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Autore: Cheonefer86    05/03/2014    2 recensioni
“Non era stato abbastanza un martire in tutti quegli anni?
Doveva anche dare lezioni private a quella ragazzina?”
Genere: Commedia, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Primavera

Nota: Storia scritta per il Gioco Creativo “A ritmo di musica” facente parte della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio originale, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Nota: questa è la prima di tre storie che si susseguono, ma che sono leggibili separatamente.

La canzone da cui trae ispirazione questa storia è Il Maestro di violino di Domenico Modugno.

 

Il testo è ovviamente in italiano e potete trovarlo tutto quanto inframmezzato alla storia.

 

 

 

 

 

 

 

Aprire gli occhi all’amore

 

«Se te ne stai sempre solo chiuso nei Sotterranei, come puoi pretendere di tornare a vivere, o meglio, di iniziare a farlo?»

Quelle erano state le premesse da cui tutto aveva avuto inizio, da lì la sua vita era stata completamente stravolta.

Minerva McGonagall lo aveva reso pazzo, e ignorante di una risposta che lo assillava da giorni ormai: perché stava provando quelle sensazioni?

 

Si era presentata nel suo ufficio urlando e gli aveva chiesto di aiutare quell’irritante Grifondoro – come la definiva lui stesso – a recuperare nella sua materia visto che durante la guerra non era di certo stata in grado studiare, per poter proseguire al meglio i suoi studi.

Le aveva chiesto lui che cosa c’entrasse, e le aveva risposto che avrebbe dovuto occuparsene il Ministero visto che aveva avuto la brillante idea di “regalare” i M.A.G.O al Trio salvatore del Mondo Magico.

Non era stato abbastanza un martire in tutti quegli anni?

Doveva anche dare lezioni private a quella ragazzina?

No! Non avrebbe mai acconsentito ad una cosa simile.

 

Maestro: allora è pronta, signorina?

 

«Scusi il ritardo.»

Per Severus Snape non c’era stato per lungo tempo, dal momento in cui si era ripreso del tutto, fine di giornata peggiore di quando aveva iniziato a far da balia ad una petulante So Tutto; spesso si era ripetuto che se avesse accettato l’offerta di tornare ad essere il preside di Hogwarts, nessuno avrebbe potuto ordinargli e accollargli incombenze che in quel periodo non aveva nessuna intenzione di portare a termine.

Anzi, si era detto che sarebbe stato meglio sparire da lì non appena fosse uscito dal San Mungo, come si era ripromesso di fare quando aveva aperto gli occhi e si era visto circondato da una quantità di persone non del tutto adatta ad una stanza d’ospedale.

Troppi tristi ricordi gli erano ancorati addosso, ma ne aveva anche di felici per quanto potesse essere strano per uno come lui, e non era ancora pronto a rinunciare ad essi, e poi non aveva mai saputo negarsi alle richieste delle persone per le quali provava affetto.

Lo sapeva fin troppo bene, e aveva pagato con ciò che gli rimaneva dell’anima, per quello.

«Non sei in ritardo.»

«Ah no? Credevo di sì, Ginny mi ha urlato un’ora che mi ha fatto credere…» non appena capì che la giovane Weasley si era presa gioco di lei, si bloccò di colpo stringendo con rabbia i libri che aveva tra le mani – del tutto esagerati persino per lei, anche se ormai era del tutto abituato a vederla così carica di tomi – e il suo viso assunse un’espressione irritata che ai suoi occhi la rendeva quasi adorabile.

“Adorabile? Al San Mungo devono avermi dato qualcosa di strano che sta distruggendo il mio equilibrio.”

«Il crescere non ti ha distrutto le poche buone abitudini che hai sempre avuto.»

«Poche?» adesso sembrava veramente indignata, eppure dopo tutti quegli anni avrebbe dovuto conoscerla meglio, aveva più che “poche buone abitudini”, ma in fondo non doveva esser sorpresa, lui era sempre il solito Severus Snape.

Almeno lo era agli occhi del mondo.

«Ho accettato di aiutarti per i tuoi studi da Medimaga, non per conversare, signorina Granger.» Forse il suo autocontrollo non era del tutto perso e il suo corpo non lo stava tradendo, immobile e rigido come se fosse una statua, non mostrava nulla di ciò che aveva scoperto agitarlo da parecchio tempo; spesso rimaneva sveglio la notte figurandosi un qualcosa che non sarebbe mai potuto diventare reale.

«Ha accettato di aiutarmi perché è stato costretto dalla professoressa McGonagall» gli rispose facendo un passo avanti con i libri ancora stretti tra le mani, mentre gli occhi del mago la fissavano senza alcuna emozione apparente.

«Non vedo che differenza possa fare la cosa.»

«Per lei forse nessuna, è in ogni caso una perdita di tempo, ma per me cambia: c’è differenza tra il volere e l’esser costretti, dovrebbe saperlo. Io lo so.»

«Questo, cosa significa?»

 

ALLIEVA: sì, maestro.

«Siamo qui per i miei studi da Medimaga, non per conversare, ricorda?» e poggiò i libri su di un tavolo, mentre cercava di sistemare ciò che le sarebbe servito quel giorno.

In quel momento non lo stava guardando, i suoi occhi erano fissi al legno e non riusciva a scorgere ciò che stava provando, ma aveva intuito che in lei c’era qualcosa che non andava, la sentiva strana, quasi assente.

«Hermione, tutto bene?» era la prima volta che pronunciava il suo nome, la prima volta che lo faceva davanti a lei, perché in quegli ultimi giorni aveva provato più volte a sussurrarlo nel silenzio della notte.

«Sì, tutto bene. Possiamo iniziare se vuole» la vide sospirare prima di scorgere l’ombra di un sorriso sulle sue labbra, ma sapeva che gli stava nascondendo qualcosa.

 

MAESTRO: corregga la posizione dell'archetto, bene così
FA,

LA, MI
RE, MI, FA


«D’accordo. Lascia tutta la tua roba sul tavolo, oggi non ti servirà. Oggi dovrai fare affidamento sulle tue conoscenze, ma soprattutto sui tuoi sensi, devi sentire ciò che ti circonda. Per fare il Medimago è necessario che tu sia rapida nel capire ciò che succede e nel riconoscere i problemi e cosa ti è necessario.»

Hermione lo guardò un po’ perplessa, cosa voleva dire che doveva affidarsi ai suoi sensi? Da giorni era confusa e non riusciva a concentrarsi al meglio, per questo fece fatica a trovare una risposta, ma sapeva di potersi affidare completamente a Snape, quei giorni erano stati ognuno una scoperta, ma non le aveva mai dato motivo di non fidarsi di lui.

«Va bene. Che cosa devo fare?»

attenzione al MI

 

«Vieni qua.» In un attimo la sua scrivania e un piccolo scrittoio poco distante, furono ricoperti da varie quantità d’ingredienti e pozioni che la lasciarono senza parole e in molti casi nemmeno ricordava di aver mai visto: cos’è che doveva fare con quelli?

Severus la guardò quasi divertito vedendola smarrita come mai le era capitato di essere di fronte a qualsiasi materia di studio.

Hermione si posizionò davanti ai due tavoli, scrutando con attenzione ogni cosa c’era sopra e pronta a ciò che avrebbe dovuto fare: con lui ogni lezione era stata una sfida e questo le piaceva, trovava che in quello vi fosse un fascino del tutto particolare, qualcosa che andava al di là del semplice studio, era un arricchimento sotto diversi aspetti.

In un attimo le fu dietro, così rapido che non aveva neppure avvertito i suoi passi e la sua presenza così vicina, la metteva piuttosto a disagio, ma cercava di non darlo a vedere e di restare il più possibile tranquilla e inerte, in attesa.

Sentì all’improvviso una stoffa scivolarle vicino agli occhi e sentì le mani di Severus che con assoluta calma gliela legarono dietro la testa, oscurandole ogni possibile visuale e per un attimo il panico l’assalì, facendola sentire completamente spaesata, come se fosse stata trasportata in un altro luogo.

«Tocca questa pianta e dimmi che cos’è» e le mise una strana piantina sulle mani.

«Cosa? Io…»

«Su, avanti, fallo e non discutere come tuo solito.»

«Io non discuto!»

«Sì. Discuti. E lo fai spesso, anzi, lo hai sempre fatto, ma adesso tocca questa pianta e dimmi di cosa si tratta.»

Hermione prese la piantina e se la rigirò tra le mani, ma doveva averla stretta con troppa forza perché la sentì sbriciolarsi tra le dita e avvertì un grugnito di disapprovazione provenire da poco lontano.

«Non così» e le strinse le mani tra le sue. «Devi essere delicata. Percepirla non disintegrarla.»


ALLIEVA: mi scusi.

 

«Ehm… va bene, mi scusi,» ma Hermione faceva fatica persino a respirare, essere ripresa da Snape era un aspetto al quale non si era mai abituata in tutti quegli anni e neppure in quei mesi passati a stretto contatto con lui: si sentiva sempre una ragazzina di undici anni che metteva piede per la prima volta nell’aula di Pozioni.

Severus le strinse ancora di più le mani, accompagnandole con delicatezza lungo tutta la superficie della pianta, facendola soffermare sullo stelo per poi risalire alle foglie e toccarne infine i fiori.

«Allora, cos’è?» le chiese in un sussurro troppo vicino al suo viso.

 

MAESTRO: SI, FA
SOL, LA, SI
LA, SI, DO, LA, FA
che cosa mi sta succedendo?

 

Severus Snape aveva capito che qualcosa in lui non andava da giorni, si sentiva strano, come se ci fosse un vuoto ad accompagnare le sue giornate, un vuoto che svaniva solamente quando lei entrava dalla pesante porta di legno con il suo sorriso che spazzava via l’oscurità di quella stanza e della sua solitudine.

Eppure era un uomo abituato a sentirsi così deserto che aveva fatto dell’amore per una donna ormai morta, la sua unica ossessione, la sua unica ancora di salvezza che lo tenesse a galla nell’ombra in cui era scivolato.

Sapeva che il suo amore per Lily era nient’altro che un fiore destinato a marcire sulla terra, ormai si era fatto una ragione di quello e cercava di convivere con il suo essere inadatto per quei sentimenti.

Invece adesso qualcosa era diverso, lui stesso si sentiva diverso, ed era colpa di quelle mani che stava ancora stringendo, di quel profumo che gli inebriava l’anima stessa e di quella luce che aveva portato con sé quando aveva varcato quella soglia la prima volta.


una tenerezza che
io non ho provato mai.

 

Le dita di Hermione si posavano lente sulla pianta, ma involontariamente sfioravano la sua pelle, le sue pallide mani che aveva visto ricoperte di sangue per troppo tempo, avevano stretto troppa sofferenza, ma quel tocco così gelido e caldo gli parve sciogliere quelle immagini, quel dolore, fu come vedere una marea rossa ritirarsi metro dopo metro.

Per un attimo la giovane strega strinse le sue dita, e si sentì mancare il respiro, si sentì precipitare in un abisso per poi venirne di nuovo fuori senza essere più solo.

Cos’era quella sensazione?

Cos’era quel tocco dolce che non aveva mai sentito, quell’emozione che non aveva mai provato?

Neppure Lily lo aveva mai sfiorato in quel modo, ma in fondo era normale, per lei non era mai stato nulla, un amico forse, un tempo, quel bambino che l’aveva condotta per mano in un mondo di cui non conosceva assolutamente nulla.

Per Lily non era stato mai niente, mentre lei era stata tutto per lui.

E scoprirsi a parlare al passato, di lei, lo faceva sentire strano, una parte di lui avvertiva che ne fosse felice, mentre la sua essenza più profonda ancora sanguinava per quell’amore mai vissuto e mai dimenticato che ancora lo accompagnava nella solitudine della sua vita.

Eppure in quel momento c’era qualcosa che gli stava urlando di guardare avanti, come il grido lontano che si perde in una foresta gli colpiva la testa ovattato, ma risuonava forte dentro di sé.

Gli sembrava che fosse quel tocco a produrre quel clangore, tenue per la sua mente, ma forte per la sua anima.

 

Lo so che mi sto innamorando
ma non ho il coraggio di confessarlo neanche a me.

Aveva finalmente capito qual era la natura di quelle emozioni che gli erano nate nel petto, scoppiate nella sua anima come un’infinità di bolle fumanti provenienti da un calderone, quel fumo che per giorni aveva velato il suo sguardo verso di lei, nascosto nella nebbia oscura come un traditore che osserva un oggetto che gli è proibito osservare.

E lui si sentiva esattamente in quel modo, si sentiva che ogni cosa gli sarebbe di nuovo crollata addosso, abbattuta con forza come un’onda d’inverno che sbatte con violenza sulle coste frastagliate; e lui era uno scoglio che sarebbe stato distrutto, inghiottito dall’acqua e consumato pian piano per quei sentimenti che era destino per uno come lui tenersi dentro senza mai poterli manifestare.

 

Innamorato di te, ed ho trent'anni di più.

 

Il destino lo aveva di nuovo messo davanti alla possibilità di amare qualcuno, qualcuno che non poteva amare e che non sarebbe mai stato destinato a lui, perché la giovane strega che aveva davanti era la persona più inadatta di cui avrebbe potuto innamorarsi.

Era troppo giovane per lui, era stata una sua allieva e ancora lo era, anche se non formalmente, l’aveva vista crescere, piangere e combattere, l’aveva persino derisa per il suo aspetto, e adesso se ne era innamorato?

No, non poteva essere, stava completamente sbagliando strada da percorrere.

Lui era l’uomo che ancora riceveva sguardi d’odio nonostante la verità fosse fuoriuscita come l’acqua di un bicchiere troppo colmo, era l’uomo che aveva ucciso Dumbledore, servito il male, era colui che sarebbe dovuto morire sul pavimento polveroso della Stamberga.

Lei era tutto il suo contrario, era l’opposto della sua ombra.

«Hai deciso di dirmi qualcosa, o stiamo qui fino a domani?»

«Mm… questa pianta potrebbe essere un milione di piante. Ce ne sono tante ad avere le foglie grosse e i fiori piccoli. Un Medimago dovrebbe guardarli i suoi pazienti e gli ingredienti che gli sono necessari.»

«Perché devi sempre discutere.»

«Io non…»

«Sei tu che sei venuta a chiedermi aiuto, non il contrario, quindi mi aspetto che tu faccia ciò che ti dico.»

«Chiederti? Praticamente mi hai costretto ad implorarti!» Hermione scostò con forza le mani del mago da sé e in un attimo si tolse la benda che le oscurava la vista per fronteggiarlo con determinazione. «Se non te lo avesse “chiesto” la professoressa McGonagall, mi avresti scacciata come una mosca fastidiosa, o peggio, avresti continuato ad ignorarmi!»


Tu, perché, guardi me? Hai capito già.

 

Gli occhi della strega erano fissi ai suoi, con una strana luce dentro, e nel guardarla provò un’insolita sensazione, un brivido che gli percorse tutto il corpo per poi condensarsi in un unico punto nel suo petto, quel luogo che stava cercando di mantenere calmo mentre il suo equilibrio veniva sempre meno.

Perché lo stava guardando in quel modo?

Si ritrovò a pensare che lei non lo aveva mai guardato con odio, neppure per un secondo, e le aveva sempre visto lo stesso sguardo che riservava agli altri, mentre adesso…

«Non ti ho concesso il permesso di darmi del tu, signorina Granger.»


Io vorrei dirti che, forse tu lo sai.

 

Forse c’era qualche possibilità che non comprendeva: che fosse riuscita a capire i suoi sentimenti per lei e adesso lo guardava in quel modo? Non c’era, però disgusto in lei, non sentiva nulla di negativo, percepiva soltanto incertezza e curiosità nella giovane strega.

Iniziò a muovere lentamente qualche passo nella stanza mentre lei continuava ad osservarlo, ad osservare il suo viso, il suo corpo che stava cercando in tutti i modi di mantenere stabile, anche se non era facile con i suoi occhi addosso.


Un bene segreto e profondo.
Una cosa dolce che io nascondo dentro me.
L'amore più grande del mondo nato troppo tardi ormai per un uomo come me.

 

E avrebbe voluto che gli penetrasse l’anima, che gli stringesse tra le dita quel suo cuore avvizzito perché in quel modo avrebbe capito ogni cosa e sarebbe stato più facile.

Sarebbe stato tutto più semplice se lei non fosse entrata nella sua vita in quel modo, ma era troppo tardi ormai, troppo tardi per porvi rimedio, troppo tardi per aprire gli occhi ad un amore che sarebbe rimasto un dono segreto nel suo cuore, nel suo io più profondo.

Troppo tardi per gettarlo via.

E lei era lì, davanti ai suoi occhi, davanti e dentro la sua anima e sarebbe stato difficile mandarla via da quel luogo, cacciare via quei sentimenti nati per caso nel silenzio della sua solitudine e sbocciati all’improvviso, senza che avesse potuto fermarli.

Perché si sa che l’amore ti colpisce come un vento e ti lascia spoglio di tutto, e a lui era rimasto nient’altro che ciò che restava della sua anima, ed era troppo tardi per donare qualsiasi cosa di sé ad un’altra persona.


Innamorato di te, ed ho trent'anni di più.

«No. Non me l’hai dato, ma me lo sono presa da sola perché tu sei impossibile e rendi impossibile ogni cosa!»

«Nessuno ti ha mai insegnato che ogni tanto l’opera più misericordiosa che puoi compiere è stare in silenzio?»

«Sì, avevo un insegnante che ha provato ad insegnarmelo, ma evidentemente non era così bravo perché non mi è mai entrato in testa.»

«Forse eri tu a non essere brava ad apprendere, non il tuo insegnante che dovrebbe essere sicuramente un martire per aver sopportato per anni il tuo parlare.»

Hermione Granger scoppiò a ridere, mentre il mago la studiava con espressione piuttosto contrariata.

«Gli manderò una pianta per scusarmi. Forse proprio questa,» e alzò il braccio per guardare meglio la piantina che ancora teneva stretta tra le dita, «che tra l’altro è Alchemilla e le sue proprietà cicatrizzanti sono utili per guarire le ferite della pelle,» e la sfiorò con tocco delicato e per un attimo Severus immaginò che quelle che stava carezzando fossero le sue dita, o la sua, di pelle. «Forse, però, prima dovrei regalargli una pianta carnivora che gliele procuri quelle ferite sulla pelle. O un animaletto irascibile.»

La giovane strega iniziò a ridere di nuovo e le labbra di uno Snape decisamente seccato, divennero levigate nel marmo, ma questo non la scoraggiò minimamente nel continuare a beffarsi di lui.

In quel momento l’avrebbe Schiantata volentieri, così per un po’ non avrebbe sentito la sua voce e non gli sarebbe cresciuta l’irritazione.

Poi, però, si rese conto che non voleva ascoltare nient’altro che quella voce, non voleva vedere nient’altro che lei.

Perché Severus Snape si era veramente innamorato della giovane strega.


Bene allora ci vediamo dopodomani signorina.

 

«Credo che per oggi sia meglio se finiamo qui e ci vediamo alla prossima lezione.»

Hermione smise di ridere e rimase per un attimo immobile, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo per un motivo che non le era chiaro – oppure sì? –, iniziò a far vagare lo sguardo nella stanza, soffermandosi su tutto ciò che conteneva, sul mondo di Severus Snape custodito da quelle pareti; e osservarlo con attenzione era come scrutare lui, scrutare nel suo profondo anche se sapeva bene che era del tutto difficile farlo.


ALLIEVA: no, maestro.

 

«Non credo che alla prossima lezione ci vedremo.»

Severus si mise seduto alla sua scrivania da dove aveva fatto sparire tutto quello che avrebbe dovuto servirgli per la lezione se solo quell’esasperante strega non avesse puntualizzato ogni sua singola parola o azione.

A volte sapeva essere davvero irritante, ma doveva ammettere persino a se stesso che in quei mesi la sua compagnia gli era piaciuta parecchio, era intelligente, sveglia, sempre pronta a mettersi in gioco e per lui era stata un’assoluta prova avere a che fare con lei, ma quella collaborazione nata quasi per caso, era stata molto stimolante persino per lui.

 

MAESTRO: giovedì, allora?

«D’accordo, se hai degli impegni, possiamo rimandare.»

Era diventato difficile rinunciare anche solo ad una di quelle lezioni in cui lui aveva imparato molte più cose di quelle che aveva insegnato alla strega; aveva imparato a scacciare la solitudine, a disgregare l’oscurità nella sua anima. Aveva imparato a vivere di nuovo.

 

ALLIEVA: no, maestro, non verrò più.

«No, non hai… non ha capito. Non ci vedremo più né alla prossima lezione né alle altre. Abbiamo finito qui, lei non sarà più il mio insegnante ed io non sarò più la sua perdita di tempo.»

E quello, cosa significava?

Perché adesso quelle parole?

Aveva davvero capito i suoi sentimenti verso di lei e adesso non aveva più intenzione di vederlo e di passare del tempo in una stanza sola con lui?

Avrebbe dovuto immaginarsi che avrebbe potuto reagire in quel modo, era stato uno stupido anche solo a sognare una realtà simile, in fondo i suoi sogni erano sempre stati dei vetri in frantumi.

 

MAESTRO: e perché? Ha deciso di non continuare a studiare?

 

«Io non ho mai detto che sei una perdita di tempo, ma se hai deciso che le tue conoscenze nella mia materia sono sufficienti, allora non ho obbiezioni, sono i tuoi studi, non i miei.»

Hermione raccolse le sue cose sistemando i libri in una pila che avrebbe trasportato più facilmente; anche se le sarebbe bastato un semplice incantesimo per far levitare ogni tomo, a lei piaceva la sensazione del peso sulle braccia, la faceva sentire più vicina a ciò che era scritto dentro, al mondo che custodivano, in quel modo ne sentiva tutta la forza dentro di sé.

 

ALLIEVA: no, maestro.

«Non ho deciso che la mia sete di conoscenza in Pozioni è placata. Ho solo capito che ormai non è più il caso che io continui a venire qua. In queste stanze. Da lei.»

Severus inclinò appena la testa da un lato, vide un’espressione di interesse per quelle parole, anche se il suo volto era così difficile da decifrare.

 

MAESTRO: ma perché allora?

«Non capisco.»

La giovane strega sospirò e per un attimo poggiò nuovamente i suoi libri sul piccolo scrittoio e si avvicinò a Severus che seduto la scrutava con attenzione, sentiva il suo sguardo bucarle l’anima.

In fondo cosa sarebbe successo se gli avesse detto la pura e semplice verità?

L’avrebbe scacciata da lì com’era chiaro che avrebbe sempre voluto fare, ma almeno si sarebbe tolta quel macigno che le premeva sul cuore non permettendole di respirare.

 

ALLIEVA: perché…

 

«Non deve capire. È meglio così per tutti.»

«Per me non lo è ed io voglio capire.» Severus si alzò di scatto dalla poltrona facendola cadere a terra mentre Hermione sobbalzava per quel rumore improvviso, ma ormai era lì, e avrebbe dovuto trovare il coraggio di dire quelle poche semplici parole.

Avrebbe dovuto farlo.

«Severus Snape. Io sono innamorata di lei» e lo fece. «Io sono innamorata di te.»

Severus Snape rimase pietrificato a quelle parole che credeva provenissero da un sogno, da quel sonno che, pesante, lo aveva abbracciato la sera prima, cullato dalla voce di Hermione.

Rimase immobile, ma le sue labbra si piegarono e la sua bocca disegnò uno splendido e luminoso sorriso, un sorriso che, forse, non aveva mai creato nella sua vita, non per quel motivo e lo fece perché quell’amore che lui provava non era destinato a vivere nel buio del suo cuore, non più ormai.

Severus Snape sorrise, ma rimase immobile, profano di ciò che avrebbe dovuto fare.


sono innamorata di lei.


 

 

   
 
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