Lacrime. Sono lacrime quelle che ti bagnano le guance, sciogliendo il sangue incrostato sul tuo volto e finendoti tra le labbra. I vestiti sporchi di fango, resi appiccicosi dal sudore, dal sangue – il tuo sangue, il suo – continuato ad incollarsi sulla tua pelle.

Lasciale la mano, Haymitch.

Lasciagliela. È finita.

Stringi forte l’unica cosa che ti è rimasta di lei: il suo corpo. Freddo, vuoto. È strano come un cadavere sia così simile alla persona che è stata in vita e, nel contempo, così diverso.

Continui a stringerle le dita, incurante del gelo che si è impadronito della sua pelle, del colore perlaceo della mano, delle unghie rosicchiate che tanto hanno criticato gli stilisti. Non ha più lo smalto della sera delle interviste, ma il colore del sangue è un degno sostituto.

Lasciale i capelli, Haymitch.

Lasciaglieli. È finita.

Continui a toccarle quei ciuffi biondi, sparsi disordinatamente attorno al suo viso, intrecciati al prato e ai rametti. Capelli color del sole su un viso che sembra addormentato.

Quando le lasci la mano, è come se qualcosa di te si fosse spezzato, come se un tuo braccio fosse rimasto agganciato inesorabilmente al corpo che presto verrà rimosso dall’hovercraft.

Ma forse non è il tuo braccio, forse è il tuo cuore.

Ti alzi, distogliendo lo sguardo dalla bambina che hai imparato a conoscere proprio qui, in questo prato punteggiato di fiori e popolato da uccelli rosa con il becco sporco di sangue. Nell’Arena, perché solo nell’Arena i castori mangiano gli uomini. E i bambini.

Le immagini di lei, le immagini di voi ti affollano occhi e mente prima che tu possa impedirlo, concentrandoti su qualsiasi altra cosa. Sul cielo senza nemmeno una nuvola, sul fiume che scorre placido nella valle, sulle foglie che si muovono lente, ondeggiando scosse dal venticello primaverile.

E se ti fermassi qui, Haymitch?

Se ti rifiutassi di andare avanti, di continuare a giocare?

Ti ucciderebbero, non puoi permetterglielo. Devi tornare a casa per Gloria, per Hugo. Per Maysilee.

Eravate quattro, i Tributi del Dodici.

Tre sono morti. Ci sei solo tu.

Quando la sera cala, il volto di Maysilee è l’unico ad apparire in cielo, fermo in un sorriso falso e pulito di chi non è ancora stato nell’Arena. Di chi non ha ancora costruito un dardo mortale, a sedici anni. Di chi non si è alleato con un suo amico sapendo che, prima o poi, dovrà ucciderlo. Di chi spera davvero che una spilla a forma di Ghiandaia potesse portar fortuna nel luogo dove la fortuna non esiste.

Se fossi forte, coraggioso come gli sponsor credono, allora tireresti dritto e andresti ad ammazzare l’unico sopravvissuto a parte te. La ragazza dell’Uno, quella armata di ascia.

Ma l’Arena è troppo grande, troppo vuota, troppo silenziosa senza di lei. Anche se vi eravate separati, il saperla in vita era un garanzia che ti avrebbe salvato, un tenue bagliore che sareste usciti insieme da quel posto, in un modo o nell’altro. Che li avreste fregati, almeno questa volta.

E invece ti ritrovi a camminare al confine dell’Arena, lì dove lo strapiombo aveva funto da scenario alla vostra separazione. Lì dove sperasti di rivederla ancora una volta e dove, invece, udisti solo le sue ultime grida.


N.d.A.: beh, spero vi piaccia :)
Hugo è il nome che do sempre al fratellino di Haymitch, mentre ho chiamato Gloria la ragazza che aveva :D 
Morti entrambi, ma vabbè .-.