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Autore: Mischa_Lecter    05/03/2014    1 recensioni
Una mini storia horror tratta dai miei incubi notturni.
Genere: Drammatico, Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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00:35

Entro in uno di quei locali che protraggono l’orario d'apertura fino a tardi.
Ordino qualcosa da bere al tizio al bancone. Prendo il bicchiere di vetro e lo porto alla bocca mentre i cubetti di ghiaccio tintinnano lievemente per il tremore della mia mano.
Getto occhiate più volte all’orologio destando il sospetto del barista che mi osserva furtivamente mentre sorseggio il mio Jack Daniels con impazienza.


00:54

Ecco che entra nel locale, quel figlio di puttana.
Esattamente come mi hanno detto è in uno dei suoi completi migliori, scarpe impeccabili e ventiquattrore alla mano; spinge la porta-vetro del locale per entrare, facendo scattare il campanellino in alto.
Poggio il bicchiere sul bancone, scosto leggermente lo spolverino di pelle nera e ne estraggo da una tasca interna la mia Colt 1911 A1 calibro 4,5.
Con la mano che trema leggermente premo il grilletto e colpisco l’uomo al centro del torace.
Un colpo.
La valigetta cade, l’uomo indietreggia di qualche passo tenendosi una mano sporca di sangue sulla ferita. Mi fissa con sguardo di ghiaccio, poi si accascia per terra scivolando con la schiena sulla porta che si tinge di rosso.

“…te lo avevo promesso.” Sussurro.

Nel silenzio dei presenti attoniti ed impressionati, io rimango immobile con lo sguardo indecifrabile e la pistola ancora puntata.
Il cadavere è rimasto seduto, la testa afflosciata in avanti e la schiena ancora poggiata alla porta, la mano che tentava di tamponare la ferita con la camicia del vestito di lusso è stesa lungo il fianco sinistro con il palmo rivolto verso l’alto.

Due uomini mi immobilizzano da dietro con violenza sottraendomi la pistola ma io non oppongo resistenza.
Vedo il barista andare verso il telefono e comporre un numero, probabilmente sta chiamando la polizia. Cazzo me ne frega?! Quello che dovevo fare ormai l’ho fatto, il resto non conta.
I due uomini, con l’aiuto d’altri, mi spingono a sedere su una sedia legandomi le mani dietro lo schienale con una corda e puntandomi la mia stessa pistola alla tempia.


01:45

La polizia è arrivata accompagnata dalla scientifica.
La corda che sega i miei polsi viene sostituita da un paio di manette mentre gli agenti mi sollevano di forza e mi spingono ad uscire dal locale. Mentre vengo fatto salire in macchina getto un ultimo sguardo al cadavere del mostro che ha abusato di mia figlia e, che adesso, ha avuto quel che si meritava .
Sorrido.

  
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