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Autore: Kagome_86    04/03/2014    4 recensioni
Storia vincitrice del contest "Shadowhunters: Il Filo Rosso" indetto da Jakefan sul forum di EFP
Si dice che i Fratelli Silenti cuciano le loro labbra per proteggere gli Shadowhunters dalle loro parole, parole con un potere immenso. Parole che si vocifera possano persino riportare in vita i morti, per quanto questo sia considerato un crimine contro natura che nessun Fratello commetterebbe mai.
Crossover TMI-TDA.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, James Carstairs, Theresa Gray
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salvation 

Si dice che i Fratelli Silenti cuciano le loro labbra per proteggere gli Shadowhunters dalle loro parole, parole con un potere immenso. Parole che si vocifera possano persino riportare in vita i morti, per quanto questo sia considerato un crimine contro natura che nessun Fratello commetterebbe mai. 

*          *          *

Tessa Gray si avvicinò a Jem, gli occhi lucidi e l’espressione ancora incredula, dopo che il messaggio che Magnus Bane le aveva mandato si era consumato tra le sue dita. Il ragazzo, l’uomo—non sapeva bene come definirlo, era ancora il ragazzo di un secolo prima, con la saggezza di un uomo che era vissuto per tutto quel tempo e aveva visto cose che forse avrebbe preferito dimenticare—era seduto sul divano con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani sul viso. Era stanco, il suo Jem. Stanco di un mondo che non faceva altro che dichiarare guerra a se stesso e che non faceva altro che portargli via le persone che amava. E che quella volta non aveva fatto eccezione.
Tessa odiava il fatto che dovesse essere lei a dargli quella notizia. Come poteva togliergli ancora qualcosa, dopo che aveva già perso tutto? Aveva lei, dopo un secolo di attesa, ma era davvero sufficiente a colmare tutte le perdite?
Gli posò una mano sulla spalla, leggera, e lui sollevò subito il volto verso di lei. Seguì i suoi occhi mentre si sedeva sul divano accanto a lui e continuò a guardarla mentre gli sfiorava il viso con il dorso di una mano. Tessa si rese subito conto del momento in cui Jem aveva capito che doveva dargli una brutta notizia. Il suo sguardo si era spento e aveva preso una delle mani di lei tra le sue.
« Chi? » disse in un sussurro rassegnato.
Tessa non aveva idea di come dirglielo. Dopo tutto quello che lui aveva fatto per tenere in vita quel ragazzo nonostante tutte le probabilità gli fossero contro, l’avevano perso in un modo così stupido.
« È Jace, vero? »
Tessa non poté far altro che annuire e stringerlo in un abbraccio, in attesa che la notizia raggiungesse gli occhi e il cuore, dopo essere entrata nella sua testa. Aveva molto altro da dirgli, ma non voleva spezzarlo completamente. E sapeva perfettamente come avrebbe reagito a quella notizia.

*          *          * 

La morte di Will era stata un duro colpo per entrambi. Per Tessa, che aveva potuto trascorrere quasi settant’anni al suo fianco, dandogli due figli e una biblioteca piena di romanzi in cui avevano trascorso almeno metà di quegli anni, era stato come perdere un pezzo della sua anima. Per Jem, nonostante fosse stato una parte integrante della loro vita insieme, era stato peggio. Dopo settant’anni, amava ancora Will con la stessa intensità di quando era un ragazzo, e il perderlo in modo così definitivo l’aveva distrutto.
Il giorno in cui persero Will, Jem perse la testa e Tessa toccò quasi con mano quanto fossero vere le dicerie sui poteri dei Fratelli Silenti. Aveva lasciato Jem da solo con il loro Will per qualche minuto, per dargli la possibilità di salutarlo come desiderava, con il cuore e con l’anima, e di dargli la sua benedizione nel viaggio per l’aldilà.
Non avrebbe mai pensato di rientrare nella stanza e di trovare quella scena.
L’anima di Will, l’immagine di lui diciottenne—perché lo spirito di William Herondale non era mai invecchiato, nonostante gli anni trascorsi—era in piedi, vicino al letto, un’immagine pallida e traslucida che si stringeva il petto e implorava Jem di non fare qualunque cosa stesse facendo.
La scintilla di gioia provocatale dall’aver rivisto Will si tramutò in terrore non appena posò gli occhi su Jem. Aveva un pugnale in mano e la sua voce gracchiante ripeteva parole in latino. L’enormità di quello che Jem stava facendo non la colpì fino a quando non capì che la voce che sentiva non era nella sua testa e che le labbra di Jem si stavano muovendo dopo quasi settant’anni di immobilità.
L’espressione inorridita di Will fece il resto.
Si gettò su Jem e lo strinse in un abbraccio. « Non voglio perdere anche te, » gli disse, stringendo più forte che poteva, perché Jem si accorgesse che lei era lì. Quando finalmente le braccia di lui si strinsero intorno al suo corpo, Tessa si accorse che nella stanza era tornato il silenzio.
Alzò lo sguardo verso l’angolo in cui aveva visto l’anima di Will quando era entrata nella stanza e lo vide sorridere. In pace, finalmente. « Digli che lo aspetterò, » le mormorò, prima di scomparire. 

*          *          *

« Non temere, Tess. Non mi perderai. Non sono più un Fratello Silente, ricordi? »
La voce di Jem che le mormorava quelle parole mentre la stringeva forte al suo petto la commosse e le fece perdere quel poco di dignità che le era rimasta. Sembrava che avesse ancora la capacità di leggerle la mente, capacità che avrebbe dovuto perdere con lo stato di Fratello Silente, ma poi si rese conto che Jem era sempre stato così: un interprete dell’animo umano, che lo ispirava a comporre e a suonare la musica più bella e struggente che si fosse mai sentita.
« Mi sembra di aver mancato in qualcosa, di aver disonorato la memoria di Will. Era l’ultimo Herondale, Tess. Perché non ero lì con lui? A combattere al suo fianco? »
« Will non vorrebbe che ti rimproverassi così. Hai fatto tutto quello che era in tuo potere per salvarlo da un destino peggiore della morte. E Jace è morto da eroe, Jem, e per salvare una Carstairs. Non pensi che Will sarebbe stato orgoglioso di lui? »
Jem annuì, e sospirò. « Mi ricordava James. Era testardo come lui, una testardaggine che solo uno Herondale poteva avere, aveva i suoi stessi occhi e lo spirito di Will.»
« Lo so. E gli piaceva leggere, Jem. Adorava leggere. »
Jem sciolse l’abbraccio e si alzò in piedi. Andò alla finestra, rivolse gli occhi alla splendida giornata invernale che si stava svolgendo all’esterno, ignara della tragedia che loro stavano vivendo. Trasmetteva un messaggio eterno: la vita andava avanti, incurante delle tragedie degli esseri umani.
Quando si voltò verso di lei, l’espressione di Jem era determinata. Sapeva che stava per farle altre domande, a cui non voleva dare risposta. Come se ci fosse stato qualcuno in ascolto delle sue preghiere—aveva imparato da tempo che nessuno si curava di lei—nello stesso istante in cui Jem stava per parlare suonò il campanello dell’appartamento londinese che avevano preso in affitto.
Tessa si alzò per aprire la porta, chiedendosi se la piccola Emma fosse già lì o se fosse soltanto qualcuno venuto a portare la triste notizia.
Rimase sorpresa di vedere proprio lui, aprendo la porta. « Magnus non mi aveva avvertito del tuo arrivo, » gli disse, facendosi da parte per lasciarlo entrare in casa. Di tutti gli Shadowhunters di quella generazione, lui era quello che le faceva più male vedere. Era quello che fisicamente le ricordava di più William. E in quel momento, con quegli occhi spiritati e la mano stretta sul cuore, dove si era trovata la sua runa da Parabatai, la fece tornare indietro di centotrent’anni e forse più. Alla notte in cui Will le aveva confessato i suoi sentimenti e a quella in cui avevano fatto l’amore per la prima volta, per non sentire il dolore della perdita che entrambi pensavano di aver subito.
Alec la guardò, ma non la vide. La ascoltò, ma non le rispose. Cadde sulle ginocchia, lì, sulla sua porta, e scoppiò in lacrime. « Magnus… ha detto che voi avete la risposta. »
Jem si affacciò nell’ingresso attirato dalle voci, o dal fatto che lei non stesse tornando, e quando vide Alec cadde in ginocchio di fronte a lui e lo strinse in un abbraccio. Alec lo strinse a sua volta e nascose la faccia nel suo collo.
« Lo so, lo so, Alexander. So che per te è difficile persino pensarlo, adesso, ma un giorno andrà meglio. »
« Come… come si fa a sopravvivere? »

*          *          *

Quando finalmente Alec ebbe consumato tutte le sue lacrime si addormentò sul divano, con la testa poggiata in grembo a Tess, che gli accarezzava i capelli con fare materno.
Jem, che aveva ascoltato tutta la storia da una voce che non era la sua, fissava il vuoto fuori dalla finestra. Quella giornata, che ormai volgeva verso la fine, li salutava con i colori del sangue e sembrava quasi prenderli in giro. Come poteva il mondo continuare a girare, quando si consumavano ogni giorno tragedie come quella?
« Dobbiamo andare a Los Angeles, Tess. »
Jem la sorprese con quella voce sussurrata. Calda e morbida come la seta, piena di tristezza ma anche di una nuova speranza.
« Se lo facciamo non ne uscirai mai. È davvero quello che vuoi? » gli chiese, conscia di tutte le parole che si erano scambiati quel giorno sul ponte, conscia che andare a Los Angeles avrebbe impedito ad entrambi di cambiare vita.
« Will non avrebbe voluto - »
« Ci sono troppe cose che Will non avrebbe voluto, Jem. Non avrebbe mai voluto perderti, ma si è rassegnato all’idea che se voleva averti vicino per molti anni avrebbe dovuto farlo, » ribatté lei, forse un po’ troppo duramente, infastidita da quella venerazione che Jem ancora provava per il suo Parabatai dopo tutti quegli anni. « So quello che penserebbe Will in questo momento. L’ho amato e lo amo tuttora, ma… voglio sapere cosa vuoi tu. Pensi che tornare indietro potrebbe farti felice? »
« Penso che non sarei felice se lasciassi indietro quella bambina, Tess. Ha dodici anni ed ha visto i suoi genitori morire di fronte ai suoi occhi. Ha visto un ragazzo di diciassette anni sacrificarsi per salvarle la vita. Ed è rimasta sola. Potrebbe non avere la stessa fortuna… » si interruppe con un sospiro. In fondo, Tess sapeva che era quello il motivo per cui Jem si stava offrendo volontario per prendere con sé la ragazzina.
« Potrebbe non avere la stessa fortuna che hai avuto tu quando Charlotte ti ha accolto all’Istituto di Londra, » completò al suo posto.
Jem annuì. Lui e Tess si guardarono a lungo negli occhi, prima di parlare ancora. Incerti riguardo a cosa dire. Incerti riguardo a cosa fare.
« I Blackthorne vorrebbero prendere con loro Emma. La conoscono fin da quando era molto piccola, e uno dei loro figli, Julian, sarà il suo Parabatai, » disse Alec, uscendo dal sonno in cui era caduto, senza aprire gli occhi e senza dare segno di essere infastidito dall’atteggiamento affettuoso e materno di Tessa.
« I Blackthorne, » ripeté Jem, guardando Tessa negli occhi e ricordando un tempo in cui avevano temuto quel cognome, per considerarlo uno di famiglia dopo appena qualche anno.
« Va bene, Jem. »
« Che cosa? »
« Verrò con te a Los Angeles. »
« Non avrei mai pensato di muovermi senza di te. »

   
 
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