Occhi rosso fuoco apparivano per la
frazione di un secondo, e poi scomparivano di nuovo alla vista. E si
spostavano,
veloci e scattanti, così rapidi che vederli era praticamente
impossibile. E un
bizzarro luccichio ogni tanto si poteva notare, un leggero bagliore che
irradiava
il buio. E una risata beffarda che ogni tanto rompeva quel silenzio
pesante.
Quelle luci rosse erano dovunque: dietro il divano, sopra
l’armadio, sotto la
scrivania, accanto alla libreria. Sopra il tavolino di vetro, sul
soffitto di
legno intarsiato. Infine, in un fulmine rosso sangue che
balzò sopra al divano,
che misteriosamente scoppiò a ridere.
«Sempre
la solita bambina, Steph» rise, cingendo con le braccia il
corpo che gli era
balzato addosso. Lunghi boccoli rosso fuoco, occhi del medesimo colore,
ed un
sorriso altamente beffardo dipinto sulle labbra di un rosa vivo che
donavano
alla pelle color latte della ragazza una nota di vita. Ed era da quelle
labbra
che usciva per la seconda volta una risata cristallina. La voce
squillante di
una bambina in un corpo dalle forme medie, né troppo
prosperose né troppo poco.
E le dita lunghe della bambina sfioravano il viso del ragazzo sopra il
quale era.
«E
tu sei un vecchio, un vecchio» cantilenava la bambina. E
adagiava le labbra su
quelle dell’uomo che aveva vicino. Lo stesso aveva capelli
neri corti, occhi
dello stesso colore del sangue. E la pelle serica come quella della
bambina.
Ignorando le sue parole, il ragazzo si mise a sedere, cullandola appena
con le
braccia, a destra e a sinistra, poi avanti e indietro.
«Baaastaaa..» si lamenta
quella, battendo appena con le manine sul petto di lui. «Ewan
smettila di
trattarmi come una bambina..»
«Uhm..
perché mai? E’ divertente» rise, e
riprese a cullarla con più dolcezza di
prima. La bambina, che poi tanto bambina in realtà non
sembrava, chiuse gli
occhi e là si assopì. I riccioli rossi ricaddero
sul viso e le braccia caddero
inermi sul vestito nero dalle rifiniture rosso fuoco. «Oh,
Steph, Steph»
cantilenò allora Ewan. Chiuse gli occhi, e continuando a
cullarla sospirò «Il
nostro viaggio non è ancora finito. Abbassare
così tanto la guardia non va
bene, oh, no» scosse appena la testa, ed alzando il viso
fissò le iridi rosso
sangue sopra la cartina appesa sulla scrivania. Le labbra
s’incurvarono verso
l’alto in un sorriso che prometteva male. «Prossima
fermata Forks, Stephenie.
Andiamo a fare visita al Clan che vi abita» e continuando a
cullarla chiuse gli
occhi e si assopì assieme a lei.
***
«Bella!»
Edward stringeva le braccia intorno al corpo della neonata, che si
dibatteva
come se fosse un pesce appena uscito dall’acqua. Davanti a
lei c’era Alice con
in mano una maglietta; era di Charlie. «Calmati,
Bella!» quella continuava a
dibattersi, ad urlare, e la gola le ardeva incessantemente.
«Ho
sete!» urlava,ancora, scuoteva la testa frenetica.
«Ho sete!» ripeteva ancora e
ancora, finché il suo amato non fu costretto a tenerla
immobile per terra, con
una stretta così forte da non darle il tempo neanche
più di muoversi. «Fatemi
bere! Datemi del sangue!» stringeva i denti, i canini appena
formati
stringevano le labbra e ferivano. Gli occhi stretti per cercare di
controllare
la sete, e le parole che nonostante tutto questo continuavano
imperterrite ad
uscire. «Io lo voglio! Lo voglio! Non potete privarmene, io
lo voglio!»
«Bella!
Per farti stare tranquilla e
con la
testa a posto dobbiamo cacciare Charlie da Forks forse?!» il
tono che usò
Jasper in quel frangente era terribilmente duro. Bella soffriva,
invece. Il
dolore alla gola che annunciava la sete era terribile, e per quanto
potesse
dibattersi e urlare, non avrebbe avuto il sangue che desiderava di
più al
mondo: quello di Charlie, suo padre. Ogni cosa che le ricordasse il suo
odore
le faceva venire sete, e se non c’era il diretto interessato
nei paraggi
sarebbe andato a cercarlo lei stessa; e invece, la famiglia Cullen la
teneva
immobile e segregata. Non doveva bere dai suoi cari, anche se lei
stessa
avrebbe voluto lanciarsi contro il suo Cantante e dissanguarlo il prima
possibile.
Charlie
era il suo unico punto debole, per quanto volesse sangue umano riusciva
a farsi
bastare quello animale.
«Edward,
ma quando partite?» era stata Alice a fare la domanda,
comodamente seduta sul
divano. «Per l’Alaska, intendo. Se vi allontanate
da Forks forse sarà più
facile» disse, e incrociando le braccia si fece pensierosa.
«Per lei
sicuramente, almeno. Più lontana sta dal suo Cantante meglio
è».
«Lo
so questo, Alice» rispose quindi lui, sul viso
un’espressione dolorante per ciò
che stava facendo alla neonata. «Però mi stupisco
veramente che sia riuscita a
trovare il suo tanto presto! E’ una Vampira da appena tre
settimane!»
«E
tua moglie da due mesi» terminò Alice
«E’ Ottobre, sareste dovuti partire per
l’Alaska un mese fa, subito dopo averla fatta! Oppure avresti
potuto.. beh,
farla direttamente là. Qua è fin troppo
pericoloso per Charlie, per tutti
quelli che le sono stati vicini fino ad oggi», scosse la
testa con forza, prima
di esibirsi in uno sguardo sofferente. «Pure per me
è diventata pericolosa»
afferrò con decisione il proprio braccio, unico punto in cui
si poteva
perfettamente vedere un segno ben distinto, quasi fosse una cicatrice.
Il segno
del morso della stessa Bella, era simile a quelli che aveva Jasper
sparsi per
tutto il corpo. «E dire che sono la sua migliore
amica» Alice scosse la testa e
fece una smorfia. Quando Bella aveva sete era incontenibile.
«Lasciami!
Edward, lasciami!» si dibatteva, poco a poco più
veloce, stringendo gli occhi
in maniera fin troppo forte. E con un ultimo scatto riuscì
miracolosamente a
liberarsi. Saltò su Alice e le prese immediatamente la
maglia del padre,
portandosela al naso ed inspirando profondamente.
«Sì» sussurrava, gli occhi di
un forte colore nero. Sorridendo malamente lanciò via la
maglietta e si lanciò
fuori da casa Cullen.
Ciao , ciao . . .
l’
autrice ,
© Gackt_Agito