Salve a
tutti!
Nonostante
parecchie fanfiction in corso d’opera, ci tenevo a pubblicare anche questa, la
mia prima su Bleach, un manga che adoro con tutto il
cuore! Ho già iniziato a scriverla da parecchio, quindi
almeno 6/7 capitoli sono già belli che pronti! Preciso che i primi non
mi piacciono un gran che… ma forse perché il bello (dipende dai punti di vista!)
inizia verso il quarto! I primi sono semplicemente di introduzione
alla storia… spero che non facciano così schifo come sembrano a me! :-/
Ho messo un
rating arancione perché in futuro potranno esserci scene crude di sangue (non
tanto crude, ma vabbè!) e… boh, tra vedere e non
vedere, preferisco metterlo! xD
Altra
precisazione: tra i personaggi principali avrei dovuto metterli praticamente tutti… ma mi sono limitata a quello “più
importante”… eh eh eh *_*
Un’ultima
cosa prima di iniziare: il titolo è preso da una canzone bellissima dei Darkness, Love is Only a Feeling, appunto! E dato che non so mai che titoli dare alle mie fanfiction…
ripiego sempre su canzoni! XD
Non credo
ci sia altro da dirvi, ho scritto anche troppo! Vi
auguro una buona lettura, non addormentatevi nel mentre
;___;
Kenjina.
Capitolo I
Era un marzo freddo, di
quelli in cui se non ti copri per bene rischi di morire congelata. Forse un
marzo così freddo non l'avevo mai trovato. Di solito pioveva a dirotto in mesi
come gennaio e febbraio, e se si era fortunati, cadeva anche un po’ di neve. Il
cielo era terso, veramente scuro, e prometteva l'ennesimo temporale della
settimana. Erano quattro giorni di fila che pioveva. Ho sempre odiato i
temporali, con i tuoni che ogni volta mi fanno sobbalzare e perdere tre anni di
vita. Adoravo, invece, guardare la pioggia leggera d'estate, perchè era così
lieve e così delicata che ogni volta mi incantavo
nello seguire i suoi movimenti. Un po’ come guardare una ballerina di danza
classica che si muove con grazia e sicurezza sul suo palcoscenico.
Avevo appena aperto il
portone di casa, che una folata di vento mi fece
rabbrividire. Mi strinsi nelle spalle, avvolgendomi meglio la mia sciarpa
colorata, morbida e calda. Mi piaceva tanto il calore che mi dava. E poi era tutta colorata, e l'adoravo anche per quello. Mi
piacciono tanto i colori e non ho mai perso occasione per mostrarlo al mondo.
Sempre tinte sgargianti ed accese, proprio come il mio carattere. Non mi
arrabbiavo spesso e cercavo sempre di sopportare tutto. Parlo al passato perchè
ci sono state numerose circostanze in cui la mia pazienza ha superato il
limite, e come la maggior parte delle persone a questo mondo, sono diventata un po’ più suscettibile e orgogliosa. Molto.
Ma di questo ne parlerò più avanti.
Mi sistemai meglio la
borsa a tracolla che ormai conteneva pochi libri, dato che la fine della scuola
si stava avvicinando. Due settimane di vacanze non me le avrebbe tolte nessuno.
Fortunatamente gli insegnanti erano stati accorti e avevo preparato i test con
largo anticipo, così che non ce li trovassimo tutti
insieme.
Frequentavo la seconda liceo a Karakura, un piccolo pezzo di Tokyo. Era
una cittadina molto carina e tranquilla. Certo, il traffico non mancava, ma mi
piaceva vivere lì. Abitavo vicino ad un parco giochi, ogni pomeriggio vivo di
bambini e genitori che passavano il loro tempo libero lì. Anche
io da piccola giocavo sempre tra altalene e alberi vari. Ero anche arrivata ad
arrampicarmi sull'albero più alto, una bellissima quercia centenaria. I suoi
rami grossi e numerosi erano uno spasso per me. Quante sgridate mi sarò presa ogni qual volta avevo rischiato di cadere giù.
Mia madre rimaneva terrorizzata ogni volta! E io finivo sempre per ridere e rassicurarla che stavo bene.
Ci passai affianco, ricordandomi di tanti altri momenti della mia
infanzia, ma un brivido mi percosse il corpo. Mi fermai. Che strana e brutta
sensazione ebbi in quel momento. E' solo freddo, avevo pensato.
Del resto la divisa scolastica, seppur invernale, era una gonna svolazzante che
mi faceva prendere un bel po’ di aria tra le gambe!
Ripresi a camminare,
cercando di non pensare alla sensazione di prima. Per un attimo ebbi la
sgradevole impressione di non conoscere più quel parco giochi, che fosse diventato a me ostile.
Salutai la proprietaria
del negozio di frutta e verdura lì vicino, una donna
sulla sessantina e abbastanza robusta, ma con un cuore enorme. Era sempre così
gentile, la signora Musashi, con quel suo sorrisone schietto e gli occhi neri e
vispi.
Camminai velocemente per
le vie ancora poco affollate, stando attenta alle numerose pozzanghere che mi
ostacolavano la strada. Un'altra cosa che da piccola facevo:
saltarci sopra, con conseguente strillo di mia madre. Adoravo bagnarmi i
piedini nelle pozzanghere, e poco mi importava se
rovinavo le scarpe o mi bagnavo le calze! Mio padre, invece, si limitava a
sorridere, facendo imbestialire ancora di più la mamma. Che
poi alla fine si arrendeva sempre.
-
Tomoe-san!
Tomoe-san! - mi sentii chiamare da una voce femminile e che conoscevo.
- Orihime-chan! Quante
volte ti devo dire di non chiamarmi Tomoe-san? Mi sa di vecchietta! - la
rimproverai per l'ennesima volta.
Orihime Inoue era una bellissima ragazza quindicenne, dai lunghi capelli castani
chiari, quasi rosso-arancione. Era sempre sorridente e allegra. Un po’ tontolona a volte, ma veramente buona e simpatica.
Frequentava la prima liceo, e molto spesso andavamo a
scuola insieme.
- Scusa Narumi-chan! E'
che mi viene spontaneo... sei più grande di me! - disse lei innocentemente.
Sorrise imbarazzata, grattandosi la nuca.
La guardai bonariamente.
- Ok, ok, sono vecchia, ho capito... chiamami anche nonna, su. -
La feci scoppiare a ridere e,
tra battute e chiacchierate, arrivammo a destinazione.
- Buona giornata
Narumi-chan! - esclamò lei, salutandomi con una mano e andando per la sua
strada.
- Altrettanto a te,
Orihime! -
Scossi la testa, ridendo,
quando la vidi diventare rossissima nel vedere un
ragazzo che io conoscevo poco, ma che sapevo piacere tanto a lei. Un certo Kurosaki Ichigo, un ragazzotto alto e dai capelli dello
strano colore arancione. Avevo sentito qualche storiella su di lui, del
tipo che numerose volte si era cacciato nei guai proprio per via dei suoi
capelli. Non che lui lo volesse, ma evidentemente non
piacevano ai teppistelli di turno.
Entrai nell'edificio del
liceo, una costruzione moderna ma che non peccava di classe. Salutai qualche
viso conosciuto e mi diressi alla mia aula.
Non feci in tempo a
mettere piedi nella classe che, come una furia, Yumi mi prese
per il braccio e mi trascinò da una parte.
- Ti devo parlare, assolutamente! - esclamò, mentre metà
della scuola si girava incuriosita.
- Buongiorno anche a te,
Yumiko! - dissi, cercando di tenerle passo.
Ci fermammo in un
corridoio dove c'era poca gente. Ogni tanto (cioè
quelle cinque volte su sei) la mia migliore amica Yumi mi prendeva da parte e
mi faceva il resoconto dettagliato della serata precedente, o di qualcosa di
fantasmagorico. Yumi era una bella ragazza, un po’ stramba in effetti, con i
capelli neri e ciocche dai riflessi blu. Adorava la pelle e il nero e infatti molto spesso la scambiavano per una teppistella che
non aveva altro da fare che lanciare occhiate truci e ascoltare metal. Ma nonostante le apparenze da dura, Yumiko (o Yumi, come adoravo chiamarla)
era una persona buonissima come il pane, dolce come il miele. Era
sensibilissima e capitava che la trovassi in lacrime per fatti anche poco
importanti.
- Com'è andata ieri? - le
chiesi, anticipandola.
I suoi occhi
all'apparenza freddi e di un bellissimo colore blu, si illuminarono
tutto d'un tratto.
- Narumi, non puoi capire... Guarda! - disse con occhioni luccicanti e
alzando un poco la camicetta bianca della divisa. Come sempre la giacca la
lasciava in classe, giusto per sottolineare la sua
aria un po’ ribelle e contro le regole.
Il tatuaggio era piccolo
ma grazioso: un cavallo nero che si impennava e un
albero sullo sfondo, bianco e rigoglioso.
- Non è bellissimo? - mi
chiese, abbassandosi a guardarmi meglio, come se volesse aiutarmi a dare la
risposta.
Rimasi a contemplarlo e,
sebbene mai avrei fatto un tatuaggio, quello di Yumi mi piaceva troppo!
- Veramente bellissimo. -
dissi convinta. Si, era un gran bel disegno. - Ha un particolare significato? -
Yumi scosse la testa,
guardandoselo per un po’. - No, semplicemente mi piaceva. E
poi sai quanto amo i cavalli, no? -
Ammiccai e, al suono
della campana, ci avviammo in classe.
Non avrei mai pensato che
tutto sarebbe successo nelle ore successive, apparentemente tranquille.
* * *
Avevamo scoperto che
l'insegnante della seconda e terza ora non era
presente e, per la gioia di tutti, ci saltammo due noiosissime ore di storia.
Yumi si sedette sul banco
di fronte al mio, insieme ad altri nostri compagni di
classe. Avevamo intavolato un'interessante discussione sull'ambientalismo ed
entrambe, fermamente convinte che le balene non dovessero essere toccate
neanche con una piuma, cercammo di far valere le
nostre teorie sugli altri, dato che la maggior parte dei nostri compagni di
classe mangiava carne di balena e ne andava matta. Ma dopo una decina di minuti
decidemmo di lasciar perdere, dato che neanche una
pistola puntatagli sulla nuca avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Guardai distrattamente fuori dalla finestra e notai, con una certa tristezza, che
le previsioni che avevo fatto quella mattinata erano vere. Stava nuovamente
piovendo.
- Dov'è
che volevi andare tu, stasera? - chiesi mogia mogia a Yumi. Anche lei si voltò a guardare il cielo
scuro e che non ne voleva sapere di lasciare spazio ad un timido sole, che comunque non faceva nulla per far valere la sua autorità nel
cielo.
Sbuffai mentalmente.
Avevamo deciso che saremmo andate al padiglione della musica, quella sera.
Avrebbero messo in vendita vinili degli anni '70-'80 e avremmo fatto numerose
compere. Ma con questo tempo era molto probabile che
non si sarebbe fatto nulla.
Poi entrò in classe una
bidella, con un foglio in mano. - La signorina Tomoe Narumi, è in classe? -
chiese.
Alzai lo sguardo verso di
lei, e mi avvicinai. - Sono io, mi dica. -
- Dovresti
avvicinarti alla palestra, la professoressa Odomo vorrebbe parlarti. -
Annuii e dissi
velocemente la cosa a Yumi, per poi dirigermi verso la palestra. La
professoressa Odomo era sia la mia professoressa di educazione
fisica, ma anche la mia allenatrice di basket. Ebbene
si, giocavo a basket e anche bene! L'altezza e l'agilità me lo consentivano, e poi era una delle mie più grandi passioni.
Evidentemente doveva dirmi qualcosa sulla prossima partita.
Attraversai velocemente
il giardino che separava il mio liceo dalle palestre e dai campetti. La trovai
nella palestra maggiore, che dava istruzioni alla classe di Orihime.
- Signorina Kuchiki, deve
correre, ha capito? Correre, su!! - gridò la
professoressa, rivolta ad una piccoletta che non ne voleva sapere di correre.
- E
perchè dovrei? - esclamò la ragazza.
Non seppi se rimanere
seria per rispetto alla professoressa, o ridere per la domanda della ragazza.
Sembrava scesa dalle nuvole. Come scese dalle nuvole anche la prof. Odomo.
Il ragazzo dai capelli
arancione prese la ragazza per la collottola e la fece correre per forza.
- Stupida, fai quello che
ti dice. Stiamo facendo lezione, Rukia! - le disse.
Scossi la testa,
allibita.
- Narumi-chan! - mi
salutò Orihime. Le sorrisi di rimando, poi la professoressa
si rivolse a me.
- Tomoe, dovrei parlarti
della squadra. - mi dice, guardandomi con i suoi occhi
castano-verdi. - L'anno prossimo sarai tu il capitano e io ripongo molta fiducia in te. Mi aspetto grandi cose. -
Annuii, interiormente
felice per quelle parole. La professoressa Odomo non era
certo una che elargiva complimenti a tutti.
- Ed
è per questo che voglio metterti ulteriormente alla prova. - continuò a dirmi,
con una strana luce negli occhi.
La osservai incuriosita.
Voleva mettermi alla prova?
La donna lanciò uno
sguardo verso la classe che stava facendo educazione fisica. - Questa settimana
io sarò molto impegnata con delle faccende scolastiche, e
molto spesso risulterò assente. Vorrei che tu mi sostituissi. Giusto per testare le tue capacità di saper tenere e controllare
una "squadra", per così dire. -
Sbarrai appena gli occhi,
assaporando le sue parole. Avrei dovuto fare da insegnante? Io?
- M-mi
scusi, ma... ecco... - cercai di dire qualcosa, ma non sapevo bene neanche io
cosa.
- Non preoccuparti della
scuola. Ho già parlato con il resto del consiglio di classe e son tutti
d'accordo. - concluse lei. Sicuramente era una
richiesta che non ammetteva repliche, e io non mi opposi.
- Ragazzi! Su, venite qui, un attimo. - gridò lei, richiamando l'attenzione dei
suoi studenti. I ragazzi si avvicinarono a lei, aspettando che parlasse. -
Ragazzi, lei è una studentessa del secondo anno, Tomoe Narumi. Oltre che essere
una mia allieva è anche il futuro capitano della
squadra di basket della nostra scuola. Come saprete, questa settimana io non ci
sarò, e l'ho incaricata di farvi lezione al mio posto.
-
Guardai gli occhi di
ognuno di loro, cercando di capire che sensazione aveva prodotto questa novità.
E mi sentii un po’ a disagio nel constatare che tutti
mi fissavano con curiosità. Alcuni ragazzi sorrisero tra di
loro, altri sbuffarono, probabilmente perchè speravano in un po’ di riposo.
Orihime mi guardò felice
e mi fece il segno della vittoria. Affianco a lei c'era Tatsuki, una bella
ragazza che conoscevo perchè faceva karate con Yumi.
Il rossino invece non sembrava molto interessato, intento a battibeccare con la
piccoletta di nome Rukia. Altri due ragazzi, invece, uno molto alto e grosso e
l'altro con gli occhialini da intellettuale, ascoltavano interessati.
Magari non sarebbe stato
neanche tanto male, in fondo.
* * *
La mia prima lezione si
tenne due giorni dopo la notizia. Yumi era felicissima per me e aveva
continuato a ripetermi l'in bocca al lupo per diverse decine di volte. Era
proprio un tesoro quella ragazza.
Arrivai in palestra in
orario. La classe era già arrivata e, come mi videro, si avvicinarono
a me.
Inizialmente mi sentii un
po’ ridicola. Indossavo una tuta da ginnastica, un po’ larga in effetti, e
tenevo al collo un fischietto e il cronometro. E anche
i ragazzi si accorsero del mio imbarazzo.
- Buongiorno Tomoe-san! -
esclamò Orihime, ammiccando. Sorrisi al suo solito modo di
chiamarmi. Forse per questa volta potevo perdonargliela.
- Allora, ragazzi. Come sapete già io sono provvisoriamente la vostra insegnante.
Chiamatemi anche Narumi, non c’è bisogno dei convenevoli! -
Annuirono, rilassandosi
un po’. Feci l'appello e diedi le prime istruzioni: correre per tutta la
palestra per dieci minuti e fare stretching per cinque. Dopo avrei intavolato
una bella partita di pallavolo.
Li osservai
mentre lavoravano. Sembrava una classe tranquilla, non di quelle scalmanate che non perdeva occasione per far uscire di testa
l'insegnante. Mentre li guardavo notai che improvvisamente la
piccoletta allungò il passo, avvicinandosi a Kurosaki. Lo prese per la
manica e, quando furono entrambi vicino a me, Rukia esclamò: - Scusi tanto
Tomoe-san, ci siamo dimenticati una cosa in classe, torniamo subito!! - e sparirono alla mia vista.
Era ovvio che era tutta una messa in scena! Iniziavo
bene, due studenti marinavano la mia ora di lezione!
- Ehi, voi due, fermi!! - gridai. Niente. Non tornarono indietro, come avevo
immaginato.
Una mano si appoggiò al
mio braccio. - Narumi-chan, non preoccuparti. Kurosaki-kun e Kuchiki-san sono brave persone, non lascerebbero
la classe senza un motivo preciso! -
- Ciò non toglie che se
ne siano andati senza prima avere una mia risposta. -
replicai contrariata. Continuai a guardare verso la direzione in cui erano
spariti, in pensiero.
Usai il fischietto per
far radunare la classe intorno a me. - Ragazzi, prendete un pallone e giocate a
pallavolo, basket... quello che volete. Basta che al
mio ritorno siate tutti interi e non rompiate nulla. Intesi? -
Loro annuirono, contenti
del fatto che avevo interrotto la corsa a metà e gli stavo dando carta bianca.
Mi incamminai velocemente
verso l'esterno della palestra e persi un battito. Kurosaki e Kuchiki erano all'ombra
di un albero, apparentemente addormentati. Mi diressi furente verso di loro,
pronta a fargli il lavaggio di cervello. Ma le parole mi morirono in gola quando nessuno dei due si mosse ai miei richiami.
Fermi. Immobili. Erano per caso svenuti?!
Non feci in tempo a
gridare aiuto che i miei occhi videro una cosa incredibile: c'erano due ragazzi
vestiti di nero che correvano per i campetti della scuola, e uno dei due aveva
capelli arancioni! Quanti ragazzi c'erano in giro con dei capelli così?
Presi a correre verso la
loro direzione. Ma un pensiero mi attraversò fulmineo
la mente: come poteva essere Kurosaki se era sotto quell'albero?
Continuai la mia corsa e,
svoltato l'angolo, vidi i due brandire quelle che sembravano spade. Quella del
ragazzo era molto grande e lunga, quella del suo compagno
(Rukia, forse?) era bianca e bellissima.
- Ichigo, attento!! - gridò lei, schivando un... tentacolo?!
Guardai oltre le loro
figure e vidi un essere mostruoso, alto quanto una casa di due piani. Era
completamente nero, con un buco centrale. Non riuscii a capire cosa fosse.
Ichigo saltò abilmente,
puntando la sua spada verso il petto della creatura, proprio nella stessa
direzione del buco nel petto. Il ragazzo riuscì a squarciare il mostro e si
asciugò la fronte con una manica del kimono nero.
- E
anche questo è andato. Torniamo in palestra. - disse lui, voltandosi verso la
ragazza.
- V... voi... - cercai di
dire.
I due si voltarono di
scatto, e rimasero sorpresi nel vedermi.
- Tu... ci puoi vedere? -
mi chiese Rukia. La domanda mi lasciò senza parole.
- Certo che posso! Che
diavolo stavate facendo? E soprattutto chi siete? Kurosaki e Kuchiki li ho visti di là...! -
Ichigo sospirò,
volgendosi a Rukia. - Chikan della Memoria? -
Lei annuì e tolse da una
tasca del kimono un oggetto non ben identificato. Sembrava un giocattolo che
aveva una sorta di paperella in una molla che si muoveva ad ogni minimo
movimento.
- Prima restrizione:
ostruzione! - disse lei, puntando l'indice ed il medio della mano verso di me.
Mi sentii come legare da una fune immaginaria, e le
mie braccia di posizionarono dietro la schiena. I muscoli del mio corpo
implorarono pietà, dato che la posizione non era delle
migliori. Ma quello che più mi stupiva era il
come e il perchè mi stava succedendo tutto quello. Caddi a terra, gli occhi
sbarrati.
- Dovresti guardare qui,
Tomoe-san. Non sentirai nulla. - mi disse gentile Rukia.
Scossi violentemente la
testa. Non avrei guardato quella diavoleria. Mai e poi mai!
- Tomoe, non farle usare
la forza. - mi ammonì il ragazzo. Rukia si stava inchinando verso di me, quando
qualcosa la fermò.
- Ichigo... lo senti
anche tu? - disse la piccola ragazza, continuando a guardarmi.
Anche lui si fece attento e
sembrò concentrarsi. - Il suo reiatsu... è forte... -
- Quello che mi stupisce
è che anche lei abbia un reiatsu... e così potente poi... -
- Di...
di che cosa state parlando?! - cercai di dire. Reiatsu? Che cos'era? Perchè mi stavano guardando così?
- Aspetta, non usare il
Chikan. - disse istintivamente Ichigo, bloccandole il braccio. Rukia lo guardò
interrogativa, ma non fece in tempo a dire una sillaba che il ragazzo la prese
per la vita, mente una luce accecante si sprigionò da me. Mi ritrovai in piedi,
senza più quella strana sensazione di movimenti
legati.
- Ti sei liberata...? - mi chiese Rukia, senza parole.
- Sensazione di deja-vu.
- commentò lui.
- Ragazzi, mi volete
spiegare che sta succedendo!? - chiesi, al limite della pazienza. Volevo capirci qualcosa,
maledizione!
Mi guardarono senza dire
una parola, mentre cercavo di riprendere fiato. La situazione di prima mi aveva
scossa parecchio.
- Non è il luogo adatto,
questo. Seguici. - mi disse Ichigo, voltandomi le spalle.
Fu così che ebbe inizio
tutto.