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Autore: Kapitan Kefiah    01/03/2014    1 recensioni
Via Lattea, Anno 2174.
sono passati vent'anni dagli eventi di Pandora, e quasi duecento dai fatti del Distretto 9.
La Galassia Conosciuta è un cosmo complesso, in cui diverse specie tentano di preservarsi e di convivere più o meno pacificamente nonostante gli interessi contrastanti, è un' era di Crisi, di pericoli e di punti cruciali, ma anche di opportunità.
Pericoli e Opportunità si intrecciano su questa luna nel Sistena Alpha Centauri, che si trova in un punto di svolta come mai prima nella sua storia.
Una storia che si dipanerà attraverso gli occhi e le azioni di coloro che vivono in questa era.
Benvenuti nell'era WEIJI.
Genere: Generale, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 1: Casa è dov’è il Cuore

(POV: Leon)

I primi Raggi del Sole spuntarono oltre l' orizzonte illuminando la città di Sidney, spesse nuvole grigie coprivano quasi interamente un cielo di poco più chiaro. I grattacieli di vetro e acciaio proiettavano immense ombre sulle strade, illuminate dalle gelide luci al neon, quelle bianche dei lampioni e quelle multicolori delle insegne e dei pannelli olografici. Le strade erano asfaltate di fresco, e la grande massa di persone le attraversava, la quasi totalità era a piedi ma sulle piste ciclabili ai lati della strada alcuni passavano in bicicletta, altri su segway telescopici che avanzavano pigramente trasportando i loro utilizzatori stanchi di camminare. Al di sopra delle strade, sostenuti da impalcature di acciaio e cemento, si trovavano ferrovie sopraelevate per i trasporti pubblici, sei piani di tram magnetici. Oltre le piattaforme, l' aria era solcata da elicotteri di pattuglia e da trasporto.

Sotto la strada si estendevano i sei piani della metropolitana.

 

“Wow, non solo c'è poca gente ma ho pure trovato un posto libero per sedermi, forse è una bella giornata!”

Leon uscì accovacciato dal vagone, si incamminò attraverso la folla in direzione delle scale. Abbassò la testa e fece rapidamente le sei rampe di scale, fino a spuntare sulla strada, appena fuori si stiracchiò, scrollandosi di dosso l' indolenzimento di tutto il viaggio passato piegato, poi scrollò la polvere dai suoi jeans neri e dalla sua giacca grigio scuro. Un freddo soffio di vento lo fece tremare, allora chiuse la giacca. Intorno a lui tutta la gente era vestita pesante. era Aprile, ma a Sidney era da tempo che ad Aprile non faceva più caldo.

Cavò da una tasca della giacca gli occhiali da sole e li inforcò mentre i suoi occhi si riabituavano alla luce naturale e si sistemò i lacci della maschera filtrante che gli copriva la metà inferiore del volto, poi si guardò intorno. Vide infine le scale metalliche che permettevano l' accesso alle piattaforme dei trasporti pubblici.

Si incamminò in quella direzione, rallentò il passo mentre si infilava tra la folla. Si guardò intorno. Come sempre spuntava in mezzo alla folla, più alto di chiunque altro, notò che diversa gente lo stava guardando, alcuni solo uno sguardo distratto, altri lo fissavano più a lungo. Guardò avanti e continuò a camminare, non era la prima volta che si sentiva degli sguardi addosso, avevano smesso da tempo di imbarazzarlo.

Alla sua destra vide una serie di stretti vicoli con dei contenitori per l'immondizia oramai sepolti sotto una moltitudine sacchi, molti di quei sacchi erano squarciati e il contenuto riverso fuori sulla strada. Nonostante la maschera filtrante potè sentire il fetore alla perfezione. In mezzo ai sacchi c'erano un paio di dingo intento a rovistare in cerca di cibo, più in là un ratto enorme schizzava fuori da in mezzo ai sacchi e veniva azzannato al volo e trascinato nell' ombra da un varano acquattato dietro un cassonetto, più in là un gruppo di barboni stava cuocendo del cibo su un falò.

Mentre procedeva la sua attenzione fu attratta, in mezzo alle insegne al neon e olografiche che balenavano, da un grande olopannello posto su un palazzo al lato opposto della strada, sotto di esso tre grandi porte di vetro con tende rosse e un' insegna al neon che recitava 'Cinema dell' Opera'.

L' olopannello era un rettangolo di vetro e fibre ottiche lungo sei metri e alto due, incorniciato da due sostegni di acciaio cromato. Trasmetteva un trailer, a giudicare dagli hanzi cinesi e dai kana giapponesi nei sottotitoli un film asiatico: un ridicolmente gigantesco dinosauro umanoide coperto di scaglie grigio scuro e con spuntoni argentei sulla schiena, realizzato con una tuta sorprendentemente realistica, emergeva dall'oceano e vomitava un accecante raggio di energia azzurrina, distruggendo navi portaerei cariche di attori bianchi, o asiatici truccati da bianchi, con l' abbronzatura spray, capelli ossigenati ed enormi nasi finti, vestiti di uniformi da soldati americani della seconda guerra mondiale, che urlavano parole in inglese a caso; cambio di scena e dal cielo in tempesta discendeva un gigantesco drago cinese dalle scaglie scarlatte, fatto in CGI, che sorvolava una giungla e faceva piovere fulmini distruggendo carrarmati ed elicotteri, sul campo soldati cinesi corazzati nelle loro armature in ceramite si gettavano contro il nemico attraverso fiamme e esplosioni, poi un muscoloso soldato indiano e un altrettanto ben piazzato soldato cinese combattevano schiena contro schiena su un campo di battaglia desertico, falciando con due fucili d' assalto ognuno e colpi di kung fu un' orda di asiatici lampadati, vestiti da soldati cubani ma con enormi baffi posticci e sombrero, nonché altri attori vestiti da indiani d' america dipinti di blu e ingranditi in CGI.

Poi fu il turno di un film atlantico: un culturista oliato su un elicottero d' assalto Goliath Mk-04 sorvolava una giungla e falciava con un mitragliatore pesante un' orda di asiatici, e bianchi truccati da asiatici, con dentoni e orecchie a punta posticci, poi un nugolo di soldati italiani e britannici si apriva la strada attraverso quella che sembrava una città araba del medioevo, un numero imprecisato di arabi, e bianchi truccati da arabi, con enormi barbe posticce e turbanti si gettavano contro di loro ululando e mulinando scimitarre chiaramente di plastica, venivano falciati dalle fucilate ed esplodevano in una sanguinolenta palla di fuoco, poi dietro i loro spuntava un bianco con parrucca riccioluta, orecchie giganti e naso adunco posticci, e una stella di david in fronte, che cercava di pugnalare alle spalle il capo ma veniva prontamente incenerito da una scarica di lanciafiamme di un soldato tedesco spuntato dal nulla, poi il culturista di prima affrontava un gigantesco tizio russo con una svastica al braccio e quattro neri in gonnellino di leopardo al guinzaglio, che si gettavano schiumanti all' attacco prima di essere maciullati a mani nude dal culturista, seguiti da mostruosi insetti umanoidi in CGI.

Poi fu la volta di un film orientale: un gruppo di soldati del corpo Mujaheddin Hunters correva tra una copertura e l' altra in una palude devastata da esplosioni, a volte sparando qualche raffica da dietro una copertura, poi attivarono i jetpack e sfrecciarono attraverso la battaglia, ingaggiando a suon di scariche di fucile d'assalto e lanciamissili un'orda di attori mediorientali con baffi posticci alla Fu Manchu e con cappelli di paglia, che si gettavano in carica urlando come scimmie e mulinando delle katana, in un'altra scena una bella donna dai tratti semiti e una kefiah bianca con motivi azzurri al collo combatteva a colpi di Kung Fu dei bianchi, e arabi truccati da bianchi, vestiti da Waffen SS e con baffi alla Hitler, poi d'improvviso i suddetti si bloccavano e crollavano a terra tagliati a pezzi in fiotti di sangue in CGI, rivelando dietro un muscoloso uomo arabo dal volto avvolto da uno shemagh che ondeggiava drammaticamente al vento e con una sciabola yatagan insanguinata in una mano, poi era il turno di un soldato arabo con attrezzatura subacquea che sfrecciava nelle gelide acque oceaniche sparando con un fucile subacqueo, si aggrappava al dorso di una sorta di mostruoso cetaceo umanoide con quattro braccia e più denti di una motosega, e dopo una rapida lotta lo finiva aprendolo dal collo all'inguine con un coltello da combattimento, riversando una nube di sangue e organi...

Leon continuò a camminare, fissando l'olopannello, fino a raggiungere l' imboccatura delle scale a chiocciola delle piattaforme, distolse lo sguardo e prese di faccia un lampione.

“Mapporcadiquellamiserialadracaneeputrida...”

il dolore gli esplose dalla fronte e gli rimbombò per tutta la testa, indietreggiò di qualche passo massaggiandosi la fronte con la mano destra superiore, tentando di rimanere in equilibrio agitò le altre braccia e la coda, che sferzò l' aria un paio di volte e colpì un passante, staccandogli la maschera filtrante dal volto. Leon si riprese e si accorse del danno, raccolse la maschera dell' uomo annaspante e gliela porse, aiutandolo a rimetterla.

“Mi scusi signore, non l' avevo vista...”

“Sta' più attento con quella cosa negro spaziale!” l' uomo, un bianco di mezza età in completo marrone, lo spinse via.

Leon lo fulminò con un'occhiata “ 'negro spaziale' lo dici a tua sorella!”.

“Tua sorella lo succhia ai gamberoni, puffone!” gli gridò una anziana donna vestita di nero dietro di lui.

Leon si voltò di scatto e alzò la mano destra superiore, ma si bloccò. La donna si buttò a terra.

“Ehi, fermi tutti!” squillò una voce da un megafono.

Leon si voltò. Un agente di polizia, vestito di uniforme rinforzata dal pattern mimetico Urban Camo, protetto da ginocchiere e gomitiere, guanti rinforzati, anfibi, corpetto protettivo e casco, il volto coperto da una balaklava. L' agente si avvicinò fino a fermarsi davanti a Leon, e con uno scatto del braccio il manganello elettrificato che aveva in mano si estese, flebili scariche bianche lo percorsero seguite da un flebile ronzio.

“E allora?” l' agente si girò a destra e sinistra, guardando i presenti “che sta succedendo qui?”

“Questo alieno mi ha aggredito agente” l' uomo di prima si mise davanti all'agente “e stava per fare lo stesso con questa signora! Lo arresti prima che possa ferire qualcun' altro!”

“Questo non è vero agente” intervenne Leon “sono andato a sbattere contro quel lampione e mentre ero intontito ho colpito di coda quell' uomo, ma non era mia...”

“Sta mentendo! I negri spaziali fanno sempre le vittime!” urlò la donna mentre si rialzava.

“Signora si calmi prima di farsi venire un infarto” l' agente indicò Leon “in ogni caso alieno, vedi un po' di favorire i documenti!”

“Si, subito” rispose Leon, estraendo dalla tasca la sua tessera d' identità. La porse, l' agente passò la tessera in un lettore del suo computer da polso e analizzò i dati.

“mmmh...Leon Van Niekerk, nato su Pandora nel 2149, immigrato sulla Terra nel 2161...trasferitosi a Sidney nel 2169...diploma di scuola media e superiore...laureando? Signore e signori abbiamo un puffone intellettuale! Comunque...fedina penale pulita...bene, sembra tutto in regola.”

“Che sta facendo agente? Lo arresti!” tuonò l'uomo.

“Lei per caso è un ufficiale delle Forze dell' Ordine? O ha qualche altra autorità che le permette di insegnarmi a fare il mio lavoro?” l' agente puntò il manganello elettrificato contro l' uomo, che subito si irrigidì “No? Bene, allora veda di stare al suo posto, che di imbrattare carte per ore ogni volta che un fottuto alieno alza un braccio mi sono rotto le palle tempo fa...”

Si fece avanti un altro uomo, sulla quarantina, con una giacca di lucido cuoio marrone, jeans sbiancati, un cappello da ranger e una folta barba.

“Con tutto il rispetto agente, il ragazzo dice la verità” disse con accento australiano indicando il lampione “l' ho visto io stesso prendere di faccia quel lampione, non si è accorto dell' uomo dietro di lui...”

un altro uomo, un bianco sulla ventina con la testa rasata e una giacca di pelle nera borchiata, si intromise.

“Che cazzo ti impicci comunista?” urlò con vago accento russo mentre spintonava l' uomo “sei uno di quelli che ci vogliono tutti schiavi dei tuoi amici alieni!?”

“Tieni le mani a posto, prima che ti ci costringa io!” intervenne Leon.

“Tu non costringi proprio nessuno alieno!” l' agente gli piazzò il manganello elettrificato a un millimetro dal mento, il ronzio della corrente ce lo percorreva lo fece bloccare di colpo.

“Vai a farti esplodere nel nome del tuo Eya, non ti vogliamo qui!” si sgolò lo skinhead mentre continuava a spintonare l' australiano.

“Giù le mani dal mio amico, mozzarella!” un altro ragazzo, un aborigeno ben piazzato in t shirt bianca e pantaloni di tuta, si mise in mezzo e piantò un gancio sinistro in faccia allo skinhead, facendolo cadere a terra, questi strillò di rabbia e gli saltò addosso.

Con uno scatto l'agente fu su di loro, e sferrò un fendente col bastone elettrificato nella nuca dello skinhead, quando questi crollò a terra ne sferrò un altro sul collo dell' aborigeno, poi percosse ripetutamente entrambi, scariche bianche crepitarono a ogni colpo, finché i due rimasero a terra inerti e fumanti.

“Molto liberatorio” l' agente si chinò e ammanettò i due, poi si rialzò e indicò Leon “e ora alieno, chinati!”

Leon si chinò, l'agente gli diede una pacca in fronte, prendendo in pieno dove Leon aveva picchiato.

Leon ringhiò di dolore.

“La tua versione è confermata alieno” l’agente disattivò il manganello elettrificato e lo richiuse “e ora sparisci prima di causare altri casini!”

“Si agente” replicò atono Leon, che salì rapido le scale della piattaforma.

Dietro di sé, senti perfettamente il vociare.

“Questi negri spaziali vengono qui e credono di poter fare quel che gli pare!”

“Non bastavano i gamberoni, i cosi striscianti, i pollosauri e le scimmie lucertola, ora dobbiamo averci anche i puffoni tra le palle!”

“É una fottuta invasione!”

“Ci vorrebbe Master Chief!”

“Macché, ci vorrebbe Hitler!”

“Dovremmo nuclearizzarli tutti, ma i politici sono delle fighette!”

“Ma non l'ha fatto apposta!”

“Chissenefrega!”

 

Sulla piattaforma, Leon si guardò in giro, finché vide il cartello illustrativo della fermata, alla sua destra il tram era appena arrivato e la gente stava salendo.

Nuovo Quartiere Est, Linea Verde, Numero 2.

Tirò fuori dalla tasca un foglio piegato, lo aprì e consultò.

Arrivato alla fermata del Nuovo Quartiere Est, aveva percorso 500 metri e aveva raggiunto le piattaforme dei bus magnetici. Ora doveva prendere il Numero 2 della linea Verde fino a Piazza Ricostruzione, 10 fermate da lì. La piattaforma di imbarco della Linea Verde era al sesto piano.

Si incamminò di nuovo verso le scale, e si accinse a salire.

“Talion! Talion!”

Talion?

“Dice a me?” disse lui girandosi.

Si trovò di fronte una giovane donna di colore, alta e magra, con i capelli acconciati in corte trecce, indossava occhialetti da sole tondi, una felpa di paille verde, un top bianco, e jeans sbiancati dall' uso.

Aveva orecchini con piume multicolore, e una colllana di ossicini lucidati, e dei tatuaggi simili a striature sulla fronte e sulle guance.

Ho un orrido presentimento...

“Talion, avresti dovuto fargliela vedere a quei bastardi, ma ti sei comportato bene”

Leon notò una sigla sul top, scritta in nero e sormontata dalla silhouette un seme pandoriano:

N.E.T.

Na'vi Earth Tribe.

No cazzo, non il Na'vi Earth Tribe!

“So che la Gente del Cielo dovrebbe imparare a stare al suo posto” continuò lei “ma hai agito con saggezza, e Eywa apprezza...”

“A Eywa non potrebbe fregargliene di meno!” replicò gelido lui mentre si voltava di scatto e saliva le scale a passo spedito.

 

Arrivato al sesto piano camminò in direzione della zona di imbarco, c'erano due binari, uno per verso, e ai lati le piattaforme d' imbarco. Lui si fermò prima della linea gialla.

Si guardò intorno, ai lati della piattaforma c'erano delle panchine coperte, al centro una fila di lampioni neon a circa un metro l' uno dall' altro, in mezzo ad essi erano proiettati spot pubblicitari olografici. oltre le ringhiere d' acciaio della piattaforma poteva vedere la strada, le luci di lampioni e insegne, e la folla che la attraversava.

Una goccia di pioggia gli cadde su un orecchio, lo scosse.

sentì il ronzare del tram magnetico, e lo vide fermarsi davanti alla piattaforma di imbarco. Leon fece per salire, ma notò che la scritta olografica sulla porta diceva 'Linea Verde Numero 4', e si fermò.

 

Aspettò.

Guardò l' orologio: 06:41.

si diresse verso le panchine alla sua destra e si sedette.

Aspettò.

Passò un altro tram, ma dall'altro verso.

Aspettò.

Arrivò un altro tram, Numero 1.

guardò di nuovo l'orologio: 06:52.

 

Guardò di nuovo l' orologio, ma prima che potesse leggere vide arrivare il tram: Numero 2.

Balzò in piedi, e raggiunse la linea gialla.

Si pose di lato alla porta, e non appena i passeggeri in discesa furono defluiti abbassò la testa e salì.

Si guardò intorno, niente posti liberi.

Sbuffò, e si sedette sul pavimento.

“Scusatemi” disse mentre un paio di passeggeri si spostavano per fargli posto.

Notò una sigla sull'interno della porta: RDA.

 

“...Siamo in arrivo alla fermata di...”

Leon si scosse dal dormiveglia, guardo la fermata: Martin Place.

Ancora una fermata.

Leon si alzò accovacciato, e guardò fuori dal finestrino.

Vide il vecchio porto, una massa di edifici diroccati, e più in là i resti di un grande edificio, lo scheletro collassato di ciò che un tempo erano volte di calcestruzzo. Un tempo, lui sapeva, quell'edificio era il fiore all'occhiello della città.

Il tram si fermò: Piazza Ricostruzione.

 

Leon percorse rapidamente la rampa di scale fino a terra, una volta arrivato si guardò intorno. Davanti a lui c'era il Nuovo Parco Botanico Regale, un immenso giardino recintato, la strada era gremita e molta gente era già a passeggiarci, l'entrata era gremita.

Leon procedette, passando di fianco alla recinzione, all' altro lato della strada c'erano negozi, ristoranti, alberghi e bar.

Guardò l' orologio: 07:15.

Attraversò la strada, mentre camminava diede un' occhiata ai chioschi.

L' insegna al neon del primo che notò recitava 'Bushmeat Galore, Shaw & Figli', sul bancone c'erano tagli di varia carne, e altra carne già cotta. Piccione, wallaby, coniglio, gatto e altra 'bushmeat' non meglio identificata, venduta arrosto, bollita in brodo, cotta allo spiedo, soffritta a dadini nel sugo, il profumo che proveniva fu inebriante, addocchiò una serie di conigli che cuocevano su una serie di spiedi, fumanti e grondanti grasso, poi notò che venivano 20 crediti l'uno.

Proseguì, e vide un chioschetto, l' insegna olografica mostrava il logo di un cucchiaio fumante, e recitava 'Imboccati[marchio RDA]: Zuppe'. Dietro il bancone erano al lavoro cinque cuochi. Diede un' occhiata ai prezzi: 5 crediti una zuppa liscia.

Si avvicinò al bancone.

“Salve”

“Salve alieno” replicò uno dei cuochi, un bianco sulla trentina dalla pelle scura, basso ma massiccio, vestito di una divisa da lavoro marrone con un grembiule e cappello bianchi con il logo del chiosco sopra “come posso servirla?”

“Vorrei due zuppe”

“Alghe, insetti, funghi o tuberi?”

“Una alle alghe, l' altra agli insetti”

“Vuole degli extra?”

“Cosa avete?”

“Cipolla, pollo o pesce a tocchetti, piselli, fagioli di soia, spezie, formaggio, magari degli additivi”

“Un po' di formaggio, un pochino di cipolla e piselli”

“Sei fortunato alieno” disse il cuoco “oggi parte una promozione di un mese sui formaggi e offriamo formaggio d'importazione DOP! Formaggio vero, fatto alla maniera tradizionale, non il solito ricostituito industriale”

“a-ah” commentò Leon appoggiandosi al bancone “e cosa avete?”

“Roquefort francese a 40 crediti, Parmigiano italiano 38 crediti, Cheddar inglese 25 crediti, Panir indiano 26 crediti, Philadelphia americano 29 crediti, Tofu cinese 12 crediti”

“...un po' troppo, non fa niente” rispose Leon.

“Va bene, vada per le due zuppe”

“Grazie...può per favore mixarle? E non troppa cipolla, la mia gente...non la regge bene”

Il cuoco lo guardò stupito “...va bene”

Il cuoco mise una pentola sul fuoco, tirò fuori dal refrigeratore una cipolla e una scatola di piselli, li buttò nella pentola e aggiunse da una tanica dell' olio, mentre il tutto soffriggeva prese due barattoli da mezzo litro, uno con etichetta verde e l' altro con etichetta beige, e li vuotò nella pentola, dopo circa 5 minuti prese un frullatore a immersione e amalgamò il composto, poi dalla pentola lo versò in due ciotole di cartamela compressa, le chiuse, le piazzò in un sacchetto biodegradabile e le porse a Leon.

“Ci vuole qualcosa da bere?”

“No grazie” Leon tirò fuori la carta di credito “...quanto?”

“10 crediti per le zuppe, 6 per la cipolla e 4 per i piselli, fanno 20 crediti”

Merda.

“...va bene” Leon passò la carta sul sensore della cassa, salutò e ripartì.

Finì di trangugiare al volo la prima zuppa, un pasto completo per un umano ma giusto una portata per lui. Si pulì la bocca con un braccio, e senza smettere di camminare buttò la ciotola in un cassonetto.

Notò una serie di manifesti cartacei posti in teche di vetro, adiacenti al muro alla sua sinistra.

Raffiguravano tutti lo stesso soggetto: una landa ghiacciata squassata da fiamme e esplosioni, in primo piano un comandante del Corpo Speciale Spetznaz, in uniforme tattica e cappotto termico al vento, con placche di ceramite a proteggere spalle, avambracci, stinchi e petto, calcava il piede su una pila sanguinolenta di soldati nemici morti, con una mano impugnava un fucile d'assalto ferromagnetico con mirino telescopico, lanciagranate e baionetta grondante sangue, con l'altra puntava il dito verso lo spettatore, sopra e sotto vi erano, in russo e inglese, le scritte 'Proteggi la VERA Libertà...' e '...Dai anche TU il Tuo Contributo nell' Esercito dell' International Nation Consortium!'. Nella parte inferiore del manifesto vi erano affiancati slogan più piccoli, ognuno con approfondimento, quali 'Ottimo stipendio mensile', 'Accesso a qualifiche specializzate', 'Agevolazioni economiche', 'Possibilità di carriera prestigiosa', e 'Non si accettano non-umani'.

Arrivò infine in Piazza Ricostruzione, immensa e gremita di gente, circondata di grattacieli lustri, al centro del grande viale c'erano una serie di aree verdi, erba e alberi, e delle panchine. Molta gente sostava in esse, seduta sulle panchine o sull' erba. Su uno dei grattacieli, più basso degli altri, costruito a pianta esagonale e dotato di piattaforma d' atterraggio per aeronavi, attirò la sua attenzione:

Sede Interspecies Commonwealth Administration di Sidney.

Leon attraversò la piazza, e arrivò davanti all' ingresso, vi erano due soldati in armatura in kevlar, che comprendeva elmetto, maschera, corpetto, spallacci, bracciali e schinieri con colorazione Urban CAMO, a guardia, armati con elettrofucili venusiani modificati, sul corpetto la scritta 'Security'. Uno gli diede solo uno sguardo, l' altro lo guardò con più interesse. Leon attraversò le porte a fotocellula, ed entrò nell'edificio.

All' interno vi era una grande sala, il pavimento era in mattonelle esagonali bianche, le pareti erano grigie, e al centro della sala vi era una fontana composta da una vasca interrata dal fondo nero con molte piccole luci LED, disposte in costellazioni, e al centro una colonna in marmo composta di astronavi, sopra la colonna una grande sfera che rappresentava la Terra, con fibre ottiche luminose che delineavano i continenti. L'acqua che sgorgava dalla sommità della colonna faceva ruotare la sfera.

Intorno alla fontana vi erano una decina di panchine, dove alcuni impiegati stavano seduti a riprendere fiato. Gli uffici erano disposti in circolo su ogni piano. Al centro vi era il vuoto, e su ognuno dei sei angoli un ascensore.

Leon proseguì.

“Ehm, scusi signore” gli fece una guardia di sicurezza alla sua sinistra “non può proseguire senza perquisizione!”

Leon tornò indietro, la guardia gli indicò due suoi colleghi con dei detector.

“Si, subito” li raggiunse.

“...si metta in ginocchio e alzi le mani”

Leon eseguì, le guardie gli passarono intorno i detector. Uno di essi si illuminò di rosso.

“Tiri fuori qualsiasi oggetto metallico per favore” gli intimò la guardia.

Leon tirò fuori dalla tasca un paio di posate da campo, poi passò di nuovo, niente luce rossa.

“Va bene” la guardia si mise in tasca le posate “passi al guardaroba del piano terra per riavere queste”

“Ok...una domanda: sa a che piano si trova l' Ufficio Assunzioni?”

la guardia si grattò il mento, riflettendo “Ufficio Assunzioni...ah si!” indicò in direzione delle scale con un dito “Decimo Piano, Ala Est, Ufficio 14, chieda di Grigori Dolzaev”

 

Salite le scale, Leon si fermò a riprendere fiato, poi camminò lungo il corridoio, alla sua sinistra gli uffici e alla sua destra la ringhiera che si affacciava sull' interno dell' edificio. Dopo qualche metro trovò una porta: Ufficio 14 – Assunzioni.

Entrò, si trovò in una sala d' aspetto, con circa una ventina di sedie tutte occupate, ogni cinque un tavolinetto con delle riviste stropicciate, su un lato c'era una grande finestra che si affacciava su un grande balcone, da cui si aveva una panoramica della città. Fuori il sole era sorto del tutto, ma il cielo era comunque scuro e nuvoloso. Ai lati della finestra delle piante in vaso, un ficus benjamin e una palma.

Leon notò con piacere che riusciva a stare in piedi senza battere la testa contro il soffitto, fece qualche passo e si inginocchiò sul pavimento, di fianco a un tavolinetto.

Guardò l' orologio: 07:58

il suo appuntamento era alle 08:10.

Prese una rivista, quella meno malconcia, era un giornale di gossip risalente al mese scorso, l' aveva già letto a casa di Leila.

La ripose, volò fuori un foglio, che atterrò vicino al suo piede destro.

L' articolo sulle ultime scelte di vestiario formale di Xi Zhaoqian, attuale Imperatrice della Nuova Monarchia Popolare Cinese. Leon raccolse il foglio con il piede, e lo piegò fino ad ottenere un origami, poi lo pose sul tavolinetto.

Una donna aborigena vestita da motociclista, che stava seduta sulla sedia adiacente, lo guardò incuriosita.

“Carino” prese in mano l' origami e lo squadrò “è forse un Banshee?”

“No” replicò Leon “una più umile gru”.

Si appoggiò alla parete, guardò fuori dalla finestra.

Qualche goccia di pioggia contro le pareti.

Una parte della città era nuova, con i grattacieli di vetro e acciaio lustri, un' altra era più antica, di palazzi e grattacieli più piccoli, la città vecchia non devastata dagli tsunami della Grande Catastrofe.

Dalle guglie di un grattacielo vide qualcosa sfrecciare fuori, guardò con più attenzione.

Un falco, che volò in direzione della città vecchia.

Poi qualcosa di più grosso discese in picchiata da un grattacielo più in alto, afferrò il falco nel becco, cambiò direzione e atterrò sul bordo del balcone. Era un grande volatile dalle ali membranose che si aprivano per almeno sei metri, slanciato e muscoloso, coperto di sottile peluria sul corpo e di scaglie sul resto, camminava sulle dita delle ali ripiegate indietro. La testa alla fine del lungo collo era corta e dotata di becco, con grandi occhi da uccello e una grande cresta rossa striata di scarlatto. Un tapejara, un piccolo pterosauro.

Il tapejara guardò verso la sala, quasi tutti si girarono a guardarlo mentre ingoiava il falco.

Leon lo guardò un attimo, poi distolse lo sguardo.

“Il signor Van Niekerk?” gli disse una voce dallo strano timbro.

“Sono io” disse lui voltandosi.

Si trovò di fronte un uomo alto e proporzionato, vestito di completo formale blu scuro e con lunghi capelli bianchi acconciati in una coda di cavallo. La pelle lattea composta di placche in polimero sotto le quali si vedevano meccanismi in movimento, giunture coperte da plastica nera protettiva e occhi secchi con lucide pupille azzurre, dentro le quali si riconoscevano microscopici movimenti meccanici, lo identificavano come un sintetico.

“Il Signor Dolzaev ha finito ora il suo colloquio in anticipo” disse il sintetico in una voce dal suono metallico “e ha incaricato questa unità di controllare se il Signor Van Niekerk era già arrivato”

“Molto bene...può condurmi da lui?” chiese Leon.

“Questa unità è stata mandata appositamente” replicò il sintetico “mi segua”

Il sintetico si avviò verso l' ufficio, Leon lo seguì.

 

L' ufficio, di circa sei metri per cinque, era ben tenuto, senza sporcizia di sorta, a sinistra un grande armadio metallico con cartelle e cassetti per le schede di memoria, a destra una grande finestra, e una pianta pandoriana, simile a una palma, con moltissime piante 'orecchia di gatto' che crescevano su un lato, le lunghe foglie emettevano una lieve luminescenza. Sul muro davanti vi erano un affresco venusiano raffigurante una scena di caccia, e uno scudo di vimini di fattura pandoriana, e una foto della Cattedrale di San Basilio.

Alla scrivania, dotata di computer olografico e pianta di melograno da frutto, stava un uomo sulla quarantina, caucasico, con una folta barba e capelli castani ben curati, larghe spalle e un fisico possente, indossava un completo formale umano di colore bianco bordato di nero, sul taschino davanti un simbolo nero composto da tre esagoni disposti a piramide.

Il simbolo dell' ICA.

L' uomo si alzò, rivelandosi alto almeno due metri.

Sorrise “Ah, Mr, Van Niekerk, Non troppo difficile da distinguere!” commentò “scusi per battuta idiota ma io non avevo mai visto famigerato 'Talion', e scusi mio inglese, appena trasferito da sede di Mosca, ancora non abituato usare tutto il giorno”

“Nessun problema” strinsero la mano, il signor Dolzaev per poco non gliela stritolò.

“Strano cognome il suo...” gli fece l'uomo “forse olandese?”

“Sudafricano”

“Ah si giusto, lei è da Johannesburg...si sieda, da poco introdotto sedie per sua gente!”

Leon prese la sedia, allargata e rinforzata, e sedette.

“Allora” mr. Dolzaev si appoggiò sui gomiti “lei scritto in sua mail che desidera entrare in nostro recente progetto, da?”

“Sì” replicò Leon “negli ultimi mesi mi sono informato sugli ultimi progetti dell' ICA, quelli riguardanti la salvaguardia degli ecosistemi planetari”

“mh-h, e lei a quale ecosistema sarebbe interessato” chiese mr. Dolzaev “la Terra? Venere? Marte? Yilkthan? Rhakasha? Pandora?”

“Pandora” rispose Leon “mi sono trasferito qui a Sidney da Johannesburg per frequentare presso l' Università ICA, un mese fa ho completato gli studi di Xenobiologia Applicata, o meglio quelli li avevo già completati, ho completato la mia specializzazione in quella pandoriana, ho partecipato ad alcuni stage sia nelle Riserve Centrali qui in Australia che in alcuni bioparchi in Sudafrica, e ho frequentato i corsi dell'attuale direttore degli studi di biologia pandoriana, il Dottor Spellman”

“Spellman? Da, Grande scienziato! Degno successore di sua maestra, Da!” commentò Dolzaev.

“Inoltre” continuò Leon “ho una seconda laurea, non specialistica, in Storia delle Relazioni Interspecifiche” tirò fuori una scheda di memoria e una cartelletta “A riguardo ho qui con me delle fotocopie degli accertati e del mio curriculum, e gli stessi su una scheda di memoria

li porse a mr. Dolzaev, il quale inserì la scheda nel computer e controllò i dati.

“...mmmh...nato su Pandora presso Clan di Tsyalankang, trasferitosi sulla Terra, a Johannesburg e poi a Joburg... diploma di scuola superiore presso Liceo Jean Claude Van Gogh di Johannesburg, Indirizzo Scientifico, Lauree presso Università ICA confermate in archivio...lavorato come commesso, cameriere e in nettezza urbana...Da, un po' carente da punto di vista lavorativo, ma competenze accertate possono essere molto utili, Mr Anderson e nipote fatto bene a raccomandarla...lei fortunato Mr. Van Niekerk, quasi sicuro che lei assunto in nostro progetto, nel caso invieremo biglietto prepagato per raggiungere Sistema Alpha Centauri, decideremo in circa una settimana”

“La ringrazio”

mr. Dolzaev tirò fuori un documento di assunzione da un cassetto della scrivania e lo porse a Leon.

“Firmi qui, qui e qui prego”.

Leon prese una penna firmò.

 

Spuntò fuori da un lato di servizio dell' edificio, su una piattaforma collegata a una scala antincendio.

Guardò la città, i palazzi e le strade, poi alzò lo sguardo verso il cielo.

Pandora.

Una vibrazione partì da una tasca della sua giacca, lui tirò fuori il NeoCell e verificò il segnale: Samuel Anderson.

Premette il pulsante blu del piccolo dispositivo ovoidale, tre proiettori olografici si attivarono manifestando il monitor, Leon aggiustò la dimensione e la risoluzione del monitor e attivò la videocamera.

Sul monitor apparvero il timer e l' indicatore di segnale, e poi il volto di un poleepkwa, dall' esoscheletro scuro chiazzato e gli occhi chiari, i tentacoli facciali si muovevano ritmicamente mentre parlava.

“Ciao Sam, da dove mi chiami?”

“< Ciao Leon >” rispose Samuel, sul monitor del NeoCell apparvero i sottotitoli “< ti chiamo dalla stazione spaziale ICA numero 25, quindi perdonami ma dovro fare in fretta, queste comunicazioni Iperluce costano un occhio della testa >”

“Non ti preoccupare, vedrò di non rubarti molto tempo” replicò Leon “cosa devi dirmi?”

Samuel tentennò “ < per prima cosa, com'è andato il tuo colloquio di assunzione? >”

“Bene” replicò Leon “forse tra un paio di mesi ci vedremo!”

“< Già... >” Samuel tentennò di nuovo “< ...ascolta, devo darti una brutta notizia >”

Leon fu interdetto “perchè? Che è successo?”

“< Qualche giorno fa, io e mio zio siamo stati mandati in ispezione per monitorare l'attività presso il Clan dei Ka’li... >”

“...Ka’li di Metallo?” intervenne Leon “Intendi il mio...”

“< Certo che lo intendo, è proprio per questo che ti chiamo! >” rispose Samuel “< stavamo seguendo una delle ultime operazioni, riguardava tagliare alcuni alberi per allargare il quartiere abitativo, ma mentre la squadra stava lavorando è avvenuto l' attacco di un thanator, ha aggredito i nostri operatori e i nostri contatti locali e...>” Samuel si fermò.

“...'E' cosa?”

“< ...Ci sono stati dei feriti...tra cui i tuoi zii, Leon >”

Leon sussultò.

“...i...miei zii?”

“< Si, i medici che li hanno in cura stanno facendo il possibile >” continuò Samuel “< ma sai com'è, tra i danni e il deterioramento fisico, non gli danno molte speranze, forse un anno, forse meno... >” si fermò “< ...mi dispiace tanto >”

“...non hai motivo di dispiacerti, non è colpa tua...se potrò arriverò il prima possibile”

“< Nel mentre, mandami i soldi e farò il possibile per trovarti una sistemazione, ok? >”

Leon abbassò lo sguardo. Non rispose.

“< ...Leon? >”

“...Io...ti ringrazio Samuel” rialzò lo sguardo “sei un vero amico”

“< è doveroso>” Samuel fece un cenno di saluto “< spero di rivederti presto >”

“Anch'io lo spero...ciao!”

“< Ciao! >” Samuel premette un pulsante e la comunicazione si interruppe, il monitor olografico divenne bianco.

Leon premette il pulsante rosso del NeoCell e il monitor scomparve.

Una goccia di pioggia gli prese in pieno l' orecchio destro.

Poi la pioggia si intensificò.

Grandioso.

Si tirò su la giacca per coprirsi la testa, e si rimise in marcia sotto all'acquazzone.

 

Guardò fuori dalla finestra, il sole era già calato. Non che la città fosse più buia, le fredde luci neon dei lampioni illuminavano ogni strada e si mescolavano al balenare multicolore delle insegne olografiche.

Attraversò il corridoio e arrivò davanti a una porta: Appartamento 114.

Leon tirò fuori dalla tasca una chiave, e la inserì nella serratura, la porta lesse la chiave e sbloccò la serratura, lui girò la chiave e la porta si aprì.

Entrò e si ritrovò nell'anticamera. Alla sua destra una cassapanca sovrastata da uno specchio, alla sua sinistra un attaccapanni con altre tre giacche, davanti a lui un'altra porta. Infilò la chiave e gli occhiali da sole nella tasca della giacca e la appese all'attaccapanni.

In mezzo alle sue giacche ce ne era una che non ricordava. Era una felpa di tuta grigia, con cappuccio, ed era chiaramente troppo piccola per lui.

Captò qualcosa.

“Che è questo odore nauseabondo?”

fece guizzare la lingua biforcuta dall'apertura sul labbro superiore.

Un odore dolciastro, pungente, che gli ricordava le cimici.

Drizzò le orecchie.

“In nome di Eywa, usa ancora quel profumo?”

 

   
 
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