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Autore: lawlietismine    04/03/2014    4 recensioni
Accidenti agli Dei, accidenti a Gea, accidenti a quel mondo che mai aveva odiato così tanto.
Era possibile sentirsi così piccoli, insignificanti?
Non era più padrone neanche della sua vita, adesso?
Per chi doveva fare tutto ciò, per chi diamine doveva vivere così?
Per chi doveva morire?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I keep falling down

{ Anywhere, I would’ve followed you }




“Di’ qualcosa” Lo stava pregando, non le importava di dimostrare il contrario.
Lo stava pregando con una stretta allo stomaco, gli occhi colmi di lacrime: “Ti prego, dimmi qualcosa”.
E strinse i denti per non piangere, il corpo tremante che rischiava di sgretolarsi.

“Cosa vuoi che ti dica?” Sbottò l’altro, perdendo tutto l’autocontrollo che si era ripromesso di mantenere per il bene di entrambi. Il suo pugno sbatté contro la parete al suo fianco mentre un singhiozzo sfuggiva dalla sua gola, calò la testa, scuotendola, pur di non fissare quello sguardo distrutto.
Cosa voleva che le dicesse? Sapeva già le risposte alle sue domande, perché doveva dirle ad alta voce?
Una morsa gli bloccò letteralmente il cuore quando la lacrime fluirono dagli occhi dell’altra: non la vedeva, ma la sentiva. Sentiva il rumore del suo respiro bloccato dagli spasmi, dai singhiozzi.
Sentiva che stava cedendo, sentiva che lo avrebbe fatto a causa sua.

“Non lo so!” lei non riuscì a controllare neanche il suo tono, né il mezzo passo che fece istintivamente in avanti, quasi come a volerlo raggiungere. “Magari un perché!” La coglieva la sua supplica?
Non gli appariva piuttosto esplicita? Eppure restava immerso nel suo silenzio. Perché voleva spingerla così all’esasperazione? Perché voleva ferirla in quel modo?

“Tu sei la mia vita.” Le avrebbe volentieri risposto, davvero, con tutto il cuore.
Glielo avrebbe urlato fino a sentire la gola in fiamme, lo avrebbe annunciato a tutto il mondo.
Avrebbe appeso dei cartelloni ovunque, lo avrebbe fatto davvero con piacere.
L’avrebbe presa, portata via, lontano da tutto quel casino.

Ma non si può sempre fare tutto, no?

“Non ho niente da dirti, mi dispiace.” Disse però solamente.
Lo disse con tono pacato, la voce rauca per le lacrime che stava reprimendo con tutta la forza che gli rimaneva mentre con la mano ancora chiusa, si reggeva al muro.

“Non vado bene per te, lo vuoi capire?” Avrebbe aggiunto supplicandola a sua volta: “Rinuncia, lascia perdere la persona che hai di fronte” l’avrebbe compreso meglio se glielo avesse detto così?
Tutti quelli che aveva intorno erano destinati a morire, prima o poi.
L’avrebbe condannata a quel destino solo per tenerla vicino a sé? No, proprio no.

“Ti prego, ti prego” sgranò gli occhi quando la sentì ormai persa nel pianto, quando percepì il tonfo che le fece trovare il contatto con il pavimento. Sgranò gli occhi e trattenne il respiro, sentendo qualcosa incrinarsi nel suo petto. “Ti prego, Percy, dimmi qualcosa”.

Perché dopo tutto quel tempo? Perché proprio in quel momento doveva lasciarla, andarsene?

“Io non ti merito neanche” le avrebbe voluto rispondere ancora.

Ma restò in silenzio, privo perfino del coraggio di alzare lo sguardo verso di lei.
Annabeth era con le ginocchia a terra, le braccia strette al petto e il volto contorto dal dolore.
Non ancora, non più. Non voleva stare male, non poteva stare male.

Non voleva restare sola.
Perché – nonostante tutto – senza di lui lo sarebbe stata.

“Perché? Perché?” pianse sempre più, sentendosi corrodere dentro. “Percy io ti amo” soffiò fra un singhiozzo e l’altro, prima di portare una mano sulle labbra, come per coprire il suo essersi lasciata a quella dolorosa debolezza.

Ma lui già lo sapeva, no?

E la sentì piangere così forte che quel suono, quel rumore, divenne insopportabile.
Sarebbe corso via, lontano da quella sofferenza che provava lui e che stava causando a lei.

Ma era per il suo bene, continuava a ripeterselo.
Prima di andarsene, avrebbe dovuto avere la certezza che sarebbe stata meglio.

Avrebbe potuto seguire ogni linea marcata da quelle lacrime sul suo volto, tanto erano incisive.

Avrebbe scommesso su quanto il suo volto, in quel momento, fosse il riflesso del dolore che entrambi provavano.

Lo stai facendo per lei.

Andava bene ripeterselo? Non sarebbe diventata una scusa banale così?
Ma non era una scusa.
Nella sua mente ancora troneggiava l’immagine del corpo privo di vita di Hazel, stretto da un Nico totalmente distrutto.
Ancora, aveva dovuto provare ancora la perdita di una sorella.
Avrebbe mai potuto superarlo? Ne dubitava.

E per colpa di chi, se non sua?
Gea aveva detto esplicitamente di volere lui e Percy si era portato dietro tutti loro.

Scosse la testa, sentendo lo stomaco contorcersi.

Avrebbe voluto farla smettere di piangere in quel modo, avrebbe voluto dirle che andava tutto bene.
Ma c’era qualcosa che stava andando bene, lì?

“P-Percy” singhiozzava atrocemente. “P-Percy ti prego” lo implorava ancora e ancora, anche se ormai pareva non rivolgersi neanche più a lui per una risposta vera.
All’inizio aveva pensato fosse diventato pazzo, non era passato molto da ciò che era successo, però poi la sua espressione seria, le sue parole, l’avevano trafitta come delle lame affilate.
Anche lei ci stava male, per Hazel, per Nico, per tutto ciò che stava accadendo, ma perché?
Perché lasciarla e andarsene?
Cosa avrebbe risolto?
Avrebbe attirato tutto su di sé e poi?

Si sarebbe fatto ammazzare?

Come un gesto istintivo, Percy si portò le mani sulle orecchie, stringendo i denti e gli occhi più che poté, e quasi si piegò su se stesso.

Accidenti agli Dei, accidenti a Gea, accidenti a quel mondo che mai aveva odiato così tanto.

Era possibile sentirsi così piccoli, insignificanti?
Non era più padrone neanche della sua vita, adesso?
Per chi doveva fare tutto ciò, per chi diamine doveva vivere così?

Per chi doveva morire?

Per chi doveva farla soffrire in quel modo?

Mai avrebbe pensato di trovarsi in quella situazione, di vedere Annabeth in quello stato.
Soprattutto non per colpa sua.

Ma era davvero colpa sua?
Avrebbe potuto trovare una soluzione migliore di quella?
Ne dubitava.

E più ci pensava, più quell’immagine gli tornava alla mente tormentandolo: se ci fosse stata lei al posto di Hazel? Se ci fosse stato lui a tenere il corpo inerme fra le braccia?
Non era successo, ma sarebbe potuto succedere ,continuando così.
Avrebbe potuto permetterlo, lui? In quale mondo l’avrebbe lasciata morire per il suo egoismo?
Non poteva farlo, nonostante quella sua reazione, non poteva rischiare.

Né con lei, né con gli altri.

Avrebbe provato a combattere da solo? Sì, ci avrebbe almeno provato.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa.


“Mi dispiace davvero” sussurrò prima di voltarsi e andarsene via.


 
“PERCY! NO! PERCY!” Il grido disperato di Annabeth tuonò in tutto il campo mezzosangue, spalancò gli occhi grigi fortemente arrossati per il pianto convulso, mentre scattava su sul letto. “TI PREGO! NO!” ma delle braccia la trattennero a forza sul materasso, mentre delle voci le dicevano che andava tutto bene.

Non riusciva a respirare, Annabeth, non riusciva neanche a vedere, tanto la vista era appannata oltre la penombra della camera.

Si guardò intorno, sconvolta, dimenandosi fra le braccia di Piper e Grover che tentavano inutilmente di trattenerla.  
Sentiva la gola in fiamme, come il corpo.
Sentiva la testa girare e le voci arrivarle in modo confuso, mentre quelle immagini ancora padroneggiavano nella sua mente con fare arrogante.

“NO” continuava a pregare urlando, impaurita e scossa dai singhiozzi che per poco non la strozzavano.

Gridò, come ogni notte ormai da mesi, con le mani che le stringevano i capelli biondi un po’ opachi per la poca cura che ultimamente riservava loro e il volto cadaverico nascosto fra le ginocchia.
Gridò così forte che per poco non svenne.  

L’amica non poté far altro che chinarsi a stringerla in un abbraccio, sapendo di non poterla confortare così, che sarebbe servito comunque a poco, ma lo fece ugualmente perché non avrebbe potuto far altro.

Grover non riuscì a reggere – proprio come ogni notte – e sentendo di star per cedere anche lui, dovette uscire. Se ne andò verso le rive del lago a corsa, trattenendo a malapena le lacrime.

Rimase Leo con loro, nella cabina numero 3.

Ma anche lui non sapeva come aiutare, non avrebbe saputo come far cessare quegli incubi, non sapeva come toglierle quel dolore.

Annabeth si racchiuse ancora di più in se stessa, tremante e indebolita.
Spaventata e sofferente.
Inspirò il profumo impregnato nella stoffa del cuscino che stava abbracciando, come se quello potesse far smettere ogni suo tormento, ma non fece che provocarle fitte maggiori nel profondo.

Da un anno la guerra era terminata.

Da un anno a quella parte, Annabeth Chase non era più uscita da quella stanza.
Circondata da ricordi e fragranze marine.
Ogni notte era la stessa storia, quel giorno in cui l’aveva lasciata le tornava in mente, seguito da tutti gli eventi avvenuti dopo.

Da un anno Percy Jackson era morto.
E lo stesso lei con lui.






ED ECCOMI QUI.
Di nuovo, con un'altra OS super deprimente.
Almeno questa volta non è su Nico! (Anche se l'ho fatto star male anche qui... Chiedo venia c.c)
E' da un po' che ci lavoro, sinceramente non sapevo come farla finire, mi ci sono messa ora e mi è venuta questa idea.
Spero vi sia piaciuta!
Il mio povero Percy... *corre via piangendo*
Vabbuò, non saprei che altro dire e poi *coff coff* devo tornare a studiare greco *coff coff*
Quindi nada... Spero di ricevere qualche parere!
Alla prossima!

Lawlietismine.






 
  
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