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Autore: _KyRa_    01/03/2014    13 recensioni
“Allora? Fatemi vedere questa enorme botta.” esordì con sana causticità mentre Tom la superava dirigendosi probabilmente verso la sua macchina. Bill fece una smorfia e seguì suo fratello.
“Riesci a non fare la scontrosa per un secondo?” mormorò Neal al suo orecchio mentre la affiancava.
“Viene piuttosto facile quando hai a che fare con degli idioti.” ribatté lei senza preoccuparsi di abbassare il tono.
Neal scosse la testa e gettò lo sguardo al cielo forse per invocare qualche santo che riuscisse a tapparle la bocca. Ma tutti sapevano che Liesel era fornita di una lingua piuttosto tagliente e che nulla sarebbe stato in grado di metterla a tacere.
Vide Tom piegarsi di fronte alla sua auto e sfiorare con le dita ciò che secondo lui poteva esserle recriminabile.
“Questo come lo chiami?” domandò il ragazzo con sfida lanciandole un'occhiata sardonica.
Liesel inarcò un sopracciglio e si avvicinò per scrutare la zona incriminata.
Oh.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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2


1
Introduction





L'inspiegabilità del fatto che si fosse svegliata di soprassalto alle sette e mezza di una domenica mattina qualunque la portò a fare una breve riflessione che l'aiutasse ad ipotizzare la causa plausibile di tale irrimediabile disgrazia. Per quanto si sforzasse di affibbiare la colpa ad un accidentale – e di discutibilissimo gusto – scherzo del destino, la sua fin troppa consapevolezza verteva insistentemente su di un solo ed unico nome: Neal.

Quale oltraggiosa offesa poteva avere inferto al mondo per non meritarsi del salutare riposo?

Come figlia non aveva mai rappresentato un problema; il lavoro, che le aveva permesso fino ad allora di mantenersi, la rendeva quantomeno soddisfatta; il suo bagaglio culturale le aveva sempre giovato nella vita. Dunque perché i suoi sforzi non venivano ripagati?

Quel lontano dodici Luglio duemilanove quando aveva gentilmente offerto a Neal un'abitazione confortevole, che non coincidesse con la fredda ed umida sabbia di cui erano costituite le numerose spiagge poco distanti da casa sua, le era sembrato di essere stata piuttosto limpida ed esauriente circa le regole per una convivenza pacifica ed indolore, rigorosamente e professionalmente riportate su carta. Doveva riconoscere che la Costituzione americana le faceva un baffo in quanto a lunghezza, ma riteneva che tale sistema fosse il migliore, se costretta a vedersela con un uomo giorno e notte.

Uno degli innumerevoli punti stilati, forse il più importante, esplicava chiaramente il bisogno, il diritto, il dovere di consumare per lo meno otto, nove ore di sonno un giorno a settimana – concesso un rincaro della dose, vietato il contrario, eccetto richiesta validamente giustificata.

Non era pazza. Liesel Petrova era per natura una ragazza impaziente il cui inesistente autocontrollo aveva messo a dura prova i nervi di molte persone.

Decise di ignorare con estrema nonchalance il chiasso prodotto da quelli che sembravano pezzi di vetro, frantumatisi probabilmente sul pavimento, senza degnarsi neppure di sollevare una palpebra. Se avesse isolato la propria mente ed accantonato l'istinto omicida che le stava rodendo il fegato da minuti, con qualche probabilità sarebbe tornata nel mondo dei sogni per non abbandonarlo più.

Contava sul buon senso del suo adorabile coinquilino.

I cori dell'alleluia risuonarono come un'eco lontana nel momento in cui riuscì a sfiorare la soglia del Paradiso ma tale libidine fu nuovamente e bruscamente interrotta della fine imprecazione – degna di un vero principe – da parte del ragazzo al piano inferiore.

Le coperte furono gettate a terra con la grazia di un rinoceronte, malamente scalciate dalle sue gambe, quasi in preda a convulsioni. Si costrinse ad abbandonare il piacevole tepore che le aveva intorpidito i muscoli con un grugnito piuttosto eloquente e raccolse tutta la propria forza di volontà per poggiare i piedi al pavimento e raggiungere la maledettissima porta. Questa venne spalancata in modo tanto violento che per un momento temette di averla scardinata.

Ridusse gli occhi a due minuscole fessure, infastidita dall'accecante luce che oltrepassava le persiane della finestrella in corridoio e, preso un bel respiro, cominciò a scendere i venti scalini che l'avrebbero condotta al piano inferiore – nonché dalla sua vittima incombente – con passo deciso e sgraziato.

Non appena la sua vista venne violentemente a contatto con un paio di mutande leopardate inchiodò bruscamente, perfettamente conscia di aver raggiunto la sua meta.

Neal, che parve non averla sentita, continuò ad imprecare e borbottare maledizioni contro gli innumerevoli pezzi di vetro sparsi sul pavimento della cucina tentando al contempo di toglierli alla meglio – paletta e scopetto in mano –, elegantemente piegato a novanta, così da offrire una visione generosa del suo fondo-schiena maculato.

Neal, hai cinque secondi per trovare una valida scusa che mi spieghi cosa tu faccia in piedi a quest'ora. E prega che mi vada a genio.” pronunciò quelle parole con un tale autocontrollo che poté sentire le tempie pulsare minacciosamente. Neal aveva nel frattempo incontrato il suo sguardo. “Cinque...” prese a contare a braccia conserte battendo un ritmo per niente musicale con il piede sinistro.

Oh, buongiorno.” sorrise il ragazzo. “Metto a posto casa.” annunciò come fosse la cosa più elementare e lodevole del mondo.

Elementare, sì; lodevole, senza ombra di dubbio. Se non fosse stato per un piccolo ma rilevante dettaglio.

È domenica mattina.” commentò con tono incolore, ancora non del tutto conscia di ciò che stava accadendo.

È il mio unico giorno libero.” si giustificò lui con una veloce alzata di spalle.

Se non fosse stata la sua dignità a fermarla, sarebbe indubbiamente scoppiata in lacrime.

E dato che si tratta del nostro unico giorno di riposo, perché non porti quel tuo bellissimo culo in camera?”

I giorni di riposo non potevano chiamarsi a quella maniera senza un valido ed ovvio motivo.

Fremeva dalla voglia di correre nuovamente nella sua stanza perché sentiva che il sonno la stava lentamente abbandonando.

La casa era veramente uno schifo. Se non lo facciamo di domenica, quando possiamo?”

Di domenica pomeriggio.” ringhiò lei.

Neal schioccò la lingua contro il palato, sorridendo appena.

Ma non fare la sciocchina. Di domenica pomeriggio si esce e si va a prendere il sole al mare.” le disse, stuzzicandole il naso con le dita. Lei lo arricciò infastidita.

E chi l'avrebbe deciso?”

Io, ora.” Il ragazzo riprese a raccogliere i frammenti di vetro mentre continuava a parlare come nulla fosse. “Ho deciso che oggi pomeriggio andremo a fare un bel picnic in spiaggia, ci stenderemo su un asciugamano e prenderemo il sole fino ad ustionarci, accompagnati da un sottofondo musicale che, te lo concedo, sceglierai tu.”

Liesel lo guardava come stesse assistendo ad un orso che ballava la Lambada americana.

Decise di reprimere il fiume di parole che avrebbe tanto voluto fuoriuscire dalle sue labbra rosee e carnose e sospirò, ormai decisa ad abbandonare la vana impresa di farlo tornare a letto o la vaga speranza di poterlo fare almeno lei. Si avvicinò alla credenza biancastra e ne tirò fuori una tazza color lilla, gentilmente presa in prestito dal ragazzo, per poi recuperare un po' di latte dal frigorifero. Non le piaceva bere il latte caldo; trovava fosse troppo nauseante e quella mattina, di nausea, già ne aveva a sufficienza.

Mentre in silenzio sorseggiava la sua bevanda fresca – il bacino poggiato al bancone – fece saettare lo sguardo sul pavimento ancora in parte coperto da pezzetti di vetro che Neal stava pazientemente facendo sparire.

E intanto hai distrutto il terzo bicchiere del servizio buono.” constatò senza particolare entusiasmo.

Io e i tuoi servizi abbiamo un rapporto decisamente ostile.” commentò Neal una volta chiuso lo sportello della spazzatura dove aveva appena finito di gettare i vetri.

Quelle mutande mi sono nuove.” aggiunse Liesel. Conosceva fin troppo bene la vasta collezione di intimo di Neal ma era sempre stata convinta che il leopardato mancasse ancora all'appello.

Acquisto recente.”

Neal era un bel ragazzo.

I capelli biondo cenere, appena scompigliati, gli donavano l'aria un po' selvaggia per cui l'intero mondo femminile – o quasi – impazziva. Le sue iridi erano inondate di un blu marino, tendente in alcune zone al grigio, in grado di destabilizzare le più deboli di cuore. Il suo corpo piuttosto magro era dotato di qualche muscolo – merito delle ore passate in palestra assieme a lei – e ben proporzionato.

Il suo abbigliamento poteva essere catalogato come appariscente, protagonista di uno stile che richiamava a tratti il gotico ma con qualche tonalità di nero in meno.

Non era un amante dei piercing, eppure non aveva resistito alla tentazione di ornare il sopracciglio destro con un anellino metallico e, un paio di anni prima, riportare sulla pelle del collo la lettera iniziale del nome di Liesel, forte simbolo della loro solida amicizia.

Liesel era tutto ciò che Neal possedeva, o meglio, che gli era rimasto. Cresciuto in una famiglia decisamente chiusa, per nulla elastica di fronte al mondo che la circondava, si era visto costretto a fare le valige ed abbandonare quella casa che ultimamente gli aveva strappato via l'ossigeno. Sempre troppo stravagante, addirittura ridicolo per i suoi genitori. Vi era sempre un troppo a completare i loro aridi commenti.

Per non parlare del giorno in cui decise di dichiarare la sua omosessualità.

Fu costretto a passare attimi logoranti in cui i suoi pensieri avevano cominciato a vertere pericolosamente attorno al suicidio. Sentiva di non essere più in grado di gestire la situazione, di non averne più il controllo e ciò aveva cominciato a fare seriamente male, soprattutto se le poche persone che aveva attorno avevano deciso, tutte, di voltargli le spalle.

Solamente Liesel non aveva mosso un sopracciglio alla notizia. Tutto ciò che era stata in grado di fare fu preoccuparsi per le gravi condizioni del suo amico. Ricordava perfettamente il suo viso segnato dal dolore e dalle lacrime che i suoi occhi continuavano a versare. Ricordava il suo sguardo perso, arreso, scrutarla al di là della porta di casa sua mentre i capelli gli cadevano scomposti sulla fronte, fradici del temporale che aveva deciso di accompagnare il suo dolore quella sera come in un film.

Liesel non impiegò due secondi a decidere di prenderlo a vivere con lei. Non poteva assolutamente permettere che il suo migliore amico perdesse ogni speranza.

Ora, finalmente, lo vedeva sereno: si era accettato per quello che era e si sentiva a suo agio in mezzo alla gente. Nulla poteva renderla più felice.

Stasera invece vieni con me al Liquid Kitty?” le domandò improvvisamente Neal facendole spostare di nuovo lo sguardo su di lui.

Il Liquid Kitty era attualmente uno dei locali più in di Los Angeles, a una decina di minuti da Santa Monica dove Neal era solito incontrarsi con i suoi conoscenti omosessuali. Era capitato più volte che anche lei prendesse parte alla compagnia e non le fu difficile trovare la presenza di quei ragazzi bizzarri particolarmente gradevole.

Ci sarà anche Damian?” chiese curiosa mentre masticava rumorosamente.

Damian: l'unico vero motivo per cui Neal soffrisse ancora ogni giorno. Un amore non corrisposto, un amore che nonostante tutto Neal continuava a nutrire.

Già.” si limitò a rispondere il ragazzo trovando un diversivo nel panno bagnato con il quale prese a strofinare il bancone della cucina.

È semplicemente pigro.”

Oh.

Avrebbe tanto voluto tirarsi una sprangata sulle gengive per quella sua assurda uscita.

Pigro.

Non avrebbe potuto trovare conforto peggiore.

Neal scrollò le spalle scettico.

Evidentemente lo è solo con me.”

La ragazza non seppe aggiungere altro e forse era meglio così. Era inutile continuare a scavare nell'improbabilità. Per quanto provasse a tirarlo su di morale con poche ed incerte speranze, tutto si rivelava come sempre infruttuoso.

Vado a farmi una doccia.” tagliò quindi corto per evitare altre frasi inutili ed imbarazzanti dopo aver carezzato la schiena del suo migliore amico. Avrebbe capito.

D'accordo.”

E vedi di non distruggere l'intera cucina.” sorrise poi, una volta raggiunta la soglia, osservandolo con occhi furbi.

Neal aveva già sollevato il dito medio.

Con un sorriso impercettibile percorse nuovamente le scale – questa volta con più grazia – fino a raggiungere la sua stanza ancora immersa nel buio. Ormai decisa a rinunciare a qualche altro minuto di sonno, lasciò che la luce la invadesse e che un po' dell'aria che tanto amava respirare a Los Angeles la rinfrescasse.

Amava Los Angeles. Amava la sua casa, amava il suo lavoro. Poteva tranquillamente affermare di arrivare quasi ad amare la sua vita. Quel quasi vedeva la mancanza di un uomo con il quale condividere tali gioie ma, al contrario di ciò che la gente potesse pensare, Liesel era felice così. La presenza di un esemplare fallo-munito, e quindi inevitabilmente limitato, era l'ultima cosa di cui avesse bisogno.

Era chiaro che la sua fiducia nei confronti del genere maschile fosse alquanto assente. Che fosse colpa del suo adorabile padre, tornato rapidamente in Bulgaria il giorno della sua nascita senza averle mai concesso sue notizie? Probabile. Che fosse colpa del suo ex fidanzato, scovato a letto con un'interessante esemplare femminile che sfortunatamente non era lei? Non era da escludere. Ad ogni modo, non si era mai posta il problema di trovare la causa del suo essere così – come amava definirla Neal – frigida.

Aveva imparato a non offendersi più.

Il getto dell'acqua calda sul viso la fece sospirare compiaciuta.

Doveva fare la spesa. Lei e Neal non erano i campioni della cucina salutare e vedere il frigorifero ospitare solamente la metà di una cipolla le aveva fatto pensare che forse era giunto il momento di comprare qualcosa. Doveva anche stirare. Ultimamente il cumulo di vestiti che aveva preso posto sulla poltrona della sua camera aveva cominciato a crearle qualche problema.

Non era mai stata una persona disordinata ma il mondo avrebbe dovuto riconoscere che il suo lavoro le portava via molto tempo prezioso che probabilmente avrebbe potuto utilizzare per le faccende domestiche.

Fare la stilista era ciò che aveva da sempre agognato, fin da quando era una bambina e si divertiva a vestire in mille modi differenti le sue bambole preferite. Lentamente la passione aveva preso il sopravvento e, affiancata alla sua maturazione, era divenuta un obiettivo su cui lavorare. Obiettivo raggiunto con successo, che le aveva permesso di trovare un posto alla casa di moda Rodarte. Era forse stata la più grande soddisfazione della sua vita; non avrebbe mai accettato un lavoro per il quale sarebbe stata restia a svegliarsi al mattino.

Io amerò il mio lavoro, si ripeteva sin da adolescente, quando osservava sua madre sbuffare all'idea di affrontare un'altra giornata in farmacia – chiaro ripiego, poiché eredità di famiglia. Io farò ciò che mi piace.

Ciò che la gente conosceva di Liesel Petrova era anche la sua particolare testardaggine. Ragazza ventitreenne di bell'aspetto ed apparentemente di classe, nascondeva un lato di sé che molti uomini avevano trovato terrificante. Nessuno era mai riuscito a levarle le parole di bocca poiché sempre pronta a ribattere a provocazioni di qualsiasi tipo. Mai nella vita aveva lasciato che qualcuno le mettesse i piedi in testa e nonostante potesse essere annoverato fra le qualità che un umano non doveva ignorare, il suo caratterino focoso aveva incontrato non pochi guastafeste lungo il suo cammino. Ormai solo Neal aveva imparato a comprendere ogni sua sfaccettatura ma non si era mai posto il problema di insultarla pesantemente o mandarla a quel paese quando necessario.

Quel tuo atteggiamento distaccato e scontroso verso il prossimo ti farà morire sola. Poi decideva di indorare la pillola e aggiungeva: ed è ovvio che l'unico stronzo a starti dietro sarò io.

Quelle sue affermazioni erano sempre riuscite a strapparle un sorriso. Erano una dimostrazione molto goffa dell'affetto che provava per lei e non riuscivano mai ad ottenere l'effetto inizialmente desiderato.

Si avvolse un asciugamano rosso attorno al corpo e si diresse allo specchio dove si dedicò per qualche minuto al trucco. Far morire di infarto un quarto della popolazione della Città degli Angeli di fronte al suo viso distrutto non le sembrava carino.

La pelle olivastra, gli occhi lievemente a mandorla, i lineamenti dolci erano testimonianza delle sue origini bulgare, da parte di padre. Origini che mai nella vita aveva esplorato. Suo padre era fuggito decisamente troppo presto perché lei apprendesse anche solamente la lingua. D'altra parte, le sue radici italiane materne le avevano permesso di parlarne una seconda, oltre all'americano. Sua madre Mara si sposò con il suo attuale marito americano Phil Lee in Italia e quando Liesel compì tre anni, decisero di trasferirsi a Los Angeles, la sua città. In California, Mara dette alla luce Steven Lee.

Quando il suo viso acquisì nuovamente l'aspetto umano ricercato, decise che poteva presentarsi al mondo esterno.




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Hello, everybody!

Mi fa sempre un po' strano tornare con una nuova storia eppure scrivere ed interagire con voi mi era mancato.

Spero che possiate apprezzare questo mio nuovo lavoro. Chi mi conosce sa quale impegno io riponga in questa passione che mi porto dietro da anni e sa anche quanto per me sia importante venire a conoscenza dei vostri pareri, positivi o negativi che siano. Tutto fa crescere!

Che dire, spero vivamente che questa storia vi possa piacere come le precedenti e che io non abbia deluso per ora le vostre aspettative, anche se è un po' troppo presto per dirlo. Mi piacerebbe conoscere anche nuovi lettori, adoro leggere ciò che scrivete perché mi sprona a proseguire.

Se avete voglia di seguirmi in questo nuovo “percorso” sono contenta (:

Fatemi sapere che ne pensate per ora! Un bacio.


Kyra.

  
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