Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Quinny El FW    01/03/2014    2 recensioni
Quinn è rimasta vittima di un incidente che l'ha costretta sulla sedia a rotelle, non sa quanto ci rimarrà se per poco o se per tutta la vita quello che sa è che oggi è un grande giorno per lei e deve tornare al McKinley dai suoi amici del Glee che ricorda uno ad uno ed in particolar modo Santana.
Sola in camera Quinn passa il tempo a pensare a com'era e a come potrebbe essere, ma il tempo trascorre e sembra che nessuno si vada ad interessare di lei per darle aiuto e deve provvedere da se od almeno così sembra...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray | Coppie: Quinn/Santana
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
Capitolo I
 
In una giornata cupa e nella quale non era possibile scorgere nemmeno un po' di luce Quinn Fabray è seduta, come sempre, sulla sua sedia a rotelle a fissare la pioggia cadere al suolo e creare uno stato di melma e fango fuori dalla grande finestra della sua nuova camera grande al piano terra della casa.
Da quando Quinn ha fatto l'incidente la sua vita è inevitabilmente cambiata, non può più fare le cose che faceva prima ed anche le cose più semplici per lei oramai sono diventate una vera e propria impresa. Eppure Quinn sa di dover comunque ringraziare ed essere felice essendo ben cosciente che sarebbe potuta decisamente andarle peggio, ora lei potrebbe non essere nemmeno qui in attesa che qualcuno si ricordi di lei e la vada a cercare per aiutarla a vestirsi.
I medici dicono che non si sa se le sarà possibile riacquistare l'uso delle gambe o no, lei sa solo che oggi è un grande giorno od almeno dovrebbe esserlo.
Quinn deve, infatti, tornare a scuola oggi e ripercorrere quei corridoi del McKinley in un modo che non aveva mai fatto seriamente prima nemmeno quando due anni fa il professor Schuester fece mettere tutti i tredici ragazzi sulla sedia a rotelle per capire come ci si sentisse ad essere Artie.
Continuando a fissare il panorama oltre il vetro Quinn si ritrova in balia di una serie ininterrotta di pensieri e riflessioni che le navigano nella mente quasi offuscando il suo ragionare in maniera razionale. Per la primissima volta nella sua vita Quinn è agitata per una cosa semplice come tornare a scuola, non ricorda se qualcuno la sia mai andata a trovare quando era in ospedale e non ricorda nemmeno quanto ci sia stato in quel posto così asettico. La mente continua ininterrottamente a riproporle pensieri tristi e felici, ricordi di quando le sue gambe funzionavano, ma la cosa che la stupisce di più è il fatto che davanti ai suoi occhi le si stia creando quasi una patina sottilissima, come nebbia che le proietta uno dopo l'altro i visi dei suoi amici. Come se dovesse richiamarli alla memoria per ricordarsi di loro e dei loro nomi Quinn vede comparire i loro volti e ricorda che loro sono l'unica motivazione per la quale lei oggi non rifiuterà, come avrebbe voluto, di andare al vecchio liceo.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Cercai di allontanare per un momento quei pensieri, non arrivava nessuno e sarei potuta pure andare al in pigiama al McKinley per loro. Mia madre era sempre troppo occupata nel vedersi con quelle antipatiche delle sue amiche che trasudavano falsità, non riuscivo proprio a capire cosa ci trovasse di bello in loro ne come potesse non accorgersi che esse non facevano altro che prendersi gioco di lei ed usarla solo quando conveniva loro. La morale di tutto questo? Semplice Judy, mia madre, era uscita ieri sera per andare a casa di una di queste “signore” per prendere parte ai loro consueti incontri di burraco e nonostante fossero già le otto e mezza circa di lei non c’era alcuna traccia. Odiavo quando faceva così sembrava sempre che fossi io a dovermi prendere cura di lei e non l’inverso come sarebbe naturale e, come se non bastasse, l’incidente non aveva per nulla migliorato questa situazione. Mia madre non sarebbe mai cambiata e lo sapevo benissimo, avrebbe sempre bevuto superalcolici dalle sei del pomeriggio in poi e sarebbe sempre corsa dietro alle signore di questo quartiere così falsamente pretenzioso ed appariscente di Lima chiamato Dudley nel quale la gente che ci vive è esattamente come lei convinta di essere chissà quanto importante solo per la loro condizione sociale che gli permette di considerarsi borghesi benestanti.

Cercai di chiamare la cameriera, Luisa, che doveva essere in cucina come sempre, ma non ottenni nessun risultato positivo e così mi preparai psicologicamente al fatto che, anche in un giorno come questo nel quale per me sarebbe successa una cosa molto importante, mi sarei dovuta arrangiare da me.
Misi le mani sulle ruote della sedia ed iniziai a muoverle cercando, non so come di dirigermi verso l’armadio nella speranza che qualcuno così anche per caso si fosse ricordato di sistemarmi i vestiti per oggi in un posto basso in modo che ci potessi arrivare.
Non sono però ancora molto brava a muovermi su quella cosa, non è facile come sembra non lo è per nulla, e la prima cosa che feci fu urtare contro alla scrivania rossa. Fortunatamente non mi feci male e non feci alcun danno se non quello di rovesciare a terra tutte le matite e le penne che erano contenute in un astuccio nero, sarebbe stato inutile anche solamente pensare di poterle raccogliere e probabilmente l’unico risultato sarebbe stato quello che mi sarei dovuta far comprare delle nuove matite dato che le mine all’interno di queste che giacevano sul pavimento era logico che si fossero rotte.
Girai ancora le mie ruote cercando disperatamente di migliorarmi stavolta e fiduciosa che non avrei fatto altri macelli, ma si sa la fiducia serve a ben poco in occasioni del genere. Come prevedibile urtai contro un altro mobile, una libreria per l’esattezza,  e stavolta l’esito fu peggiore di quello precedente, mi caddero in testa molti libri ed alcuni oggettini che avevano messo alle mensole più alte. Bestemmiai  borbottando mentre con le mani lasciavo cadere i libri a terra per poi massaggiarmi la testa :- “ Ora ci manca solo che mi esce un bernoccolo e la giornata è davvero perfetta” – dissi a me stessa mentre continuavo a cercare di alleviare il dolore della botta e, quando mi sembrò di esserci alla meno peggio riuscita riposai le mani sulle ruote della carrozzina e feci il terzo tentativo. Non capivo proprio come nessuna delle cameriere potesse non sentire tutti i rumori che stavo creando, secondo me avevano le cuffiette con la musica al massimo come loro solito, girai ancora un po’ le ruote sul parquet lucido della camera che mi era stata data e quasi riciclata come nuova camera e, proprio mentre stavo finalmente per arrivare al tanto desiderato armadio che era situato di fronte al letto urtai non so nemmeno più io contro cosa e mi cadde un vaso in testa, cercai di parare il colpo con le mani e bene o male ci riuscì, ma la cosa peggiore venne dopo che mentre tranquilla continuavo ad avvicinarmi alla meta rimase una delle due ruote incastrata in un cordoncino bianco. Cercai con le mani di liberarmi, ma i miei movimenti erano molto impacciati e più mi muovevo più mi incastravo fino a che non mi cadde la tenda di un’altra finestra vicino l’armadio addosso avvolgendomi come se mi stessi travestendo da fantasma. Cercai disperata di liberarmi ancora una volta, ma stavolta a sancire la mia prigione ed il mio fallimento fu il cordino che mi si arrotolò tutto intorno stringendomi in maniera strettissima ed incastrandosi al fermo della sedia a rotelle come se esso facesse il nodo. Ancora una volta cercai non so nemmeno come di liberarmi od almeno di muovermi un po’,ma mi cadde qualcosa addosso e non riuscivo a fare nulla, continuai testarda ed impacciata a muovermi a più non posso bofonchiando dato che tanto era stretta la stoffa a me che non riuscivo a parlare ed ad un tratto accadde quello che non volevo succedesse perché com’è che dice il detto? C’è sempre di peggio.
Muovendomi feci in modo tale che la sedia a rotelle si accasciasse al suolo cadendo in avanti e facendomi così ritrovare spiaccicata seduta e legata su di essa chiusa in una tenda in modo strettissimo da sembrare un insaccato, bene ora certamente non mi sarei mai riuscita a liberare.
Sbuffai e scoppiai a piangere come una bambina, era tutto così frustante e non potevo far nulla per liberarmi, non potevo mai più fare nulla ormai ero solo una ragazza paralitica imbranata che non sarebbe più riuscita a fare nulla e nessuno si importava davvero di me, non che il loro atteggiamento non fosse comprensibile insomma chi potrebbe mai importarsi di una come me non credo che io mi importerei di una come me, una conciata come me non lo vuole nessuno.
Ad un tratto, mentre la vista mi si era offuscata e gli occhi si erano riempiti di lacrime, la mia mente mi ripropose compare il volto indimenticabile della mia storica amica Santana, non so per quale strano motivo stessi pensando a lei in questo preciso momento così devastante e tragico per me nel quale i miei occhi altro non sembravano che un fiume in piena che scorre senza fine oltre qualsiasi argine.
Santana era particolare, aveva  un carattere tutto suo era stronza forse più per difendere la sua reputazione che non perché lo fosse realmente eppure in quella situazione mentre ero ancora prigioniera della tenda e della mia sedia la pura e semplice immagine del suo volto che stavo sognando davanti ai miei occhi rappresentava l’unico punto di salvezza, l’unica speranza per un disastro totale come me.
Piangendo senza interruzione e con tanto di singhiozzi trascorrevo i minuti uno dopo l’altro aspettando che qualcuno si ricordasse di me e venisse a prendermi, ad aiutarmi. Non so quanti minuti trascorsero quando sentì finalmente dei rumori che non erano provocati dal mio dolore, dalla mia frustazione e dal mio pianto, erano semplici rumori di passi nella mia stanza, li riconoscevo: provenivano dalla porta e si avvicinavano a me. Qualcuno si era ricordato di me.
-“ mmmmmmmfmfmmmmmmmbommmmmkmjskmkskndjnnxdkn” – bofonchiai inutilmente cercando di parlare, ma il risultato fu pessimo, per segnalarmi anche se penso che non sarebbe sicuramente potuta passare inosservata una ragazza avvolta come una salsiccia con tutta la sedia a rotelle. Sentì la voce, sentì la voce che mi rispondeva, la voce del mio salvatore che si rilevò una salvatrice del tutto inaspettata. Timbro forte e facilmente riconoscibile, era lei la mia salvatrice: Santana.
-“ Oh mio Dio Quinn hai deciso di travestirti oggi? Sono arrivata a tempo per la festa?” -  mi domandò con quel suo solito tono sarcastico ed al contempo naturale, mi mossi ovviamente non riuscendo a far nulla.
-“ Non ti muovere Fabray che sembri solo un pesce fuori dall’acqua” – aggiunse poi lei ridendo e la sentì fermarsi, vidi attraverso la tenda e vidi anche se sfocato la sua sagoma
-“ mmnnhndn AIUTAMI SANTANA jmkjmhk ” – dissi continuando ad agitarmi so che probabilmente l’avrebbe raccontato a tutti e mi avrebbe preso in giro per quello, ma oltre che continuare ad agitarmi ed a piangere con i singhiozzi talmente tanto da non sentirmi più il petto ne lo stomaco non potevo fare. Singhiozzavo e non riuscivo a smettere stavo male come mai.
-“ Smettila di muoverti su, faccio io… ti aiuto io”- disse poi lei con uno strano tono dolce ed io aspettai che lei si mettesse all’ opera continuando a piangere.

- continua... - 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Quinny El FW