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Autore: Northern Lights    06/03/2014    0 recensioni
Questa one-shot affonda le sue radici in un sogno che feci qualche mese or sono. Lo trovai alquanto bizzarro, dunque decisi di trascriverlo, ma realizzai che la "trama" presentava delle lacune. Ho recentemente tentato di colmarle ed oggi vi offro la storia con maggiore linearità. Si tratta di una piccola sciocchezza senza pretese, scritta per puro piacere di farlo. Enjoy! :)
TRAMA: In un universo alternativo in cui i treni a vapore sono ancora in uso e si costruiscono parchi acquatici nel bel mezzo di fiabeschi boschi, il Governo britannico organizza annualmente e in totale segretezza una Caccia al Tesoro alquanto... particolare. La giovane Watson e la sua amica Claire Bennett vengono sorteggiate per partecipare e partono verso un luogo ignoto, non aspettandosi per niente le strambe avventure che renderanno la loro giornata un vero e proprio Inferno.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Una scia di fumo nero e lo stridere delle ruote metalliche sui binari segnavano il veloce passaggio di un'antica locomotiva nel verde della brughiera inglese. La mia silenziosa compagna di viaggio Claire ed io avevamo acquistato i biglietti per dei posti in un vagone abbastanza lussuoso ed ora stavamo raccogliendo energie sedute su due bei sedili
imbottiti e ricamati di rosso fuoco, come le costose poltrone nei salotti aristocratici. L'ampio finestrino alla mia sinistra era stato ben tirato a lucido e l'immagine dell'immensità dei prati britannici era più vivida che mai. Mi voltai per un secondo in direzione della mia amica per indicarle il panorama: eravamo state selezionate per partecipare ad un'importante caccia al tesoro e ne eravamo davvero contente perché si trattava di qualcosa a cui molti nostri coetanei ambivano. Non conoscevamo le modalità della gara né dove si sarebbe svolta, ma nessuno dei partecipanti - quest'anno come nelle edizioni precedenti - aveva mai chiesto la ragione di tale segretezza ed io, ovviamente, non avevo intenzione d'essere la prima a rompere l'equilibrio. Ero sicura che non ci fosse niente da temere o di cui preoccuparsi. Il termine di quel lungo viaggio arrivò presto. Il treno si arrestò gradualmente tra un gruppo di folti alberi e pensai che dovevamo trovarci in un bosco. Una stazione in un bosco? Com'era possibile? Eppure era così. Vidi la biglietteria - una piccola struttura di legno, molto simile alle casette di campagna statunitensi degli anni '70 - non appena scesi dal treno. Un donna dai lunghi capelli castani raccolti in una coda spalancò la porta ed uscì, poi fece cenno a tutti i partecipanti di raccogliersi intorno a lei, così da spiegarci le regole del gioco. Era una piccola folla, quindi Claire ed io ci ritrovammo in prima fila dopo aver scavalcato un po' di gente, in mezzo agli insulti e le occhiatacce generali. Non ce ne curammo, volevamo cogliere tutti i particolari del discorso, vincere era la nostra priorità e non ce ne vergognavamo. Avremmo fatto di tutto pur di evitare che terzi ce lo impedissero. Dopo che tutti ebbero taciuto, la ragazza parlò. Era sulla trentina ed indossava dei pantaloncini marrone chiaro abbinati ad una maglietta a mezze maniche blu, al collo portava un fischietto che probabilmente avrebbe usato per segnare l'inizio della gara. Nella mano destra stringeva dei fogliettini di medie dimensioni, sembravano bianchi, ma ero certa che non fosse così.
<< Per prima cosa, benvenuti! >>, esordì, << io sono la signorina Maxwell e tra pochi attimi vi illustrerò le regole del gioco, ma c'è una premessa: questa non è una vera e 
propria caccia al tesoro come molti di voi credono, bensì si tratta di una caccia... all'uomo >>
Ciascuno di noi si voltò verso il suo accompagnatore con un'occhiata preoccupata stampata sul viso. Che diavolo significava? Mica il gioco avrebbe messo in discussione i
nostri principi etici e morali? Dubitavo che qualcuno lì fosse disposto ad infrangere la legge pur di vincere un grosso premio - qualunque cosa fosse - ma, hey, non si sa mai.
Notato lo sconforto generale, Miss Maxwell ci richiamò per tranquillizzarci: << Calmi! Non c'è nulla di male in tutto questo, si tratta di qualcosa d'innocente. Siete già divisi in
coppie, giusto? Perfetto, ad ogni coppia consegneremo una foto: su questa foto è ritratto il volto della persona che dovrete trovare. Non avrete mappe né punti di riferimento, il
tutto sarà completamente alla cieca. Il primo che tornerà con "l'ostaggio" >>, mimò le virgolette con le dita, << qui alla stazione e lo caricherà sul treno riceverà grandi ricchezze e avrà un articolo interamente dedicato alla propria persona sul più importante giornale locale >>
Sembrava aver finito, infatti era sul punto di distribuire le immagini, quando una voce maschile si levò dalla folla: << Caricare? Non saranno mica cadaveri! >>
La donna mostrò un sorriso alquanto finto prima di rispondere: << Giusto, piccolo dettaglio: i vostri affidati saranno incoscienti. Vivi, ovviamente, ma privi di sensi. Si sono
sottoposti alla somministrazione di un potente sonnifero di loro spontanea volontà... Vedete, sono persone molto povere - disperate - e li paghiamo bene per fare quello che 
devono. Non temete, è tutto nei limiti della legalità, serve solo a rendere il gioco un po' più interessante >>, il tono di voce mielenso stonava con le sue parole e mi spaventò.
Era come se tramasse qualcosa di losco. Si avvicinò a Claire per porgerle la fotografia e, appena si fu allontanata, le guardai la schiena in cagnesco. La mia amica mi tirò la
manica della camicia per attirare la mia attenzione. Abbassai la testa verso la mano che stava reggendo il fogliettino, sopra vi era stampata una faccia di uomo sulla mezza
età, coi capelli castani striati di grigio disposti intorno alla testa come una corona - il centro era calvo - e gli occhi vispi provati dalla condizione di miseria, dedussi. Ecco il
nostro "protetto", pensai. Sperai che il lavoro lo aiutasse a rimettersi in piedi, mi ispirava simpatia dopotutto, dato che mi ricordava un incrocio tra mio padre e mio nonno materno. Annuii impercettibilmente e ci sistemammo nella postazione a noi assegnata. Gli altri fecero lo stesso. A quel punto, la Maxwell afferrò il fischietto e se lo portò alle labbra, vi respirò dentro e l'acuto rumore riempì l'aria. Decine di paia di piedi si mossero in contemporanea e si allontanarono velocemente sino a sparire nella foresta.

Dopo ore di ininterrotto vagare alla cieca, Claire ed io ci arrampicammo su un'altura per osservare l'orizzonte e forse scovare un qualche indizio su dove ci trovassimo o un
minimo segno del nostro tesoro umano. La vista che ci si parò davanti ci mozzò il fiato, non per la sua bellezza, ma per la sorpresa di tale rivelazione. Il bosco confinava con
un Acquapark. Un Acquapark. Un Acquapark, accidenti! 
<< Ma che diavolo! >>, urlai portando le braccia al cielo in un gesto di sconforto e confusione.
<< E questo cosa mi significa? >>, aggiunse la mia amica, sbalordita quanto me. Ci sedemmo, esauste, e tentammo di organizzare le idee. Trascorse un buona mezz'ora e tra battibecchi dovuti alla stanchezza e alle opinioni contrastanti sulla situazione assurda, decidemmo di entrare nel parco nella speranza di trovare qualcosa. 

L'Acquapark aveva due entrate: una principale per il vasto pubblico ed una sul lato ovest per i partecipanti alla gara, che fu quella alla quale ci reindirizzarono. Era un porta piccola e bianca, che una volta aperta dava su un percorso ad ostacoli, che s'intrecciava con le principali attrazioni del parco e le giostre più pericolose. Sospirai con disappunto, allorché il guardiano dell'ingresso si decise ad informarci che da quel punto della gara poteva andare avanti solo un componente di ciascuna squadra. Senza rivolgermi la parola o degnarmi di uno sguardo, Claire mi mise in mano la foto e scappò nella direzione opposta, diretta alla SPA dell'Acquapark, come scoprii in seguito. Aveva abbandonato il gioco? Bene, avrei tenuto la ricompensa esclusivamente per me in caso di vittoria. Sospirai nuovamente prima di ficcarmi la foto in tasca e lanciarmi nella mischia.

Più proseguivo il percorso, più facile diventavano le sfide, grazie al Cielo. L'unico problema era che, arrivata all'ultimo ostacolo, ero esausta. Le gambe non mi reggevano più
e avevo le braccia talmente indolenzite che sembrava mi fossero cadute. La testa pulsava e la vista cominciava a sfocarsi. Dannata stanchezza e dannatissimo caldo. Ora, per giungere un punto sicuro e fresco, libero da ogni genere di prove e dal quale avrei potuto continuare la mia ricerca a piedi, dovevo arrampicarmi su una larga scala di corde intrecciate e sospese sulla piscina principale, a distanza di sicurezza dalle teste dei bagnanti, fino alla postazione del bagnigno, dalla quale sarei scesa tranquillamente. Mentre mi trascinavo a fatica su per le corde, misi un piede in fallo e l'intreccio si capovolse. L'adrenalina e il senso di pericolo misero nuovamente in moto il mio organismo ed iniziai a stringere le corde più forte che potevo. Tentai di risistemarmi senza successo, anzi, più tentavo di raddrizzarmi più la struttura traballava, fin quando, dopo l'ennesimo strattone, la corda alla quale ero aggrappata si staccò dalle altre ed io cominciai a dondolare sopra la piscina! Le mie urla disperate richiamarono l'attenzione dei bagnanti e di coloro che passavano di lì. Tutti si chiedevano che diavolo stessi combinando, ma nessuno mosse un dito per aiutarmi! Maledetti! Quando la corda rallentò, mi si regolarizzò il respiro e mi tranquillizzai in minima parte. Ero tornata lucida. Be', abbastanza. Dovevo sbrigarmi prima che la struttura cedesse sotto il mio peso, ma che potevo fare? Osservai la postazione del bagnino... ma certo! Avrei potuto dondolare finché non avessi acquisito la velocità sufficiente per giungere una piattaforma sicura e saltarci sopra, ma dovevo fare in fretta. Iniziai a muovermi e dopo pochi secondi ero già pronta a saltare, ma quella doveva essere proprio la mia giornata sfortunata: la corda si spezzò e deviò ed io atterrai malamente di testa sul bordo della piscina - e lanciando un urlo degno di Tarzan, ma questo è un dettaglio irrilevante. Prima di perdere i sensi (anche se in quel momento credevo di star morendo per un'emorragia celebrale) l'ultima immagine che vidi fu una testa bionda chinarsi verso di me.

Mi svegliai qualche ora dopo con un forte mal di testa e la certezza di non aver più speranze di vincere. Se quella dannata della mia "amica" non mi avesse abbandonata, tutto ciò non sarebbe mai successo! Aperti gli occhi, notai di essere sdraiata su un lettino, ma non mi trovavo in infiermeria. Il forte Sole di fine Luglio proiettava l'ombra 
di un ombrellone verde a strisce gialle sul mio viso, così come sulla testa bionda che credevo mi avesse soccorsa. 
<< Finalmente sei sveglia! >>, esclamò la donna con un ampio sorriso in volto. Era bellissima.
<< Ehm... Dove mi trovo? >>, chiesi ancora stordita e confusa.
<< Questo è il mio lettino, mio marito si è preso cura di te. E' un medico >>, rispose. L'osservai meglio. Rimasi basita quando notai che indossava un jeans ed una giacchetta di pelle nonostante fossimo in piscina e con 35 gradi all'ombra. Tuttavia le ero riconoscente e la ringraziai. Poi le domandai dove fosse il suo sposo.
<< E' andato al bar a prendere qualcosa di fresco per te nel caso ti fossi ripresa >>
<< E' molto gentile da parte vostra >>
Rise e gli occhi dorati le si illuminarono: << Ed ora, potrei sapere cosa ci facevi su una corda sospesa sulla piscina-onde? >>
Abbassai lo sguardo un po' imbarazzata: << Sono stata sorteggiata per participare alla Caccia al Tesoro annuale organizzata dal governo e una serie di coincidenze mi ha condotta qui... >>
<< Ah, la Caccia al Tesoro annuale! >>, ripeté la moglie del dottore.
<< Sì, dovrei trovare quest'uomo >>, spiegai estraendo la foto dalla tasca e porgendogliela. La prese tra le mani e la esaminò.
<< Che strano tesoro devi trovare! >>, esclamò divertita. 
<< Sì, ma temo che ormai le mie possibiltà di vittoria siano molto limitate, scommetto di essere molto indietro rispetto agli altri giocatori... >>
<< Be', mio marito ed io potremmo darti una mano >>, si offrì lei. Io mi illuminai: << Dice sul serio? >>
Lei annuì. Accettai con gioia, in fondo nel regolamento non c'era niente che impedisse di chiedere od accettare aiuti esterni.
<< La ringrazio di cuore, per tutto, signora... >>
<< Smith >>, suggerì.
<< Grazie, signora Smith! Grazie di cuore! >>

<< Eccomi! >>
Una voce maschile calda e baritonale, caratterizzata da un forte accento scozzese, s'insinuò tra di noi. Il Dottor Smith era tornato alla base, reggendo una limonata ghiacciata nella mano sinistra. Doveva essere mancino. 
<< Vedo che ti sei svegliata! >>, esclamò l'uomo porgendo il bicchiere alla moglie ed abbassandosi verso di me per qualche controllo veloce. Era davvero un bel tipo, castano e con gli occhi verdi, alto e slanciato. Parecchio magro, ma il lungo cappotto blu che indossava lo ingrossava un bel po'. Ma tralasciamo il fatto che fosse vestito come uno che va a sciare nel periodo natalizio qualche giorno prima l'inizio d'Agosto, quando mi sorrise mi sentii come se stessi per perdere la testa. Donna fortunata la signora Smith.
<< Tutto a posto, direi... Ma ti andrebbe di spiegarmi che diavolo ti è successo? >>
Glielo raccontai velocemente. 
<< Ah, la Caccia al Tesoro annuale! Anch'io sono stato scelto quando avevo più o meno la tua età e vinsi... Quei soldi mi aiutarono a mantenermi gli studi ed è grazie alla vincita se ho raggiunto i miei principali obiettivi nella vita e sono dove sono attualmente >>
<< Volevo ringraziarLa per ogni cosa, dottore >>, dissi sinceramente riconoscente.
<< Non devi ringraziarci >>, rispose per lui la moglie, << e, non preoccuparti di niente, ti aiuteremo noi a trovare il tuo "tesoro" >>, aggiunse guardando il dottore, come se gli
stesse chiedendo una conferma. Lui annuì.
<< Perfetto, andiamo >>, disse lui aiutando Mrs Smith ad alzarsi dalla sedia sdraio accanto alla mia.

Vagammo senza una meta precisa per due ore, esaminando il retro di ogni cespuglio, di ogni porta, di ogni barriera architettonica od oggetto di dimensioni notevoli che potesse celare qualcosa. Ma niente. Vuoto più totale. Un pensiero mi balenò la mente: e se il mio "protetto" non si fosse trovato all'Acquapark? Mi maledissi a bassa voce per il tempo perso e per tutte quelle cose che avevo dato per scontato. Ormai era inutile proseguire, la vittoria era ovunque tranne che in mio pugno. Neanche il gentile aiuto dei coniugi Smith aveva portato risultati concreti. Adesso mi trovavo nella pineta adiacente alla zona scivoli e, presa dallo sconforto, ero sul punto di abbandonarmi ai piedi di un pino secolare, quando sentii delle voci deboli quasi quanto sussurri chiacchierare animatamente all'ombra di qualche albero più in là. Mi posizionai in modo da non farmi scorgere dalle figure e origliai la loro conversazione con curiosità.
<< E dunque? C'è stato un errore? >>, chiese una voce autoritaria ma stridula.
<< Sì, uno scambio di ostaggi, signore >>, rispose l'altra voce, più profonda ed umile, << Il soggetto affidato al duo Watson-Bennett era originariamente destinato ad un'altra coppia che non si è presentata, ma ormai a gioco inoltrato è quasi impossibile risolvere il problema, le ragazze potrebbero essere ovunque. Il loro ostaggio, Elvis Jobs, invece che venir nascosto a dovere sul campo di caccia, è stato trasportato ancora incosciente nel nuovo magazzino >>
<< Nuovo magazzino? Perché sono sempre l'ultimo a sapere le cose? Eppure io finanzio tutto, dannazione! >>, la voce era aumentata di un'ottava - diventando ancora più insopportabile da udire - e quando l'altro uomo rispose, sembrava particolarmente impaurito.
<< Sì, signore! Il magazzino a Sud del bosco è stato smontato e gli ostaggi e i sonniferi sono stati spostati nella dispensa del bar dell'Acquapark >>
Bleah, che schifo! Pseudo-cadaveri e medicine sicuramente ai limiti della legalità a contatto con gli ingredienti delle più deliziose leccornie! 
Ma poi realizzai. Eravamo Claire ed io quelle di cui stavano parlando. Involontariamente, quei tizi - un pezzo grosso del governo e un suo sottoposto, forse? - mi avevano rivelato la posizione del mio protetto! Ok, tecnicamente non era il mio protetto, anzi, non era neanche più in gara, ma ormai l'avevano affidato a me e sarebbe stato lui quello che avrei portato alla stazione. Mi alzai di scatto e corsi alla ricerca del Dottor Smith e Signora. Eravamo una squadra, no? Non m'importava se quei due mi avevano sentito, ero troppo contenta, forse c'era ancora qualche speranza!

Una volta riunitami con Mr&Mrs Smith, ci precipitammo al magazzino del bar. Ero arrivata come una furia, a passo talmente spedito che quasi investii la signora Smith, la quale aveva incontrato il marito mentre io concludevo la mia piccola escursione nella pineta. Il medico scozzese mi afferrò prontamente e mi aiutò a riacquistare l'equilibrio, mentre riassumevo loro la mia piccola avventura e tutte le informazioni apprese. Ora ci trovavamo dinnanzi la porta della dispensa, la quale necessitava purtroppo di un pass per poter essere aperta. Imprecai prestando attenzione a non raggiungere le orecchie dei miei accompagnatori. Ero una brava ragazza, perché dovevano pensare il contrario? All'improvviso vidi una lampadina accendersi sulla testa di Mr. Smith e gli chiesi quale geniale idea gli fosse venuta in mente. Di tutta risposta, egli indicò una pasticcera - lo capii dal grembiule che indossava - del bar, che probabilmente era da poco uscita dal magazzino con un pacco di uova sottobraccio. Notai che dalla tasca posteriore dei suoi jeans sporgeva il pass di cui avevo bisogno. Mi guardava da lontano e sembrava urlarmi "Prendimi! Prendimi!". Il richiamo della sirena era troppo forte ed allungai le mani per afferrare l'oggetto, ma la signora Smith mi toccò il braccio come a volermi dire "Non farlo, se ne accorgerà". Si voltò verso il marito e si scambiarono uno sguardo d'intesa. Io li fissavo, incapace di comprendere cosa avessero in mente. L'uomo si avvicinò alla dipendente dell'Acquapark ed entrò nel suo campo visivo, lei inclinò leggermente la testa e la vidi sbattere le palpebre come se si fosse appena ridestata da un sonno profondo, forse prima era tra le nuvole. Il Dr. Smith sfoggiò il suo sorriso più bello ed accarezzò la guancia destra della donna con la punta delle dita. Delicatamente le alzò il mento ed unì le loro bocche. Presa di sorpresa, la pasticcera posò entrambe le mani sul petto di lui, mentre il pacco d'uova cadeva rovinosamente al suolo ed una macchia giallognola si espandeva sul pavimento. All'inizio cercò di combatterlo, ma dopo pochi secondi si lasciò andare, assuefatta dalla bellezza e dalla dolcezza dell'altro. Posso solo immaginare quanto fosse idiota l'espressione sul mio viso, tuttavia notai con grande stupore che quella sul volto di Mrs Smith non mostrava un singolo segno di gelosia, anzi, era divertita! Ed ora cosa avrei dovuto fare? La bionda avvicinò le labbra al mio orecchio e sussurrò: << Forza, vai! >>
Ed allora capii. Il medico stava semplicemente distraendo la dipendente per permettermi d'appropriarmi del pass. 
Rapidamente raggiunsi i due e feci scivolare la carta metallica di un blu acceso via dai pantaloni della donna. Non riuscivo a crederci, ce l'avevo fatta! Avrei voluto danzare (o piangere) dalla gioia, ma mi contenni. Mr Smith si congratulò mostrandomi il pollice, allorché interruppe il bacio e la pasticcera... be', svenne. Il medico ed io ci guardammo stupefatti, prima di decidere di lasciarla lì. I colleghi l'avrebbero trovata e pensato che si era trattato di un abbassamento di pressione, e forse così era stato. Non mi ero resa conto che il dottore accanto a me non aveva fatto appello alla sua etica professionale ed aiutato la tizia, ma oggi deduco che probabilmente a quel punto era più interessato ad occuparsi del mio caso. Non lo so. 

La porta si aprì rivelandoci il suo interno, pieno di scaffali lunghi kilometri e contenenti tutti gli ingredienti necessari a prepare qualsiasi dolce sulla faccia della Terra. Dopo qualche metro, ovviamente il cibo era sostituito da fialette di sonnifero, e ancora più avanti, sul fondo dell'immensa sala, erano posizionati decine di persone addormentate su dei letti bianchi. Un'atmosfera da brivido, parola mia! Neanche i miei compagni di squadra sembravano molto a loro agio. Deglutii ed estrassi la foto di Elvis Jobs dalla tasca. Non richiese molto tempo trovarlo, il problema era trasportarlo sino alla stazione, che era parecchio distante. Ad ogni modo, non riuscii a trattenere l'estrema felicità che mi invase il cuore a missione (parte uno) compiuta. Traboccava e contenerla mi sembrava impossibile: saltellavo sul posto - nonostante fosse un po' fuori luogo in quello che sembrava un obitorio - ed ero tutta arcobaleni ed unicorni, Pasqua, Natale ed Epifania messi assieme e moltiplicati alla massima potenza. Ecco perché quando la Smith mi fece notare il problema, la realtà mi colpì in faccia più forte di cento pugni. Mi ero persino dimenticata che c'erano altri giocatori in gara, che era già trascorsa più di mezza giornata e che probabilmente era già stato incoronato un vincitore. Le ricchezze in palio erano così vicine, eppure così dannatamente lontane. Ogni qual volta che mi sembravano talmente prossime da poterle toccare, inevitabilmente scivolavano via dalla mia presa. Cominciai a piangere come una bambina. Non avevo mai vinto niente in vita mia, perché questa volta avrebbe dovuto essere diverso? Con fare materno, Mrs Smith mi cinse le spalle e mi strinse a sé in un caldo abbraccio, accarezzandomi la testa e sussurrandomi che tutto sarebbe andato per il meglio. E fu allora che il dottore mi sfiorò la guancia col pollice, asciugandomi qualche lacrima e assicurandomi che lui era abbastanza forte da poter trasportare l'ostaggio anche per lunghe distanze e promettendomi che saremmo partiti subito. Di tutta risposta, affondai il viso ancora di più nel petto della bionda, il mio cervello ancora non aveva registrato le sue parole. 
Era forte abbastanza, aveva detto. Saremmo partiti anche subito. 
Frena, frena, frena! Cosa?! Ma era un sogno! Il peso sul cuore si alleggerì in men che non si dica, mentre stringevo a me l'uomo, baciandogli le guance ed urlandogli "Grazie, grazie, grazie! Grazie mille!". 
Ero davvero una bambina all'epoca!

Infine, riuscimmo a raggiungere la stazione. Ne era trascorso di tempo, ormai il Sole stava tramontando e scommisi che l'Acquapark era già vuoto da un pezzo. Non avevo rivisto Claire neanche una volta dal suo abbandono e la stanchezza di un'intera giornata trascorsa tra lunghe camminate nei boschi, prove per cui avevo rischiato la vita, aiuti inaspettati, piccole gioie, grandi delusioni e disperazione al massimo, mi invase tutta in un sol colpo. Non mi reggevo più in piedi. Ma ormai eravamo arrivati, non era ancora detta l'ultima parola. Forse c'era il margine di possibilità di essere io la prima, ma nonostante continuassi a ripetermelo, non ci credevo più. Ora, il pensiero di tornare a casa, riabbracciare i miei, mangiare qualcosa di buono, farmi una doccia calda e filare a letto era l'unica cosa che mi teneva in vita, ecco perché fui tentata di gettarmi da un ponte quando vidi anche quella prospettiva svanire nel nulla. Il treno stava partendo. Stava partendo senza di me. Odiai la mia vita in quel momento. Sentii l'adrenalina pomparmi nel sangue e cominciai a correre più veloce che potevo, coi coniugi Smith e il corpo ancora incosciente sulle spalle del dottore alle calcagne. 
<< NO!!! >>, urlai con tutto il fiato che mi era rimasto. Continuammo a correre accanto ai binari, strillando "Ferma, ferma, ferma!", ma il mezzo di trasporto stava acquisendo velocità e dubito qualcuno ci sentisse. Oppure, anche se ci avevano visti dai finestrini, si erano limitati a crugiolarsi nel loro egoismo, scrollare le spalle e fregarsene. Mi inginocchiai al suolo, passandomi una mano tra i capelli ed urlando finché i polmoni e il diaframma non cominciarono a bruciarmi. Restai in questa posizione per quelli che mi sembrarono secoli, completamente incosciente del tempo che scorreva, quando sentii una mano fredda toccarmi la spalla. Inclinai la testa per capire chi fosse e... si trattava di Elvis Jobs! Si era risvegliato! Se mi trovavo in quella situazione era tutta colpa sua e dei suoi datori di lavoro! Ma le energie erano al minimo e non ebbi la forza di fargli una scenata.
<< Che tempismo, ragazzi! >>, mi limitai a dire, più con rabbia che con ironia. Il dottor Smith sorrise ed mi aiutò ad alzarmi. Nonostante l'esito della giornata, non sarei mai riuscita a ringraziare lui e sua moglie a sufficienza per tutto il supporto che mi avevano dato. 
<< Forza, andiamo a recuperare l'automobile >>, disse, << Ti darò un passaggio a casa, a tutti e due >>
  
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