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Autore: Ally M    06/03/2014    6 recensioni
Derek rimase in silenzio limitandosi ad osservare il volto del giovane, sembrava così rilassato e sereno che Stiles stento lo riconosceva. Non aveva la solita espressione burbera e distacca, lo ricordava come dura pietra le ultime volte che lo aveva visto, ma in quel momento era calore, era miele, era il sole che entrava dalla finestra e la gentilezza della stretta della sua mano che ancora non lo lasciava andare
“Sei parte del branco”

Spoiler 3b
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ad Alice,

perché anche gli scrittori hanno bisogno di un’ancora e tu sei la mia.

Auguri piccola <3

 

 

 

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The world was on fire and no one could save me but you.
It's strange what desire will make foolish people do.
I never dreamed that I'd love somebody like you.

 

 

 

Fu come tornare a respirare dopo aver trattenuto il respiro per l’eternità.

Le dita corsero a stringere il tessuto morbido della maglietta, gli occhi spalancati e i polmoni che urlavano alla ricerca del respiro che per troppo tempo gli era mancato. Alzò le mani davanti al viso, concentrandosi sulle dita, sottili e tremanti.

Uno

Era passato davvero? Quel male che gli aveva invaso come lava bollente le membra e la testa era davvero passato?

Due

Sentiva le urla e vedeva il fuoco, il sangue sulle sue dita e scintille nel buio

Tre

Che cosa ho fatto? Che cosa ho fatto?

Smise di contare coprendosi gli occhi con le mani, stropicciandosi il viso come se con solo quel gesto potesse cancellare ogni cosa. Il suo cuore batteva con forza contro il costato in modo doloroso, i suoi occhi che cominciavano a fatica a concentrarsi su quello che lo circondava. Travi di metallo sopra la sua testa, morbide coperte ad avvolgerlo e infine lo sguardo impassibile di Derek Hale fisso di lui.

“Ti sei svegliato”

Non disse altro, fece un passo avanti, qualcosa nei suoi movimenti esprimeva una qualche incertezza, quasi avesse paura di lui e quello che poteva fare.

Stiles trattenne il respiro e provò a mettersi a sedere, cercando di capire come fosse possibile che i ruoli si fossero invertiti fino a quel punto: Derek Hale aveva paura di lui, lo stesso Stiles aveva paura di se stesso.

“No, rimani sdraiato” gli disse l’uomo avvicinandosi ulteriormente “Deaton ha detto che almeno per un paio di giorni devi rimanere a letto, sei ancora molto debole”

Il ragazzo annuì e un pensiero lo colpì con forza, togliendogli il respiro e facendogli girare la testa, come se fosse sul punto di svenire da un momento all’altro. “Dove sono gli altri?” domandò a voce bassa, gli occhi che cercavano freneticamente intorno a lui suo padre o Scott o chiunque altro. Perché c’era solo Derek con lui? Che cosa aveva fatto?

“Sono andati a casa, non c’era posto per tutti qui per aspettare che ti svegliassi” gli rispose immediatamente l’altro, capendo l’agitazione nella voce del ragazzo, forse, si trovò a pensare Stiles, aveva sentito il battito accelerato del suo cuore, sapeva che quella era una cosa che i lupi potevano fare.

“Rilassati, Stiles, presto torneranno a vedere come stai” gli disse Derek, avvicinandosi ancora e sedendosi a fianco a lui sul letto e provando ad accennare quello a che a Stiles sembrava un vago sorriso.

Non ricordava di aver visto Derek sorridere in quel modo, sicuramente non a lui, forse a sua sorella Cora, ma quella dolce piega delle labbra, una carezza su un viso solitamente burbero era qualcosa che mai aveva riservato solo a Stiles.

“Ho detto rilassati, sento il tuo cuore Stiles, così ti farai venire un infarto” lo riprese con fare quasi giocoso e fu a quel punto che il ragazzo capì.

“A chi ho fatto del male?” domandò con un filo di voce, le dita che erano andate a stringere il tessuto della coperta che lo copriva, l’ansia che gli stringeva la gola in una morsa crudele.

“Non è il caso di parlarne adesso”

“Derek”  il tono della sua voce avrebbe voluto risuonare duro e risoluto, avrebbe voluto sembrare sicuro e deciso, pronto alle conseguenze di quella domanda, ma le parole tremarono, le lettere si accavallarono le une alle altre quando lasciarono le sue labbra, il respiro era corto e il battito del suo cuore non accennava a rallentare. “Per favore” lo pregò e si odiò per quello, odiò come la sua voce risuonò debole, come i suoi occhi quasi imploravano l’uomo perché gli desse delle risposte.

“Isaac è in ospedale, non si è ancora svegliato, non sappiamo perché ma non riesce a guarire da solo” fece una pausa, lo sguardo di Stiles che non riusciva a sostenere quello di Derek e si domandò se sarebbe mai riuscito a guardare nuovamente qualcuno del branco negli occhi.

“Scott è un po’ ammaccato, ma sta bene Argent anche, ma non è niente di grave” concluse con tono quasi leggero e Stiles sapeva che lo faceva per lui, per non aggiungere dolore ad altro dolore.

“Mio padre?” domandò in un sussurro talmente debole che per un attimo pensò che Derek non l’avrebbe sentito ma l’uomo accennò un sorriso “Sta bene, è molto preoccupato, ma sta bene”

Rimasero in silenzio per qualche istante, Stiles si mordicchiava il labbro, mille e più parole che vorticavano nella sua testa ma a cui lui non riusciva a dare un senso compiuto, parole che sembravano troppo difficili da pronunciare.

E a te ho fatto del male?

Mi dispiace

E’ morto qualcuno?

Mi dispiace

Mi dispiace

“Niente che non siamo stati in grado di gestire” dichiarò Derek inarcando le sopracciglia, come se si aspettasse da Stiles una delle sue solite risposte sagaci, ma il ragazzo non aveva nulla da dire, a quelle parole si era limitato ad annuire con un cenno del capo.

Una mano grande e calda sulla sua, una stretta gentile e Stiles alzò lo sguardo. Il sole entrava con forza dalla grande finestra, oltrepassando sicuro i vetri sporchi, rendendo tutto ciò che aveva intorno caldo e rassicurante, come se in quel luogo, nel loft di Derek, nel suo letto, nulla di brutto potesse accadere o forse era solo la stretta dell’uomo che non accennava a lasciarlo a farlo sentire così.

Il cuore di Stiles prese a battere con una tale forza nel suo petto che senza rendersene conto arrossì, sapendo perfettamente che Derek lo avrebbe sentito.

“Niente di quello che è successo è stata colpa tua” gli disse con calma, sillabando le parole come se Stiles fosse un bambino che aveva appena avuto un incubo. La sua voce era una come una carezza su una ferita aperta e dolorosa e per qualche istante il ragazzo si sentì più leggero, come se fossero bastate solo quelle poche parole a togliergli quel peso dalle spalle.

“Grazie” si trovò a sussurrare mentre la sua mano si muoveva per stringere quella di Derek, respirare sembrava più facile in quel momento, lo era davvero.

“Per cosa?” domandò l’uomo inarcando le sopracciglia in una smorfia confusa.

“Per tutto, credo” cominciò Stiles imbarazzato, passandosi una mano nei capelli già scompigliati e abbassando per un attimo lo sguardo “Per aver combattuto per me e per essere qui adesso”

Derek rimase in silenzio limitandosi ad osservare il volto del giovane, sembrava così rilassato e sereno che Stiles stento lo riconosceva. Non aveva la solita espressione burbera e distacca, lo ricordava come dura pietra le ultime volte che lo aveva visto, ma in quel momento era calore, era miele, era il sole che entrava dalla finestra e la gentilezza della stretta della sua mano che ancora non lo lasciava andare

“Sei parte del branco” non era una domanda, ma una considerazione talmente semplice ed elementare da far sentire Stiles un bambino non particolarmente intelligente per non essere arrivato da solo a quella conclusione.

Lui però continuava a non capire, nel suo cervello si accavallavano pensieri, immagini e parole che ricordava di aver percepito ma non di aver vissuto, come se avesse osservato per qualche tempo la vita di un altro da lontano.

“Ma perché ti sei preoccupato tanto per me?” gli domandò stringendo gli occhi, confuso, quasi stordito da quelle premure.

Fu a quel punto che Derek fece per ritrarsi, Stiles vide il suo sguardo incupirsi per qualche istante e strinse maggiormente la sua mano, come se si stesse aggrappando a lui, come se da quel contatto dipendesse la sua vita.

L’uomo accarezzò con lo sguardo prima le loro dita intrecciate poi i delicati lineamenti del viso del giovane “Dopo tutto quello che abbiamo passato pensi che non mi importi nulla di te?” gli domandò con tono seccato, i suoi occhi erano tornati freddi e diffidenti, come erano sempre stati nei confronti del ragazzo.

Il cuore di Stiles sprofondò, il respiro si fermò si colpo  e nonostante fosse sdraiato si sentì girare la testa. Quella parole, pronunciate con rabbia e stizza, bruciarono sulla sua pelle come fuoco e una morsa dolorosa gli strinse il petto. Non si rese conto di quanto avesse desiderato udire una frase del genere da parte di Derek fino a quando non strinse maggiormente la mano dell’uomo nella sua con una forza che nemmeno credeva di possedere.

“Davvero?” gli domandò in gemito, i suoi polmoni che reclamavano aria, il suo cuore che aveva bisogno solo di un cenno d’assenso per riprendere a battere.

“Sì, mi importa di te” confesso l’uomo, alzando la mano libera per accarezzargli, tremante, la fronte. Quel semplice tocco lo fece sussultare, sbatté con forza le palpebre mentre tutto ciò che non era la mano di Derek perdeva consistenza.

Si tirò su facendo leva su un braccio avvicinando il volto a quello dell’uomo, socchiuse gli occhi, sentendo il suo respiro caldo sul viso, tremò, rendendosi conto quanto poco bastasse per scuoterlo completamente, come il respiro dell’uomo inevitabilmente lo toglieva a lui. Il naso di Derek sfiorò il suo in una leggera carezza e da sotto le palpebre socchiuse vide l’uomo chiudere gli occhi e posare la fronte contro la sua.

Il mondo girava ma Derek era il suo punto fermo e non c’era sensazione più bella.

“Devi mangiare qualcosa” sembrò quasi che l’uomo si fosse risvegliato, batté le palpebre e allontanò il volto da quello di Stiles, stringendogli un ultima volta la mano prima di lasciarla andare. “S-sì, ok” mormorò l’altro stringendo le dita in modo da trattenere ancora per un po’ la sensazione del tocco di Derek sulla sua pelle.

Si lasciò andare con la testa sul cuscino, una strana sensazione a stringergli il cuore, meravigliosa e terrificante allo stesso tempo. Si sentiva come se fosse nato per quello, come se la sua pelle fosse stata fatta perché Derek la stringesse, come se i suoi occhi potessero seguire soltanto i suoi movimenti.

L’uomo si alzò e si diresse verso la cucina, cominciò poi ad aprire i vari pensili stringendo le labbra in una smorfia.

“Qualche preferenza?”

Nah, mangio di tutto io” scrollò le spalle, rilassando poi il corpo fra le lenzuola.

“Chissà perché non sono sorpreso” pronunciò Derek con un sorriso dolorosamente bello, al punto che Stiles trovò difficile respirare, in realtà ogni cosa che non fosse sorridere di rimando era tremendamente difficile. Era felice, realizzò spostando lo sguardo sul soffitto, le sue orecchie accarezzate dai lievi rumori provenienti dalla cucina e lui avvolto fra le lenzuola che avevano il profumo di Derek.

“Che cosa è fresco solo quando scotta?”

Stiles rimase immobile, sentendo i suoi arti paralizzarsi a quella domanda, il respiro gli si bloccò dolorosamente in gola, soffocandolo.

C-c-come?” mormorò piano, i suoi occhi che trovarono la figura di Derek  che sorrideva nella sua direzione.

L’aria era cambiata nella stanza, era pesante, al punto che nemmeno riuscì ad alzarsi a sedere, il sole era sparito e ogni cosa sembrava avvolta dalla tenue e oscura luce del crepuscolo.

“Che cosa è fresco solo quando scotta?” domandò l’uomo di nuovo, questa volta senza sorridere, al centro della maglia chiara si espandeva una macchia scura.

“No, no, no” urlò Stiles provando a muoversi ma il suo corpo non rispondeva ai comandi della mente, solo le sue mani si muovevano, stringendo febbrilmente le coperte.

“Derek!” urlò a pieni polmoni, gli occhi che bruciavano e la testa che pulsava dolorosamente.

“Sei stato tu” pronunciò l’altro senza accennare a muoversi, lo sguardo fisso in quel del giovane.

Fu a quel punto che lo notò, le sue stesse mani, le dita, i palmi erano ricoperti di sangue, caldo e scuro, come anche le lenzuola che coprivano il suo corpo. C’era sangue tutto intorno a lui, su di lui, su Derek  e ovunque volgesse lo sguardo

Il sangue di Derek

Stiles riprese a urlare con quanto fiato aveva in gola mentre le lacrime ardevano sulla sua pelle.

 

 

 

 

***

 

 

This world is only gonna break your heart
What a wicked game to play,

to make me feel this way.

 

 

Si trovò schiantato contro al muro con una forza che mai avrebbe potuto immaginare un corpo così fragile e magro potesse contenere. Il dolore alla schiena fu lancinante e gli strappò un gemito fra i denti, le zanne, strette in una morsa.

Socchiuse gli occhi, sentendo i passi di Stiles rimbombare nei suoi timpani, troppo vicino realizzò, ma non fece in tempo a muoversi che un forte calciò lo colpì in pieno stomaco.

“Il tuo dolore è qualcosa di meraviglioso” sibilò piegandosi per guardarlo negli occhi. Gli strinse il mento fra le dita, costringendolo a non distogliere lo sguardo.

Derek sentì la rabbia e il dolore annebbiargli la mente mentre il viso di Stiles – quello non era Stiles, non era il suo sguardo, non era il suo sorriso, non c’era nulla di Stiles in quel volto -  gli si avvicinava e sussurrava piano, con un ghigno divertito a stendergli le labbra.

“Il vostro dolore.  Dovresti sentire come urla qui dentro” si indicò la testa, sempre quel ghigno, sempre quell’oscurità ad invadere quegli occhi che Derek aveva imparato a conoscere col tempo.

“Vorrei potessi sentire come urla e si agita per te.”

Gli strinse la gola in una presa forte e crudele, sollevando da terra il suo corpo come se non avesse consistenza e lo spinse contro al muro. Solo in quel momento Derek notò che in mano aveva un coltello che doveva aver preso dalla cucina prima che lui,  Argent e lo sceriffo lo raggiungessero nel loft.

Strinse maggiormente e rise, una risata selvaggia, la testa all’indietro e la lama del coltello che riluceva alla luce pallida della luna che entrava dalla finestra.

Stiles” provò a chiamarlo Derek, un rantolo non per la stretta intorno alla sua gola, ma per il gelo della sua pelle, così diversa da come la ricordava quando l’aveva toccato.

La sua mente corse a tutte le volte che lo aveva maltrattato, a quante volte lo aveva spinto contro al muro con forza o lo aveva colpito, a quante volte aveva ringhiato a come lo aveva fulminato con lo sguardo o spintonato.

Pensò a tutte le volte che Stiles si era preoccupato per lui e il suo cuore sprofondò, pensò a come si fosse sempre fatto in quattro per il branco. Adesso era lui ad aver bisogno del loro aiuto e nessuno sembrava in grado di fermarlo, era troppo forte e faceva un male d’inferno.

Faceva male perché era Stiles, faceva male da morire perché la stretta del ragazzo gli rendeva difficile respirare, faceva male perché il Nogitsune godeva del dolore che gli provocava.

A lui e a Stiles.

Il coltello si spinse nelle carni deboli del suo addome, trapassandolo da parte a parte, fu doloroso ma solo perché era stato Stiles  a farlo, perché i suoi occhi erano pozzi oscuri che lo stavano trascinando verso l’oblio, perché il suo ghigno era una smorfia gelida che scopriva i denti, perché era e non era allo stesso tempo il ragazzino che gironzolava per i boschi con la sua felpa rossa e parlava a raffica come se non avesse bisogno di riprendere fiato.

Quello non era lo Stiles che aveva conosciuto, non aveva nemmeno lo stesso odore, perché quello lo ricordava come se lo avesse impresso sulla sua stessa pelle. Stiles  sapeva di dolce, niente di troppo stucchevole, ma era buono il suo odore, qualcosa che aveva sempre inconsciamente associato alla speranza.

Il Nogitsune invece portava con sé l’odore della cenere e del sangue, un sentore talmente forte che era nauseante, che invadeva le narici e saliva sino alla testa, annebbiandola e risvegliando dolori sopiti dal tempo.

“Urla per te, piange per te ed è meraviglioso” sussurrò vicino al suo orecchio, stringendogli la gola  con una mano e la spalla con l’altra.

Quel gesto fu più doloroso di tutto il resto, fu come se gli avesse tagliato la gola e strappato il fiato, perché Derek era sicuro che non avrebbe più potuto respirare. Stiles - il vero Stiles, quello che non lo temeva e riservava solo ed esclusivamente a lui uno sguardo carico di dolce sfida – aveva compiuto lo stesso gesto ed era stata l’unica cosa che gli aveva impedito di sprofondare nell’oscurità.

Ricordava ancora come lo aveva sentito precipitarsi al suo fianco mentre il suo sguardo non riusciva a lasciare il corpo senza vita di Boyd, ricordava il calore e la tenerezza di sentire la sua mano stringerlo, la sua presenza confortante intorno, come nessun’altro fosse stato in grado di fare tanto per lui senza nemmeno parlare.

“Lascialo andare”

Argent teneva fermamente in mano la pistola mentre attirava completamente l’attenzione di Stiles che lasciò andare Derek e fece un passo verso l’uomo. Continuava  sorridere il Nogitsune, no, rideva, una risata storta che deformava il volto pallido ed emaciato di Stiles.

“Sparami” lo sfidò facendo un  ulteriore passo verso il cacciatore, che stringeva con sicurezza la pistola. Fu quella gelida decisione a far tremare Derek, mentre la sua mano era corsa ad estrarre il coltello dal ventre e le sue dita venivano colorate dal sangue che sgorgava dalla ferita

Rosso, come la felpa di Stiles, come le sue guance era in imbarazzo, come le sue labbra quando le mordicchiava troppo.

Rosso come Stiles

Perchè Stiles era il rosso, quel colore caldo e confortante, Stiles era fuoco nella sua mente, una fiamma che ardeva di qualcosa di molto simile al desiderio.

“No” gemette troppo piano perché qualcuno lo potesse sentire “No” provò nuovamente ma quella preghiera – perché sì, quella era un preghiera – fu sovrastata dall’urlo del Nogitsune

“SPARAMI” urlò nuovamente Stiles scattando in avanti verso Argent.

Fu in quel momento che Derek sentì il suo cuore che smetteva di battere, non quando dalla pistola di Argent partì il colpo con un rombo che gli distrusse i timpani, non quando il corpo di Stiles si fermò per poi crollare a terra in un tonfo sordo.

Fu quando lo vide muoversi per l’ultima volta che gemette di nuovo, “No”, perché sapeva che era troppo tardi, perché ormai non poteva più fare nulla, perché aveva fallito di nuovo.

Perché tutte le persone che gli si avvicinavano morivano

“No” non era una preghiera era solo dolore, tanto, troppo dolore rinchiuso in due insignificanti lettere.

Le gambe tremarono mentre si alzava a fatica per avvicinarsi al corpo del giovane, i rumori che lo circondavano attutiti come se le urla dello sceriffo Stilinski fossero a miglia e miglia di distanza da lui.

Una pozza di sangue, Stiles circondato dal rosso e Derek crollò a terra.

 

 

Nobody loves no one

 

 

 

 

Ehm sì, ok, forse non sono proprio il massimo con le one shot di compleanno, questa non è esattamente il massimo dell’allegria e soprattutto, essendo la prima volta che scrivo di Derek e Stiles, be’, forse non li ho centrati a pieno, ho paura di essere andata un po’ OOC ma questo – spero – sarete voi a dirmelo.

Come avrete capito – spero, spero, spero, perchè sono preoccupatissima che non sia comprensibile il passaggio dal sogno alla relatà - questa one shot è ambientata in parte in un sogno di Stiles , uno di quelli governati da Nogitsune, l’altra parte invece  è ambientata durante lo scontro che vedremo nella 3x22

( finalmente un’interaction fra Derek e Stiles, dopo quanto? Millecentordici puntate? )

Infine, se vi state ancora arrovellando sull’indovinello nel segno di Stiles, che cosa è fresco solo quando scotta, è il pane, scusatemi per la tristezza di questo indovinello ma davvero non mi veniva in mente di meglio.

Il titolo della storia e le citazioni vengono dalla meravigliosa canzone di Chris Isaak che trovo particolarmente Sterek e indicata per questa fase della 3B.

 

Grazie per essere arrivati fino a qui, spero che questa one shot vi sia piaciuta o che almeno non mi tiriate dei pomodori marci!

A presto!

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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