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Autore: ValHerm    24/06/2008    5 recensioni
Ci sono ricordi che non si possono cancellare. Lacrime così presenti, da generare un dolore troppo grande. Speranze che non cessano mai di esistere. Fantasmi che a volte, fanno ritorno. [EdWin molto lieve]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The sun will shine [one day, again]

The sun will shine [one day, again]

                                                                                                         

 

 

[Ricordi la luce Win?

La ricordi, con quel suo calore avvolgente?

Io la ricordo. E ricordo un’altra cosa.

Una volta, sapevi brillare assieme a lei]

 

 

 

-Win?-

 

 

Ti rigiri tra le lenzuola.

La luce ti ha sfiorata di nuovo.

 

È un tocco che fa male.

 

Attraversa la finestra, ed entra prepotentemente nella stanza. Cercando di rischiarare qualcosa che ormai è oscurato da tempo. E che non potrà mai più tornare a brillare.

Le tue dita s’infilzano nel cuscino, come in un appiglio a cui aggrapparsi con forza. Le tue unghie graffiano la piuma bianca al suo interno. Apri piano gli occhi. Riesci a sentire la sua presenza nella stanza. Ma non hai più bisogno della luce.

 

Non hai più bisogno di niente.

 

Ti sei oramai abituata a vivere nel buio, in quella casa ormai vuota, dove il silenzio regnava sovrano, ed il sorriso era ormai svanito.

 

Non vuoi più essere sfiorata dalla luce.

Lei li fa tornare.

 

E a te, ogni volta, sembra che loro siano realmente lì.

E questa cosa fa fin troppo male.

 

-Winry!-

 

 

E sono tornati.

Ancora.

 

 

-Win!-

 

 

Smettila di chiamarmi.

 

 

-Win! Dai Win vieni!-

 

 

Fa silenzio.

 

 

-Giochiamo, va bene. Ma non usare quell’arnese infernale-

 

 

Smettila. SMETTILA!

 

 

Stringi gli occhi e cerchi di cacciarli via.

Tornano sempre con i raggi del sole.

E non se ne vanno fin quando non sei tu a volerlo.

 

 

-Sei proprio un maschiaccio, scema-

 

 

Ti porti di scatto le mani alla testa.

Quelle voci, ti rimbombano tra i pensieri. Sono fantasmi che fanno sempre ritorno.

Ma non sono fantasmi che accompagnano la notte.

Sono spiriti che opprimono il giorno.

Poiché voi eravate questo.

 

Ti accovacci ulteriormente in quel letto ormai troppo piccolo. Ti stringi su te stessa, dove hai creato una voragine tra le lenzuola bianche. Troppo candide, come quel cuscino ormai impregnato dal pianto di tutta una vita.

Stringi gli occhi, cacci via i ricordi.

 

 

Sparite, sparite!

 

 

-nii-san! Non insultare Winry!-

-non la insulto. Le faccio un complimento-

-dicendole che è un maschiaccio?-

-beh, almeno non è una femmina e non è un maschio. È un maschiaccio. Infondo è questo, no?-

 

 

Smettetela… andate via

 

 

-ma nii-san! Le vuoi bene almeno?-

-…forse…-

-…nii-san non dire le bugie-

-e va bene. D’accordo, non la odio-

-e allora la ami-

-Al! Ma che cosa vai blaterando?!-

-altrimenti non la vorresti sposare nii-san-

-…le… le voglio bene, d’accordo. Contento?-

 

 

-SMETTILA!-

 

 

E hai urlato.

Infondo sapevi che l’avresti fatto.

 

Respiri, con l’affanno in gola. Il dolore ti ha bloccato il respiro, ed hai avuto a stento la forza di gridare. Ti stringi di nuovo le mani sulla testa.

 

E ti sembra quasi di vederli.

 

I loro volti, ti passano dinanzi agli occhi. La serenità di quand’eravate bambini ti sfiora. Riesci perfino a leggerla nelle loro iridi dorate. E in quei sorrisi sfuggenti che entrambi sapevano regalarti.

 

 

-Andate via…-.

 

 

Un mormorio dalla voce spezzata.

Mentre le lacrime ti attraversano copiose il viso ormai stanco.

Non riesci ancora a capire perché quei ricordi siano lì, ancora dentro di te.

E ci stiano rimanendo, senza sbiadire mai.

 

Sono taglienti come lame. E allo stesso tempo confortanti come il sole.

Ma non li vuoi più rivivere.

 

Hai continuato per anni a riprenderli, a custodirli, in attesa del giorno in cui sarebbe tornato.

 

 

-Adesso non dovrò più aspettarti-

 

 

E le lacrime tornano. Gocce argentate che ti bagnano il viso, e impregnano nuovamente le lenzuola. La stanza stessa sembra essersi abituata ai tuoi singhiozzi.

Ogni oggetto, sapeva di dolore.

Il tuo specchio. Aveva compreso che non avrebbe più incontrato quegli occhi grandi e azzurri di quand’eri bambina. Occhi stanchi, rossi e gonfi.

Questo, avrebbe solo visto.

Il tuo letto. Portatore di angosce, pianti e singhiozzi.

Il tuo armadio. Custode di vestiti che non avresti più indossato.

I tuoi comodini. Soprammobili di fotografie ormai sbiadite e di ricordi rotti dal tempo.

 

La tua finestra.

Portatrice di luce e speranza, sempre aperta, per chi sapeva di avere ancora una casa in cui tornare.

 

Un confine ancora aperto, da un desiderio remoto ed irraggiungibile.

 

E la luce continua ad entrare. Senza fermarsi, senza comprendere di non essere ben voluta.

 

Ti siedi piano, e i conati di vomito si fanno strada verso la tua bocca. La blocchi con il palmo della mano, riuscendo a ricacciarli indietro.

Ti alzi piano, e quasi non riesci a restare in piedi.

Ondeggi, barcolli. Sembri un fantasma anche tu, come quegli spiriti che ti vengono ancora a trovare.

I capelli biondi ormai troppo lunghi sono disordinati. Le ciocche dorate si muovono nel vento, senza luce. Poiché quella, l’hanno ormai persa.

 

Ogni cosa accanto a te l’ha persa.

 

Ti posi a fatica sul davanzale, e non barcolli più.

Senti ancora il tocco della luce del sole. Ti si posa sulle mani, e ti punge al contatto.

Ti attraversa il volto, e fa quasi male.

 

Eppure, allo stesso tempo, ti porta conforto.

Come quell’antico calore che solo lui sapeva donarti.

 

L’hai dimenticato, il suo calore.

Il tempo, egoista, l’ha portato via con sé.

Assieme a quei giorni nei quali potevi realmente toccarlo, quel tepore lontano. Anche solo sfiorando per caso le sue guance rosse, fingendo che non ti facesse alcun effetto.

Fingendo che non t’importasse.

 

Anche quando era un pugno a toccare la sua pelle, tra i campi verdi di Resembool. O una carezza, rara, fatta in una notte segreta, che nessuno ricorderà mai.

 

La ricordi la luce di quei giorni?

 

Forse hai scordato anche quella.

E continui a vivere di ricordi, di un calore sbiadito e di una serenità ormai perduta.

 

 

-Winry…-

 

 

Quasi non controlli la tua mano. È lì, sulla finestra.

 

 

-Non voglio più ricordarti Ed-

 

 

Un sussurro, pieno di dolore. Un dolore troppo antico e una tristezza troppo presente, cresciuta col tempo e sviluppatasi con le lacrime.

 

E il vetro sta per chiudersi definitivamente, con un ultimo cigolio. Quella barriera sta per separare il tuo mondo da quello dove una volta lui sarebbe dovuto tornare. Ma ora puoi smettere di sperare.

 

 

Perché sai anche tu che lui non tornerà.

 

 

-Ed, tornerai?-

-…te lo prometto-

 

 

Promesse mai mantenute.

Verità che erano solo menzogne.

 

Ora, quando chiuderai quella finestra, tutto finirà.

I ricordi, i fantasmi, il dolore.

 

 

-Winry… se io un giorno dovessi andar via… tu… continuerai ad esserci?-

 

 

Un colpo al cuore, un sobbalzo.

Proprio mentre quella barriera stava per chiudersi.

 

 

-…io ci sarò sempre Ed. La vedi la mia finestra? È aperta. Continuerà ad esserlo. Fino al giorno in cui tornerai a casa-

 

 

L’hai detto tu. Quando ancora non sapevi quanto dura sarebbe stata la tua attesa.

E lui aveva sorriso, un po’ rosso in volto, ma col cuore sereno.

 

Ti blocchi.

Hai perso anche te stessa in quegli anni. Non avresti mai fatto una cosa del genere.

Non avresti mai perso la speranza.

E riapri quel vetro, con uno scatto deciso. La luce sembra accoglierti, non più come una lama affilata, ma come l’abbraccio di una madre.

 

Guardi fuori, verso i campi, e li vedi davvero.

Tre bambini che ridono felici, che giocano e si rincorrono.

La bambina è la più carina, a tuo parere. Ti fa sorridere vederla là, a rincorrere uno dei due con qualcosa in mano di non visibile ai tuoi occhi.

Ma che in cuor tuo già conosci.

 

Volti appena lo sguardo, verso l’armadio, per riuscire a rincontrare con gli occhi quell’oggetto.

Quell’arnese della meccanica che aveva sempre spaventato l’impavido Ed.

 

 

-…cos’è quella cosa?!-

-questa? È la mia difesa!-

-…ma quello è solo un diabolico arnese! Mi ha fatto male!-

-se sarai gentile con me, lui sarà gentile con te-

 

 

Ti si increspano le labbra. In qualcosa che non facevi da anni.

 

In un sorriso.

 

Un dolce sorriso che sa rischiarare l’intera stanza. Più dei raggi di quel sole così luminoso.

 

Perché eri sempre stata tu, il sole di Resembool. Solo adesso riesci a ricordarlo.

E, quando volti lo sguardo verso i campi, quei bambini non ci sono più.

 

Ma quasi ti sembra di rivederli, come fantasmi, che ti sorridono e ti salutano.

Prima di chiudere gli occhi, e svanire nel vento.

 

 

 

[Perché sei sempre stata tu la luce Win.

Ogni qualvolta qualsiasi luce, si era spenta]

 

 

 

 

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Non so da dove questa storia sia saltata fuori. Davvero.

È venuta e basta, di getto.

Una piccola fic introspettiva post-film. Spero sia piaciuta ^^

Grazie mille a chi commenterà!

Kisses

 

 

ValHerm

  
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