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Autore: Someone    24/06/2008    2 recensioni
Mi chiamavano "la Carogna". Dicevano che fosse adatto a me perchè, secondo loro, puzzavo di morto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamavano "la Carogna". Dicevano che fosse adatto a me perchè, secondo loro, puzzavo di morto.
Certo, non si azzardavano a dirlo davanti a me. Ogni volta che passavo, affondando gli stivali nella fanghiglia di quel posto dimenticato da Dio, ma non dall'avidità dell'uomo, non facevano niente più che scrutarmi con un silenzio rispettoso, con un'ira malcelata, con un timore reverenziale che li disgustava più della mia stessa presenza.
Io non li guardavo, non davo loro attenzione. Sentivo su di me quegli sguardi, e come un Dio magnanimo, mi limitavo a perdonarli per la loro stupidità, per la loro inutilità. Inutile carne da macello.
E al macello, appunto, venivano mandati ogni giorno. Non erano tempi facili, non per noi. Non per quei soldati mandati al fronte, a combattere contro un nemico invisibile che si celava fra le foglie e il muschio.
L'ordine era chiaro: uccideteli tutti.
La traduzione un poco differente: morite uno ad uno.
Scontri violenti e sanguinolenti, ogni giorno. Ed io ogni giorno passavo, con la mia divisa sporca soltanto di terra, mai di sangue, passavo e ne vedevo uno riverso senza un braccio, o uno con la testa fasciata. O uno coperto come capitava da un lenzuolo stampato con un motivo mimetico, in mancanza di un luttuoso bianco.
Non esisteva più nulla di bianco, lì. Solo il verde dell'erba, il castano della terra, l'azzurro del cielo coperto dalle fronde. E il rosso del sangue.
Io non lo toccavo mai, il sangue. Nè lo vedevo da vicino. Per questo mi odiavano, perchè non ero un vero soldato. Per questo mi rispettavano, perchè ero comunque più considerato di loro.
Perchè ero la Carogna, ero la Morte Nascosta, ero l'Assassino. Ero il cecchino.

Avevo un rito, proprio io che secondo i miei commilitoni mancavo totalmente di umanità, secondo quanto bisbigliavano disgustati nel vedermi camminare impassibile fra loro, senza prestare attenzione al loro dolore o alla loro morte. Ma sbagliavano, io ero umano come loro. Io avevo un rito.

Forse era nato da un riflesso involontario, un fatto casuale che nacque dalla morte di qualcuno. Dalla prima volta che la pressione sul grilletto del mio Remington 700 modello 40x, o semplicemente M40, aveva strappato la vita a un uomo che come unica colpa aveva quella di essere nato in un altro paese. Nel paese nemico.
Fu un attimo. Feci pressione sul grilletto, incassai il leggerissimo rinculo dell'arma ben fissata al terreno umido sul quale ero sdraiato ormai da ore, come un falco ad attendere la propria preda.
E lo uccisi.
Cadde a terra senza emettere nè un suono nè un grido, si accasciò morbidamente e poi rimase immobile. E sentii la calda carezza di una lacrima solcarmi la guancia, una sola. Eccolo, il mio rito.
Scusa, amico. Non era colpa tua, ma neanche mia. La colpa è di questo mondo bastardo, di questa guerra inutile che ci vede ammazzarci fra di noi, alzare le armi e l'odio verso i nostri stessi fratelli. Scusa amico. Riposa in pace e aspettami. Mi scuserò per bene, prima o poi.

I giorni passarono, alla prima vittima ne seguì un'altra, e un'altra, e un'altra ancora. Mi limitavo a fare rapporto, puntuale, a confermare con i miei superiori che il bersaglio non avrebbe più potuto nuocere. E poi attraversavo il campo, sotto gli sguardi dei miei compagni che si facevano sempre più disgustati ogni giorno che passava. Sotto gli sguardi che mi accusavano di non essere alro che un killer. Almeno fosse, pensavo io. Almeno avrei una buona paga, e perchè no?, una bionda da tenere sotto braccio in una villa costruita col sangue altrui.
Ma non c'era gloria, in quel buco umido ed odoroso di vegetazione. C'era solo il commiato silenzioso della lacrima che versavo per ogni uomo che strappavo alla terra e rimandavo a Dio.

Passò una stagione, poi un'altra. Cadevano come mosche. Sia i nemici, sia i compagni. Ma ormai faticavo a distinguerli, se non per il colore della divisa. Non riconoscevo i visi, nè le voci. Non parlavo con nessuno, i miei pasti erano consumati velocemente, da solo, il più delle volte sdraiato sulla terra umida ad attendere.
La Carogna, la Morte Nascosta, l'Assassino.
E poi successe, un giorno.

Non ricordo che aspetto avesse quell'uomo. Era identico a tutti gli altri, solo una figura che si muoveva incerta dentro il mio mirino. Non mi vide, come tutti gli altri. Cadde, come tutti gli altri. Morì, come tutti gli altri. Solo in qualcosa la sua morte si discostò dalle altre.
Attesi, ed attesi. Rimasi immobile per ore, continuando a guardare il suo cadavere immobile. Ma non successe nulla. Non scese nulla. La mia lacrima, stavolta, non scese.
Attesi finchè non si fece buio, finchè la notte non calò ad inghiottire i colori, ad attutire i suoni.
Ora sì, che avevano ragione quei soldati menomati che non riuscivo a chiamare compagni. Questa volta sì, avevo perduto la mia umanità.

Era il quarto della settimana, quel soldato riverso a terra, che pregnava la terra morbida del suo sangue. Quindi avevo ancora un proiettile nel mio caricatore. Lo tenni per me.

Non so se dal campo sentirono il suono di quello sparo, nonostante avessi tolto la sordina all'M40. Non potevo urlare, con la canna del fucile fra le labbra, perciò volevo che il metallo parlasse per me, gridasse al mondo la mia redenzione, il mio addio. Non so se lo sentirono. Ma io lo udii, ne ascoltai l'eco infinita ripetersi e poi sciogliersi in un'oblìo caldo di sangue, umido di pioggia. Calore materno e glacialità della morte.

Caddi come tutti gli altri, come tutti gli uomini che avevo ucciso. E avevo ragione, e avevano ragione gli altri, a chiamarmi Carogna, a chiamarmi Assassino.

Non piansi neanche questa volta.




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Post Scriptum: Ed ecco che smentisco per direttissima quanto scritto nel mio profilo nuovo fiammante. Niente Fullmetal, qui, solo un'original che mi frullava in testa da... mesi? e che non avevo ancora trovato il coraggio di buttar giù. Era una storia che volevo raccontare, senza riferimenti storici precisi, senza nomi nè dialoghi, solo una lunga introspezione di qualcuno che è considerato una macchina per uccidere. Ma che alla fine, non è altro che un uomo come tutti gli altri.

Someone

  
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