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Autore: FairLady    28/02/2014    7 recensioni
Dal testo.
"Una lacrima scivola sulla guancia, seguendo le altre che ho già versato da quando ho aperto la porta di casa, cinque minuti fa. O forse erano dieci. Magari un’ora. Io non lo so, non so leggere l’orologio. So solo che mentre penso di sposare il mio papà, qualcuno, probabilmente, ha appena comunicato a mia madre che un papà non ce l’ho più."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono sdraiata sotto al letto di camera mia e ho il cuore che batte forte, fortissimo. Penso che potrebbe uscirmi dal petto. Cerco di respirare lentamente, ma più ci provo, più mi sembra che manchi l’aria. La gola è secca e fa male, un male cane, ma non è niente rispetto al dolore che sento dentro.

I miei amici a scuola continuavano a ripeterlo.

«Vedrai che prima o poi arriveranno. Quei signori vestiti in uniforme busseranno alla tua porta e poi tua madre cadrà in ginocchio davanti a loro, piangendo…»

Io mi sono sempre tappata le orecchie, non ho mai voluto sentire. Non ho mai voluto accettare che ci fosse quella possibilità. Non ho mai voluto credere che mio papà avrebbe potuto non tornare più.

«Emily! Tesoro! Emily!» mia madre mi sta chiamando e probabilmente tra poco aprirà la porta, preoccupata. Sa che sono qui. Questo è sempre stato il mio rifugio… A ogni temporale, quando non volevo sentire i tuoni squarciare l’aria e far tremare le finestre, correvo qui. Di solito era papà a raggiungermi. A volte si faceva piccolo piccolo e strisciava sotto al letto vicino a me, con una coperta e un paio di biscotti al cioccolato. Ce ne stavamo qui vicini, cuore a cuore, finché i tuoni non cessavano di spaventarmi, la pioggia smetteva di battere sui vetri e io non mi addormentavo. Più spesso, però, mi trascinava sulla moquette per un piede, ridendo, poi mi prendeva in braccio e mi portava nel lettone insieme a lui e alla mamma. Quelli erano i momenti migliori, in cui credevo che niente e nessuno avrebbe potuto spezzare la favola che era la mia vita.

Sopra il loro letto c’è una foto di quando si sono sposati. Mamma era meravigliosa – la parola meravigliosa mi piace tanto, dà proprio l’idea di un’immensa bellezza che lascia senza fiato. Lo è ancora, in verità, anche se negli ultimi mesi il suo volto è un po’ più teso, un po’ più scavato; ma a lei non l’ho mai detto, per me è comunque la più bella. Anche mio papà era meraviglioso, lo è, con quell’uniforme blu piena di targhette. Penso che sia proprio l’uomo più bello del mondo, con il sorriso sempre stampato sulle labbra e due occhi verdi da attore di film romantici. Almeno, penso che sia così, perché solo nei film mi è capitato di vedere un uomo guardare una donna come mio papà guarda la mia mamma… e me.

Mi è capitato spesso di pensare che se non fosse già sposato con lei, gli chiederei di diventare il mio fidanzato. Certo, adesso sono troppo piccola per lui, ma crescerei, e allora non sarei più tanto piccola…

Una lacrima scivola sulla guancia, seguendo le altre che ho già versato da quando ho aperto la porta di casa, cinque minuti fa. O forse erano dieci. Magari un’ora. Io non lo so, non so leggere l’orologio. So solo che mentre penso di sposare il mio papà, qualcuno, probabilmente, ha appena detto a mia madre che un papà non ce l’ho più. Ho visto quelle uniformi davanti casa e non ce l’ho fatta a restare. Sono troppo piccola io, per reggere un peso così grande… Io…

«Emily…» mamma mi ha trovata – non ha dovuto cercare troppo a lungo. Forse non è passato nemmeno così tanto tempo da quando ho aperto quella stupida porta. Se solo l’avessi lasciata chiusa. Se solo non fossimo state in casa, nessuno avrebbe potuto…

«Mamma» sono solo due sillabe ed escono dalla mia bocca con una difficoltà incredibile. Mi tagliano la lingua, riesco a sentire il gusto metallico del sangue. La mia testa è un’esplosione di pensieri che però non riesco a trasformare in parole. Ho ancora il fiato corto, come quando la signorina Foster ci fa correre intorno al campo da football per vedere quanto riusciamo a resistere. Io non lo so, adesso, se riesco a resistere. Mi sento morire.

«Perché sei scappata così?»

Volevo solo vedere se anche oggi papà mi avrebbe raggiunto sotto al letto.

La sua voce non è normale. È ovattata da un’emozione a cui non so dare un nome, o forse è solo che mi sento chiusa in una bolla. Vorrei non dover sentire più niente, vorrei non sapere cosa le sue parole non mi stanno dicendo; ma sono una bambina, noi capiamo quando c’è qualcosa che non va e un adulto cerca di nasconderlo.

«Quei signori con l’uniforme come quella di papà cosa sono venuti a fare?» le chiedo, senza nemmeno sapere come ci sono riuscita. Mi sembra di non sentire più il mio corpo. «Non sono stupida, lo so cosa succede alle famiglie quando quelle uniformi arrivano davanti a casa e suonano al campanello. Papà non tornerà più, vero?» e forse ho urlato. Ho urlato contro mia mamma.

E la corazza di marzapane che stava tentando di tenere in piedi cade, inzuppata dalle lacrime che aveva cercato di trattenere tra le ciglia.

Qualche singhiozzo – forse mio, forse suo, forse di tutte e due – sfugge al controllo. Mi abbraccia goffamente, cercando di sistemarsi sotto al letto accanto a me, ma le braccia tremano e anche le spalle. Tutto trema, vacilla e si sgretola, scosso da un terremoto che si sta portando via tutto, che si è portato via tutto quello che avevamo, la favola. L’amore. Mio papà.

Mi trascino su quella moquette inondata da meravigliosi ricordi, come quelle ciglia che ora non trattengono più nulla. Piango anche io e abbraccio la mamma. Sono piccola e non so se avrò la forza di sopportare un peso del genere, ma lei si aspetta che io sia coraggiosa. E sicuramente se lo aspetta anche il mio meraviglioso papà. 

   
 
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