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Autore: Paper Town    03/03/2014    3 recensioni
"Loro non hanno smesso di lottare, perché Lottie non avrebbe voluto. Poi, a pensarci bene, l’ultima frase del libro di Fiona, quello che ruotava attorno a sua figlia e ce voleva non finisse mai, fu proprio:
E avrei voluto continuare all’infinito questo libro, perché narra una storia. Narra la storia della mia bambina, una guerriera. "
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5.411 words.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Cancer Fighter.
 
 
E’ un dolore, ma non è proprio un dolore.
È una specie di malinconia.
Ti viene da piangere, ma non piangi.
(Davide in Braccialetti Rossi)
«Mamma! Papà! Svegliatevi! È mattina!» la piccola Charlotte continuava a saltare sul letto dei suoi genitori. Quando Liam aprì gli occhi, svegliò la sua dolce metà che ancora sonnecchiava stretta sul suo cuscino.
«Charlotte, adesso devi farmi un urlo davvero forte, ok?» la gracile bambina annuì, felicissima. Si avvicinò alla giovane mamma, urlando con potere nel suo orecchio. La povera donna si svegliò di soprassalto, cadendo quasi dal letto. Arrabbiata, si girò, ma quando vide la sua piccola ed innocente bambina che rideva stretta tra le braccia del padre, si sciolse in un sorriso intenerito. Si avvicinò alla bambina, accarezzandole la guancia. Era stata una dura vita quella della bambina. Concepita dalla mamma a soli venti anni, era nata prematura di due mesi. Di salute cagionevole, aveva fatto più visite ad un ospedale che ad un parco giochi, quando dovrebbe essere il contrario. E a Fiona faceva male vedere la sua piccola ed amata creatura senza capelli, con la pelle che sembrava fatta di porcellana, di colore che andava sempre di più verso il grigiastro, le vene in vista. Le faceva male pensare che solo due giorni dopo avrebbero dovuto rinchiuderla in ospedale.
Si riprese dai suoi pensieri tristi, seguendo suo marito e la sua bambina in cucina. Liam preparava i pancake con la nutella, il piatto preferito della piccola, che entusiasta batteva le sottili manine seduta al suo posto a tavola. Pochi minuti dopo stavano mangiando tutti insieme i pancake e bevano il latte caldo seduti a tavola, tra una risata ed una battuta.
«Mamma, domani mi porti al parco? »  chiese la piccola a Fiona,che annuì, passando una carezza sulla testa liscia della sua bambina di soli quattro anni.
«Va bene, oggi che cosa vuoi fare?» la bambina ci pensò a lungo, continuando a mangiare i suoi pancake. Poi, come illuminata, tornò a fissare la madre.
«Voglio andare a trovare Jim!» esclamò, facendo scomparire il sorriso a Liam. Fiona la guardò e per un secondo il silenzio cadde nella cucina della famiglia Payne.
Jim era l’amico di Charlotte che si trovava nel reparto dei malati di cancro terminali. La bambina lo adorava, e Jim adorava lei.
«Sei sicura, tesoro? » le chiese Liam, preoccupato. La bambina annuì, convinta e felice. Stare con Jim, al contrario di stare con i suoi compagni di scuola, la faceva sentire uguale a qualcuno, la faceva sentire quella giusta, e non l’unica bambina con le sue caratteristiche. Sentiva che c’era qualcuno uguale a lei.
Quindi Charlotte annuì, felice di vedere il suo vecchio amico.
«Ok, però ora andiamo a prepararci che devi andare a scuola!» disse Liam protettivo alla sua bimba, prendendola in braccio e schioccando un bacio sulle labbra alla sua amata mogliettina.
Fece accomodare la bambina sulla sua pedana in bagno e le lavò la faccia e i denti, poi la portò in camera, facendole scegliere i vestiti da indossare.
«Che ti vuoi mettere, piccola? » le disse, mostrandole un vestitino blu con dei fiorellini bianchi, un jeans e un maglioncino, una gonna rossa con una felpa bianca e un pantacollant nero con una felpa larghissima ed un pantaloncino in tuta. La bambina afferrò con decisione il pantacollant nero, la felpa rossa con la scritta NIKE in grigio e il pantaloncino della tuta. Liam le fece mettere tutto, infilandole sui piccoli piedini anche i calzini e facendole scegliere le scarpe. La bambina passò in rassegna gli stivali, le ballerine ed afferrò con decisione le converse rosse alte che le piacevano tanto.
«Queste papà!» urlò entusiasta mostrando la sua scelta al papà, che la fece sedere e si accovacciò per terra, allacciandole per bene le scarpette.
«Vieni papà! Vieni dai! » cinguettò felicemente Charlotte, prendendo una mano grande e forte del papà e tirandolo senza in realtà muoverlo di un millimetro. Liam la seguì ridendo. Gli piangeva il cuore ogni volta che vedeva la sua bambina diventare sempre più pallida. Ma si chiedeva nelle sue condizioni come faceva ad avere tutte quelle energie. Non sapeva, infondo, di stare per morire, nessuno di quei bambini in ospedale lo sapevano. I genitori non glielo volevano dire, per fargli godere gli ultimi mesi, le ultime settimane, gli ultimi giorni della loro vita felici, anche se malati e deboli.
Charlotte aprì la porta della camera dei genitori, trovando Fiona in intimo davanti all’armadio, indecisa su cosa mettere. La bambina rise, guardando il padre che percorreva con sguardo lussurioso le forme della moglie. Fiona aveva provato a coprirsi, rinunciandoci quando la sua bambina le arrivò dritta in braccio.
«Papà non può stare qui!» esclamò la piccola, ridendo poi. Liam rise e si avvicinò alle donne più importanti della sua vita. Le strinse in un abbracciò, imprimendosi nella mente quel ricordo saturo di stupende sensazioni ed una precaria serenità.
«Perché tutti e due siete irrotti nella mia camera mentre mi stavo vestendo? » chiese la bionda, sorridendo alla sua bambina che fece una faccia confusa davanti alla parola irrotti. Per lei era come dire qualcosa in un’altra lingua, e Liam si preoccupò di eliminare quel suo dubbio.
«Irrotti vuol dire che siamo entrati senza bussare.» le spiegò con uno di quei sorrisi che piacevano tanto alla sua bambina. Charlotte si alzò, saltando dentro l’armadio della mamma ed estraendo da dentro un pantacollant nero, una maglietta bianca latte ed un cardigan nero. Poi corse sotto la scrivania, dove la mamma teneva le sue innumerevoli scarpe. Prese degli stivaletti alla caviglia con tacco dodici e glieli porse. La madre ridacchiò, osservando quanto gusto avesse la sua bambina.
Liam intenerito dalla scena e vedendo che gli occhi della sua bambina brillavano mentre sceglieva i vestiti, le propose di sceglierli anche per lui. Lottie si era fiondata nell’armadio del padre ridendo e prendendo un jeans blu scuro a cavallo basso, una maglietta blu ed una felpa leggera, posandoli sul letto aiutata dalla mamma. Poi corse a guardare sotto il letto, dove sapeva che il padre teneva le poche scarpe che possedeva. Estrasse da lì sotto delle NIKE Air Force e gliele porse, sorridendo contenta. Guardò orgogliosa i genitori che si vestivano con gli indumenti da lei scelti. Liam finì per primo e iniziò a scendere le poche scale della loro veranda, giungendo in giardino, dove la bambina andò ad afferrare il pallone, quello delle principesse.
«Papà! Gioca con me! » gli aveva tirato la manica, sorridendogli con quel sorriso leggermente spento. Liam la prese in braccio, dandole un bacio sulla guancia.
«Più tardi, tesoro, adesso dobbiamo andare a scuola.» le aveva detto. Lottie fece cadere la palla per terra, sbuffando. In quel momento Fiona uscì di casa, con la borsa mezza aperta, pronta per accogliere le chiavi di casa con le quali chiuse la porta.
Liam mise sul seggiolino la bambina, sedendosi al posto del guidatore. Guidò fino alla vicina scuola, e scese con la sua famiglia. La giovane donna teneva per mano la bambina e Liam portava il suo zainetto a forma di peluche-panda. Quando arrivarono in classe, la maestra Mary li accolse con un sorrisone.
«Come va, Lottie? » le aveva chiesto. E la bambina aveva urlato un “bene”, correndo dentro la classe e posando il suo zainetto all’attaccapanni con il suo nome scritto sopra. La bambina chiamò Liam, facendolo andare da lei. Quando il giovane uomo varcò la soglia della classe, tutti gli sguardi dei genitori presenti si posarono su di lui. Nessuno accettava il fatto che fosse diventato padre a soli venti anni. Nessuno a parte Zayn Malik, attualmente il suo migliore amico, diventato padre alla tenera età di diciotto anni. Due anni separavano i ragazzi, ma li univano due bambine ed un bambino di quattro anni.
«Beh, Payne, come ti va la vita?» Liam sollevò un sopracciglio.
«Beh, ragazzino, a me va.. bene la vita.. a te? » Zayn rise divertito davanti al cipiglio sconcertato di Liam. Intanto la bambina tirava la manica della felpa di Liam, nel disperato tentativo di attirare la sua attenzione. Poco dopo arrivò anche Beka, la figlia di Zayn. Lottie non sopportava Beka. La trovava perfetta, con la sua pelle lattiginosa, gli occhioni blu, dolci ed espressivi, la bocca a cuore e rosea, i capelli biondissimi. Non la sopportava, ecco. Lei i capelli nemmeno ce li aveva più. E in quel momento le venne una disperata voglia di piangere. Rinunciò all’impresa di attirare l’attenzione del padre, andando a sedersi all’ultimo banchetto della classe, quello dove il sole non arrivava mai, vicino al termosifone impropriamente acceso a metà Marzo, quello a cui nessuno si sedeva. Si sedette lì, pensando forse che il banco avesse bisogno di un po’ di compagnia. Iniziò a farfugliare delle frasi sconnesse, intavolando una conversazione immaginaria con lui, in quel momento suo amico. I bambini sono da ammirare per questo. Quando non posso parlare con nessuno, parlano con il loro amico immaginario, oppure si inventano un amico immaginario, prendendo spunto dalla prima cosa che vedono.
Beka aveva attirato l’attenzione di entrambi i papà con un semplice “Papi”. E Lottie non volle guardare, perché il suo papà si era chinato e aveva dato un bacio sulla guancia a quella bambina spocchiosa e vanitosa. Non era giusto. Liam James Payne era il suo principe, non quello di quella bambina bionda. Liam accarezzò i capelli alla bambina, e Lottie portò una mano sulla sua testolina calva, chiedendosi il motivo per il quale lei non avesse i bei capelli che aveva Beka.
Un bambino dalla pelle mulatta le si avvicinò. Era il gemellino della piccola Beka. Ma Kit, questo il suo nome, stava simpatico a Lottie. Era diverso dalla sorellina, questo era certo. Lui era leggermente più alto, la sua pelle era di un bellissimo colore ambrato, i capelli scurissimi, neri come la pece, gli occhi marrone chiaro entravano nell’anima e la facevano sciogliere. Ed era messo in disparte perché quella vipera di Beka amava stare al centro dell’attenzione.
«Ciao.» disse il bambino, sedendosi uno sgabello lì vicino.
«Ciao.» replicò Charlotte, facendo scivolare la mano sul banco, sperando che lui non notasse come lei era diversa dalla sua perfetta sorella. Rimasero in silenzio a lungo, fino a quando Liam arrivò, e baciò la guancia alla bambina.
 
 
Il pomeriggio, alle quattro in punto, i genitori della piccola Payne erano di nuovo nella classe della figlia, riprendendola. Fiona si fece raccontare nel dettaglio tutta la giornata, scoprendo che Lottie non voleva parlare con Liam.
«Piccola, ti sei divertita?» provò Liam, con scarsissimi risultati. La bambina continuava a parlottare allegra con la mamma, che ascoltava e guardava Liam con uno sguardo dispiaciuto.
Liam parcheggiò davanti casa, scendendo. Lottie urlò, attirando la sua attenzione.
«Cosa c’è piccola?» provò ancora Liam, ricevendo questa volta risposta.
«Jim! Dobbiamo andare da Jim.» Liam corse subito in macchina, dopo aver lasciato una bacio sulla guancia della sua piccolina. In un’ora furono all’ospedale, nel reparto dei malati terminali, dove i genitori di Lottie speravano che la bambina non dovesse andare.
Charlotte correva per i corridoi, salutando tutte le infermiere sue “amiche”, dirigendosi speditamente verso la camera dei giochi. Quando vide Jim seduto per terra, da solo, gli corse in contro, inciampando più volte nelle sue Converse. Il bambino quando la vide si alzò in piedi, aprendo le braccia. Jim era di poco più grande di Charlotte. Lei doveva fare cinque anni a Giugno, tre mesi dopo, mentre lui ne aveva già fatti cinque a Gennaio. Il bambino poi per avere cinque anni era alto. Era almeno dieci centimetri in più di Charlotte.
Prima, quando aveva capelli e sopracciglia, era castano, come il suo papà. I suoi occhi erano di un bellissimo verde smeraldo, che andava però affievolendosi con l’avanzare della malattia. Gli avevano dato poco meno di quattro mesi.
Lottie abbracciò con quanta più forza aveva Jim, che ricambiò, accarezzandole la schiena dove prima arrivavano i lunghi capelli color miele della bambina. Liam e Fiona li trovarono al centro della stanza abbracciati, Jim con la testa affondata nel collo di Lottie. Fiona scoppiò a piangere, pensando che forse anche la sua bambina sarebbe morta entro pochi mesi.
«Ssh.. Va tutto bene, Fiona. Ci sono io.» le sussurrò abbracciandola Liam. La ragazza affondò il volto nel petto di suo marito, facendo passare le sue braccia dietro la schiena di lui. Liam le accarezzava i capelli, morendo lentamente dentro anche lui. Sarebbe totalmente evaso dal quel corpo, sarebbe entrato nel suo mondo se non ci fosse stato il profumo di cacao dei capelli di Fiona a tenerlo con i piedi ben piantati per terra.
«Liam.. non voglio perderla dopo quello che ho fatto per averla.» sussurrò Fiona, controllando la sua bambina che parlava e rideva con il suo migliore amico.
E Liam la capiva. Avevano abbandonato tutto, il loro paese compreso. Si erano trasferiti a Manhattan, per stare lontani dell’odio dei genitori. Con i soldi che avevano guadagnato nei due anni dopo il diploma, si erano comprati un appartamento e avevano continuato gli studi in America, lavorando naturalmente. Si erano laureati piuttosto presto, e avevano trovato entrambi un lavoro migliore dei camerieri. Lui aveva iniziato a fare l’avvocato, Fiona invece la scrittrice. In quel periodo stava scrivendo un libro sulla forza di sua figlia. Ruotava tutto attorno a lei, in modo da tenerla sempre con sé, anche quando era a scuola o in ospedale. Il titolo era Cancer Fighter. Voleva far sapere al mondo quanto era forte la sua piccola bambina e il suo amico. Voleva far sapere a tutto il mondo la forza incredibile di quei due bambini che stavano lottando contro una malattia terribile e in alcuni casi letale. I capelli che cadevano durante la chemio era solo una parte. Piano piano il fisico deperiva, la pelle si schiariva e diventava sempre più grigia, le vene si fanno un po’ più evidenti. Ma quei bambini la stavano combattendo, anche se il piccolo Jim non avrebbe visto il Natale, quell’anno.
 
 
Le ore erano passate in ospedale, e Charlotte aveva insistito per rimanere fino a tarda sera con il suo migliore amico. Adesso si erano sdraiati nel lettino d’ospedale di Jim, fingendo di leggere un libro. In realtà si inventavano una storia vedendo le immagini. Adesso però qual libro era sulle loro pance. La piccola Lottie era sdraiata accanto al Jim, che aveva uno sguardo sereno e il braccio attraversava le spalle gracili di Lottie. Dormivano tutti e due. Liam fu il primo ad arrivare nella stanza, facendo cenno ai genitori dietro di sé di fare silenzio. Era fiero della sua bambina. Fiero di vederla comportarsi come se nulla la stesse distruggendo da dentro. Era fiero della sua piccola principessa che aveva trovato la forza di lottare qualcosa che non comprendeva. La bambina sapeva solo di essere malata, ma non sapeva che forse non avrebbe visto l’anno nuovo. Tutti speravano che quello non accadesse ma, purtroppo, non potevano deciderlo loro. Liam le avrebbe dato una vita lunghissima, felice. Le avrebbe dato un castello come quello delle principesse, cosa che al momento era il maggiore desiderio di Lottie.
«Liam, andiamo a casa, i signori Morrison devono riposare.» sussurrò Fiona nell’orecchio del marito, facendogli segno di prendere la bambina comodamente addormentata quasi del tutto addosso al suo amichetto. Fiona porse al marito una felpa più pesante che aveva portato solo per la bambina e Liam gliela mise delicatamente, prendendola poi in braccio.
«Grazie davvero. Jim quando vede Lottie si rallegra tantissimo. Mi dà l’impressione di un bambino perfettamente in salute e non un bambino che morirà tra pochi mesi.» la signora Morrison piangeva disperatamente, e per questo l’ultima frase si smorzò. Fiona si sentì come in dovere di abbracciarla, e lo fece, stringendo a sé la donna trentenne. I signori Morrison erano persone stupende. Avevano avuto un figlio rispettivamente a ventisette e ventisei anni. Il bambino sembrava essere in buona salute, ma poi un giorno gli diagnosticarono il cancro. Fiona e Liam se lo ricordavano. Perché? Perché nello stesso giorno anche la loro bambina era stata condannata a continui controlli medici, chemio.
«Grazie a lei..» sussurrò solo Fiona, prima di lasciare la donna al marito, che pensò a rassicurarla e a calmarla. In corridoio incontrarono la dottoressa della loro bambina, che gli sorrise.
«Alex, ciao..» sussurrò Fiona tirando il cappuccio sulla testa calva della sua preziosa creatura. La dottoressa gli disse di aspettare, entrando in una sala. Ne uscì con una coperta arcobaleno in pile.
«Questa l’aveva dimenticata qui Charlotte il mese scorso. Mettetegliela addosso.» e detto questo si congedò. Liam mise la coperta sul corpicino che dormiva beato tra le sue braccia, poi avvolse le spalle della moglie con un braccio libero.
Fiona poggiò stanchissima la testa sulla sua spalla, camminando con lui.
«Ti amo.» le sussurrò lui, baciandole una tempia. Lei gli sorrise, cercando le sue dolci labbra morbide, per baciarlo e sussurragli sulle labbra che l’amava anche lei.
 
 
 
La mattina dopo Charlotte svegliò allo stesso modo del giorno prima i genitori, e tutti insieme fecero la stessa colazione del giorno prima.
«Dai piccola peste, che siamo in ritardo.» la bambina corse  verso il bagno dopo quella frase della mamma. Si fece lavare e poi scelse un pantacollant nero con delle scritte viola e una felpa viola scuro, oggi dell’Adidas. Per scarpe mise le sue Converse preferite, quelle nere alte. Erano le più rovinate che possedesse, ma non voleva smettere di metterle solo perché erano vecchie. Ogni volta reagiva dicendo “Ma una persona vecchia, solo perché è vecchia non vuol dire che non si deve più considerare”. Era una grande frase per una bambina di appena quattro anni e mezzo, che aveva impressionato sia la maestra che i genitori.
«Vuoi scegliere i vestiti anche per me?» le chiese la mamma dolcemente, prendendo i lacci ed allacciandoli, facendo più di un giro attorno alla caviglia sottile della piccola.
La bambina annuì, correndo verso l’armadio e beccando, questa volta, Liam in boxer davanti all’armadio. Lottie corse verso di lui, si era già dimenticata del giorno precedente.
Gli diede degli schiaffi giocosi sulla pancia che si vedeva leggermente.
«Papà sta diventando grasso! Papà sta diventando grasso!» rise, scappando poi da Liam che la inseguiva, correndo un po’ più lentamente per consentirle di scappare. Poi, stanco di correre in cerchio, la afferrò, facendole il solletico.
«Hai visto che uomo di burro ci ritroviamo, Lottie?» le chiese la madre con tono scherzoso. Liam la guardò di traverso, sbattendola sul letto e iniziando a fare il solletico anche a lei. La bambina saltava sulla ginocchia e rideva accanto a loro.
«Adesso scegli i vestiti per questi mamma e papà grassi.» scherzò Liam prendendo tra le braccia Fiona, che aveva un sorriso sulle labbra. Lottie non se lo fece ripetere due volte e corse verso l’ armadio della mamma, prendendo una tuta blu e una felpa grigia scura. Poi, osservando attentamente le scarpe, scelse un paio di Converse bianche. Poi corse verso l’armadio del padre, prendendo una tuta grigia a cavallo basso, una felpa rossa della Jack Wills e le vecchie converse bianche. Liam e Fiona si vestirono entrambi sorridendo alla bambina.
«Tutti con le Converse!» esclamò la bambina, alzando le braccia al cielo e gettandosi sul letto. I genitori la sollevarono, portandola in macchina e poi a scuola. La bambina guardò Beka di traverso. È stupida. Pensò. Lo aveva fatto perché la bambina indossava una gonnellina leggera a fiori colorati, una maglietta a maniche lunghe bianca, uno scalda spalle azzurrino e delle ballerine sopra delle calze bianche. Era davvero carina, ma lei la invidiava. Le invidiava le braccine magre, ma piene, stesso discorso per le gambe. Lei, si rendeva conto, era troppo magra. E questo le faceva schifo. Una volta aveva incontrato una ragazza troppo magra. Era in ospedale, e lei voleva solo qualcuno che le leggesse una storia. I suoi genitori erano a lavoro e non erano ancora andati a trovarla. Girando con Jim aveva trovato questa ragazza, Brittany, accovacciata su una poltrona nella libreria. Subito i bambini le erano corsi in contro, facendole staccare gli occhi dal libro che stava leggendo. Vedere quei bambini pelati, senza sopracciglia, la pelle grigiastra e margolini, le aveva stretto il cuore in una morsa, e le aveva fatto mettere da parte la sua timidezza, leggendogli il libro e ridendo con loro, nella speranza di rendergli la vita un po’ meno dura. Ma quello che quei bambini era stato molto di più. L’avevano fatta involontariamente guarire dalla sua anoressia.
Ma torniamo a noi. Lottie da quell’esperienza aveva capito quando bisognava smettere di fare quella che gli adulti chiamavano “dieta”.
«Tesoro, hai visto Beka? Perché non ci parli, è così carina, e vuole una mano a farsi una treccina ai capelli. Tu sei brava, perché non l’aiuti?» provò il padre sorridendo alla bambina. Lei lo guardò con gli occhioni pieni di lacrime, ma annuì al padre. Liam la vide andare da Beka con un passo strascicato e la vide parlare alla bambina poco. Gli sembrò che Lottie avesse detto qualcosa come “Ti aiuto a fare la treccina”, per poi far completamente spegnere quella dolce voce da bambina che la caratterizzava.
«Non credo che alla tua principessa piaccia tanto Beka.» disse Zayn, poggiando il palmo sulla spalla del giovane uomo. Liam lo guardò nervoso un attimo, per poi riportare lo sguardo sulle bambine che adesso erano affiancate da Fiona.
«Sciocchezze, Lottie adora Beka.» disse nervosamente mangiandosi le unghie. Zayn gli sorrise, scuotendo il capo.
«Liam, non lo devi dire per farmi un favore a me. Io e te siamo comunque amici, anche se Lottie non va d’accordo con Beka. Guardale bene, e dimmi se quello è il comportamento di una bambina che va d’accordo con un’altra.» Liam si ritrovò a scuotere la testa, guardando la moglie mentre leggeva quello che intuì fosse una favola. Quando Fiona girò la pagina vide il titolo: Raperonzolo. E capì il perché dello sguardo annoiato e scocciato di Charlotte. Lei odiava Raperonzolo. Liam credeva che era perché lei aveva tutti quei capelli, lunghi quanto una torre, mentre Lottie non ne aveva nemmeno uno. Oppure perché non tutto era perfetto. Il principe rischia di morire. Oh, non le piaceva punto e basta.
«No, hai ragione amico.. è che.. vorrei solo che tutto fosse perfetto..» sospirò Liam, sorridendo all’amico. La ragazza di Zayn lo aveva lasciato appena i piccoli erano nati. Li aveva affidati a lui andandosene –per quello che Liam sapeva- in Australia. I bambini però vivevano bene con il padre che cercava di non fargli mai mancare nulla.
«Niente è perfetto, Liam.» gli disse Zayn in risposta. Andò a salutare i suoi bambini e andò a lavoro. Liam doveva andare a riesaminare l’accusa e quindi dovette andare a salutare la sua bambina.
«Principessa, vieni a salutare babbo?» le disse, aprendo le braccia. Lottie si catapultò in quell’abbraccio, felice di non dover più ascoltare Raperonzolo. Liam la prese in braccio, accarezzandole la testa. Lottie arrossì appena, ma non si vide. Beka era ai piedi di Liam e lo stava pregando di prenderla in braccio. Liam non poteva non farlo, quindi la prese con il braccio sinistro. Lottie cercava di mantenersi molto lontana da “Riccioli D’Oro”, ma dato che erano entrambe in braccio al suo papà non poteva allontanarsi più di tanto. Poi Liam mise per terra Beka, accarezzandole i lunghi capelli biondi. Charlotte portò ancora una volta la mano alla testa e gli occhi le si riempirono di lacrime. Questa volta Liam se ne accorse.
«Perché piangi piccola?» la bambina immerse le sue manine dentro i riccioli castani del papà, accarezzandoli e respirando il loro profumo.
«Perché lei ha i capelli ed io no?» chiese ancora Lottie, accarezzandosi la testolina pelata. Liam, preso in contropiede, all’inizio le abbassò solo la manina, facendogliela mettere attorno al suo collo, e poi le lasciò un bacio sul nasino.
«Ma tu sei più bella di Beka. Però ssh - si poggiò un dito sulle labbra – non dirglielo che diventa gelosa!» Lottie alzò leggermente gli angoli della bocca e Liam la fece scendere. Fiona salutò la sua bambina, e insieme uscirono dalla scuola. quello che Lottie non sapeva era che Liam aveva mandato a fanculo l’accusa, e che l’aspettava una sorpresa.
 
 
Alle quattro in punto, puntuali come al solito, i signori Payne si presentarono all’asilo per riprendere la loro bambina. E quella volta non furono guardati male solo per la loro giovane età, ma anche perché si erano rasati i capelli a zero. Quando Charlotte li vide, scoppiò dalla felicità. Gli corse incontro, abbracciandoli e ridendo contenta. Liam e Fiona non si erano mai sentiti meglio in vita loro. Vedere la loro bambina così felice, li riempiva il cuore di una gioia immensa.
«I capelli! I capelli!» continuava a dire Charlotte. Era davvero al settimo cielo. Passò una mano sulla testa rasata della mamma, ricordando quanto la donna amasse i suoi capelli e ricordando la bellezza di quest’ultimi. Liam aveva gli occhi lucidi. Vedere la sua bambina felice a tal punto lo riempiva d’orgoglio. E non gli importava di essere giudicato male per strada o a lavoro. La sua piccola principessa era felice, il resto del mondo poteva aspettare allora.
«Li abbiamo tagliati, come te e Jim. Sei felice?» Lottie annuì alla madre, che poi la prese in braccio. Zayn li stava guardando stringendo a sé la propria bambina, mentre il figlio era ai suoi piedi, che stringeva la gamba del papà. Liam lo chiamò in disparte, per parlargli.
«Che c’è amico?» gli chiese Zayn, tirandosi su i pantaloni caduti un po’ troppo in basso.
«Kit. Non puoi lasciarlo sempre per secondo.» lo ammonì severo Liam. Zayn abbassò lo sguardo, grattandosi la nuca. Il moro si limitò ad annuire, portando i bambini a casa.
Liam prese Lottie per mano, mentre Fiona prendeva lo zainetto peluche-panda.
Come voleva Charlotte andarono alle giostre, e si divertirono. Alcuni li guardavano male per il fatto che si erano rasati a zero, ma altri li ammiravano e si commuovevano.
Arrivò la sera, e Fiona decise di fare il piatto preferito della piccola Lottie: la pizza. Ma non quella disgustosa d’asporto, fece la vera pizza Italiana, con tanto di sugo e mozzarella. Stavano guardando Il Re Leone, il cartone preferito di Lottie. Coca, pizza e tanto coccole, quella fu l’ultima sera a casa per la piccola. Fu una sera che non avrebbe scordato mai e poi mai.
 
 
La mattina presto si trovarono in ospedale. La dottoressa Alexandra gli stava per consegnare i risultati. Era il giorno in cui scoprivano se Lottie era una malata terminale oppure poteva guarire con la chemio.
La bambina giocava come suo solito con Jim nella sala adiacente, mentre Fiona pregava ogni divinità che la loro bambina avesse una possibilità. Alexandra uscì dal suo studio, comunicandogli:
«Mi dispiace, ma la bambina ha fino agli inizi di Luglio.»
Distrusse quei due ragazzi, quel giovane uomo e quella giovane donna che si trovavano davanti a lei. Fiona si getto piangendo tra le braccia di Liam e lui piangendo l’aveva stretta tra le sue braccia. Era la fine del gioco. La bambina sarebbe morta e gli ultimi mesi della sua vita li avrebbe passati in ospedale.
Mentre Liam e Fiona si disperavano, Lottie e Jim giocavano insieme nella sala. Un’infermiera andò a portargli il pranzo. Li lasciarono giocare per terra e mangiare seduti sul pavimento mentre si tiravano LEGO. Quei bambini avevano lottato. Ma non ce l’avevano fatta.
 
 
Era il 18 Giugno. Charlotte Gemma Payne compiva cinque anni. Jim le aveva portato una rosa appena sveglia. I bambini avevano si e no due settimane di vita. Ed era orrendo sapere esattamente fini a quando sarebbero vissuti. La loro “data di scadenza” si avvicinava sempre di più, e con essa la data della morte dei loro genitori si avvicinava, scaltra, veloce ed inesorabile.
Lottie quel giorno si sentiva un po’ debole, ma non lo disse, voleva giocare. I genitori seguivano ogni mossa di Jim e Lottie con occhi attenti e preoccupati. Erano rassegnati. Liam non voleva più vivere. Ma aveva scoperto che Fiona era incinta. Aveva paura, certo, ma voleva provare ancora. L’aborto era un’opzione anche ragionevole. Per chi sta per perdere la propria luce, anche il buio può sembrare una scelta migliore ad una salita tortuosa, ma ovviamente è la strada sbagliata. Insieme si erano fatti forza, e avevano deciso di continuare la gravidanza.
«Tesoro esprimi un desiderio.» le aveva sussurrato Liam all’orecchio. La bambina aveva chiuso gli occhi, incrociato le dita e soffiato forte insieme a Jim.
Lottie scoprì di aver avuto in regalo un nuovo pallone, questa volta con raffigurato il Re Leone. Non avevano perso tempo, lei e Jim. Avevano iniziato a giocare insieme nella sala dei giochi. Ma proprio mentre giocavano i genitori sentirono un urlo. Liam fu il primo ad arrivare. Lottie era in piedi in mezzo alla stanza, il pallone che rotolava ai suoi piedi. Jim era per terra. Lottie ebbe il tempo di guardare una volta i volti della mamma e il papà, e poi cadde al suolo. Fu in quel momento che Liam scattò. Prese tra le braccia la sua bambina, mentre Fiona chiamava le infermiere.
 
 
Una settimana dopo i bambini erano ancora collegati a cavi e macchine. Non si riuscivano più a svegliare. Fiona, Liam e i signori Morrison ormai avevano passato più ore accanto ai loro bambini che a dormire. Nessuno riusciva più a farlo. In compenso Fiona aveva anche iniziato a vomitare. Era incinta di due mesi.
«Vuoi un po’ d’acqua tesoro?» le chiese Liam, lasciandola seduta davanti al lettino della loro piccola bambina. i capelli erano quasi del tutto rasati, aveva pochi capelli biondi che stavano iniziando a ricrescere, ma diceva che voleva tagliarli.
«No, sto bene così. Grazie Liam.» l’uomo tornò poco dopo con un po’ d’acqua e del caffè.
Rimasero lì tutto il giorno, e fecero bene. Perché Lottie aprì gli occhi per pochi secondi. E parlò.
«Vi voglio tanto bene. E anche a Jim.» e dopo questa frase, gli occhi di Lottie Payne si chiusero per sempre. Era il 25 Giugno e Lottie se ne era andata. Le macchine iniziarono a fare quei rumori acuti ed insopportabili, che si raddoppiarono. Jim aveva lasciato questo corpo. Fiona era totalmente distrutta. Non riusciva a staccarsi dal corpicino senza vita della sua bimba innocente. Liam cercava di distrarla, di aiutarla a staccarsi. Cercava solo di non soffrire ancora. E la riportò a casa. Passò la notte ad accarezzarla, a baciarla e a rassicurarla.
 
Il giorno dei funerali dei bambini, Fiona e Liam erano vestiti di nero. Anche i Morrison lo erano. Jim e Lottie avrebbero voluto essere sempre insieme, quindi furono seppelliti vicini. Anche oggi la loro lapide è vicina.
Sulle loro lapidi c’è scritto:
E’ un dolore, ma non è proprio un dolore.
È una specie di malinconia.
Ti viene da piangere, ma non piangi.
In memoria di tutto il dolore interiore patito, ma non mostrato, in memoria della forza di quei bambini.
 
Oggi Fiona e Liam hanno altri due figli. Due gemelli. Un maschio ed una femmina. Adesso sono grandi, hanno entrambi quattordici anni. Conoscono la storia della loro sorellina e del suo amico, e ne sono fieri. Sono fieri di avere il nome di due guerrieri, che nonostante tutto hanno vissuto felici.
Fiona e Liam ogni anno il 25 Giugno si rasano i capelli a zero, in onore della loro bambina.
Loro non hanno smesso di lottare, perché Lottie non avrebbe voluto. Poi, a pensarci bene, l’ultima frase del libro di Fiona, quello che ruotava attorno a sua figlia e ce voleva non finisse mai, fu proprio:
E avrei voluto continuare all’infinito questo libro, perché narra una storia. Narra la storia della mia bambina, una guerriera. E questo libro è finito perché la sua storia è conclusa. Ma non sono conclusi gli insegnamenti che ci dà. Sta ad ognuno di noi decidere che parte di Lottie prendere. Io credo di aver preso la sua determinazione, anche se poi ogni anno che passa un altro pezzo della mia piccola bambina entra in me. E credo sia per questo che ogni anno miglioro me stessa ed il mio modo di essere: perché Charlotte Gemma Payne era un angelo, l’angelo più perfetto che Dio abbia mai creato.
 
 






 
 
 
 
 
Writer
Salveee!
Allora lo so che non è esattamente incentrata su Liam, ma dopo un’intera stagione di Braccialetti Rossi dovevo farlo..
Beh, non ho molto da dire. Solo che è dedicata a tutte le persone che lottano contro il cancro.
Beh grazie a te che leggi, che recensici e che aggiungi alle categorie :)
Manu xx

 
   
 
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