e spaventata il mio respiro, alle mie orecchie rimaneva immutato, quando invece avrebbe dovuto essere  quantomeno affannoso.
Infine, ancora il rumore metallico, breve, ma che mi ferì l’udito, era come se una grande serratura venisse richiusa fortemente.
Passarono parecchie ore, o almeno credo,  5 anni di coma, ammesso che ci ero stata, avrebbero tolto la percezione di tempo a qualunque essere umano, con un immane sforzo, che di certo non immaginavo, riuscii ad aprire gli occhi. Qualcosa mi parve diverso.
Non so cosa…ma diverso.
Vedo davanti a me solo l’oscurità. Fanculo ai tunnel di luce che mi avevano sempre descritto , io avevo solo  una gabbia metallica davanti a me.
Lo sapevo che sarei andata all’inferno. Non avrei dovuto lasciare il mio ex ragazzo il giorno di san Valentino.
Immaginavo che parlare sarebbe costato un altro immenso sforzo, quindi mi limitai a mettere i miei pensieri in atto; mi diedi forza con le gambe, e pian piano,  facendo pressione su una superficie buia, mi diedi una spinta verso l’esterno.
Volevo uscire da quella mia provvisoria tomba. Avevo sempre ripetuto fino alla sfinimento che avrei voluto essere cremata, e invece mi trovavo in una camera funebre. Ma forse era così la procedura, in ogni caso non mi interessava, dato che ero ancora viva e vegeta.
La luce a neon  mi ferisce gli occhi e mi metto immediatamente una mano sul viso coprendolo.
Che freddo. Il mio viso è freddissimo.
Abbassando lo sguardo azzurro, noto che vesto solo di una vestaglia, che da ben poco spazio all’immaginazione, azzurra. Orribile.
-Cazzo-  mormoro infastidita.
Fu quella la prima parola che dissi…dopo 5 anni.
Passai poi la mano, tra la mia chioma dorato scuro, i miei capelli erano molto più lunghi di quello che mi ricordavo. Non avevano un particolare taglio, scendevano sulle mie spalle, solo questo.
Guardai le mie gambe. Pallide, troppo pallide, le vene tra l’ azzurro e il verde risaltavano, facevano impressione. Ero sempre stata abbastanza scura di carnagione, dato che abitavo in una metropoli dove il solo picchiava e scottava, sulla testa delle persone.  Los Angeles.
Scendo dallo scomodo letto, darli l’appellativo di  letto, era davvero un elogio però. Il mio corpo duole, e sembra che sulla mia schiena sia caduto un macigno di proporzioni gigantesche.
Mi avvio gobba e curva , con fatica immane, verso un piccolo specchio appannato, sotto ai miei piedi, il granito era gelido, quella stanza era fatta per conservare i cadaveri, in fondo era normale.
La cosa anormale è che non  tremo né batto i denti. Ci sono altri morti intorno a me, probabilmente in attesa di un autopsia, li ignoro per non vomitare, ma non provo  comunque lo stimolo di farlo, continuo quel breve ma faticoso tragitto.
Il braccio pesa , ma lo alzo verso la superficie offuscata , devo vedere il mio viso, devo essere sicura di essere viva, lascio scivolare lentamente la mano, mentre il segno delle mie dita resta sulla superficie riflettente. Guardo la mia immagine, quella di una ragazza di diciotto anni, cresciuta forse troppo in fretta, bionda, con un viso magro ma ovale, e un naso lungo, labbra rosate, piene, dolci in apparenza.
Avrei dovuto vedere questo. Perché, ho sempre pensato di essere bella, non sono affatto modesta.
Faccio un passo indietro, barcollando. Prendo respiro. Un respiro profondo…che non sento. Mi metto una mano sulle labbra, respiro nuovamente.
Il nulla. Sulle mie affusolate dita non sento nulla, né un  respiro freddo né caldo. Affanno , ma è solo il movimento del mio petto che fa capire che sto soffocando, dalle mie labbra, in realtà non esce nemmeno il più flebile dei respiri.
Mi impongo di alzare gli occhi, mi guardo nuovamente con aria disperata.
Tremo, ma non per il freddo, ma per il terrore che provo.
Ho un aria troppo pallida, quasi malata, posso intravedere anche sul mio viso delle vene, i miei capelli, i miei magnifici capelli, che sembravano una criniera dorata, dandomi un aspetto sicuro, sono pochi, lunghi, ma fragili e sottili, per non parlare delle mie spalle, minute, l’osso sembra fuoriuscire.
E i miei occhi. Uno è azzurro, come me lo ricordavo, un vero e proprio azzurro, con una sfumatura blu, l’altro è…inumano.
Dorato. Avvicinandomi alla mai immagine, noto che ha qualcosa di molto diverso dall’altro, ma non è solo per il colore. Sembra non appartenermi.
Cosa è successo, cosa cazzo è successo?
Mi accascio sulle mie ginocchia, mettendomi le mani tra i capelli, il cervello sembra scoppiarmi.
Gli altri mi credono morta.
Non sento il più il mio respiro.
Sono di un pallore malato.
Sollevo un braccio verso la parte destra del petto, mentre il mio viso viene solcato da una lacrima.
Solitaria e Preziosa. Io non piango mai.
E il mio cuore, scopro, non batte più.

Sono morta. Sono morta, ma viva.
Mi volto di scatto, guardando verso lo scomodo letto che avevo abbandonato, con una stupida idea, il mio sorriso scompare immediatamente, vedendolo vuoto.
Avevo pensato, che magari, potevo essere uno spirito, un fantasma.
Chino nuovamente il capo, sorridendo, con sarcasmo.
Non sono nemmeno un vampiro, sono troppo brutta per esserlo.
Guardo la mia mano, posso intravedere sul palmo, parte della mai pelle decomposta….
direi quindi di essere, una morta vivente,
….
e come tale ho fame.
Una fame insaziabile.

***

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Reiko88