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Autore: LalyBlackangel    25/06/2008    17 recensioni
“Stronzo!”
“Troia!”
“Cesso!”
“Vacca!”
“Cogl…”
“MA LA VOLETE PIANTARE VOI DUE?”

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One-Shot SuiKa, di cui c'è una desolante carenza nel fandom di Naruto del sito.
Con una analisi molto leggera e comica del team Taka, ex team Hebi.
Ovviamente il C.X.I.M.D.S.U. non poteva farsi scappare un'occasione simile!
Comico nella prima e nell'ultima parte.
Malinconico nella seconda.
Generalmente romantico.
Giallo per il linguaggio lievemente colorito.
Spero che vi piaccia!
[SuiKa, Suigetsu x Karin; accenni SasuSaku]
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sasuke Uchiha
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Come marito e moglie.


“Ahia!”
“Sta’ un po’ fermo, deficiente!”
“E tu fa’ un po’ più delicatamente, racchia!”
“Racchia a chi, piranha?! Col cazzo che ti curo la prossima volta! Anzi, dico a Kisame di fare più forte!”
“Qualsiasi cosa pur di non sentire più la tua voce da cornacchia.”
“Stronzo!”
“Troia!”
“Cesso!”
“Vacca!”
“Cogl…”
“MA LA VOLETE PIANTARE VOI DUE?”
Sasuke aveva sbattuto ferocemente le mani sul bordo del tavolo, facendo risuonare il legno, ed altrettanto ferocemente aveva urlato a Suigetsu e Karin di finirla di bisticciare.
Juugo, spettatore silenzioso del battibecco tra i due compagni e della sfuriata da ragazzina isterica del suo capo, voltò la testa dall’altra parte, guardando fuori dalla finestra i passerotti che si posavano sulla ringhiera del balcone del covo dell’Akatsuki.
Scosse lievemente la testa.
Incuranti delle urla di Sasuke, i due avevano ricominciato a litigare.
Pardon, a flirtare.
In un modo tutto loro, certo, ma pur sempre di flirt si trattava tra quei due.
Lanciò una breve occhiata dietro di sé.
Karin stava stringendo con malagrazia una garza attorno al braccio di Suigetsu, che dal canto suo inveiva, neanche tanto sottovoce, contro la rudezza della compagna.
Sasuke si massaggiava le tempie con un ritmo un po’ troppo frenetico, melodrammatico come al solito, borbottando imprecazioni tra i denti contro i due compagni, mandando al diavolo la sua solita maschera di freddezza.
A dir la verità era da quando aveva ucciso Itachi che l’aveva persa.
Era diventato a tutti gli effetti l’unico “maschio” sulla terra sofferente di sindrome premestruale.
“Ragazzi se non la smettete vi incenerisco!”
“Allora diglielo tu a questa frigida di fare più piano, Sasuke!”
“Frigida? Ma che cazzo ne sai tu?!”
“Coda di paglia, eh, zitella?”
“Ma senti tu sta’ faccia di merda!”
“Ma guardati la tua di faccia!”
“La mia faccia sta bene com’è. Piuttosto, ti hanno mai insegnato cos’è un dentista?”
“Qualcosa contro i miei denti?”
“Sì, faccia di culo! Sono orrendi!”
“Quasi quanto il tuo culo!”
“Il mio culo è perfetto! Non come i tuoi addominali inesistenti!”
“I miei addominali non sono in…”
“BASTA! MI AVETE ROTTO I COGLIONI! SE NON VI CALMATE SPACCO LA FACCIA A TUTTI E DUE!”
E detto questo se ne andò con passo pesante, sbattendosi la porta del salottino alle spalle.
“Kami, ma che cazzo ha? Se è incazzato perché ha ucciso suo fratello è inutile che se la prenda con noi… E come si incazza, si scazza pure! ‘Sto idiota!”
“Non dare dell’idiota a Sasuke-kun!”
Juugo sospirò.
“Ragazzi, è vero che è un idiota e che noi non abbiamo colpa di ciò che ha fatto lui. Ma se la prossima volta fate a meno di bisticciare forse non vi urla contro, che ne dite?”
Si alzò serafico e si diresse verso la porta, aprendola con quella sua delicatezza che sembrava così strana in un ragazzone del genere.
Volse un’ultima occhiata verso i due che, stranamente in silenzio, si guardavano ancora in cagnesco.
Abbozzò un sorriso.
“Sembrate proprio marito e moglie.”
E detto questo uscì, chiudendosi la porta dietro con la sua solita calma.
E lasciando Karin e Suigetsu soli ed ammutoliti.
Il silenzio calò pesante ed imbarazzante su di loro, seduti sullo stesso divano.
Karin finì di chiudere anche l’ultima garza, prestando più attenzione a non fare male a Suigetsu, ma tenendo costantemente lo sguardo basso, cercando di coprire coi suoi capelli rossi l’uguale rossore delle sue gote.
Suigetsu, anche lui visibilmente arrossito, fissava le mani della ragazza lavorare delicate, chiedendosi perché quella stupida constatazione lo avesse turbato tanto.
“Ho finito. Torno stasera a controllare le ferite. Vado un po’ a riposarmi.”
“Va bene…”
La ragazza fece per avviarsi alla porta, quando la voce di Suigetsu la raggiunse.
“Karin?”
“Si?”
“Grazie…”
La ragazza si voltò un attimo a guardarlo, tornando poi con lo sguardo basso verso la porta.
“Non c’è di che…”
Pochi secondi dopo i passi cadenzati di Karin risuonavano nel corridoio al di là della porta.

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Era venuta la sera, le ferite gli facevano molto meno male della mattina.
Dopotutto Karin coi suoi modi rudi era stata anche abbastanza brava.
Facendo violenza su se stesso, Suigetsu si costrinse a tirarsi su a sedere sul letto, abbandonando la comoda posizione distesa.
Guardò fuori dalla finestra della sua camera.
Il colore del cielo gli ricordava tanto quello del cielo di Kiri, il suo villaggio natale.
Grigio plumbeo di nebbia, su uno sfondo blu-notte cupo.
Chiuse gli occhi ed inspirò l’aria della notte.
L’odore, quello, era diverso, diversissimo.
Eppure poteva sbagliarsi.
D’altronde quando Orochimaru l’aveva rapito era davvero molto piccolo.
Abbozzò un sorriso triste, ben diverso dai suoi soliti ghigni, e Karin, entrata silenziosamente nella camera ormai da un paio di minuti, pensò che in quel momento Suigetsu fosse incredibilmente tenero, e non fece nulla per sopprimere questo pensiero, conscia del fatto che non ci sarebbe riuscita comunque.
Decise di rivelare la sua presenza al ragazzo, sedendogli accanto sul letto.
Suigetsu non diede segno di stupore: era noto quanto Karin sapesse essere furtiva e silenziosa, Orochimaru l’aveva spesso utilizzata come ladra o sicario.
Quando si dice “avere talento”.
(Chissà poi perché aveva preso lui. Suigetsu non lo aveva mai compreso fino in fondo. )
“A cosa pensi?”
Cosa serviva mentirle?
A nulla, e comunque trovare una scusante (per cosa, poi? ) sarebbe stato troppo complicato.
“A casa mia.”
Karin abbassò lo sguardo e gli carezzò lieve l’avambraccio, in un segno di conforto.
Lo capiva.
A differenza di Sasuke, lei, Suigetsu e Juugo non avevano potuto scegliere la strada da percorrere.
Semplicemente Orochimaru li aveva strappati ai loro cari quando erano ancora troppo piccoli per poter compiere una scelta consapevole.
(Troppo piccoli per tradire la patria. Infatti loro non erano dei traditori. Semplicemente erano morti.)
Lei non ci aveva rimesso più di tanto: da quando aveva poco più di due anni abitava in un orfanotrofio, non aveva comunque genitori alla cui memoria aggrapparsi dopo essere stata presa dal serpente a cinque anni.
Di Juugo sapeva ben poco, ma era probabile che neanche lui avesse mai conosciuto un parente.
Per Suigetsu, invece, doveva essere stato un trauma.
Lui i genitori li aveva.
Lui aveva degli amici e dei maestri.
Lui non era stato sempre solo.
E lo aveva capito da tempo, Karin.
Lo aveva dedotto dal fatto che lui era quello che ne soffriva di più di tutti, anche se non lo dava a vedere.
D’altronde, anche Sasuke fingeva di aver tagliato tutti i ponti col passato, ma tutti e tre lo sentivano singhiozzare nel cuore della notte, pronunciando nel sonno i nomi dei suoi ex compagni.
(Forse un po’ li invidiava. Ma sapeva che, almeno Suigetsu, un po’ invidiava lei.)
Guardò Suigetsu sorridendo triste, comprendendo il suo dolore.
Nonostante tutto, anche a lei mancava la sua patria che non la voleva più.
“Dove vivevi?”
“A Kiri, nel paese dell’Acqua. Tu?”
La guardò per la prima volta da quando era entrata.
Quando sorrideva, anche se tristemente, era mille volte più carina.
Anzi, era proprio una bella donna.
“Abitavo a Kumo, nel paese del Fulmine.”
“E com’era?”
“Carino, ma nulla di chè. Però era il villaggio dove ho vissuto i primi cinque anni della mia vita. Se potessi tornare indietro, probabilmente quella notte non avrei giocato a nascondino con gli altri bambini dell’orfanotrofio… E invece com’è Kiri?”
Suigetsu sorrise.
“Un paese di merda con un tempo costantemente di merda. Ogni volta che giocavo fuori coi miei amici tornavamo a casa fradici per tutta la nebbia che c’era. Mia madre mi sgridava spesso perché non mi mettevo l’impermeabile. A quel punto arrivava mio padre che mi sorrideva, mi diceva di non ascoltarla e mi chiedeva se volevo andare con lui ad allenarmi con le spade. La sua spada era grandissima, più grande di me. Ogni tanto cercavo di prenderla, ma pesava troppo e finivo col carambolare sul pavimento in legno del dojo. Poi arrivava mia madre che ci diceva che era pronta la cena. Faceva dei takoyaki* deliziosi.”
Abbassò lo sguardo, il sorriso si era spento.
“Chissà se stanno bene…”
Karin tornò a carezzargli il braccio, sorridendogli fiduciosa.
“Stanno bene, vedrai.”
Gli occhi azzurri di Suigetsu si incontrarono con quelli castani di Karin, facendo arrossire entrambi.
“Allora, non mi dovevi controllare le ferite?”
Karin annuì con un cenno della testa e iniziò a togliere le bende dal braccio del ragazzo.
“Cerca di fare più piano stavolta, racchia!”
“Taci, piranha dei miei stivali, e fammi lavorare!”
Stranamente non continuarono.
La ragazza lavorava in silenzio e altrettanto silenziosamente Suigetsu la fissava, facendola arrossire più di quanto già non fosse.
Aveva dimostrato una dolcezza di cui non la credeva capace, ed era incredibilmente bella.
“Ohi, stronzetta…”
Karin alzò lo sguardo cercando di fulminarlo, ma rimase subito piacevolmente sorpresa dalle labbra di Suigetsu premute dolcemente sulle sue, mille volte più buone e morbide di quanto avrebbe mai potuto pensare.
I suoi gesti si erano fermati a mezz’aria, il suo cuore sembrava volesse uscirle dal petto.
Il ragazzo si staccò, restando a pochi millimetri dalle sue labbra.
Un sussurro di Suigetsu le carezzò le labbra umide, facendo scorrere un piacevole brivido lungo il suo collo.
“Grazie…”
Karin sorrise, stavolta felice.
“Non c’è di che…”

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Juugo guardava fuori dalla finestra, mentre un Sasuke terribilmente nevrotico si lamentava alquanto teatralmente di quanto poco avesse dormito quella notte.
Per colpa di Karin e Suigetsu le crisi isteriche di Sasuke erano aumentate in modo esponenziale.
Di giorno continuavano a battibeccare, anche se un po’ meno ferocemente e decisamente più flirtosamente di prima.
E questo già era un duro colpo per i nervi del giovane Uchiha, a cui mancavano le attenzioni della sua ex compagna di squadra, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
(D’altronde nel suo silenzio Juugo capiva sempre molto più di quanto gli fosse consentito di capire. )
In più di notte, da una settimana circa, gli insistenti cigolii delle molle del materasso, che fosse quello di Suigetsu o di Karin non cambiava nulla, disturbavano il già leggero sonno del loro capo, che non poteva nemmeno più borbottare i suoi Sakura-chan nei pochi momenti in cui avrebbe dovuto dormire.
Il quale capo, puntualmente, la mattina dopo si svegliava di pessimo umore e con la crisi d’isteria già pronta sulla lingua.
E Juugo, infinitamente paziente, sopportava silenziosamente gli urli nevrotici dell’ultimo degli Uchiha, guardando fuori dalla finestra (e, il più delle volte, senza neppure ascoltare).
“Un po’ di rispetto, cazzo! Non mi sembra di chiedere molto! Voglio dormire di notte e un po’ di calma durante il giorno! Chiedo forse il mondo?!”
E Juugo se ne stava zitto, guardando i pettirossi volare vagabondi nel cielo.
“Sono il capo, dannazione! Non pretendo chissacchè! Voglio che facciano il loro lavoro e che non mi rompano i coglioni, cazzo! Sembrano marito e moglie, porca puttana!”
Juugo sospirò, e si alzò con la sua solita calma.
“Lo vuoi un consiglio, Sasuke? Smettila con queste sceneggiate da donnetta isterica, ne và della tua posizione. Quando ti svegli fatti una tisana di valeriana, invece di berti tre litri di caffè amaro.”
Aprì la porta tranquillamente, e si fermò per un momento sulla soglia, per poi ripartire subito dopo.
Ma Sasuke lo sentì chiaramente il sussurro di Juugo, che lo fece diventare color peperone.
Rosso vergogna.
“Sembri Karin quando le stanno per venire le sue cose. Chissà come reagirebbe Sakura-chan a vederti così…”

Da quel giorno, Sasuke tornò ad essere il solito ragazzo freddo e scostante che era sempre stato.
Così Juugo poté godersi la rinnovata, ma pur sempre relativa, calma del rifugio del nuovo team Taka.











*takoyaki: sono le polpettine di polipo che vendono nei banchetti per strada in Giappone.

World needs more SuiKa!!!
Checcarini che sono insieme…
Sono il pairing ShikaTema più sul comico e cattivello…
(Si, lo so, sono pazza. Ma capitemi… Mi manca l’orale della maturità, sto studiando come una scema e in più fa un caldo bestia! E’ ovvio che i neuroni un po’ ne risentano, no?)
Sono adorabili!
Per non parlare di Juugo!
Personalmente sono conscia di averlo fatto forse un po’ troppo OOC, ma mi faceva troppo ridere l’idea di lui che, in tutta calma, dice delle cose cattivissime che fanno rimanere spiazzati tutti.
Adoro come l’ho fatto!
E’ la prima volta che sono davvero soddisfatta di come ho caratterizzato un personaggio…
E, ovviamente, come poteva mancare il C.X.I.M.D.S.U.?
Sasukkia è certamente OOC, ma mi sono divertita troppo!
Detto questo, aspetto i vostri commenti!
Vorrei davvero tanto che ne lasciaste…
Per favore!!!
Anche io sto iniziando a commentare di più perché so che fa piacere…
Prendete esempio da me e fatelo anche voi!!!
Vi costa solo due minuti!!!
Alla prossima, gente!
Vi voglio bene!
Vostra,
LalyBlackangel
  
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