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Autore: Alan95    05/03/2014    1 recensioni
Quanto vale toccare il cielo con un dito e a che cosa si è disposti per raggiungere questo obiettivo?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Steso in mezzo ad un prato, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo perso nell'immenso azzurro a scrutare il cielo alla ricerca di qualcosa, qualcosa che qui, così distante da esso, sembra così difficile da trovare.
Un battito di palpebre: l'oscurità quasi impercettibilmente prende il posto di ogni cosa, per un brevissimo lasso di tempo, ma non passa inosservata. È sempre lì pronta a riproporsi in ogni millisecondo necessario ad inumidire il bulbo oculare, attraverso il quale sta cercando qualcosa di molto lontano. Allo sparire del seguente millisecondo di oscurità accecante il braccio è teso verso l'alto, cerca di afferrare qualcosa ma non ci riesce, la mano si apre, cerca di raggiungere qualcosa con la punta delle dita ma non ci arriva e si chiude in una delicata stretta di sconforto, è troppo lontano per poterci riuscire in questo modo.
Passa una persona lì accanto, si avvicina per caso, di soppiatto, senza destare troppa attenzione, quasi passando inosservata, si siede a fianco al braccio teso verso l'alto e osserva. Non osserva il cielo, bensì la mano tesa verso esso, e lo fa con un interrogativo che le segna il volto. La sua presenza attira l'attenzione dello scrutatore che volge il suo sguardo al volto di quella persona, lei sobbalza, non se lo aspettava. Ricambia in modo pensieroso quello sguardo, dopodiché fa un cenno di decisione con il capo ed afferra il polso dello scrutatore, lui sembra confuso ma decide che comunque non sarebbe riuscito a fare molto da solo ed accetta tacitamente ciò che sta accadendo. Quella persona ora tira il polso dell'osservatore verso l'alto e lo avvicina al profondo azzurro in cui lui stava cercando qualcosa... è sempre più vicino.
Ora lo sguardo dello scrutatore torna a volgersi al cielo che si avvicina sempre di più grazie a quella persona. Ora il cielo è sempre più vicino, più concreto.
In un batter d'occhio, che oramai passa praticamente inosservato agli occhi ciechi di speranza dello scrutatore, egli sta per raggiungere qualcosa, apre la mano e tende le dita verso l'alto al meglio delle sue capacità, quando finalmente sente qualcosa, al tatto è solido e concreto, lo sente sulla punta del suo indice. Quella persona smette di tirare lo scrutatore che ora sta toccando il cielo con un dito mentre lei è pensierosa, forse più di prima. Nemmeno il tempo di battere un ultima volta le palpebre per poi godere al meglio della vista del suo dito che tocca finalmente qualcosa che poco fa era così distante, così irraggiungibile, che la persona con un confuso gesto di decisione decide che si è pentita di aver tirato così tanto in alto e afferra il dito dello scrutatore per piegarlo all'improvviso all'indietro, fino alla sua rottura, interrompendo il contatto con il cielo.
Lo scrutatore ora è confuso, gli fa male, ma pensa che prima di fargli così male lui ha avuto, anche se solo per un secondo, quello che probabilmente stava cercando lassù, gli attimi di dolore si alternano così a quelli di soddisfazione e decide di farsi trasportare dalla soddisfazione, con la sicurezza che prima o poi avrebbe preso il sopravvento sul dolore, decide così di rivolgere uno sguardo confusamente contento e grato alla persona al suo fianco.
È con una leggera sorpresa che la vede tenersi la testa tra le mani, sempre più indecisa e confusa ad ogni azione che compie, quando quella persona libera il suo capo dall'abbraccio dubbioso delle sue mani ha uno sguardo confuso con un guizzo di risoluzione nel profondo dei suoi occhi.
Quella persona ora ha posato le mani sul petto dello scrutatore che risponde all'azione senza muoversi, lasciandosi nelle sue mani ma sfoggiando un'espressione di profonda confusione, quando lei incomincia a spingere... spingere con forza verso il basso. Lo scrutatore inizia ad allontanarsi dal cielo, e continua a fissare l'azzurro intenso e limpido che si allontana rapidamente da lui, sta tornando distante com'era in origine, molto velocemente, lo scrutatore ruota la testa verso il lato e dopo un fulmineo battito di palpebre nota che il suolo si sta avvicinando ad una velocità elevata alla sua schiena. Chiude gli occhi, ode un tonfo che risuona nelle sue orecchie, vibra nel suo costato e quasi sembra far ondeggiare le tenebre che sta fissando nel momento dell'impatto.
Appena realizza che ciò che sta guardando non è più ciò che stava cercando, l' osservatore apre di colpo gli occhi e si scopre di nuovo al suolo, con il dolore che gli pervade la schiena e la mano, realizza che il suo braccio è nuovamente lungo il corpo, deve verificare la fonte del dolore alla mano ma questa volta il gomito non si stacca da terra, solleva l'avambraccio quanto basta per far entrare la sua mano nel suo campo visivo. Il dito è rotto. Il busto duole, l'arrivo al suolo è stato brusco e il dolore è risuonato all'interno del suo corpo raggiungendo il petto. Fa male.
Gli manca ancora un tassello per completare il suo confuso puzzle, il suo sguardo ora indaga ciò che lo circonda alla ricerca della persona che lo ha aiutato, che gli ha fatto raggiungere, anche se solo per pochissimo, quello che stava cercando. Non c'è. È sparita così come è apparsa, di soppiatto, nel silenzio e nella quiete, lasciandolo più confuso di prima ma con dolore, dolore che gli fa passare la voglia di rivolgere nuovamente il suo sguardo al cielo.
Lo scrutatore sbatte le palpebre e vede, nell'oscurità, il dolore che lo pervade... si rende conto che quella fuggente ma sempre raggiungibile oscurità ora contiene ciò che lui ha. Decide di starsene lì a riflettere ad occhi chiusi, nell'oscurità, ed osservare con attenzione ciò che gli è rimasto, così da stamparselo sulle palpebre, in modo che sia facilmente raggiungibile ogniqualvolta lui voglia cercare nuovamente qualcosa.
Alla prossima ricerca ogni millisecondo di oscurità gli riproporrà il dolore che lo sta pervadendo ora e farà sì che lui esegua cautamente le sue successive ricerche, perché toccare il cielo con un dito per un secondo non vale il dolore silente e solitario che gli è rimasto.
  
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