- Salve a tutti!
- Questo è un racconto breve che ho scritto qualche tempo fa, più come sfogo personale che con l'intento di farlo leggere ad altri, ma quando alcuni miei amici lo hanno letto hanno dato pareri positivi, e quindi eccolo qua!
- Spero vi piaccia! E' un po' lungo, ma ho voluto comunque pubblicarlo così com'è nato senza divisioni in capitoli.
- Buona lettura!
Notte
di stelle e di dolore
Un'ombra
nera si spostò contro il
muro, mimetizzandosi con il buio circostante; all’orizzonte
gli ultimi barbagli
di luce stavano ancora sparendo e una creatura della notte
già si aggirava
solitaria fra le vie poco trafficate verso l'unica casa che le potesse
interessare.
Sapeva bene che era vietato avere contatti con gli umani, ma quando mai
si è
visto un vampiro che segue le regole?
Così
Sara, giunta a destinazione,
spiccò un balzo e atterrò agilmente sul davanzale
della finestra al terzo
piano, senza un rumore; la luce spenta non le impediva certo di vedere
dentro
la camera: il letto non rifatto, il computer perennemente acceso senza
nessuno
ad usarlo, una scrivania invasa di carte, quaderni e libri che non
venivano mai
riposti nella libreria contro la parete. In mezzo alla stanza lui,
l'unico che
potesse spingerla ad infrangere tutte le regole dei vivi e dei
non-morti:
Luca. Era un ragazzo sui diciotto anni, magro, non molto alto
ma ben proporzionato,
con capelli castani spettinati fino alle spalle, liquidi occhi castani
nascosti
dietro le sottili lenti degli occhiali quasi senza montatura,
perennemente in jeans
e t-shirt alla quale poteva aggiungersi, in caso fosse
necessario, una pesante
felpa troppo grande per lui, dalla quale sbucavano a fatica le mani
dalle dita
sottili ed eleganti. I duri lineamenti del viso dagli zigomi
pronunciati e il
naso sottile si addolcirono di colpo quando si sentì il
leggero bussare alla
finestra, segno cha Sara era arrivata; Luca si lanciò verso
la finestra,
riuscendo ad aprirla prima di inciampare nei lacci delle scarpe e di
venir
afferrato prontamente da braccia incredibilmente forti data la loro
magrezza.
Si riprese e abbracciò la figura statuaria di fronte a lui:
il pesante mantello
avvolse i due corpi come una coperta, isolando i due innamorati dal
mondo esterno
per qualche secondo, prima che la donna si liberasse delicatamente
dalla presa.
Nel movimento il mantello rivelò ai deboli raggi
della luna un lungo vestito
nero sportivo ed allo stesso tempo sensuale che si posava
delicatamente su
muscoli tonici e curve mozzafiato in armonioso equilibrio; le sottili
braccia
candide e adorne di spessi bracciali di pelle color dell'ebano chiusero
velocemente la cappa, lasciando scoperti solo i piedi nei pesanti
stivali da
motociclista neri come tutto il resto, mentre la testa restava celata
nelle pieghe
del cappuccio.
Senza
avere il tempo di capire che cosa stesse succedendo, Luca si
ritrovò a precipitare
verso la strada, sorretto dolcemente da Sara, che lo
depositò a terra senza
sforzo; non una parola, e si presero per mano, avviandosi verso la
periferia
più esterna della città, l'unico luogo dove
avrebbero potuto stare insieme
indisturbati per tutta la notte. Svoltati per un sentiero nascosto fra
i
cespugli, avanzavano con sicurezza fra i fitti rami
degli alberi che si
protendevano verso di loro, sospinti da una leggera brezza; il
paesaggio sfilò
immutabile intorno a loro per una mezz'ora, poi d'improvviso il bosco
si diradò
rivelando una piccola radura ai margini della quale sorgeva una casetta
di
legno.
Il
frinire delle cicale era l'unico suono udibile, e i profumi dell'estate
si
spandevano nell'aria calda della sera, mentre le stelle si accendevano
ad una
ad una come lucciole perse nello spazio. La casa era piccola ma pulita
e ben
arredata, con un unico locale riempito quasi del tutto da un soffice
divano
invaso da cuscini di velluto; in un angolo una cucina a gas faceva
capolino fra
le dispense, che sembravano sfumare in un'enorme libreria a muro lungo
tutte le
pareti, interrotta solo da una porticina seminascosta. Davanti
al divano, su
un tavolino basso in legno scuro, protetto da un elegante centrino di
seta
bordeaux ricamato a mano, erano appoggiati dei libri, un
quaderno e una dozzina
di matite, tutto in bell'ordine, anche se era intuibile che qualcuno li
avesse
usati di recente. Infatti era la casa di Sara, che se l'era costruito
da sola
in un paio di giorni, prendendo in prestito gli attrezzi dai cantieri,
per poi
restituire il tutto poco prima dell'alba, senza che nessuno si
accorgesse di
nulla; i libri erano l'unico passatempo quando Luca aveva
bisogno di tornare a
casa per dormire almeno qualche ora prima di dover andare a
scuola.
Quasi
a voler sottolineare quanto lo
stancasse quel ritmo di vita, il giovane si lasciò
cadere sul divano, sprofondando
beatamente nell’imbottitura; Sara lo guardò
dolcemente, ringraziandolo in
silenzio dei sacrifici sopportati, poi si tolse il mantello e sedette
su un
bracciolo del sofà.
-
È così bello qui, accogliente- disse Luca in un
sussurro, come se non volesse disturbare
il silenzio che invadeva la casa- E poi, con te qualunque posto
è il mio paradiso.
Sei sicura di non essere il mio angelo custode?
Aprendo
gli occhi, il viso pallido e
tuttavia seducente della donna gli sorrise, mentre una mano gli
carezzava la
nuca, giocando con i capelli un po’ troppo lunghi ma
incredibilmente soffici;
d’un tratto Sara gli bloccò la testa tirandogli le
ciocche scompigliate, e
avvicinò il suo volto a quello di lui, fino a che le loro
labbra si fusero, in
un violento vortice di baci. Come sempre, Luca dovette
liberarsi con la forza
per poter riprendere fiato, mentre lei lo avvinghiava,
trasportata dalla sua
stessa passione che le faceva dimenticare la natura mortale e
mortalmente
delicata del suo amante; poi ricominciarono a baciarsi, mentre il corpo
d’avorio scendeva dal bracciolo per posarsi su quello di
morbida carne, in un
abbraccio sempre più stretto.
Mentre
Luca respirava affannosamente
per riprendersi, la vampira si ricompose, poi si girò verso
di lui, lo sguardo
sognante:
-
Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?- la voce era bassa
ma chiaramente
udibile, delicata come la rugiada.
-
Come potrei non ricordarlo? Non capita tutti i giorni che qualcuno
cerchi di
uccidermi.- la voce severa contrastava con il sorriso
che gli increspava le
labbra, mentre una risata sgorgava argentina dalla gola della donna.
In
effetti, Luca ricordava bene, e non senza un po’ di paura, la
fredda notte di
novembre in cui aveva incontrato la sua anima gemella, mentre
un vento freddo
portava con sé l’odore di caldarroste e dissipava
il fumo dei riscaldamenti accesi.
Quella
notte aveva fatto tardi con
gli amici, ed era rimasto a bere in un affollato bar del centro fino
alle tre
del mattino; poi era uscito, la vista annebbiata dall’alcool
e dalla stanchezza,
e si era avviato verso casa, allegro e soddisfatto della
giornata trascorsa e
pregustando il riposo che lo aspettava per
l’indomani. Tutto era sembrato andare
per il verso giusto, quando all’improvviso, attraversando il
buio cortile di
casa, una mano gli aveva afferrato un braccio con forza disumana,
immobilizzandolo, mentre l’altra mano gli afferrava
i capelli, e lo costringeva
a piegare la testa contro la spalla; senza avere il tempo di capire che
cosa
stesse succedendo, un dolore lancinante gli era salito dal collo,
mentre le
forze avevano cominciato ad abbandonarlo insieme al sangue che
sgorgava dalla
ferita. Poi il dolore era cessato, e lui era stramazzato al
suolo, non più
sorretto dalle mani dell’aggressore, perdendo conoscenza;
quando aveva riaperto
gli occhi, un viso incorniciato da folti capelli purpurei si
era chinato su di
lui con evidente apprensione, sollevandogli la testa con
timorosa cautela,
quasi si trattasse di una fragile porcellana. La prima cosa che Luca
aveva
visto erano stati gli occhi del suo aggressore-salvatore:
l’incredibile rosso
vinaccia emergeva dalla liscia pelle rosea, come gocce di sangue sul
vestito di
una bimba. Poi era svenuto di nuovo, per svegliarsi quando ormai la
tenue luce
di un’alba brumosa e senza vento illuminava i volti tesi dei
suoi genitori che
lo avevano visto dal balcone di casa e si erano precipitati a
soccorrerlo, e aveva
trascorso l’intera giornata in ospedale per accertamenti,
ripensando agli occhi
dell’aggressore. La notte stessa si era svegliato di
soprassalto mentre una
folata di vento entrava dalla finestra spalancata della camera
in cui si
trovava, agitando le tende candide fra le quali si stagliava una figura
ammantata,
nera come la pece, che si era avviata a passi lenti verso di lui,
venendo a sedersi
al suo capezzale. L’ombra si era liberata del mantello con un
fluido gesto
della mano d’avorio, rivelando i riccioli rossi, un attillato
abito nero che
aderiva con grazia alle curve femminili e la pelle candida del corpo
statuario
di fronte a lui. La sconosciuta non aveva pronunciato una parola, ma
gli aveva
ugualmente tenuto compagnia per tutta la notte, per dileguarsi prima
dell’alba,
lasciando Luca solo e confuso, la testa piena di domande senza
risposta; lui era
stato costretto a sottoporsi a esami di routine, fino a quando era
stato dimesso
con la conferma che non gli era accaduto nulla di grave,
nonostante la natura
dei due minuscoli segni circolari sul suo collo rimanesse misteriosa.
Aveva
trascorso la notte successiva
davanti alla finestra della sua stanza, in attesa di veder
comparire la figura
ammantata, che puntualmente si era presentata poco dopo
mezzanotte, ma questa
volta la donna aveva parlato: si era presentata e scusata
dell’accaduto, poi i
due avevano cominciato a parlare, e Luca ascoltava affascinato le
parole della
sua interlocutrice. Sara aveva rivelato tutto di sé, e da
quel giorno i due avevano
continuato ad incontrarsi di notte nella camera del giovane mortale,
sempre più
ansiosi di potersi rivedere. In breve i due si erano
conosciuti profondamente,
ma non si erano limitati all’amicizia: travolti dalle loro
stesse emozioni,
avevano sostituito ai lunghi discorsi baci appassionati, diventando un
unico
essere. La loro relazione richiedeva grandi sacrifici: Luca trascorreva
notti
insonni per vedere la sua Sara, che, dal canto suo, aveva rinunciato a
bere il
sangue dei mortali. Tuttavia questa astinenza la indeboliva al punto
che, di
tanto in tanto, lo stesso Luca era costretto a darle un po’
del proprio sangue,
e l’esperienza si rivelava sempre piacevole, anche se
mortalmente pericolosa;
infatti, se Sara non fosse stata in grado di trattenersi, lo
avrebbe ucciso
quasi senza accorgersene.
Dal
loro incontro erano trascorsi ormai sette mesi, e il giovane non
rimpiangeva
mai la scelta fatta, la scelta di amare una vampira, e lo stesso valeva
per
Sara, che adesso lo guardava dolcemente, gli occhi violacei tendenti al
blu,
incorniciati da lunghe ciglia nere. Le sue iridi, in effetti,
avevano
normalmente un colore che andava dall’indaco al blu profondo,
ma si tingevano
di rosso quando sangue umano scorreva nelle sue vene.
Luca
le cinse la vita con un braccio
e la attirò a sé, immergendo il viso nei boccoli
color porpora, mentre lei gli
appoggiava dolcemente le labbra sul collo, dove ancora erano
visibili i
forellini circolari, ricordo del loro primo incontro, sporadicamente
rimarcato,
come un tatuaggio che rischi di sbiadire.
L’atmosfera
tranquilla non ricordava
per niente le notti del primo mese, quando Sara balzava in
piedi, udendo
rumori impercettibili a orecchie mortali, e temendo di veder
comparire i suoi
simili venuti a punirla per il suo reato. Infatti, la condanna per chi
aveva
rapporti con degli umani, di qualsiasi genere essi fossero, era la
morte per
esposizione al sole, una delle più lunghe e dolorose, in
quanto il colpevole
veniva legato a una tavola di legno e gradualmente portato
alla luce, prima i
piedi, e poi lentamente su fino alla testa, mentre il resto del corpo
prendeva
a liquefarsi.
Nonostante
l’agitazione della
vampira, nessuno li aveva mai disturbati, specie da quando avevano
preferito
alla casa di Luca e ai vicoli bui la casetta fuori città,
appena oltre la periferia,
non troppo lontano ma abbastanza da trovarsi nella natura e lontano da
sguardi
indiscreti. Così i due avevano finalmente potuto rilassarsi
nei pochi momenti
che avevano a disposizione dopo il tramonto e prima che il giovane
crollasse
addormentato fra i morbidi cuscini, come spesso accadeva durante
l’anno
scolastico, mentre in estate si adeguava ai ritmi della sua compagna,
andando a
dormire all’alba per svegliarsi a pomeriggio
inoltrato, in tempo per vedere un
po’ i suoi amici, prima di prepararsi per
l’incontro più importante.
Una
pendola suonò le quattro del mattino, i rintocchi pesanti
come la grandine, e altrettanto
dolorosi: sembrava che l’orologio stesso provasse piacere nel
ricordare
l’inesorabile scorrere del tempo e l’avvicinarsi
dell’alba; Luca si alzò
stancamente dal comodo divano per prendersi un bicchiere
d’acqua, la gola secca
per il caldo dell’aria estiva, poi aprì uno
spiraglio della pesante porta
d’ingresso per guardare fuori. Non ebbe nemmeno il tempo di
girarsi del tutto
che sentì Sara al suo fianco, richiamata con uno sguardo
d’allarme.
Le
due teste si schiacciarono a
vicenda per vedere oltre la porta senza aprirla di più, ma
non c’era bisogno di
aguzzare la vista per scorgere le figure ammantate che circondavano
l’abitazione.
La
sorpresa e lo spavento paralizzò
entrambi, mentre le sagome nere avanzavano lentamente, e sembravano
addirittura
scivolare sull’erba umida, anziché calpestarla.
Con una spallata Luca riuscì a
chiudere la porta vincendo la resistenza delle dita immobili della
donna, che
ancora fissava dritto davanti a sé, il terrore dipinto a
tinte forti sul volto
delicato. Poi si riprese e si volse a guardare l’altro, che
aveva preso a
camminare nervosamente attraverso la stanza, come una tigre in gabbia
che
cerchi il modo per correre di nuovo verso la libertà. Sara
lo fermò, ma non
disse nemmeno una parola: non ce n’era bisogno; i due si
abbracciarono, e le
loro lacrime si mescolavano, amare, sui loro volti, quando un colpo
alla porta
li fece trasalire.
Sara
si distaccò un poco, guardando
il ragazzo negli occhi oltre il velo che le impediva di vedere con
chiarezza, e
le sue labbra formarono la parola “scusa”, senza
emettere suono, senza turbare
il silenzio che era calato sulla casa mentre anche le cicale tacevano.
Luca non aveva ancora avuto il tempo di comprendere che cosa lei avesse intenzione di fare, che già l’idea veniva messa in pratica, e il sangue cominciava ad abbandonare il suo corpo, e con esso la consapevolezza di ciò che lo circondava. Rantolando, disteso a terra, tremante e incapace di muoversi, con l’ultimo barlume di coscienza vide ombre nere riempire tutto lo spazio intorno a lui, candide mani che afferravano Sara, i boccoli svolazzanti, un urlo senza voce nell’aria, poi un raggio di luce dalla porta rimbalzò sui suoi occhi ormai quasi ciechi, e nulla più.
Eccoci alla fine del racconto: che ve ne pare?
Commentate, please!!