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Autore: AkaRen    02/03/2014    2 recensioni
Lei era bellissima.
Con quel suo fare goffo, con quell'espressione sempre persa nel vuoto.
Quei capelli bianchi, lunghi fino alla vita, ti toglievano il fiato. Così come quegli occhi, tendenti al rosa. Sentivi di poterti perdere, nel contemplare quel volto. Era la tua perdizione.
Vivevi per lei.
Lei non se ne accorgeva; ella non si accorgeva di nulla.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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She was pure, she was perfect.


Lei era bellissima.
Con quel suo fare goffo, con quell'espressione sempre persa nel vuoto.
Quei capelli bianchi, lunghi fino alla vita, ti toglievano il fiato. Così come quegli occhi, tendenti al rosa. Sentivi di poterti perdere, nel contemplare quel volto.
Vivevi per lei.
Lei non se ne accorgeva; ella non si accorgeva di nulla.
Il destino le aveva giocato un brutto scherzo: era albina ed era cieca.
Percepiva solo il suono proveniente dalla propria abitazione e, di notte, udiva l'abbaiare dei cani e il cantare degli uccelli. Per il resto, non conosceva nulla del mondo esterno.
Un giorno ti eri chiesta se quello, in realtà, non fosse stato altro che un dono fattole dal Signore: non potendo relazionarsi con la gente e quindi non conoscendo il loro animo crudele, era rimasta ingenua; di un'ingenuità dolce. Forse il Signore si era commosso nel rimirare la bontà che la caratterizzava ed aveva deciso di preservarla dalla cattiveria della gente.
Ella era pura.
Adoravi passare le tue giornate con lei, perché era meraviglioso notare come quella creatura non fosse stata segnata dall'arroganza delle persone.
Una sera in particolare aveva sconvolto la tua vita, e la sua.
“Sai, a volte mi chiedo come tu sia. Non sai quanto desideri poterti osservare, posare lo sguardo su di te. Mi farebbe piacere scoprire i tuoi lineamenti, perdermi nella contemplazione delle tue curve.
Immagino che tu sia bellissima.”
Aveva annuito, inarcando le morbide e sottili labbra in un sorriso. Uno di quei sorrisi che adoravi; forse per la loro sincerità, forse semplicemente perché era lei a farli nascere sul suo volto.
E tu rimanevi incantata ad osservarla. Ti dimenticavi di tutto il resto, nulla aveva importanza se lei sorrideva. Se lei era felice.
Era questo il tuo compito, pensavi. Renderla contenta, in qualsiasi modo tu potessi farlo.
Come se avesse letto i tuoi pensieri, dopo quell'attimo di silenzio, non ricevendo una tua risposta, ti aveva domandato “Mi condurresti fuori, se io te lo chiedessi? Potresti portarmi nel mondo esterno, almeno stasera, nel giorno del mio compleanno?”
Avevi deglutito. Lei lo aveva percepito e un'espressione affranta si era fatta largo sul suo volto.
“Oh. Non lo desideri?” ti aveva chiesto, il tono di voce deluso, nonostante cercasse di non darlo a vedere, poiché non voleva rattristarti con la sua amarezza.
Improvvisamente ti eri riscossa e mosso il capo in vari cenni di diniego.
“N-no. Com'è tuo desiderio, e quindi anche mio, stanotte usciremo.”
Il sorriso era ricomparso sul suo volto, dolce quanto quello di prima.
Avevi perso un battito, contemplandolo.
Ti eri alzata ed avevi preso nella tua mano la sua, sottile. La sua pelle era diafana; le sue dita, affusolate, conferivano alla sua figura un aspetto regale. Ella somigliava a un angelo.
Era così esile che l'unico tuo desiderio era quello di proteggerla.
L'avevi condotta fuori, facendo attenzione a dove poggiasse i piedi. Vi eravate incamminate nella notte, mano nella mano.
Alla fine eravate giunte sulla spiaggia: avevi pensato che il luogo migliore dove portarla era il mare, poiché di notte era meraviglioso starvi e, pensavi, era l'unico posto bello almeno la metà di lei.
“Cos'è questo rumore?” ti aveva chiesto.
Avevi desiderato che il Signore, in quel momento, le regalasse il dono della vista, come regalo per il suo compleanno. Avevi sospirato di frustrazione, pensando a come quella eterea fanciulla non potesse bearsi della visione del posto.
“Sono le onde del mare; si infrangono sulla costa.” le avevi risposto, in un fil di voce.
Lei aveva annuito, quindi ti aveva chiesto di portarla là dove esse si accavallano l'una sull'altra; e tu l'avevi condotta sin lì.
Lei si era seduta sulla sabbia, poi aveva alzato lo sguardo di te, nonostante non potesse vederti, e ti aveva sorriso. Avevi ricambiato, con tutta la dolcezza che sapevi donare, nonostante lei non potesse saperlo. Oppure, forse, riusciva a percepirlo; in fondo, non smettevi mai di stupirti delle sue capacità.
Ti eri seduta accanto a lei ed eravate rimaste così, vicine l'una all'altra.
Poi, improvvisamente, lei aveva posato il capo sulla tua spalla e si era rannicchiata su di te, come un cucciolo in cerca di affetto ed attenzioni.
Tu le avevi passato un braccio intorno alla vita, cingendola a te.
Il tuo cuore aveva perso un battito, avevi trattenuto il fiato. Poi le palpitazioni si erano velocizzate e il respiro si era fatto affannoso.
Ti sentivi in colpa per le sensazioni che stavi provando, sporca.

Temevi di contaminare anche la sua anima con tali emozioni.
Ti eri morsa il labbro inferiore, poi avevi scacciato quei pensieri e ti eri concessa di rimirare il cielo assieme a lei.
Le avevi accennato la posizione delle Stelle, avevi raccontato la loro storia.
All'improvviso, una stella cadente aveva lasciato la propria scia sul manto scuro del cielo, illuminandolo di una luce pura, come lei.
Avevi inarcato le labbra in un sorriso e ti eri voltata verso di lei.
“Una stella cadente. Esprimi un desiderio.” avevi mormorato.
Tu avevi desiderato che quel momento non finisse mai e che lei potesse essere felice. Se lo meritava.
Lei aveva sorriso e, dopo un attimo, si era voltata verso di te.
“Cos'hai desiderato?” ti aveva chiesto.
“Non posso dirtelo, altrimenti non si avvererà.” avevi ribattuto.
Il sorriso sul suo volto si era fatto cupo e in quel momento rassomigliava più ad una smorfia, la quale stonava sul suo volto dai lineamenti perfetti.
“Oh. Io invece ho desiderato che tu mi potessi regalare una cosa per il mio compleanno.”
“Ma già l'ho fatto.” avevi risposto, confusa.
Le avevi regalato un mazzo di rose, di tre colori diversi: tre rose bianche, tre rose arancioni e tre rose color corallo. Ogni colore testimoniava un sentimento: le rose bianche le avevi regalate perché esse rappresentano la purezza; le rose arancioni perché sono simbolo del fascino e il suo risiedeva proprio nella semplicità e ingenuità; infine, le rose color corallo perché rappresentano il desiderio che provavi per lei, nonostante sentivi che quel sentimento era impuro e quindi non degno di lei.
“Desidero un altro regalo.” era stata la sua risposta.
La sua voce quasi tremava e avevi provato un improvviso senso di protezione nei suoi confronti, che ti aveva esortata a stringerla più a te.
Lei aveva voltato il viso verso il tuo, poi aveva portato una mano sulla tua guancia e l'aveva carezzata piano. Il contatto con le sue dita fini ti aveva fatta rabbrividire; avevi trattenuto il respiro quando avevi notato la sottilissima distanza che divideva i vostri volti.
“Cassandra...” avevi sussurrato.
“Shh.”.
Ti aveva posato un dito sulle labbra e aveva inarcato le proprie in un sorriso colpevole. Era la prima volta che sul suo viso ne vedevi uno simile, uno incrinato.
La sua mano era salita tra i tuoi capelli, dove si era chiusa a pugno, in una presa delicata.
Ti eri morsa il labbro inferiore, piano, e l'avevi guardata.
Meravigliosa.
Solo quest'aggettivo poteva descriverla, ma non era neanche all'altezza di lei.
Avevi portato entrambe le mani sulle sue guance, carezzandogliele, in gesti leggeri, quasi avessi paura di romperla tanto sembrava fragile ai tuoi occhi in quel momento, completamente abbandonata a te.
Lentamente, avevi avvicinato i vostri volti, attenta a qualsiasi suo gesto che ti potesse far intuire che voleva distanziarsi da te.
Alla fine, ti eri avvicinata così tanto che potevi sentire il suo respiro regolare sulla tua pelle e lei poteva percepire il tuo.
Per un attimo, non avevi voluto avvicinarti ancor di più.
Ti sembrava un gesto sporco, il posare le tue labbra sulle sue.
Lei era così bella, ingenua, perfetta e tu stavi per rovinare tutto, lo sentivi. Non era ciò che voleva, anche se non ti aveva respinta.
I sensi di colpa si erano fatti largo in te e per un attimo ti eri sentita male. Il tuo cuore aveva sanguinato, le lacrime avevano pizzicato agli angoli degli occhi.
“I-io...” avevi provato a dire, per interrompere quel silenzio imbarazzante.
Stavi per allontanarti; ma lei, nello stesso istante in cui avevi tentato l'azione, aveva portato entrambe le mani dietro il tuo collo, cingendotelo. Quel gesto ti aveva dato la spinta per accantonare i pensieri che ti stavano torturando.
Avvicinandoti ancora, avevi annullato completamente la distanza tra di voi e avevi suggellato le vostre labbra in una tacita dichiarazione d'amore e devozione.
Era stato un bacio lieve, fragile, ma al contempo dolce. Perfetto, come lei.
Era stato dopo esserti allontanata da lei, per riprendere fiato, che avevi notato il sorriso che le illuminava il volto; era stato proprio in quell'istante che ti eri sentita realizzata: eri riuscita a renderla felice. Avevi adempito al tuo compito.
Da quel momento, le saresti stata vicina in qualsiasi circostanza; perché era lì che ti sentivi a casa: tra le sue braccia, tenendola per mano, parlandole.
Non l'avresti mai più lasciata andare, poiché lei era tutto il tuo mondo ed ella aveva trovato la felicità nel tuo.

   
 
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