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Autore: smile_please    02/03/2014    0 recensioni
Prima regola della colonia: MAI affezionarsi di qualcuno che non vive nella tua stessa città; ne soffrirai tantissimo quando andrai via. Figuriamoci innamorarsi di un ragazzo!
Questa è la regola mi ripeto durante i giorni che precedono la partenza della colonia.
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Dedico questa storia a tutti coloro che come me si sentono sempre a metà e che non credono molto "nei sogni che diventano realtà", perchè hanno ricevuto troppe delusioni.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dedico questa storia a tutti coloro che come me si sentono sempre a metà e che non credono molto "nei sogni che diventano realtà", perchè hanno ricevuto troppe delusioni.

Prima regola della colonia: MAI affezionarsi di qualcuno che non vive nella tua stessa città; ne soffrirai tantissimo quando andrai via. Figuriamoci innamorarsi di un ragazzo!
Questa è la regola mi ripeto durante i giorni che precedono la partenza della colonia.
Nella mia prima colonia, infatti, conobbi delle ragazze che erano quasi diventate delle sorelle per me, e la sera prima del ritorno a Roma (la mia città d'origine), piansi per gran parte del tempo, perchè sapevo che non le avrei  mai più riviste, quindi non avrei più riso e scherzato insieme a loro.
Sì, perchè anche se ci si scambia i numeri di cellulare,e-mail, contatto Facebook e tutto quello che volete, alla fine non ci si sente più, nemmeno per scegliere una nuova colonia insieme.
E tutto ciò è triste, perchè quando torni a casa ti sembra di aver vissuto un sogno, vieni tormentata dalle solite domande:
"Com'è andata?"
"Cosa mangiavate?"
"Ti sei divertita?"
"Erano simpatici i tuoi amichetti?"
"Che facevi durante la giornata?".
...Mentre tutto ciò che vorresti fare è lasciare la valigia nell'ingresso, chiuderti in camera, con cuffiette nelle orecchie e  la musica al massimo, e iniziare a ripensare alle persone, simpatiche o antipatiche, incontrate lì, cercando di non dimenticare i nomi, le facce, i luoghi e le risate, con qualche lacrima occasionale che cerca di dirti: "Irene, tanto lo sai che tra qualche mese tu non ci penserai più, li avrai scordati e sarai persa fra i compiti di scuola".
E' triste, vero. Ma qualcosa continua ad incitarti a ritornare, in quei luoghi bellissimi, dove puoi essere te stessa, quindi niente giusto, niente sbagliato: niente regole perchè sei libera; certo, ci sono dei limiti, ma almeno non hai i genitori che spesso e volentieri di tolgono la possibilità di scegliere.
L'unica regola che mi ero posta, era di non affezionarmi o innamorarmi di persone che non vivevano come me a Roma.
Quell'estate sarei andata in Sicilia, dove l'acqua del mare è cristallina e le persone che vivono lì sono gentili; il programma del campo prevedeva di andare a mare la mattina (c'era anche la possibilità per chi voleva di fare corsi di canoa, immersione con pinne e maschera) e il pomeriggio fare attività all'aria aperta come pallavolo o calcetto, ma c'erano anche corsi di disegno, di danza... Insomma, potevi fare tante cose in una giornata, e i corsi li sceglievi tu.
Il giorno dopo avrei dovuto prendere l'aereo per Palermo, e da lì avrei preso il pullman che mi avrebbe portata al campo, vicino a S. Vito Lo Capo.
Questi erano i pensieri che mi tormentavano mentre faceva la valigia. I vestiti li avevo già scelti, il problema era che avevo un po' di difficoltà a mettere il tutto dentro: dopo 10 minuti passati tra il sedermi sopra la valigia e forzare la cerniera, decisi di fare una pausa.
Mi guardai allo specchio appeso alla parete dietro di me: mi ero sempre definita una ragazza a metà: non ero nè alta nè bassa, i miei occhi non erano come degli smeraldi o come il buio, erano semplicemente color nocciola. Stessa storia per i miei capelli: erano biondo cenere, tendenti al castano, ma erano pur sempre a metà. Persino il  mio fisico era a metà: non era qual genere di ragazza magrissima, ma nemmeno con delle curve che facevano impazzire i ragazzi. Persino il mio nome non era niente di straordinario: Irene. Il significato del mio nome era: pace, e mi si adattava a pennello: ero sempre stata una persona pacifica, che non litiga mai, che fa fare sempre pace alle  persone grazie alla mia calma e il mio carattere essenzialmente mite. Non era un nome molto comune nella mia scuola, ma nemmeno quel genere di nome che appena lo senti dici "ma esiste veramente quel nome?". Mi consideravo una ragazza normale, che non passa mai osservata, ed è quel tipo che vedi all'uscita della scuola che torna a casa solitaria senza nessun amico attorno. Per quanto possa sembrare triste, io ero felice così, anche se sola. Presi l'elastico che avevo sempre attorno al polso e mi legai i capelli in una coda di cavallo: era una giornata estiva abbastanza calda e non potevo sopportare il caldo per più di cinque minuti. Certo,  ero dell'opinione che c'era sempre un'eccezione alla regola, infatti durante le rare giornate che passavo a mare amavo il calore del sole sulla sua pelle.
Sospirai e tornai alla mia valigia: dovevo finire in fretta, volevo chiuderla presto, visto che domani sarei partita.

L'angolino dell'autrice
Ciao a tutti!
Questa è una piccola introduzione a ciò che voglio scrivere, quindi se vedo che questa storia piace a qualcuno la continuerò e vedremo cosa succederà a Irene... Se invece fa schifo (cosa abbastanza probabile) la lascerò in sospeso, per questo se vi ho un pochino incuriositi o non vi è piaciuta recensite e ditemi se la devo continuare, la devo lasciare in sospeso o se devo migliorare in qualcosa^^
  
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