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Autore: zeroborine    04/03/2014    7 recensioni
Harry muore per vivere. Il suo amico Zayn sogna. Una volta ha addirittura sognato il detective Payne. I soldi, ce li hanno solo le banche e Niall Horan. E poi c'è Louis. Sci-fi+mafia!AU.
[ ATTENZIONE! Questa storia contiene Harry/Louis ][ Autore: zeroschiuma ]
Genere: Science-fiction, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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BLOODLESS
1x01 - Pilot
Di zeroschiuma

The day they covered us in the dirt
Like scars in the ground
That will grow into dead flowers

(The flowers of evil, Marilyn Manson).

Questa sera è un hotel qualsiasi a Las Vegas. L'uomo è un tale Pauly, irlandese, come da cliché un filino razzista proprietario di due o tre pub in giro per il Nevada.
Harry interpreta un povero Cristo di nome Tom, una specie di Kurt Cobain con relativa Curtney e figlia di tre anni a carico. Classica regolazione di conti: ottocentomila dollari o la vita. Un gioco da ragazzi.
Si fa trascinare dai gorilla muti senza neanche prendersi la briga di protestare. Troppo facile: una Magnum carica, il vecchio Pauly rosso in viso nel suo giubbotto antiproiettile troppo stretto, il suo accento incomprensibile quando gli chiede i soldi. Harry non ce li ha. Sospira Pauly, come se proprio non gli andasse di freddare un'altra testa di cazzo per un banale insoluto. Però toglie la sicura al suo ferro, "ultimo desiderio?" gli chiede ed Harry gli offre un sorriso malizioso.
"Un Martini, per favore".
Glielo versa Pauly in persona, direttamente dal minibar a un bicchiere di plastica; poi però gli punta la sua semiautomatica alla tempia e fa fuoco. Troppo facile.
I gorilla lasciano che si accasci sulla moquette lercia. Pauly rimette la sicura alla sua Magnum, se la caccia nei pantaloni ed "andiamo, ragazzi" ordina.
Harry aspetta che siano usciti dalla stanza, poi si sfila il proiettile dal cranio e lo tira giù con lo sciacquone. Si scola il suo Martini. Esce dall'uscita d'emergenza. Si stringe un po' il giubbotto addosso, però, perché nel maledetto deserto si gela di notte.
Tom, Lou e la piccola Lux sono già in Europa, probabilmente. Come rubare le caramelle a un bambino.




Zayn è quel tipo di amico che non telefona mai, eccetto che nelle circostanze meno opportune.
"Ero morto quando mi hai chiamato" tenta di farlo ragionare Harry, tenendolo in viva voce mentre guida.
"Sei sempre morto" ha addirittura il coraggio di controbattere quello.
"Fottiti", di conseguenza, è l'unico modo che Harry conosce per rispondergli. "Che cazzo volevi?".
Zayn sarà al negozio. Se Harry lo conosce abbastanza, sta addirittura tatuando qualcuno con la mano che non regge il telefono. Probabilmente Perrie. "Devi venire qui" gli dice.
Un classico. Harry non sa proprio cos'abbia nella testa. "Fratello" gli spiega, "sono quasi in Florida".
"Non capisci, Harry" insiste Zayn: "è importante".
"Fottiti un'altra volta" è tutto ciò che Harry gli dice, prima di riagganciare. Tanto lo sa già, di che si tratta.




Qualche giorno dopo Harry è a Los Angeles per un lavoro. Un tale Ed, cose di droga. Italiani, come al solito: qualche ora di tortura in uno scantinato ed un colpo di fucile a canna mozza. Solita noia.
Riesce ad incontrare Zayn solo alla sera, ancora con una manetta a penzolargli dal polso. Se la sfila forzandola con un coltello una volta seduto al diner. Zayn solleva le sopracciglia ed Harry, a propria discolpa, dice solo "lo sai che non mi piacciono le armi".
Zayn ha una sigaretta dietro l'orecchio e la faccia di uno che non dorme da mesi. Ironico. Gli fa scivolare il solito foglio di carta velina contro il tavolo e "da' un'occhiata" gli suggerisce.
Sempre la stessa storia. Questa volta il ragazzo ha una t-shirt a righe, però. Harry potrebbe dargli corda, perché Zayn è un amico, ma ha avuto una giornata difficile. Italiani di merda. "È lo sconosciuto dei tuoi sogni, fratello" gli fa notare: "non capisco perché vuoi rifilarlo a me".
Hanno avuto questa discussione un centinaio di volte. Zayn non demorde. La sua argomentazione è sempre la stessa: "è con te che lo sogno".
"Zayn" sospira Harry, massaggiandosi le tempie, "non ho mai visto questo tizio in vita mia".
La cameriera serve loro due birre e porta con sé le manette, come fosse comune occorrenza. Zayn si porta istintivamente la sigaretta spenta alle labbra. "Neanche io avevo mai visto Perrie quando l'ho sognata" gli ricorda, come al solito, "ed ora siamo sposati". Harry sta per interromperlo, ma quello "e non dimenticare il detective Payne" continua, imperterrito.
Harry si scola la sua pinta tutta d'un fiato. Maledetto detective Payne, maledetto FBI, maledetto Zayn. Alla fine tiene il suo disegno. Lo conserva nello zaino insieme a tutti gli altri. Riaccompagna pure Zayn da Perrie, visto che gli è di strada. Maledetta pure Los Angeles.




È nato sull'East Coast, per questo la detesta. Ci torna sempre a malincuore, in particolare d'estate. Non sa dove resterebbe, se avesse la possibilità di stabilirsi in un posto soltanto, ma di sicuro non sceglierebbe l'East Coast.
Il lavoro è a New York, ovviamente, ma Harry è diretto a Detroit, prima. Il tizio si chiama Horan ed ha esplicitamente richiesto di vedere Harry da vicino; come tutti, si fida dell'agente Payne, ma pare continui a ripetere "la posta in gioco è troppo alta". Pure gli apici doppi sono suoi.
La prima volta che Zayn sognò il detective Payne, credeva che il suo potere stesse finalmente scemando e che a poco a poco lo avrebbe abbandonato così come era arrivato. La questione era semplice: perché un agente della omicidi sarebbe dovuto entrare in combutta con un truffatore del calibro di Harry? Poi, però, proprio come nel sogno di Zayn, il giovane campagnolo Liam, riscopertosi promessa dell'FBI, irruppe nel vicolo nel quale Harry stava per essere pestato a morte per conto di un piccolo commerciante di vini di Atlantic City. Non batté ciglio, quando, con una coperta da trauma addosso, Harry gli disse di non poter fisicamente morire. "Non c'entra" rispose piuttosto ad Harry, come se avesse schiere di amici immortali su Facebook: "quella è gente cattiva".
Harry detesta gli sbirri, ma prova risaputamente tenerezza verso gli ingenui. Per questo quella sera, ad Atlantic City, prese la mano del detective Payne e "Liam" gli propose, "ti va di fottere quella gente cattiva insieme a me?".
Sono passati due anni da allora. Liam Payne ha divorziato dalla sua bella moglie mulatta, intanto; dice sempre che l'unico pensiero che riesca a tranquillizzarlo, di notte, è che Zayn li avvertirebbe con largo anticipo, se qualcosa andasse storto. Harry continua a ripetergli che non fanno altro che salvare la vita alla gente, ma l'agente Payne ha la testa più dura del distintivo. E del cazzo, pure, se la sua vita matrimoniale è sintomo di qualcosa. Maledetti campagnoli del Winsconsin.




La prima cosa che Niall Horan dice ad Harry è: "la gente non ha i soldi, perché ce li hanno tutti le banche". Offre un assaggio della salsiccia cruda che sta tagliando ad Harry. Poi sorride e "ed io" aggiunge.
Pure Harry sorride. Niall Horan è un immigrato di seconda generazione; i suoi genitori hanno un allevamento nell'entroterra del Michigan. Niall Horan vende la carne delle loro vacche a tutti i supermercati di Detroit.
"Mi fa piacere" gli si complimenta Harry, compiaciuto, "perché ti serviranno, se vuoi che mi faccia ammazzare al posto tuo".
Il suo interlocutore ha una risata allegra, quasi canzonatoria. Ride per pochi secondi, però; poi indica Harry col coltello che tiene ancora a mezz'aria e "quanto vuoi per cercare un accordo con Simon Cowell al posto mio?" gli chiede, serio.
Harry non si lascia intimidire. "Quanto hai?" gli ritorce contro, a mo' di sfida.
Allora il macellaio di nome Niall Horan si posa la lama del proprio coltello contro il polso. Preme. È una questione di un attimo: Harry sta già per chiamare aiuto. Poi però nota il sorriso che l'altro ha in volto e trova il coraggio di guardare il punto in cui la lama affilata ha lacerato la pelle.
Proprio come Harry, Niall Horan non sanguina. La carne cruda che ha di fronte è completamente bagnata d'oro.
Solleva le sopracciglia ed, in faccia alla divertita incredulità di Harry, "i soldi" ripete, "ce li abbiamo solo le banche ed io".
Si copre la ferita con una benda. Harry ama il suo lavoro. "Simon Cowell, dici?".




Harry si aspettava l'Empire State Building, ma alla fine l'appuntamento con Cowell è in una fastidiosa villetta di Manhattan nel bel mezzo di un funerale.
"Fai attenzione, Haz" gli si raccomanda il solito detective Payne, in uno dei suoi accessi da mammina apprensiva.
Harry gli dà di proposito una pacca troppo forte sulla spalla. "Tranquillo, Liam" lo prende in giro, "andrà tutto bene e sarai da tuo figlio ad ora di cena".
Il povero detective Payne non si scomoda neanche più a ricordargli che gli è permesso vedere il piccolo Mike solo nel week-end.
Così Harry bussa alla porta dell'orrenda villa e, rivolgendo un occhiolino a Liam, aspetta.




Cowell ha appena sepolto la sua amica e socia in affari Pussycat, benché Harry dubiti quello fosse effettivamente il suo nome di battesimo, ma lo riceve comunque dentro uno studio. Harry è scortato da una ragazzina in carne fino alla scrivania al centro della stanza. Ha giusto il tempo di sentire Cowell "chi sei e chi ti manda?" chiedergli in un tono monocorde, quando lo vede.
Ha un corpo muscoloso ma compatto, gli occhi azzurri, gli zigomi pronunciati, capelli lunghi e liscissimi a ricadergli sulla fronte. Porta una familiare t-shirt a righe orizzontali: lo sconosciuto dei sogni di Zayn.
La ragazza grassottella gli tiene le braccia ferme dietro la schiena con la forza, quando Harry "Horan, macellaio di Detroit" risponde a Cowell: "cerca accordi per ampliare la sua area d'interesse fino al New Jersey". Cowell, dalla sua postazione dietro alla scrivania, fa solo un cenno col capo al ragazzo con la t-shirt a righe.
Quello sembra confuso, forse spaventato, sicuramente incapace di staccare gli occhi di dosso ad Harry. Si gratta la mascella, nervoso, e "non ne sono sicuro" sembra far fatica ad ammettere, "ma pare dica la verità".
Harry non capisce, ma continua a reggere lo sguardo del ragazzo dei sogni di Zayn.
"Ti pare?" ringhia Cowell, benché né Harry né il ragazzo gli stiano prestando attenzione, "non ne sei sicuro?".
Il ragazzo non sembra affatto sicuro; pare, piuttosto, sull'orlo di un crollo nervoso, quando "non ha paura" cerca di spiegare a Cowell, senza tuttavia risolversi a smettere di fissare Harry. "Sta pensando a tutt'altro" balbetta, come non sapesse come formulare ciò che ha intenzione di dire.
Cowell sembra sul punto di perdere la pazienza. Harry, però, ha capito: il ragazzo che Zayn ha sognato per mesi, quello del quale Harry aveva infiniti ritratti prima ancora di conoscerlo, legge nel pensiero.
Allora Harry non perde tempo: pensa a come potrebbe chiamarsi il ragazzo. Quello ignora di sana pianta Cowell e, sollevando una spanna come per zittire le sue proteste, "Louis" risponde ad Harry ad alta voce.
"Demi" sta ordinando Cowell, con le braccia puntate sulla scrivania in un moto di rabbiosa insofferenza, "spara a questa testa di cazzo", ma Harry sta pensando che lui e Louis dovrebbero darsela a gambe.
Louis, sollevando le sopracciglia, "sei pazzo?" chiede soltanto ad Harry, nello stesso istante in cui sia Cowell che la ragazza in carne di nome Demi estraggono le loro pistole.
Harry, con una pistola dietro la schiena ed una puntata in volto, afferra la mano di Louis e, senza darsi il tempo di ripensarci, scappa.




Tutto sommato la fuga non viene fuori malissimo: Harry prende a stento una pallottola nello sterno, Louis urla solo "in che senso a stento una pallottola nello sterno, sei pazzo?" e l'attimo dopo l'agente Payne li sta sollevando dal marciapiede davanti alla villetta della compianta Pussycat e li sta portando via, volando, su New York.




Una volta sul sedile posteriore, Harry ride e "Liam" sorride, "tu voli".
Si sfila il proiettile dalla gabbia toracica e Louis, seduto accanto al posto del guidatore, "Harry" cita alla lettera, "tu non muori".
Liam non distoglie lo sguardo dalla strada. "Be'" Harry crede sia giusto aggiungere, "tu leggi nel pensiero".
Il detective Payne continua a guidare, impassibile. Harry non sa neanche perché abbiano bisogno di un'automobile, quando Liam Payne sa volare.




Se qualcuno glielo chiedesse, Harry non saprebbe precisamente perché ha deciso che rapire il ragazzo dei sogni di Zayn fosse una buona idea.
"Infatti" fa quello, coi piedi sul cruscotto, "è stata una pessima idea".
In effetti Harry avrebbe potuto, riflettendoci a posteriori, chiedere a Louis per quale motivo lavorasse per Cowell.
"Avresti potuto" conferma Louis, osservando Harry attraverso lo specchietto retrovisore, "sì".
"Scusa" tenta, allora, Harry.
Louis, però, sta focalizzando la propria attenzione sul detective Payne. Resta ad osservarlo per qualche minuto, curioso, finché non gli rivolge un'espressione quasi disgustata e "chi sarebbero Niall e Zayn?" domanda. Poi si volta verso Harry e "sì, ricciolino, ho capito che Zayn mi sogna e che è per questo che hai avuto la brillante idea di provocare una sparatoria nel bel mezzo di una veglia funebre" lo precede, senza batter ciglio.
Liam è un bravo ragazzo. Sospira, prima di "Niall Horan è un piccolo imprenditore con base a Detroit e sanguina oro liquido" riassume, "e Zayn Malik è un tatuatore di L.A. che fa sogni premunitori". Picchietta ritmicamente le punte delle dita sul volante, per nulla a proprio agio, e "è inutile che ti dica a cosa sto pensando, do per scontato?" azzarda, con un mezzo sorriso.
Louis si lascia andare contro il seggiolino, divertito. "Sì, Liam Payne" risponde ad una domanda che non gli è stata esplicitamente posta: "il vecchio Simon mi verrà a cercare". Gli posa una mano sulla spalla, lascia che qualche secondo trascorra e, quasi affettuoso, e "mi pare un'ottima idea" gli si complimenta, salvo poi "visto che non sarà per nulla lieto" concludere "di non poter amazzare il nostro amico immortale". Harry non è perfettamente sicuro di essere immortale, così come non è sicuro per niente di aver colto di cosa Louis ed il detective Payne stiano parlando. Il ragazzo con la t-shirt a righe dev'essersi accorto della sua frustrazione, però, perché "digli dove stiamo andando, agente" ordina a Liam, fingendosi annoiato.
Liam abbassa il suo finestrino, lascia che il vento scompigli loro i capelli e poi "Detroit" dice solo, "poi L.A.".
Neanche ad Harry pare una cattiva idea. "Al contrario delle tue" gli ritorce contro, ovviamente, Louis.




Si fermano ad una stazione di servizio qualsiasi. Tanto sono tutte uguali. L'agente Payne compra M&M's e Red Bull fino a riempirci il cofano. Harry si mette gli occhiali da sole appena comincia a far giorno.
Si avvolge le maniche della t-shirt che porta, la stessa della sera prima, col foro bruciacchiato del proiettile a qualche pollice dal colletto. Ci mette un dito dentro. Ha bisogno di una doccia. Puzza, probabilmente. Chi vuole prendere in giro? Puzza, nessun dubbio.
Louis non puzza. Se ne sta rannicchiato al suo posto, in posizione fetale, con addosso il giubbotto dell'agente Payne. Deve aver trovato uno dei berretti di Harry dentro il porta-oggetti, perché l'ha usato per coprirsi il viso fino alle sopracciglia. Sembra così sereno, addormentato nell'automobile di Harry, in una stazione di servizio qualsiasi, all'alba. I tratti affilati del suo visino sono rilassati, le sue labbra tumide e lievemente schiuse, i ciuffi dei suoi capelli spettinati a spuntare dalla lana arancio del berretto di Harry.
Harry non lo conosce. Certo, Zayn gliene ha parlato ininterrottamente per anni; certo, l'ha rapito e probabilmente più di un innocente ne pagherà il prezzo. Ma non lo conosce, insomma. Allora perché vuole baciarlo?
L'agente Payne è al bagno. Parla poco, quando il suo istinto gli suggerirebbe di insultare il prossimo. Harry, sì: di insultare Harry. Che penserebbe, l'agente Payne, se Harry baciasse Louis? Zayn vedrebbe uno dei suoi sogni realizzarsi. Divertente. E Louis? Cosa penserebbe Louis, se Harry lo baciasse?
Harry era convinto di esser solo, per questo rischia un infarto, quando Louis bussa col pugno stretto contro il finestrino chiuso e ad attende che Harry si volti, prima di "penserei che" rispondergli, stropicciandosi gli occhi assonnati, "sei pazzo". Offre ad Harry uno sguardo malizioso, però, mentre il detective Payne torna al posto del guidatore, accende il motore e si riprende il suo giubbotto. Adesso l'agente Payne avrà l'odore di Louis addosso. Louis non puzza.
Si rimettono in viaggio.




A qualche minuto dal laboratorio di Niall Horan, Louis smette di fingere di dormire, indica Harry con un dito minaccioso e "piantala" lo ammonisce: "sì, mi piacciono i pompini, soffro il solletico, nessuno mi ha mai leccato il buco del culo e, soprattutto, scommetto che non ce l'hai grosso quanto immagini nelle tue perverse fantasie, fanatico". Poi incrocia entrambe le braccia intorno al proprio busto e, bofonchiando improperi tra sé e sé, sprofonda nel proprio seggiolino. Tra i vari mormorii sommessi, Harry riconosce solo uno "scopare da persone con capelli ridicoli" preoccupante.
A discolpa di Harry: il viaggio è stato lungo e Louis è attraente. Ed i suoi capelli non sono ridicoli. Ad ogni modo, lo sguardo che il detective Payne gli lancia attraverso lo specchietto retrovisore suggerisce che niente potrà mai sollevarlo dalle proprie colpe.




Questa volta Niall Horan li accoglie in un mattatoio. Carcasse capovolte penzolano dappertutto.
Li abbraccia, inspiegabilmente. Poi li ascolta. Harry gli dice di Zayn, dei disegni, di quando ha visto Louis a casa di Pussycat. Liam gli dice della fuga, del viaggio, del piano.
Solo alla fine Louis annuisce, con le spalle contro le interiora essiccate di una mucca, e "sì, esatto" aggiunge, ancora una volta rispondendo ad una domanda che non gli è stata mai effettivamente posta: "abbiamo bisogno dei tuoi soldi".
Per Niall Horan i soldi non sono un problema. Ha due condizioni, però. Prima di tutto vuole che gli assicurino che tutto il New Jersey mangerà le sue carni entro un mese. "E la seconda?" gli chiede Harry, curioso.
Niall Horan si sfila il grembiule sporco di sangue, si mette un berretto verde con visiera sulla testa, a coprire i suoi capelli biondissimi, e sorride in direzione di Louis. A questo, Louis ride ed "agente Payne" ordina, ancora una volta, "quattro biglietti per Los Angeles, California".
Si fanno incartare almeno trenta libbre di carne d'agnello, prima di partire.




"Non vi offendete" è la prima cosa che chiede Zayn, chino su una ragazza di nome Jade, coi guanti di lattice ed un'espressione insieme seccata e divertita, "ma io che c'entro?". Gli altri quattro, troppo stanchi per il volo, neanche gli concedono il lusso di una risposta.




Il piano è fin troppo semplice: Zayn sogna, Liam si sposta, Niall ci mette la grana, Louis negozia. Harry arriva, come sempre, quando gli altri falliscono. Non c'è Simon Cowell che tenga.




Lo scantinato è di un tossicodipendente di nome Justin a Venice Beach. La sua ragazza, latinoamericana, dice che possono adibirlo a loro quartier generale, a patto che non si facciano notare. Niente torture, niente donne, niente musica, niente videogames.
È poco più che un garage, in realtà. C'è un divano scassato in un angolo, una moto da cross coperta da un telo, qualche vinile con la copertina ingiallita ed un flipper coi vetri rotti a ragnatela.
Non ci sono finestre, ma le scale danno sulla strada. Harry è morto in un centinaio di magazzini simili. Zayn ci è cresciuto, in un posto come questo. Liam alza le spalle e "mio padre ci tiene gli attrezzi da giardinaggio" dice, "nella rimessa".
Niall stacca un pezzo di intonaco dalla parete e "che buco di culo" commenta; poi ride, apparentemente compiaciuto, e "ci mettiamo al lavoro?" propone, dentro un sorriso.
In realtà passano la notte a bere birra in lattina e raccontarsi l'un l'altro. Harry dubita che faccia parte del lavoro, ma erano secoli che non si sentiva così vivo.




Louis trova il modo di scroccare una sigaretta a Zayn quando quello si addormenta sul divano. Harry lo segue fuori. È calata una notte rossastra sulla città degli angeli e non fa particolarmente freddo. Il rumore del mare fa loro da costante colonna sonora.
L'attore preferito di Harry è Edward Norton ed Edward Norton non fuma. Dice sempre, piuttosto, che il fumo non gli piace e che preferirebbe che fosse bandito da qualsiasi pellicola nella quale non ricopra un ruolo funzionale alla trama; se la vita di Harry fosse un film, Louis non starebbe fumando, quando Harry gli si avvicina sotto la luce arancione di un lampione. Starebbe seduto sull'asfalto, sì, ma non fumando. Harry non fuma.
"E chi se ne fotte" commenta Louis, facendo cadere un cumulo di cenere sull'asfalto.
La spiaggia è a qualche isolato dal loro quartier generale. Dev'esserci qualche club, nelle vicinanze. Harry è sulla West Coast, d'estate, con un bizzarro gruppo di amici. Un bel film, no? Di quelli divertenti. Forse Harry lascerebbe Louis fumare, nel suo film. Non che sia funzionale alla trama. Vaffanculo, Teddy Norton.
Louis, con la sigaretta a mezz'aria, sta osservando Harry di sottecchi. "Ma che cazzo" impreca, tutto d'un tratto, scuotendo la testa.
Harry gli si siede accanto sul marciapiede, perplesso. "Cosa?" cerca di capire.
"Chi se ne fotte di che pensa il tuo attore preferito del fumo, scusa" protesta, gesticolando, come se la faccenda gli stesse particolarmente a cuore. "E poi cos'è questo costante riferimento al cinema? Ma che significa?" continua: "se sei con una persona che ti piace, in una località balneare, di notte, pensi a quanto sia sexy mentre fuma, non a Fight Club contro American Pie". A sfuriata conclusa, si sistema un ciuffo di capelli troppo lunghi contro la fronte e "pensi in modo strano" pare voglia scusarsi, sottovoce, dentro un sospiro.
Improvvisamente, Harry sente il bisogno di scusarsi. "Scusa" dice, ma pensa che Louis non dovrebbe perdonarlo solo per il modo in cui pensa, per quanta voglia abbia di vederlo nudo, per le cose che gli farebbe e si lascerebbe fare se fossero nudi insieme, ma anche per averlo rapito. Harry pensa, in effetti, in modo strano.
"Già" mormora Louis, con gli occhi fissi davanti a sé. Prende una boccata di fumo, poi si risolve a spostare lo sguardo su Harry e "scuse accettate" sibila. Ha le guance lievemente arrossate, sotto la luce del lampione; Harry scommette che, se allungasse la mano appena appena fino al suo volto, potrebbe avvertire il suo calore con le punte delle dita. Louis, tuttavia, lo anticipa e "non ci pensare neanche" lo rimprovera, "cretino".
Harry ride, suo malgrado. Ha una domanda, una sola da quando ha visto Louis per la prima volta in carne ed ossa, e gli sembra il momento giusto per porla. Non la formula prima in mente, in modo da non rischiare che Louis gli impedisca di parlare. Prende fiato, si posa entrambe le mani sulle ginocchia piegate e "che ci facevi" chiede, "con Cowell e la sua banda?".
Louis non sembra aver molta voglia di condividere quest'informazione. Lancia la sigaretta dentro un tombino e non dice nulla. Harry pensa che sia bellissimo, con la barba incolta di un biondo scuro, i capelli sottili a cascargli fino alla nuca e sulle orecchie e le clavicole sporgenti sotto il cotone della sua t-shirt a righe. "Grazie" sorride Louis. Poi sembra farsi coraggio. "Mia madre" dice, facendo strusciare le suole delle sue Converse sull'asfalto, "ha altri sei figli, oltre a me". Sorride, mentre racconta. Harry non capisce. "Papà diversi, nessun'occupazione stabile, poca famiglia alle spalle: avevamo bisogno di soldi" prosegue "e le mie sorelle sono tutte troppo giovani per la strada". Non lo dice neanche con amarezza, in realtà. Lo dice come se non facesse altro che ripeterselo dentro la testa, come un copione cinematografico, a memoria. "Cosa abbiamo detto a proposito del cinema, Harry, santo cielo?" lo riprende. Poi scuote la testa e "non sono arrabbiato perché ha senso, no?" gli spiega: "ho un dono". Tira fuori un accendino dalla tasca dei suoi jeans troppo stretti e "perché non metterlo al servizio di chi poteva dare a mia madre ed ai miei fratelli un piatto in tavola ed un tetto sopra la testa?" finisce, occhi negli occhi di Harry.
È coraggioso. È antipatico, pure, ma bellissimo. Harry vuole baciarlo. Gli dice ciò che non ha mai detto a nessuno per mozzargli il rimprovero che stava per rivolgergli in gola. "Mia madre mi ha ucciso quando avevo sedici anni".
Harry detesta questo tipo di scene nei film. Preferisce l'azione al dialogo. Louis dice solo "lo so". Harry non è sicuro di aver mai ripensato alla prima volta che è morto, da allora, ma non gli disppiace che Louis lo sappia; né non dover aggiungere altro. Louis accende e spegne la fiamma dell'accendino finché il gas non si esaurisce. Poi lo getta nel tombino. Rientrano quando è già mattino.




Ecco come Harry scoprì di non poter morire.
Stava ancora a Providence, in Rhode Island, nella vecchia casa dei suoi nonni. L'intonaco si staccava come pelle morta da pareti e soffitto; gli scheletri delle finestre erano ingialliti; gli scalini scricchiolavano sotto le suole delle scarpe, le ringhiere cadevano a pezzi, era vietato aprire la porta del sottoscala perché c'erano i topi; in mansarda, dove Harry teneva le sue cose, pioveva dal solaio.
La mamma non si era mai ripresa da ciò che era successo a Gemma. Ad ora di cena apparecchiava anche per lei, le parlava come fosse ancora lì, le comprava vestiti che nessuno avrebbe mai indossato, cosmetici, gioielli del suo colore preferito. Harry detestava soprattutto il fatto che la mamma continuasse a cambiare le lenzuola del suo letto nonostante nessuno ci dormisse dentro da almeno due anni.
Il dottore sosteneva le facesse bene, visitare la tomba di Gemma; Harry credeva, al contrario, che le fosse totalmente indifferente: per la mamma Gemma era ancora viva e non dentro una bara di legno, sotto sei piedi di terra nera. Harry accompagnava comunque la mamma al cimitero. Comprava fiori freschi. Parlava alla foto sulla lapide, proprio come suggeriva il dottore, per spingere la mamma a fare lo stesso.
Non cambiava niente. La mamma peggiorava. Ad un certo punto cominciò a chiamare il nome di Gemma in giro per casa, ad urlarlo, a piangere per ore, quando quella non le rispondeva. Smise di dormire poco dopo. Il dottore le prescrisse più farmaci.
Una sera Harry era alla finestra, in mansarda. Contava le gocce di pioggia che dal solaio sfasciato precipitavano sul parquet sbiadito. Centocinquantadue. Centocinquantatre. La mamma chiamava Gemma dal salotto. Centosessanta. Saliva le scale. Le pantofole contro gli scalini scricchiolanti. Centosessantasette. Un pezzo di intonaco ingiallito che le cade davanti ai piedi. Neanche se ne accorge. Centosettanta. "Harry" chiede la mamma, "dov'è tua sorella?". Centosettantotto, centosettantanove, centottanta. Harry non risponde. "Harry". Centottantuno. "Ti ho fatto una domanda".
Harry credette di morire tra il centottantuno ed il ducento, con le mani di sua madre strette forte intorno al collo. Neanche il lusso di un'arma. Gli era bastato ricordare a sua madre che Gemma era morta. Quando cadde la goccia numero duecentouno, la mamma era già al piano di sotto. Harry non era morto.
Non raccolse neanche le sue cose. Si lasciò Providence alle spalle. Per scrupolo, prima di lasciare la città, provò a morire un'altra volta. Il povero automobilista per poco non morì lui d'infarto, sulla statale; quando vide Harry rialzarsi, sistemarsi la felpa sui fianchi ed allontanarsi, pianse come Harry non aveva mai visto piangere nessun adulto.
Neanche sua madre.




"Quanto in alto puoi volare?" sta domandando Niall, dando un morso al suo panino.
Liam, con un'alzata di spalle, "non c'ho mai fatto caso" confessa.
Zayn ride di gusto, supino com'è sul divano, tutto intento a scrivere SMS alla sua bella moglie cattolica. "Fammi capire" dice, rivolto a Liam: "non sai quanto alto sei in grado di volare?".
Liam, a gambe incrociate sul pavimento, "in realtà, più che volare" ragiona, "corro". Poi nota l'espressione vagamente scettica di Niall e Zayn e "così forte da spiccare il volo" aggiunge, quasi a mo' di scuse.
Zayn e Niall, a questo, restano in silenzio per qualche istante. Poi Zayn smette di fissare lo schermo del proprio cellulare, scosso dal proprio torpore, e "neanche io sogno esattamente il futuro" rimugina: "più che altro vedo fotogrammi del futuro".
Harry è già seduto accanto a Liam sul pavimento. Louis è rimasto sulla soglia, invece, immobile. Harry si accorge subito del suo improvviso pallore, del modo in cui si sta guardando intorno, di quello in cui sta tormentanto l'orlo spiegazzato della sua t-shirt. Harry dice "io credo di essere immune alle morti violente soltanto", ma non sta realmente badando alle proprie parole.
Niall, tuttavia, sembra distogliere finalmente l'attenzione dal proprio panino. Guarda a turno prima Liam, poi Zayn, poi Harry e poi Louis e, subito dopo, serio, "voi ce l'avete" domanda, "il sangue?".
Harry scuote la testa: l'avrebbe visto, almeno una volta, se ce l'avesse; anche Zayn, che per mestiere mischia il sangue con l'inchiostro, sotto e sopra la pelle non ha che il secondo; Liam fa parte della squadra omicidi e non ha mai versato una sola goccia di sangue. Niall annuisce, compiaciuto. Poi però si volta verso lui ed, immediatamente, tutti lo stanno guardando. Anche Harry. Ha gli occhi spalancati, le mani contro le guance, sta tremando. "Lou?" lo incoraggia Harry, preoccupato, "che succede?".
Louis scuote la testa. "Non" balbetta. Inghiotte una, due, tre volte. Poi chiude gli occhi, li riapre; si infila gli indici di entrambe le mani nelle orecchie. "Non posso sentirli" mormora, "i vostri pensieri".
Per qualche istante nessuno di loro ha idea di cosa Louis stia dicendo. Poi Zayn "cazzo" impreca. Guarda Harry, si siede al centro del divano, e "fratello" realizza: "prima, quando mi sono addormentato, non ho sognato".
Niall, vago, "sogni sempre, quando dormi?" domanda.
"Sempre" conferma Zayn.
"E che sogni?".
Pare Zayn faccia un'enorme fatica, quando "chi entrerà nel mio negozio e cosa mi chiederà di tatuargli addosso, notizie di cronaca, i numeri della lotteria, qualche morte ed un paio di volte anche cosa cucinerà mia moglie per cena" risponde a Niall. Poi si rivolge a Liam e "Payno" lo incita: "prova un po' a fare la tua cosa, ti va?".
Liam si alza in piedi. Corricchia un po' sul posto. Fa un paio di skip. Solleva i talloni fino al sedere senza il minimo sforzo. Non si solleva neanche di un millimetro da terra, però. Sta per aprir bocca, evidentemente, quando Niall posa il panino su una mensola a caso, afferra un disco di vinile, lo estrae e, con un lato del foglio di carta che ricopre il materiale fragile e nero, si incide un polpastrello. "Sangue" sussurra, con l'espressione di uno che presto si commuoverà.
Una goccia densa e di un rosso brillante gli si annida sulla punta dell'anulare.
Harry riesce soltanto ad alzare le mani. "Direi che è inutile" avanza "provare che anche i miei poteri non funzionano, no?".
Tutti scoppiano a ridere. Tutti tranne Harry.




Arrivano alla conclusione che, quando sono tutti e cinque insime, scorre loro il sangue nelle vene e, soprattutto, sono normali, quando al mattino Liam esce per telefonare alla sua ex moglie, per avvertirla che non passerà a prendere Mike sabato mattina. Zayn sta raccontando a Louis di Perrie, del negozio, della loro collezione comune di giubbotti di vera pelle, quando si accorge che Louis è distratto e "oh, fratello" richiama la sua attenzione, "a che cazzo stai pensando?".
"A che cazzo sta pensando Harry" lo corregge immediatamente Louis, rimproverando Harry con uno sguardo. "Non ti scomodare a tirare ad indovinare, Zayn" si affretta poi ad aggiungere: "sta pensando al mio, di cazzo".
È in quelo momento che Niall smette di fingere di guidare la moto da cross del drogato di nome Justin e "be'" dice, convinto di rassicurare tutti, "almeno uno di noi è tornato in sé". Si sfila il casco integrale, scuote la testa e "peccato che Payno non ci sia per festeggiare" aggiunge, ironico.
Ed Harry capisce. "Esatto, Harry" conferma Louis, esibendo i suoi dentini bianchi e perfettamente allineati, "solo quando siamo insieme tutti e cinque". Poi pungola Harry con un gomito, ridacchiando, e "ti morderanno questi denti, se non la pianti" lo minaccia. Harry pensa solo per un istante a dove sarebbe auspicabile che Louis lo mordesse, ma Louis rotea comunque gli occhi e "sei pazzo" gli ripete. Sta sorridendo ancora, però.




"Abbiamo bisogno di cibo" annuncia Niall ad un certo punto del pomeriggio, ancora con la bocca sporca di mayonnaise e cotoletta d'agnello: "vado al Wallmart più vicino".
Liam smette di guardare foto di suo figlio, si caccia portafogli e distintivo in tasca e "vengo con te" annuncia, "ho dimenticato lo spazzolino da denti".
"È luminoso" precisa Zayn, che deve averlo sognato. Poi, per l'appunto, "approfitto della loro assenza per cercare di sognare quando rivedrò mia moglie" annuncia, e si volta fino a rivolgersi allo schienale del divano distrutto del quale si è impossessato.
Così, ancora una volta, Harry e Louis sono soli.
Harry lo osserva dall'altra parte del garage. Ha addosso una canotta bianca, di quelle a costine che mettono solo bambini e vecchietti d'inverno. Non si rade da giorni, ma è evidente che un look più trasandato non penalizza la sua bellezza. Harry non è mai stato così attratto da qualcuno in vita sua. Mai. Tutto ciò che desidera, ogni volta che guarda Louis, è toccarlo. Ovunque. Non desidera altro al mondo.
"Scordatelo, ricciolino" gli intima però quello, minacciandolo col suo solito dito puntato. Però sta arrossendo. "Non è vero" si affretta a correggere Harry. Però ha le guance sempre più rosse. "Fottiti, Harry" ridacchia, nervoso.
"Per te?" si gioca la sua carta Harry, "volentieri". Si mordicchia il labbro inferiore. Sente la necessità di abbassare lo sguardo, perché sa perfettamente che Louis sa a cosa sta pensando: a fottere Louis, piuttosto. Alle sue cosce contro le spalle di Harry, alle sue unghiette cortissime piantate nella carne sulle sue scapole, al suo cazzo premuto tra i loro addominali a contatto; al modo in cui non dovrebbe chiedere, né spiegare, né parlare: Louis saprebbe come muovere i fianchi per farlo impazzire, come guardarlo perché Harry lo baci, cosa dirgli per convincerlo a farsi scopare più forte. Come togliergli il fiato, con le mani intorno al suo collo, per farlo venire.
"Oh mio Dio, Harry" fa Louis sottovoce. Ha una delle sue mani piccole sul cavallo dei propri jeans. "Io non" accenna. Preme più forte il palmo della propria mano contro la lampo. "La prima volta che sei morto, tu" ritenta. Poi sospira, socchiude gli occhi ed "Harry" si risolve a dire, "non potrei mai".
Ma Harry è sicuro che Louis saprebbe esattamente quanta pressione applicare con le dita per lasciargli segni, per quanto tempo insistere prima di fargli girare la testa, cosa sussurrargli all'orecchio per farlo venire dentro la sua carne. Louis legge nel pensiero; Harry non può morire. Louis, dall'altra parte della stanza, sta ansimando. Harry vuole baciarlo, inghiottire i suoi gemiti, toccarlo dappertutto. Louis si infila una mano nei pantaloni. Harry vorrebbe baciarlo.
"Solo un bacio" gli consente Louis, ed Harry gli è già seduto accanto sul pavimento, con una mano a tenergli la mascella ed una premuta contro la sua dentro i jeans, "Zayn dorme".
"Ok" annuisce Harry, "solo un bacio".
Non si danno solo un bacio.




"Te lo concedo" sbuffa Louis, in ginocchio sul pavimento lercio di quel seminterrato, "in fatto di dimensioni, le tue fantasie da pervertito non erano poi così poco accurate". Gli morde l'interno coscia. Harry smette di pensare.




Liam e Niall devono essere rientrati mentre Harry era al bagno. Liam ha preso spazzolini da denti per tutti, dentifricio sbiancante, spuma da barba e lamette usa e getta; Niall ha riempito un intero carello di merendine confezionate.
Louis è ancora sul pavimento, coi capelli spettinati e la canotta sollevata oltre gli addominali. "Piantala" dice ad Harry, non appena quello si chiude la porta del cesso alle spalle, indovinando i suoi pensieri nonostante non abbia il proprio potere a disposizione.
Poi Zayn si sveglia di soprassalto. "Stanno arrivando" annuncia.
La porta del loro quartier generale si apre l'attimo immediatamente successivo. Justin, la ragazza di nome Demi e Cowell in persona irrompono armati fino ai denti direttamente dalla porta d'ingresso. "Cazzo" impreca Zayn.
"Credevate di farla franca" sputa Cowell, irato, "ragazzini". Gesticola con la pistola, indica le persone alle proprie spalle. Si rivolge a Louis, quando "vieni qui, figliolo" lo invita. Louis, adesso in piedi, non accenna ad avvicinarsi. "Vieni qui" ordina allora Cowell, più autoritario, "ho detto".
Louis guarda Harry. Harry guarda Louis. Louis scuote la testa convulsamente, come pregandolo di non farlo. Harry lo fa comunque. Si frappone tra Louis e Cowell, lancia un'occhiata agli altri tre ed alle loro mani sollevate al soffitto e "neanche per sogno" protesta, col mento sollevato e le braccia spalancate.
Simon Cowell gli spara.
Zayn, invece, spara prima al tossicodipendente di nome Justin; poi anche a Demi. "Cazzo, cazzo, cazzo" sta ripetendo, a mezza voce, come fosse una preghiera, con la pistola stretta tra entrambe le mani ed il fiatone.
Cowell non degna i corpi dei suoi compagni caduti neanche di uno sguardo di commiato. Se la dà a gambe. Le ruote del suo fuoristrada producono un suono stridente contro l'asfalto che ricopre le strade di Venice Beach.
La ragazza latinoamericana di Justin sta urlando a squarciagola, accasciata sui cadaveri, quindi Harry quasi non lo sente, Louis, quando "Harry" gli chiede per l'ennesima volta, "sei pazzo?".
Harry non gli risponde, in un primo momento, ma poi si tocca la spalla con una mano. Sta sanguinando. "Mi pare assodato" conferma alla fine, mostrando il sangue a Liam, Zayn e Niall, "a questo punto".
La pistola di Zayn, ancora puntata, emette un fumo non dissimile a quello delle sue sigarette.




"Come ti è saltato in mente di portare una pistola a mia insaputa?" chiede Harry a Zayn, una volta noleggiata l'automobile e stipatici dentro i cadaveri di Justin e Demi.
Zayn "scusa, fratello" gli dice, ma non sembra per nulla dispiaciuto: "so quanto odi le armi".
L'agente Payne, con le chiavi tra le mani, "ringrazialo, Haz" consiglia ad Harry, "ti ha salvato la vita".
Louis gli sta asciugando il sangue raggrumato sulla pelle con una benda. Niall si è allontanato affinché Harry potesse recuperare la propria immortalità. Harry pensa che, se Louis gli baciasse la spalla, guarirebbe più in fretta. "La ferita è già sparita, ridicolo" gli fa notare quello. Rotea gli occhi. Gli posa un bacio sulla pelle nuova e delicata al tatto, però.
Harry non ringrazia Zayn. Permette a Liam Payne di guidare, in compenso. Harry detesta le armi. Vanno a recuperare Niall.




A quanto pare, per altro, Niall è entrato in una farmacia, ha comprato cinquanta siringhe sterili ed un laccio emostatico. Si è tirato da sé almeno dieci galloni d'oro dalle vene. Ha mangiato venti merendine di seguito, in compenso, immediatamente dopo. Poi, spedito, è passato al banco dei pegni.
Quando lo incontrano, col suo berretto verde con visiera, sotto un sole accecante e perpendicolare alle loro teste ed a tutte le cose, ha tre mitra, due bombe a mano e dieci semiautomatiche d'epoca da sistemare nel portabagagli insieme ai cadaveri.
Prima di montare in auto, mangia un'altra merendina. Quando nota che tutti, compreso Liam dallo specchietto retrovisore, lo stanno osservando, "che c'è?" domanda: "dovrò pur sostenermi, no?".
Louis, seduto più in grembo ad Harry che al suo posto, "Harry odia le armi, Nialler" cerca di farlo ragionare.
Con un'alzata di spalle, Niall morde la sua merendina e poi "da qualche parte dovrà pur cominciare" spiega loro "'sta vendetta".
E questo diventa automaticamente il loro nuovo piano nel momento esatto in cui Liam mette in moto.
Harry, a dorso nudo dentro un'auto a noleggio, mortale, si addormenta col peso di Louis addosso.




Il sangue non è cosa da sottovalutare. È un valore. Ti lega alla tua famiglia, alle tue radici, al sentire comune. Il sangue ti scorre nelle vene, nutre le cellule che compongono la macchina che è il tuo corpo, funge da carburante. Il sangue è uguale per tutti: denso, rosso, contemporaneamente familiare e disgustoso.
Harry, Zayn, Liam, Niall e Louis non hanno sangue, quando non sono insieme. Harry non può morire, quando non sono insieme; realizza adesso, con Louis stretto addosso, che preferisce essere mortale, che non avere sangue. Che non avere loro.




Il nuovo quartier generale è ad Houston. È una camera di motel, in realtà. Zayn prende l'altra stanza, quella col letto matrimoniale, adducendo a motivazione il fatto che è l'unico sposato tra loro; promette di sognare cose utili.
Il quartier generale è una tripla. Mettono le armi sotto il letto di Liam. Niall, a pancia piena, si addormenta dopo poco, quando Liam sta ancora parlando al telefono con suo figlio sul balcone.
Harry e Louis, stretti come lacci in quel letto troppo piccolo, aspettano che Liam indossi il suo pigiama perfettamente stirato, si lavi i denti, sistemi le pantofole accanto ad un mitra sotto il letto e, finalmente, si addormenti, prima di baciarsi.
Harry non ha bisogno di parlare. Louis sa che non è mai stato così felice, né così spaventato; per questo, probabilmente, fa in modo che i loro corpi si tocchino in ogni punto possibile, prima che il sonno li prenda entrambi.




Harry ha subito ogni forma di tortura. È morto così tante volte da aver stabilito un rapporto di due morti per una cagata tranquilla. È, insomma, un esperto internazionale di sofferenza fisica. Tuttavia niente, niente al mondo, riesce a farlo soffrire quanto Zayn, quando racconta uno dei suoi sogni.
Alla fine, tra dettagli inutili come il fatto che indossa una vestaglia maculata e che si masturba con la sinistra, viene fuori che Cowell è nella sua residenza estiva a Miami. È solo, come previsto. Pare abbia con sé poco più che una pistola. Zayn non ne è sicuro, ma gli è parso cantasse.
Anche se quando sono in cinque Louis non può leggere i suoi pensieri, deve aver intuito quanto le storie di Zayn annoino Harry. Per questo, probabilmente, lo bacia. Niall e Liam li ignorano; Zayn continua a parlare dei cani che fanno la guardia alla villa, dei proiettili che tiene nei cassetti della sua scrivania, del fatto che ha ordinato pizza per cena. Louis sorride tra i baci.




Ad Houston Harry smette di puzzare, perché fa la doccia con Louis. Quando si rimettono in viaggio, hanno lo stesso odore come marchiato a fuoco sulla pelle. Un po' come la forma delle dita di Louis, ora impressa come un tatuaggio alla base del collo di Harry.
Forse Harry dovrebbe ringraziare Zayn sul serio. Dopotutto, se non fosse stato per i suoi noiosi sogni, Harry non avrebbe mai incontrato Louis. Ora puzzerebbe, addirittura. Lo ringrazierà, prima o poi. Per adesso bacia Louis.




Ad Orlando, Louis "scusate, ragazzi" dice, al centro dei due seggiolini anteriori, "non posso saperlo da me e la curiosità mi dà il tormento". Si rivolge a tutti, quindi, quando "se moriste domani, cosa probabile", chiede loro, "cosa rimpiangereste di non aver fatto?".
Il primo a rispondere è, per la sorpresa di nessuno, Liam: "il non aver visto mio figlio crescere".
Niall tiene la testa fuori dal finestrino, ma pare "non ho mai trattato le carni bianche" intenda. Anche perché, quando rimette la testa dentro, "coniglio, quaglia, cervo, pollo, maiale" specifica, "cose così".
Ridono tutti. Poi Louis si volta verso Harry, gli posa la testa su una spalla e "tu?" gli chiede, guardandolo dal basso.
Harry gli accarezza il volto. "Te lo dico quando siamo soli" lo liquida gentilmente, sottovoce.
Ma Louis non demorde: "ti dico di me, se tu mi dici di te" insiste, con tanto di ciglia sbattute sui suoi occhi azzurri.
Harry gli accarezza la fronte con le punte delle dita. Lo guarda negli occhi, mentre gli tocca piano il naso piccolo, appuntito, e "prima tu" lo incita, completamente investito nel suo sguardo.
Louis si lecca le labbra. Poi socchiude gli occhi, posa la propria mano su quella che Harry tiene sul suo viso e "non mi sono mai innamorato" sussurra, come stesse confidando un segreto. Sta sorridendo. "Andiamo" dice però ad Harry: "cosa rimpiangeresti di non aver fatto, se morissi domani?".
Harry non ha neanche bisogno di pensarci su. "Non rimpiangerei nulla" è ciò che risponde, "perché, se morissi domani, sarei morto per te". Poi ride, con le labbra contro quelle di Louis, ed "almeno 'sta volta" aggiunge.
Si stanno baciando, quindi quasi non sentono Zayn che "se qualcuno di voi morisse domani, non potrei mai perdonarmi" confessa a Liam, con la fronte premuta contro il vetro del finestrino, "il non averlo previsto".
Harry non riesce a togliersi dalla testa che sarebbe un piacere ed un onore morire, morire davvero, per tutti loro.




Potrebbero verosimilmente avere poche ore di vita o di libertà, quindi Niall di ferma al McDonald's e compra di tutto, Liam parla per ore con Andy, il suo partner alla sezione omicidi, Zayn chiama Perrie ed i suoi genitori in Pakistan; Harry e Louis si baciano.
Una volta a Miami, comprano cinque bottiglie di gin in un negozio aperto ventiquattr'ore su ventiquattro, le bevono a canna e poi si tagliano i palmi delle mani coi vetri rotti. Si stringono le mani sporche di sangue.
Prima di raggiungere la residenza estiva di Cowell, Zayn mostra a Louis i disegni che Harry tiene nel suo zainetto. Harry lo sente, quando dice "grazie" a Louis.
Aspettano che l'alcol sfumi dentro l'auto ferma. Alle prime luci dell'alba, Harry mette gli occhiali da sole. "Pronti?" chiede Liam. Non gli risponde nessuno, ma quello mette comunque in moto.




Parcheggiano la loro auto a noleggio davanti alla villa. Che brutta villa. La più brutta che Harry abbia mai visto. Cani di marmo nero, alti quanto uomini, guardano chiunque si fermi davanti alla cancellata di ferro battuto come a mo' di sfida. Loro cinque usano le teste dei cani per scavalcarlo, il cancello.
"Le tue premunizioni" fa Niall, col preciso intento di prendere Zayn in giro, "fanno veramente cagare, Z". Si sistema il berretto sulla testa, si arrampica goffamente e, con un'alzata di spalle, si lascia andare contro l'asfalto. Si sta scrollando la canotta dei Lakers dal terriccio, con le ginocchia sbucciate e sporche di sangue, quando "i cani da guardia sono di marmo" spiega, ridacchiando. Poi avvolge un braccio intorno alle spalle di Zayn ed uno intorno a quelle di Liam, affettuoso.
Avrebbero potuto bussare al citofono, in realtà, visto che attraversano il giardino senza preoccuparsi di essere discreti. Neanche corrono. Sputano nell'acqua limpida della piscina olimpionica, addirittura. Zayn continua a ripetere che la casa ha un'altra piscina al coperto. Ad Harry non importa granché. Tiene la mano di Louis stretta dentro la propria, mentre cani veri abbaiano loro contro dalle loro cucce. Tendono fino allo spasmo le catene che li tengono legati. Louis stringe la mano di Harry più forte.
Zayn, allora, si rivolge a Niall. "Cani" gli fa notare, soddisfatto, "in carne ed ossa". Niall, anziché sentirsi umiliato o sconfitto, ride fino alle lacrime. Ride così tanto che, quando raggiungono la porta d'ingresso della villa, la trovano aperta.
Sotto il sole ormai alto, la villa è ancora più brutta. Faranno novantacinque gradi Fahrenheit all'ombra. Che brutta giornata.
Louis, come da accordo, resterà alla porta. Per scappare, nel caso qualcosa andasse storto; perché i loro poteri funzionino dentro casa.
Liam gli mette la sua pistola d'ordinanza tra le mani. "Sai cosa fare, Lou" si raccomanda, annuendo. Sta per allontanarsi, ma poi si ravvede e se lo proietta addosso strattonandolo per un braccio. "Fa' attenzione" sussurra, posandogli un bacio sulla sommità del cranio.
Louis, sdrammatizzando, lo congeda roteando gli occhi.
Niall non esita ad abbracciarlo. "Abbi cura di te, amico" gli dice, sottovoce.
Louis, frustrato, "abbiamo tutto sotto controllo, Nialler" gli ricorda, posandogli una spanna benevola contro il viso: "entrate, fate ciò che dovete e mi trovate qua fuori, dove mi avete lasciato, annoiato a morte". Niall, ancora poco convinto, si allontana. Louis sbuffa, allora, e "Zayn" si rivolge all'amico, "dammi una sigaretta".
Zayn se ne sfila una da dietro all'orecchio. Non dice niente, a mo' di commiato, posandola tra le mani di Louis, ma poi trascina Liam e Niall dentro casa. Harry, quando gli altri tre sono lontani a sufficienza, pensa ancora una volta a quanto questa sia una brutta giornata.
"Andrà tutto bene, Harry" è tutto ciò che gli dice Louis, prima di baciarlo. Poi gli sorride, ancora sollevato sulle punte dei piedi per raggiungere la sua altezza, e "grazie" gli dice.
No, Harry non credeva possibile essere contemporaneamente così felice e così spaventato. Raggiunge gli altri dentro casa.




Ecco una cosa che Harry ha imparato guardando la TV via cavo nelle innumerevoli camere di motel che l'hanno ospitato, durante tutte le notti che ha trascorso da vivo, quando sarebbe dovuto essere morto: i secoli, gli anni, i mesi, i giorni, i minuti, i singoli secondi altro non sono che brevi periodi di tempo in cui la materia di cui è fatto ciascuno esiste. Sei sulla terra anche oggi, grazie, ma non c'è niente di speciale in questo: ciò che sei c'è sempre stato, in qualche maniera, e continuerà ad esserci quando non ci sarai più. La tua energia è la stessa che ha prodotto l'universo, la tua carne è fatta di frammenti che erano nelle prime stelle, niente di ciò che sei è nuovo, eccezionale, fuori dall'ordinario. Puoi leggere nei pensieri, correre più veloce, sognare il futuro, cagare oro o non morire: alla fine, non sei altro che materia. Materia che fa cose incredibili, certo, ma nient'altro che materia. Eri materia prima, sarai materia poi. Il resto sono stronzate: Dio, la morte, l'avere un fine, tutte stronzate che l'uomo si racconta per illudersi di conferire un senso al caos che è il cosmo. In realtà un senso non c'è e Louis, Liam, Zayn, Niall ed Harry non sono che agglomerati del tutto casuali di pezzi di stelle di migliaia e migliaia di anni. Un giorno vale un altro, di fronte all'eternità. Anche il giorno in cui potresti baciare per l'ultima volta la persona che ami è solo un giorno come un altro, di fronte all'eternità.




Simon Cowell è inglese, sulla cinquantina; fisico asciutto, capelli neri probabilmente tinti, sorriso perfetto. Uno di quelli che fanno cyclette mangiando yogurt magro e bevono solo acqua povera di sodio. Tutti sanno che il sindaco di New York è un italiano simpatico, ma che comanda Cowell. Smista la droga, compra le armi, decide dove si possono costruire i parcheggi, chi può vendere cosa di notte, quali sono gli angoli dove possono battere le ragazzine del sud. Non ha figli e questo, forse, è il motivo del suo successo: niente da perdere, nessun legame, neanche la paura a fermarlo. Solo i soldi a preoccuparlo. E, con un dominio del genere, è difficile che quelli vengano a mancare.
Harry ha avuto a che fare con una buona dose di mafia, nel corso degli anni: irlandesi, italiani, giapponesi... Tutti uguali, con le loro armi, le loro scarpe costose, le guardie del corpo incapaci di formulare frasi intere di senso compiuto, le prostitute e gli anelli d'oro. Tutti padrini. Uno con la Ferrari, l'altro con la villa alle Fiji, un paio addirittura coi contatti con la Casa Bianca e la fedina penale intatta. Simon Cowell è tutto questo: potere, certo, ma soprattutto immagine. Stereotipo hollywoodiano.
Per questo la sua casa è tanto brutta. Per questo, ovviamente, li sta aspettando nella sua vestaglia maculata, sul divano in salotto, quando arrivano. Ha un calice di rosso tra le mani. Lo solleva e "benvenuti" li saluta, addirittura con un sorriso, nel suo accento monotono e fastidioso.
Harry è pronto.




Il piano è un'idea di Liam, detective eccetera eccetera. Ne sono venuti a capo nel quartier generale di Houston, quando Zayn s'è svegliato. Riassumento: Cowell va fatto fuori. I dettagli, Harry non si è preoccupato di memorizzarli. Un gioco da ragazzi.




Prima di tutto, Harry si sfila occhiali da sole e maglietta. "Avete fegato" fa Cowell, accavallando le gambe, "a presentarvi in casa mia".
Harry si sistema un ciuffo di capelli sulla fronte. Sorride, amaro. "Abbastanza, sì" conferma, togliendosi uno alla volta gli stivali.
"Prima rapite Louis" elenca Cowell, sorseggiando il proprio vino, "poi fate fuori il mio tiratore scelto ed un altro dei miei uomini". Poi sorride, quasi con un accenno di ammirazione, "ed avete anche il coraggio di venire qui senza invito" quasi li prende in giro. Posa il calice sul tavolino che sta davanti alle sue gambe nude.
Harry si sta togliendo la cintura. Annuisce, lanciando la propria cintura alle proprie spalle. Non sa chi tra Niall, Liam e Zayn la raccolga, ma "che maleducati" borbotta.
Si sta abbassando i pantaloni, quando Cowell estrae il suo bel fucile da caccia. Harry è stanco, troppi cliché hollywoodiani in una sola scena, ma fa comunque cenno ai ragazzi di non intervenire. "Vi perdono, ragazzini" sta dicendo Cowell, con quel suo sorriso antipatico stampato in volto, "ma a due condizioni". Tiene il conto sulle dita, persino, come se fossero ritardati o poppanti. "Mi riportate Louis" ha il coraggio di proporre "e lavorate per me".
Un giorno come un altro, nell'economia del cosmo, ma comunque un giorno di merda; troppo Hollywood, troppo sole, troppe teste di cazzo. Harry sa cosa succederà: Cowell ci lascerà le penne, come previsto, e toglieranno i cadaveri dall'automobile. Metteranno loro le armi in mano. Anche le bombe. Tutti i mitra. Louis, con la pistola d'ordinanza in mano, chiamerà Andy; Liam, che è il suo partner, fingerà di aver condotto l'operazione per incastrare Cowell da infiltrato. Il resto è questione di burocrazia: un paio di ore del decesso messe a caso, nessun Harry Styles, Niall Horan e Zayn Malik nei rapporti e, soprattutto, Louis Tomlinson salvato dall'FBI dopo anni ed anni nelle mani della mafia. Un giorno come un altro, di fronte all'eternità. Cosa da niente.
Harry ride delle condizioni di Cowell. Si abbassa i boxer. "Non penso proprio, zio Simon" lo prende in giro.
E poi, come al solito, la persona che ha di fronte gli spara. Un colpo solo, ma secco, in pieno volto.
Ed ecco a cosa pensa Harry ogni volta che qualcuno lo uccide: non morire non significa non provare dolore.
Ad ogni modo, nudo com'è, si sfila il proiettile con due dita. Si gode per qualche istante l'espressione incredula di Cowell. Poi gli sorride, si sistema i ricci con un gesto ed "ok, ragazzi" ordina, "sparate a questo figlio di puttana".
Quelli sparano a quel figlio di puttana.




Selena, la ragazza del tossicodipendente al quale il tribunale darà la colpa dell'omicidio del plurimilionario Simon Cowell, è già in una villetta dalle parti di Manchester, in Inghilterra. Niall si è preoccupato che nessuno della sua famiglia avesse problemi economici fino alla quinta generazione. Selena l'ha ringraziato in spagnolo, ma non gli ha lasciato il suo numero.




Danno la medaglia al merito all'agente Payne. Alla cerimonia partecipano la sua ex moglie, il piccolo Mike, il suo partner ed un centinaio di giornalisti. La TV parla per settimane della sua esperienza da infiltrato, del suo piano di tracciare le mosse di Cowell fino ad arrivare ai suoi più remoti contatti, del suo ottimo lavoro nell'aver finalmente svelato la verità su una realtà difficile come quella delle mafie negli Stati Uniti.
Lo psichiatra dell'FBI gli dà due mesi di congedo per trauma psicologico, però, nonostante sia un eroe nazionale e la sua faccia sia su tutti i giornali.
Louis sostiene sia a causa del fatto che continua a pensare ad una bara con la bandiera americana intorno; Zayn non ha sognato nulla in merito, però, quindi sostengono tutti, di comune accordo, che non ci sia nulla di cui preoccuparsi. Per ora.
Se ne torna, volando, in campagna nel Winsconsin. Harry crede gli stiano bene, dopotutto, le camice di flanella.




Zayn torna a Los Angeles. Mette incinta Perrie. Sogna che sarà una femminuccia e non glielo dice. Conduce la sua solita vita prevedibile, quindi, e non telefona mai a nessuno se non nei momenti meno opportuni. Niente di nuovo sotto al sole troppo caldo della California, insomma.




Niall Horan è irlandese e quindi certo che si apre un pub a Brooklyn. Cliché razzisti, sì. Birra chiara, musica live, panini con la carne dei suoi animali cresciuti e pasciuti nel Michigan. Vacche, certo, ma anche carni bianche: coniglio, quaglia, cervo, pollo, maiale. Fa, ovviamente, affari d'oro. Che ridere.




Harry e Louis passano i primi mesi girando gli Stati Uniti in auto. Attraversano il deserto, si fermano nelle piccole città come nelle metropoli e nella campagne, mangiano i cibi locali, postano foto su Facebook, fanno il bagno in entrambi gli oceani. Fanno sesso in auto, nelle camere d'albergo, negli ascensori, sulle panchine nei parchi, nei bagni pubblici, nei vicoli delle strade, sui prati. Louis gli dice sempre "sei pazzo", ma anche "sono innamorato di te". Harry è sempre felice e sempre spaventato.
Quando viene l'inverno, si stabiliscono a Providence.
Se ad Harry avessero detto che non solo sarebbe tornato a stare sull'East Coast, ma che addirittura si sarebbe ristabilito nella città in cui è nato, avrebbe probabilmente riso fino ad affogarsi con la propria lingua e poi sputato in faccia a Zayn. Perché, cioè, chi avrebbe potuto predirglielo se non Zayn? "Lo so" gli dice Louis, nel loro letto matrimoniale senza lenzuola, stretti come sono, "ma crescere vuol dire ampliare i propri limiti fino a non riconoscerli come tali, no?".
In realtà Harry non sa quanto possa crescere una persona che non può morire. Quello che sa è che Louis può leggergli nel pensiero e quindi sa quanto sia importante per lui svegliarglisi accanto, insegnare yoga ai bambini per vivere, preparare la cena e fargli l'amore ogni giorno. Harry ha passato la maggior parte della propria vita morendo, no? Adesso vuole vivere.








...E questo, ladies & gentlemen, era il Pilot di Bloodless, che vi invito ufficialmente a considerare come... Una serie TV. X'D
No, ok, tutto è nato mentre scrivevo la tesi - sì che mi sono laureata yay! e_e - ed ho pensato fosse giusto e doveroso, come no XD, distrarmi scrivendo cose altamente improbabili. Il fatto è che, quando ne ho parlato a Judine, Matt e Marta Kerouac (che ringrazio per avermi seguita in questa... Cosa, oltre che generalmente, tipo, nella mia esistenza triste e vuota XD), i suddetti hanno mostrato così tanto entusiasmo da costringermi fisicamente non solo a finirla, ma anche a renderla qualcosa di un attimino più serio.
La questione è la seguente: perché creare un universo che concilia sci-fi, mafia e bei ragazzi, se non vuoi scriverci almeno centomila parole X'DDDD? ...Già. Così, uh, questo è solo un Pilot. Chissà che non ci scriva altro in futuro.
Vi preannuncio che ci sarà, quasi sicuramente, un episodio 1x02 con una lemon che ho già in mente. Ovviamente siete tutti invitati a produrre episodi per conto vostro, se lo volete, ma vi prego di segnalarmelo. Per correttezza, ovviamente, ma anche perché amo questo verse e non vorrei perdermi sviluppi cruciali. XD Ma, insomma, una volta che uno esce dalla vagina della mamma è solo nel mondo (ehm?), quindi... Scrivete un po' quel che vi pare: questa storia è più vostra che mia. <3
Per concludere ringrazio chiunque abbia letto, che abbiate apprezzato o no, e vi ricordo che sono sempre sul mio Twitter personale e che rispondo alle vostre recensioni più facilmente (...e più volentieri XD), se mi lasciate il vostro nick di Twitter, tipo @esempio. Inoltre, uh, comunicazione di servizio: ho ufficialmente abbandonato Ask e quindi invito chiunque fosse solito scrivermi lì ad aggiungermi su Kik, che pare sia un'app per Android et simila. Il mio nick lo sapete, e se non ci arrivate potete sempre chiedermelo. Perché, cioé, non mordo a meno che non lo vogliate bla bla, solita solfa.
Grazie sempre per l'affetto & la fiducia che mostrate a me, a Judine ed a The Zeroborine Project! Coccole <3!

  
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