Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Ricorda la storia  |      
Autore: nian nian    26/06/2008    1 recensioni
"Sapeva bene che era vietato avere contatti con gli umani, ma quando mai si è visto un vampiro che segue le regole?" Siamo liberi di scegliere, ma le nostre scelte ci impongono un destino, ed è inutile tentare di fuggire.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti!
Questo è un racconto breve che ho scritto qualche tempo fa, più come sfogo personale che con l'intento di farlo leggere ad altri, ma quando alcuni miei amici lo hanno letto hanno dato pareri positivi, e quindi eccolo qua!
Spero vi piaccia! E' un po' lungo, ma ho voluto comunque pubblicarlo così com'è nato senza divisioni in capitoli.
Buona lettura!

Notte di stelle e di dolore

Un'ombra nera si spostò contro il muro, mimetizzandosi con il buio circostante; all’orizzonte gli ultimi barbagli di luce stavano ancora sparendo e una creatura della notte già si aggirava solitaria fra le vie poco trafficate verso l'unica casa che le potesse interes­sare. Sapeva bene che era vietato avere contatti con gli umani, ma quando mai si è visto un vampiro che segue le regole?

Così Sara, giunta a destinazione, spiccò un balzo e atterrò agilmente sul davanzale della finestra al terzo piano, senza un rumore; la luce spenta non le impediva certo di vedere dentro la camera: il letto non rifatto, il computer perennemente acceso senza nessuno ad usarlo, una scrivania invasa di carte, quaderni e libri che non venivano mai riposti nella libreria contro la parete. In mezzo alla stanza lui, l'unico che potesse spingerla ad infran­gere tutte le regole dei vivi e dei non-morti: Luca. Era un ragazzo sui diciotto anni, ma­gro, non molto alto ma ben proporzionato, con capelli castani spettinati fino alle spalle, liquidi occhi castani nascosti dietro le sottili lenti degli occhiali quasi senza montatura, perennemente in jeans e t-shirt alla quale poteva aggiungersi, in caso fosse necessa­rio, una pesante felpa troppo grande per lui, dalla quale sbucavano a fatica le mani dalle dita sottili ed eleganti. I duri lineamenti del viso dagli zigomi pronunciati e il naso sottile si addolcirono di colpo quando si sentì il leggero bussare alla finestra, segno cha Sara era arrivata; Luca si lanciò verso la fi­nestra, riuscendo ad aprirla prima di inciampare nei lacci delle scarpe e di venir afferrato prontamente da braccia incredibilmente forti data la loro magrezza. Si riprese e abbracciò la figura statuaria di fronte a lui: il pesante man­tello avvolse i due corpi come una coperta, isolando i due innamorati dal mondo esterno per qualche secondo, prima che la donna si liberasse delicatamente dalla presa. Nel mo­vimento il mantello rivelò ai deboli raggi della luna un lungo vestito nero sportivo ed allo stesso tempo sensuale che si posava delica­tamente su muscoli tonici e curve mozzafiato in armonioso equilibrio; le sottili braccia candide e adorne di spessi bracciali di pelle color dell'ebano chiusero velocemente la cappa, lasciando scoperti solo i piedi nei pesanti sti­vali da motociclista neri come tutto il resto, mentre la testa restava celata nelle pieghe del cappuc­cio.

         Senza avere il tempo di capire che cosa stesse succedendo, Luca si ritrovò a precipi­tare verso la strada, sorretto dolcemente da Sara, che lo depositò a terra senza sforzo; non una parola, e si presero per mano, avviandosi verso la periferia più esterna della città, l'unico luogo dove avrebbero potuto stare insieme indisturbati per tutta la notte. Svoltati per un sentiero nascosto fra i cespugli, avanzavano con si­cu­rezza fra i fitti rami degli alberi che si protendevano verso di loro, sospinti da una leggera brezza; il paesag­gio sfilò immutabile intorno a loro per una mezz'ora, poi d'improvviso il bosco si diradò rivelando una piccola radura ai margini della quale sorgeva una casetta di legno.

         Il frinire delle cicale era l'unico suono udibile, e i profumi dell'estate si spandevano nell'aria calda della sera, mentre le stelle si accendevano ad una ad una come lucciole perse nello spazio. La casa era piccola ma pulita e ben arredata, con un unico locale riempito quasi del tutto da un soffice divano invaso da cuscini di velluto; in un angolo una cucina a gas faceva capolino fra le dispense, che sembravano sfumare in un'enorme libreria a muro lungo tutte le pareti, interrotta solo da una porticina seminascosta. Da­vanti al divano, su un tavolino basso in legno scuro, protetto da un elegante centrino di seta bordeaux ricamato a mano, erano ap­poggiati dei libri, un quaderno e una dozzina di matite, tutto in bell'ordine, anche se era intuibile che qualcuno li avesse usati di recente. Infatti era la casa di Sara, che se l'era costruito da sola in un paio di giorni, prendendo in prestito gli attrezzi dai cantieri, per poi restituire il tutto poco prima dell'alba, senza che nessuno si accor­gesse di nulla; i libri erano l'unico passatempo quando Luca aveva biso­gno di tornare a casa per dormire al­meno qualche ora prima di dover andare a scuola.

Quasi a voler sottolineare quanto lo stancasse quel ritmo di vita, il giovane si lasciò ca­dere sul divano, spro­fondando beatamente nell’imbottitura; Sara lo guardò dolcemente, ringraziandolo in silenzio dei sacrifici sopportati, poi si tolse il mantello e sedette su un bracciolo del sofà.

         - È così bello qui, accogliente- disse Luca in un sussurro, come se non volesse distur­bare il silenzio che invadeva la casa- E poi, con te qualunque posto è il mio para­diso. Sei sicura di non essere il mio angelo custode?

Aprendo gli occhi, il viso pallido e tuttavia seducente della donna gli sorrise, mentre una mano gli carezzava la nuca, giocando con i capelli un po’ troppo lunghi ma incredibilmente soffici; d’un tratto Sara gli bloccò la testa tirandogli le ciocche scompi­gliate, e avvicinò il suo volto a quello di lui, fino a che le loro labbra si fusero, in un vio­lento vortice di baci. Come sempre, Luca dovette liberarsi con la forza per poter ripren­dere fiato, mentre lei lo avvinghiava, trasportata dalla sua stessa passione che le faceva dimenticare la natura mortale e mortalmente delicata del suo amante; poi ricominciarono a baciarsi, mentre il corpo d’avorio scendeva dal bracciolo per posarsi su quello di mor­bida carne, in un abbraccio sempre più stretto.

Mentre Luca respirava affannosamente per riprendersi, la vampira si ricompose, poi si girò verso di lui, lo sguardo sognante:

         - Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?- la voce era bassa ma chiara­mente udibile, delicata come la rugiada.

         - Come potrei non ricordarlo? Non capita tutti i giorni che qualcuno cerchi di ucci­dermi.- la voce se­vera contrastava con il sorriso che gli increspava le labbra, mentre una risata sgorgava argentina dalla gola della donna.

         In effetti, Luca ricordava bene, e non senza un po’ di paura, la fredda notte di no­vembre in cui aveva incontrato la sua anima gemella, mentre un vento freddo portava con sé l’odore di caldarroste e dissipava il fumo dei riscaldamenti accesi.

Quella notte aveva fatto tardi con gli amici, ed era rimasto a bere in un affollato bar del centro fino alle tre del mattino; poi era uscito, la vista annebbiata dall’alcool e dalla stan­chezza, e si era avviato verso casa, alle­gro e soddisfatto della giornata trascorsa e pre­gustando il riposo che lo aspettava per l’indomani. Tutto era sembrato andare per il verso giusto, quando all’improvviso, attraversando il buio cortile di casa, una mano gli aveva afferrato un braccio con forza disumana, immobilizzandolo, mentre l’altra mano gli af­ferrava i capelli, e lo costringeva a piegare la testa contro la spalla; senza avere il tempo di capire che cosa stesse succedendo, un dolore lancinante gli era salito dal collo, mentre le forze avevano cominciato ad abbandonarlo insieme al san­gue che sgorgava dalla fe­rita. Poi il dolore era cessato, e lui era stramazzato al suolo, non più sorretto dalle mani dell’aggressore, perdendo conoscenza; quando aveva riaperto gli occhi, un viso incorni­ciato da folti capelli purpurei si era chinato su di lui con evidente apprensione, sollevan­dogli la testa con timorosa cautela, quasi si trattasse di una fragile porcellana. La prima cosa che Luca aveva visto erano stati gli occhi del suo aggressore-salvatore: l’incredibile rosso vinaccia emergeva dalla liscia pelle rosea, come gocce di sangue sul vestito di una bimba. Poi era svenuto di nuovo, per svegliarsi quando ormai la tenue luce di un’alba brumosa e senza vento illuminava i volti tesi dei suoi genitori che lo avevano visto dal balcone di casa e si erano precipi­tati a soccorrerlo, e aveva trascorso l’intera giornata in ospedale per accertamenti, ripensando agli occhi dell’aggressore. La notte stessa si era svegliato di soprassalto mentre una folata di vento entrava dalla fine­stra spalancata della camera in cui si trovava, agitando le tende candide fra le quali si stagliava una figura am­mantata, nera come la pece, che si era avviata a passi lenti verso di lui, venendo a se­dersi al suo capezzale. L’ombra si era liberata del mantello con un fluido gesto della mano d’avorio, rivelando i riccioli rossi, un attillato abito nero che aderiva con grazia alle curve femminili e la pelle candida del corpo statuario di fronte a lui. La sconosciuta non aveva pronunciato una parola, ma gli aveva ugualmente tenuto compagnia per tutta la notte, per dileguarsi prima dell’alba, lasciando Luca solo e confuso, la testa piena di do­mande senza risposta; lui era stato costretto a sottoporsi a esami di routine, fino a quando era stato dimesso con la con­ferma che non gli era accaduto nulla di grave, nono­stante la natura dei due minuscoli segni circolari sul suo collo rimanesse misteriosa.

Aveva trascorso la notte successiva davanti alla finestra della sua stanza, in attesa di ve­der comparire la figura ammantata, che puntualmente si era presentata poco dopo mez­zanotte, ma questa volta la donna aveva parlato: si era presentata e scusata dell’accaduto, poi i due avevano cominciato a parlare, e Luca ascoltava affascinato le parole della sua interlocutrice. Sara aveva rivelato tutto di sé, e da quel giorno i due ave­vano continuato ad incontrarsi di notte nella camera del giovane mortale, sempre più an­siosi di potersi rivedere. In breve i due si erano conosciuti profondamente, ma non si erano limitati all’amicizia: travolti dalle loro stesse emozioni, avevano sostituito ai lunghi discorsi baci appassionati, diventando un unico essere. La loro relazione richiedeva grandi sacrifici: Luca trascorreva notti insonni per vedere la sua Sara, che, dal canto suo, aveva rinunciato a bere il sangue dei mortali. Tuttavia questa astinenza la indeboliva al punto che, di tanto in tanto, lo stesso Luca era costretto a darle un po’ del proprio san­gue, e l’esperienza si rivelava sempre piacevole, anche se mortalmente pericolosa; in­fatti, se Sara non fosse stata in grado di trattenersi, lo avrebbe ucciso quasi senza accor­gersene.

         Dal loro incontro erano trascorsi ormai sette mesi, e il giovane non rimpiangeva mai la scelta fatta, la scelta di amare una vampira, e lo stesso valeva per Sara, che adesso lo guardava dolcemente, gli occhi violacei tendenti al blu, incorniciati da lunghe ci­glia nere. Le sue iridi, in effetti, avevano normalmente un colore che andava dall’indaco al blu profondo, ma si tingevano di rosso quando sangue umano scorreva nelle sue vene.

Luca le cinse la vita con un braccio e la attirò a sé, immergendo il viso nei boccoli color porpora, mentre lei gli appoggiava dolcemente le labbra sul collo, dove ancora erano vi­sibili i forellini circolari, ricordo del loro primo incontro, sporadicamente rimarcato, come un tatuaggio che rischi di sbiadire.

L’atmosfera tranquilla non ricordava per niente le notti del primo mese, quando Sara bal­zava in piedi, udendo rumori impercettibili a orecchie mortali, e temendo di veder com­parire i suoi simili venuti a punirla per il suo reato. Infatti, la condanna per chi aveva rapporti con degli umani, di qualsiasi genere essi fossero, era la morte per esposizione al sole, una delle più lunghe e dolorose, in quanto il colpevole veniva legato a una tavola di legno e gra­dualmente portato alla luce, prima i piedi, e poi lentamente su fino alla testa, mentre il resto del corpo prendeva a liquefarsi.

Nonostante l’agitazione della vampira, nessuno li aveva mai disturbati, specie da quando avevano preferito alla casa di Luca e ai vicoli bui la casetta fuori città, appena oltre la periferia, non troppo lontano ma abbastanza da trovarsi nella natura e lontano da sguardi indiscreti. Così i due avevano finalmente potuto rilassarsi nei pochi momenti che avevano a disposizione dopo il tramonto e prima che il giovane crollasse addormentato fra i morbidi cuscini, come spesso accadeva durante l’anno scolastico, mentre in estate si adeguava ai ritmi della sua compagna, andando a dormire all’alba per svegliarsi a pomeriggio inol­trato, in tempo per vedere un po’ i suoi amici, prima di prepararsi per l’incontro più im­portante.

         Una pendola suonò le quattro del mattino, i rintocchi pesanti come la grandine, e altret­tanto dolorosi: sembrava che l’orologio stesso provasse piacere nel ricordare l’inesorabile scorrere del tempo e l’avvicinarsi dell’alba; Luca si alzò stancamente dal comodo divano per prendersi un bicchiere d’acqua, la gola secca per il caldo dell’aria estiva, poi aprì uno spiraglio della pesante porta d’ingresso per guardare fuori. Non ebbe nemmeno il tempo di girarsi del tutto che sentì Sara al suo fianco, richiamata con uno sguardo d’allarme.

Le due teste si schiacciarono a vicenda per vedere oltre la porta senza aprirla di più, ma non c’era bisogno di aguzzare la vista per scorgere le figure ammantate che circondavano l’abitazione.

La sorpresa e lo spavento paralizzò entrambi, mentre le sagome nere avanzavano lentamente, e sembravano addirittura scivolare sull’erba umida, anziché calpestarla. Con una spallata Luca riuscì a chiudere la porta vincendo la resistenza delle dita immobili della donna, che ancora fissava dritto davanti a sé, il terrore dipinto a tinte forti sul volto delicato. Poi si riprese e si volse a guardare l’altro, che aveva preso a camminare nervosamente attraverso la stanza, come una tigre in gabbia che cerchi il modo per correre di nuovo verso la libertà. Sara lo fermò, ma non disse nemmeno una parola: non ce n’era bisogno; i due si abbracciarono, e le loro lacrime si mescolavano, amare, sui loro volti, quando un colpo alla porta li fece trasalire.

Sara si distaccò un poco, guardando il ragazzo negli occhi oltre il velo che le impediva di vedere con chiarezza, e le sue labbra formarono la parola “scusa”, senza emettere suono, senza turbare il silenzio che era calato sulla casa mentre anche le cicale tacevano.

Luca non aveva ancora avuto il tempo di comprendere che cosa lei avesse intenzione di fare, che già l’idea veniva messa in pratica, e il sangue cominciava ad abbandonare il suo corpo, e con esso la consapevolezza di ciò che lo circondava. Rantolando, disteso a terra, tremante e incapace di muoversi, con l’ultimo barlume di coscienza vide ombre nere riempire tutto lo spazio intorno a lui, candide mani che afferravano Sara, i boccoli svolazzanti, un urlo senza voce nell’aria, poi un raggio di luce dalla porta rimbalzò sui suoi occhi ormai quasi ciechi, e nulla più.


Eccoci alla fine del racconto: che ve ne pare?
Commentate, please!!
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: nian nian