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Autore: lady dreamer    06/03/2014    5 recensioni
Sembra una giornata come tante a Londra. Sherlock sulla scena del crimine, John al Barts...
Ma non sarà a lungo una giornata come le altre! - sulle note di "Invisibili" di Cristiano De Andrè
dal testo (pov Sherlock):
"Eppure da quando conosci John senti che l’alfabeto in cui è scritto il libro dei tuoi sentimenti non è poi tanto diverso da quello che usi ogni giorno per fare le autopsie. Ma è innegabilmente difficile tagliuzzare le tue emozioni come se fossero i tessuti umani di cui studi il tempo di decomposizione, suscitando ribrezzo e rimproveri dalla signora Hudson."
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Conan Doyle, BBC e Moffat/Gatiss, questa storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

Una scommessa da non perdere.

(pov Sherlock)

Lo sai che ti manca qualcosa.
Un piano del tuo palazzo mentale è completamente vuoto, spopolato, deserto. Aridamente vacante.
Non riesci a concentrarti come vorresti sul cadavere che quegli incompetenti di Lestrade ed Anderson ti hanno sottoposto, come sempre brancolanti in supposizioni false.
O almeno così dovrebbe essere.
Non cogli al volo la quasi impercettibile differenza della sfumatura di colore del capello impigliato nella stoffa del cappotto della vittima, una donna sulla trentina, e la sua capigliatura, scomposta e disordinata sul cuscino freddo dell’asfalto.
Eppure ricordi dannatamente bene il biondo chiaro dei capelli di John e i rari ciuffi grigi che spuntando ad impensierirgli le tempie.
Non capisci subito quanto tempo fa sia morta la donna, tre, quattro ore? Di più? Osservi le macchie di sangue rappreso sui vestiti e sull’asfalto.
Avvicini le narici alla stoffa macchiata.
Nessuna illuminazione.
Eppure riconosceresti anche in mezzo ad una folla l’odore di John. La menta del dentifricio, il disinfettante asettico dell’ambulatorio, il suo shampoo con quel retrogusto di mandorle che gli ha regalato la signora Hudson a Natale. L’aroma del the che prepara la mattina e viene a  bussare alla tua porta per ricordarti di mangiare. Il misto di dopobarba, sudore ed adrenalina quando correte via insieme per sfuggire a qualche pazzo omicida.
John.
Potresti declinare le espressioni del suo viso. Così adorabilmente prevedibili. Accenni un sorriso, tuo malgrado.
- Maledizione. - mormori, a denti stretti, quando te ne rendi conto.
- Che succede? - domanda Lestrade.
- Niente.  Assolutamente niente.
- Permettimi di dissentire.
- Perché?
- Perché qualcosa è successo ed è sotto gli occhi di tutti...
- Ma cosa? - un moto di irritazione ti fa alterare la voce.
- Questa donna è morta... Dobbiamo trovare chi l’ha ucciso. È questo il nostro lavoro.
- Il vostro, appunto.  - rispondi, alzandoti frettolosamente da terra.
- Sherlock Holmes che non riesce a risolvere un caso, questa me la devo segnare... - ironizza Anderson.
- Puoi risparmiarti la fatica. - dici, estraendo il cellulare dalla tasca interna del cappotto.
- La donna in questione è stata visibilmente ammazzata da una persona a lei molto intima, dato che ha quasi il suo stesso colore di capelli. La madre? Dubito che seppure avesse una madre, una signora di presumibilmente trent’anni più di lei avrebbe la forza di strangolarla, e poi, perché dovrebbe? - alzi lo sguardo dal display, lanci ancora un’occhiata al cadavere, riabbassi lo sguardo sulla tastiera del blackberry - Siamo tutti concordi sul fatto che sia morta per strangolamento a considerare i segni violacei sul collo e l’espressione che ha assunto prima di morire. Il sangue che macchia il cappotto è presumibilmente dovuto all’impatto con il suolo. E considerato che non si strangola la gente per strada, sia stato trasportato qui e abbandonato qui nella speranza che venisse scambiato per incidente stradale. Immagino, visto che non mi avete detto nulla a riguardo, che non abbiate ancora identificato il cadavere... - dici, mentre continui ad armeggiare col tuo blackberry, senza incontrare nemmeno per un attimo lo sguardo stranito di Anderson o quello irritato di Lestrade.
- Se avessimo già risolto il caso non ti avremmo chiamato.
- È quasi impossibile che voi riusciate a risolvere un caso complesso da soli, e vi compatisco, ma questo è così semplice che mi stupisco come siate ancora a Scotland Yard.
Lestrade alza gli occhi al cielo mentre tira per un braccio Anderson prima che ti aggredisca.
Quasi sorridi per la loro reazione. Ma non c’è tempo per questo, hai altro da fare, oggi.
Oggi non tutto ruota intorno alle incompetenze di Scotland Yard.
Mostri a Lestrade ed Anderson la pagina dei necrologi su un giornale online. C’è la foto di un uomo che assomiglia terribilmente alla donna morta.
- Il signor Tennison  è morto la settimana scorsa, adesso si inizierà a parlare di eredità. Nei necrologio si parla di un vedovo con due figli, un maschio ed una femmina. Vi basterà smanettare un po’ su internet per trovare nome di vittima ed assassino. - Lestrade ed Anderson ti guardano increduli.
Ti volti senza aggiungere altro, continuando a tormentare la tastiera del cellulare.
John li saluterebbe prima di andarsene.
- Alla prossima. - dici, abbandonando definitamente la scena del crimine.
 
Dove sei? SH
In ambulatorio... Lo sai.
Ancora? SH
Non mi diverto a lavorare, io.
 
Tu abitavi in via dell’amore vicendevole
E io qualche volta passeggiavo da quelle parti lì

 
John è così diverso da te. Vive invece di dissezionare ogni momento della vita degli altri. Ama invece di sfruttare i segni di relazioni più o meno clandestine per scoprire i moventi dei delitti più efferati.
Mentre tu analizzi tutto e in modo troppo scrupolosamente naturale, lui si limita spesso alla rassicurante patina opaca della superficialità.
Quando si tratta dei sentimenti degli altri, li sai leggere come libri aperti... Ma se il libro da leggere è il tuo libro, sfogliare le pagine è inutile, tutto è scritto in un oscuro idioma che non conosci e non capisci...

Il profumo dell’estate a volte era gradevole
E le tue medagliette al merito sul petto brillavano
Brillavano molto più dei miei lividi

 
Eppure da quando conosci John senti che l’alfabeto in cui è scritto il libro dei tuoi sentimenti non è poi tanto diverso da quello che usi ogni giorno per  fare le autopsie. Ma è innegabilmente difficile tagliuzzare le tue emozioni come se fossero i tessuti umani di cui studi il tempo di decomposizione, suscitando ribrezzo e rimproveri dalla signora Hudson.
 
Tu camminavi nell’inquietudine
E la mia incudine era un cognome inesorabile
Un deserto di incomunicabilità

 
 
Capisci al volo quando John è infatuato di qualcuno. Non si rende conto di quante tracce lasci involontariamente sulla superficie della sua vita, facilmente individuabili da chiunque possa osservarlo con attenzione.
Si rade con più cura, controlla il cellulare con irritante assiduità, non aggiorna subito il blog, si perde i casi più interessanti, fa ritardo agli appuntamenti, a volte sparisce e non torna a dormire a casa la notte, si dimentica di andare a fare la spesa. Ha lo sguardo perso nel vuoto mentre gli dimostri le tue perplessità riguardo ad un caso, ignora che sono due giorni che non tocchi cibo, non si preoccupa di quello che pensi delle ragazze che ti presenta. Ignora che a te tutto questo inspiegabilmente non sta più bene.
Non vede le tue occhiaie quando, per vedere a che ora tornerà, non riesci a dormire per parecchie ore. Non vede che è un sacco che non suoni il violino, perché vorresti lanciargli un messaggio che lui, cocciuto testardo, non coglie.
Ma da un po’ John è strano. E non sapresti dire con esattezza che cosa abbia. Ma non fa più nessuna di queste cose. Non sparisce la notte, non controlla il telefono in modo ossessivo, non ti presenta nessuna papera frivola, ti sta ad ascoltare quando parli. Ma ha al contempo qualcosa di strano.
Riconosci da altri sintomi, meno evidenti, che c’è qualcosa di nuovo nell’aria. Non ribatte in modo ossessivo di non essere gay quando vi scambiano per una coppia, e hai intuito la sua presenza sulla porta della tua camera, in piena notte, come di un genitore che va a controllare che il figlio non si sia scoperto durante il sonno. Sembra sempre sul punto di dire qualcosa, ma poi non dice niente.
Sarà che tu, da bravo codardo, non sai se vorresti ascoltare davvero quello che avrebbe da dire. Così probabilmente passerete i prossimi mesi, tu a interrogarti sull’azzurro dei suoi occhi, lui ad interrogarsi sul grigio dei tuoi. Finché lui smetterà  di stare dietro a tutte le tue irritanti manie e se ne andrà di casa, a vivere con una delle sue papere frivole che gli darà tanti marmocchi stupidi come lei.
Non vuoi che accada. Ma non sai come impedirlo. Ammesso che tu non abbia preso un abbaglio con John e lui si preoccupi per te solo come amico, come del resto è sempre stato finora.
La scienza della deduzione in amore spesso si rivela deludentemente fallimentare...
 
Tu eri laureato in danni irreversibili
che la droga provoca al cervello
Io un po’ di questo un po’ di quello
In fondo niente di veramente utile

 
 
Percorri ad ampie falcate la strada che ti separa dalla fermata dei taxi.
Non ti va di arrivare fino a Baker Street a piedi, da solo poi.
La solitudine non ti ha mai spaventato, in realtà. Anzi, da solo sei sempre stato meglio. Nessuno a cui dare conto, nessuno che potesse offenderti, fraintenderti, nessuno che potesse tradirti. Avevi solo bisogno di un pubblico, saltuariamente, per la tua improrogabile necessità di dimostrare qualcosa a qualcuno.
Poi è arrivato John.
Il dottor Watson. Un soldato che vuole liberarsi dai fantasmi del suo passato. Un uomo che capisce che per scappare dal proprio passato bisogna liberarsi del bastone delle proprie manie. Un coinquilino per dividere le spese di Baker Street. Un altro membro del pubblico da stupire con le tue brillanti deduzioni, uno strumento per soddisfare le tue sempre più frequenti manie di protagonista. Un semisconosciuto che rischia l’ergastolo per salvarti la vita.
Un amico. Il tuo blogger di fiducia.
L’unica persona che riesce a tenerti  davvero lontano dalla droga.
John. Un pensiero pericolosamente e insistentemente ricorrente nella tua mente.
John. Solo John.
Il suo nome ripetuto ossessivamente quando non riesci a dormire.
Estrai il blackberry dalla tasca del cappotto. Forse potresti scrivergli che hai urgentemente bisogno di lui, che c’è un serial killer pazzoide che ti sta alle calcagna, che deve venire ad aiutarti, se no non ne esci vivo. Lui manderebbe al diavolo i suoi pazienti, o più probabilmente riuscirebbe a spostarli nella lista di quelli di Sarah, quella sua collega che ti convince poco.
Scuoti impercettibilmente il capo. Non puoi fare una cosa del genere. Poi non ti crederebbe più. E l’ultima cosa che vuoi è che lui inizi a mettere in dubbio quello che dici.
Non ti sarai mica offeso?
John. Solo John si comporta così con te. Solo da lui accetti che si comporti così.
Certo che no. SH
 
Tu eri bravissimo a specchiarti nelle vetrine
Io altrettanto a svuotare le cantine
Per noi amici, pochi amici, pochissimi amici

 
Raggiungi la stazione dei taxi ed entri nel primo della fila, il conducente ha un viso familiare. Se non erri ti deve come minimo due anni della sua vita, gli hai evitato di finire in carcere per... Non importa davvero.
- 221 b Baker Street.
- Sherlock Holmes?
- Ottima deduzione.
- Buona memoria, sir.
Londra scorre via oltre il vetro trasparente del finestrino. Vicina eppure lontana, separata da quella lastra trasparente ma corporea. Separata dalla tua fredda indifferenza.
Londra ti interessa solo nella misura in cui riesce a far crollare il muro di vetro e tirarti nella mischia del mistero e del crimine. Ti interessa solo nella misura in cui riesce a sottrarti alla noia, a non farti pensare alla tua solitudine. Poi perde ogni attrattiva.
 
Tu eri fortissimo a inventarti la realtà
Io liberissimo di crederla o non crederla

 
Londra non è la musa che ti permette di esprimere la tua arte.
Non sei un pittore, non sai dipingere la profonda nefandezza dell’azzurro del cielo sopra la tua testa.
Non sei poeta, non sai generalizzare in versi immortali il vuoto che ti urla dentro, troppo forte perché tu possa ignorarlo se non hai la mente occupata da altro.
Sei un consulente investigativo. Londra è la tua cliente. È la tua datrice di lavoro. a volte ti intriga, a volte ti stupisce, ma per la maggior parte del tempo ti annoia. Come le persone, del resto.
Come tutti, tranne John.
Lui dice che quando parli il novanta per cento di quello che dici sembra inventato, tirato ad indovinare, che sia un bluff, uno scherzo, una provocazione, un’allucinazione dovuta a chissà che tipo di droga. Dice che a volte sembra che tu inventi la realtà.
Scuoti la testa, senza farle mancare l’appoggio di una mano stanca. La realtà la inventi quando guardi gli occhi di John e ci vedi cose che non ci sono. Quando ti illudi che in fondo nella tua stramba vita ci possa essere qualcosa di normale.
 
E ho sempre sperato che qualcuno un giorno
Potesse parlare male di noi
Ma eravamo invisibili, talmente invisibili che non ci vedevamo mai

 
La parola normale non ti è mai piaciuta. I criteri di valutazione delle persone sono spesso sballati, inadeguati, sbagliati. Per anni ti hanno dato del pazzo, del drogato, del fuori di testa, dell’antipatico, dello squilibrato, del saccente, del suo tutto io, dell’intrattabile, dello psicopatico. Nessuno ha forse mai notato l’ironia del tuo definirti un sociopatico iperattivo...
Le definizioni non ti sono mai piaciute. Il giudizio della gente hai imparato ad ignorarlo. Non te ne frega niente. Se non ti capiscono, vuol dire che loro stessi non sono interessanti da capire.
Non hai mai desiderato essere capito come da John. Che pure è forse la persona che di più al mondo ha capito qualcosa di te.
Eppure per lui rimarrai sempre invisibile, te lo senti. Il brillante investigatore, il coinquilino che tiene teschi in salotto e parti di cadaveri in frigo, l’amico che riesce a mettersi nei guai quando il suo cervello è troppo impegnato a risolvere un caso. Niente di più. Non sarai niente di più per John.
Questa è la tua più grande paura.
E c’è solo un modo per metterla a tacere...
Smentirla.
- Al Barts, presto!
 
Stu ténpu
Ch’u s’è pigiòu a beléssa e u nòstru cantu
Pe ripurtane inderée sénsa ciü un sensu
Ma òua che se vedemmu
Dumàn tüttu u cangiàa


(pov John)
 
Tra un quarto d’ora hai il prossimo appuntamento. Sprofondi nella poltrona davanti alla scrivania candida. Questo lavoro ti serve per andare avanti, certo non puoi pretendere di pagare l’affitto con le tue consulenze gratuite a Scotland Yard, ma sei esausto. Stanco di gente che si lamenta di un mal di testa persistente, di un problema intestinale fastidiosamente irritante, per un mal di gola innocuo.
Mentre Sherlock chissà che sta combinando dall’altra parte di Londra... Magari insegue un criminale, un pazzo assassino. Uno di quei serial killer che lo intrigano tanto. O peggio ancora quel Moriarty.
Non puoi neanche dimostrarti apprensivo con lui. Non sopporta di essere controllato. Non capisce che sia legittimo per un essere umano preoccuparsi per le persone a cui vuol bene.
Sherlock.
Non è semplice vivere a così stretto contatto con lui. Sopportare le sue manie, il suo ego smisurato, le sue occhiate di sufficienza, le sue deduzioni troppo brillanti, specie quando sei tu il suo oggetto di esame.
Se primati dava fastidio che quello stramboide, praticamente sconosciuto, potesse leggerti in faccia tutto il tuo passato, la guerra, Harry, l’analista, le donne con cui andavi a letto, adesso temi solo che possa leggerti scritto in fronte che l’unica persona che ti interessa davvero sulla faccia della terra sia lui.
Dannazione, non riesci ancora spiegartelo razionalmente. Non c’è un motivo. Non c’è una ragione.
Può essere una ragione il guizzo di genio nei suoi occhi quando fa un’intuizione che Lestrade ci perderebbe tutta una vita? Può essere un motivo il suo sorriso quando andate da Angelo a festeggiare che vi è stato assegnato un caso? Cosa c’è di razionale nel fatto che la sua figura slanciata e interessante popoli i tuoi pensieri tutte le notti?
Scuoti leggermente il capo.
Se Sherlock, che dopotutto è stato capace di chiederti, tempo tre secondi, “Afganistan o Iraq?”, non ha detto nulla di strano, non ti ha fatto domande né cercato di farti capire chiaramente o per vie traverse che lui non condivide la tua insana passione per lui, allora vuol dire che è solo un capriccio momentaneo, dovuto alla mancanza di distrazioni, al fatto che non esci con nessuno, che stai troppo a contatto con il tuo brillante coinquilino.
Ma dove altro correre, se non a Baker Street o in qualunque altro posto lui sia, per risolvere un caso assurdo o dissezionare cadaveri?
 
Tu abitavi in via dell’amore vicendevole
E io avevo preso una stanza in affitto
da quelle parti lì

 
Non avresti mai pensato che Mike Stamford potesse cambiare la tua esistenza in modo così candidamente inconsapevole, consegnandoti tra le braccia della vita che non avresti mai potuto immaginare di desiderare, ma che ami, nonostante tutti rischi che comporti.
Non avresti mai pensato che incontrare Sherlock Holmes ti avrebbe scombussolato la vita in modo così palesemente evidente.
Un pazzo che suona il violino alle  tre di notte, che ti fa attraversare Londra solo per farsi prestare il tuo cellulare, che passa giorni interi senza parlare e senza mangiare, uno che va avanti con tre cerotti alla nicotina alla volta.
Per non parlare poi del resto della famiglia! Sei contento di non conoscere il signor e la signora Holmes, ti basta quel pretenzioso burocrate del fratello.
Mycroft. Lui con le sue macchina con i vetri oscurati, le segretarie sempre incollate al cellulare, che ti conducono in macchina verso fabbriche abbandonate, che non ti dicono mai il loro vero nome.
Mycroft. Ti ha offerto soldi per spiare Sherlock, la prima volta che lo hai incontrato.
Meno puoi averci a che fare, più sei contento. Quando il suo ombrello inizia a ticchettare sul pavimento dell’appartamento o semplicemente davanti all’uscio di casa, allora vuol dire che ci sono guai in vista. E se ci sono guai da risolvere... tanto vale che ve la vediate tu e Sherlock, come sempre.

Io dimostravo fondamentalmente i miei anni
Tu ormai non sapevi più quali fossero i tuoi

 
Come vanno le indagini?
 
Digiti, anche se non dovresti continuare a scrivergli. È  troppo intelligente per fraintendere i tuoi sentimenti, abilmente - o almeno ti auguri di essere abile in questo - nascosti dietro le parole che gli hai scritto, che gli scrivi, che gli dici, ogni santo giorno.
È anche vero che a dispetto dei trenta, trentacinque anni che dimostra fisicamente, dell’elasticità mentale di un ventenne e della conoscenza del genere umano che nemmeno Socrate rincarnato in Freud potrebbe avere, nel campo dei sentimenti è presumibilmente - cosa del resto può essere davvero certo con lui? - acerbo come un adolescente.
Certo, anche per te questa situazione è strana.
Non ti sei mai sentito attratto dagli uomini e inizialmente Sherlock non era l’eccezione, ma la regola. Poi di punto in bianco, no, non è sto poi di punto in bianco, più una cosa graduale... ecco, un graduale disinteresse per le donne, per gli argomenti frivoli di cui la maggior parte di loro discorreva, dandosi l’aria di grandi intellettuali.
E poi la disarmante scoperta che il pensiero di Sherlock si stava intromettendo anche nella tua vita sessuale.
Hai fatto l’amore con una donna... come si chiamava? Non te lo ricordi più, forse non l’hai mai davvero memorizzato, il suo nome... Ma nei suoi capelli scuri hai visto quei ricci, nelle sue mani che esploravano il tuo corpo hai immaginato follemente quelle dita affusolate, nelle guance della ragazza hai avuto la vaga impressione di accarezzare quegli zigomi alti, nella sua bocca quelle labbra sottili e pallide... Sherlock.
Non puoi andare avanti così.
Tormentandoti perché non dici niente.
Tormentandoti perché parlando potresti rovinare anche quel poco che ormai è il tuo tutto quotidiano.
Come potresti vivere senza di lui?
Sherlock è incostante ed imprevedibile, potrebbe sparire da un momento all’altro, senza darti alcuna spiegazione, e tu non potresti fare niente per rintracciarlo e riportarlo indietro da te. E soffriresti come un cane...
 
Perché a Genova si moriva a vent’anni
Ma senza diventare mai, mai degli eroi

 
Lo schermo del cellulare si illumina, distogliendoti la mente dai tuoi pensieri pessimisti e nefasti. Perché diavolo dovrebbe andarsene, poi?
Caso della mattina risolto. Banale. Nuovo caso da risolvere ben più promettente.... SH
È iperattivo. Non dà tregua agli altri nella stessa misura in cui non dà tregua a se stesso. Peccato che lui sia Sherlock Holmes e la sua percezione della stanchezza e della fame siano oggettivamente troppo diverse da quelle delle persone normali.
 
Coi tuoi separati a colpi di calibro trentotto
E i miei tenuti insieme dalla speranza per l’umanità

 
Senti bussare alla porta.
Eccolo, il tuo prossimo paziente, presumibilmente. La signora Vaar, se la memoria non ti inganna.
Non ti accorgi che il modo di bussare di chi bussa alla tua porta non può essere quello della signora abbastanza anziana che dovrebbe presentarsi alla visita medica di controllo.
- Prego, avanti. - dici, stancamente, mettendoti a sedere composto sulla poltrona, ma continuando a scrutarti le mani.
Passi sul pavimento asetticamente bianco del tuo studio.
Ma sono i passi di... Non i passi di...
Alzi frettolosamente lo sguardo.
Sherlock.
Che diamine...
Cerchi di ricomporre la tua espressione stupita: - Che diamine ci fai qui?
- Avevo bisogno di te... - dice, guardandoti negli occhi con i suoi occhi grigi, come la neve colorata dai passi indegni della gente.
È uno sguardo che non ammette fraintendimenti...
Ma tu vuoi ancora fraintendere, prima di buttarti a pesce morto nella tua condanna a morte.
- Ho un altro appuntamento adesso, non puoi piombare qui da un momento all’altro e...
- La signora Vaar andrà da Sarah, tanto ha litigato con il fidanzato, voleva solo una scusa per non tornare a casa...
Diabolico. Chissà che gli passa per quella testa maledettamente geniale, sotto il caldo nido dei suoi capelli ricci in cui sogni da tempo di affondare le mani.
- Che è successo? È per un caso?
- Non proprio. - dice, giocherellando con la frangia della sciarpa blu che porta al collo.
- Temo di non sentirmi troppo bene... - dice - E tu sei il mio medico di fiducia... - e il suo sguardo si specchia nel tuo.
Merda.
Non lasciarti distrarre.
- Cosa ti senti?
- Non saprei dire... Non con esattezza, almeno... - vuole cuocerti sulla graticola, mentre sa che stai cercando in ogni lembo di pelle ferite visibili o presunte.
- Ma sei stato ferito o roba simile?
Sherlock aggrotta le sopracciglia, quasi irritato: - Certo che no...
- E allora, per la miseria, Sherlock, si può sapere che sintomi hai? Sappiamo benissimo tutti e due che saresti in grado di farti una diagnosi prima di quanto possa fare io...
Accenna un sorriso, mentre ti studia, divertito.
- Niente di fisico... oddio, c’è anche qualcosa... beh, parecchio... di fisico, ma non mi sembra il caso di partire da lì...
Di che diavolo sta parlando?
- Io sono un medico, non uno psicologo, non posso che curare malattie, malanni... roba fisica...
- Farai un’eccezione allora. - ecco il suo modo per liquidare le questioni tra di voi, dare per scontato quello che farai.
- Che cosa hai, Sherlock?
- Non riesco a dormire... - esordisce.
- Non è poi tanto strano...
- E faccio pensieri strani... - continua, senza mai distogliere lo sguardo dai tuoi occhi, sempre più spaesati.
- Che tipo di pensieri? - e impercettibilmente sbianchi.
- Pensieri... - minimizza, alzando le spalle.
- E poi?
- E poi ho una nuova preoccupante dipendenza... - ammette, con studiata noncuranza.
- Di che diavolo parli? Non dirmi che si tratta di...
- Si tratta di una persona. Non posso smettere di pensare a lei...
Eccolo, è arrivato il terribile momento in cui lui ti confesserà che è stato qualcun altro a portarsi via il suo cuore... Vorresti sprofondare nella poltrona e sparire giù, in fondo fino al centro della terra, bruciare, squagliarti e non esistere più. Se tu non potrai essere per lui quello che lui è per te tanto varrebbe non esserci proprio...
Deglutisci a vuoto. Ti è si è bloccata persino la salivazione.
- Non è così grave...
- Mi serve il tuo consiglio...
- Non volevi il medico, allora, ma l’amico... - dici, passandoti una mano tra i capelli corti, per sfogare il nervosismo.
Sherlock ti lancia uno sguardo inequivocabile.
- Voglio qualcos’altro in realtà...
E temi di cascare dalla poltrona.
Figura del cavolo scongiurata, chiedi: - Che cosa?
- Quello che vuoi anche tu... - e gli sembra terribilmente ovvio dirlo, mentre nel tuo cervello è in atto una vera e propria guerra civile.
Ma sei ancora abbastanza in te da chiedere: - E cosa vorrei anch’io?
- Smetterla con questa pantomima, innanzitutto... - esordisce, alzandosi dalla sedia, raggiungendoti dall’altra parte della scrivania e appoggiandoci sopra.
Ed è terribilmente... frena tutto, John...
Non è possibile che...
Sherlock è sposato con il suo lavoro, ricordi?
- E poi, insomma, John... Possibile che debba proprio dirti tutto? - domanda, inclinando leggermente la testa, come fa quando si annoia.
Al diavolo la prudenza.
Quello che dice è contro ogni logica, ma sai che non ti ingannerebbe mai, non su questo.
È un pazzo, un uomo, un genio? Niente è più importante del suo corpo così dannatamente vicino al tuo...
È sposato con il suo lavoro? Esiste il divorzio dai tempi di Enrico VIII...
- Non è necessario... - sussurri. E le sue labbra sono inaspettatamente ancora più vicine alle tue di quanto avevi calcolato.
 
Noi sempre oltre ogni limite
Quel limite era una scommessa da non perdere mai

 
Ed è abbastanza imbarazzante quando Sarah entra nella stanza per dirti che...
- Oh, scusa John... io non... non sapevo...
- Salve. - dice Sherlock, sicuro e bellissimo.
Tu ti porti una mano alle labbra, quasi sconvolto.
Hai baciato Sherlock. Sherlock ha baciato te. Non te lo sei sognato, vero?  
- Tolgo il disturbo - liquida Sarah, chiudendosi la porta dietro le spalle, mentre le tue idee sono ancora confuse.
 
Tu eri bravissimo a ballare sulle rovine
Io altrettanto a rubare comprensione
Di noi amici, pochi amici, pochissimi amici

 
- Mi sembri sconvolto, John...
- Sono sconvolto! Tu non... Io non pensavo che tu... - non riesci a mettere a freno la tua tremolante coscienza.
- Non lo pensavo neanche io... - sussurra. Ed è così strano vederlo sussurrare, lui, abituato a parlare ad alta voce, a proclamare le sue deduzioni vincenti al mondo.
 
Tu eri fortissimo a inventarti la verità
Io liberissimo di crederla o non crederla

 
Ma è ancora più strano, anche se intuisci che presto non lo sarà più, avvertire ancora la consistenza e il sapore della bocca di Sherlock sulle tue labbra... Al diavolo tutto, niente è forse più importante di questo.
Le tue mani nei suoi capelli, il suo profumo nelle tue narici, il tuo corpo inebriato dal contatto con il suo.

Io ho sempre sperato che qualcuno un giorno
Potesse accorgersi di noi
Ma eravamo invisibili, che non ci vedevamo mai

 
- Perché non torniamo a casa? - ti chiede Sherlock, scostandosi dal tuo abbraccio e indirizzandoti uno sguardo stranamente malizioso.
- Io... in realtà... - riflettere. Escludere l’eccitazione che hai in circolo nelle vene... - Però l’ultimo appuntamento era quello con la signora Vaar... quindi...
Sherlock accenna un sorriso. Deve divertirsi a vederti disorientato da tutto questo.
- Andiamo. - dici, appendendo all’attaccapanni il camice e recuperando sciarpa e cappotto.
Una storia con Sherlock.
È questo quello che inizierà quando uscirete dalla porta del Barts?
Quello che in realtà è già iniziato?
Sei pieno di dubbi, su tutto.
Anche su come fare quello che entrambi vorrete fare appena arrivati a casa...
Ma sapere che per lui non sarai più invisibile è l’unica cosa che conta davvero.
 
Stu ténpu
Ch’u s’è pigiòu a beléssa e u nòstru cantu
Pe ripurtane inderée sénsa ciü un sensu
Ma òua che se vedemmu
Dumàn tüttu u cangiàa



Note dell’autrice:
salve a tutti! Questa è la prima fan fiction che scrivo su Sherlock, spero che a voi sia piaciuto leggerla (per i pochi temerari che la leggeranno, si intende xD) quanto a me è piaciuto scriverla :)
La canzone riportata è “Invisibili” di Cristiano De Andrè,  quando l’ho ascoltata per la prima volta ho pensato ad una storia omosessuale, anche se magari non c’entra niente con gli intenti dell’autore...
Comunque io l’ho trovata perfetta per Sherlock e John. :)
Come penso avrete capito, la storia non tiene conto né dell’ultima puntata della seconda stagione né della terza stagione...
Ringrazio chiunque leggerà la storia e mi farà sapere che ne pensa, ma anche chi leggerà in silenzio, come del resto a volte capita anche a me...
Un ringraziamento speciale va a Fiamminga che mi ha iniziato al magico mondo di Sherlock e a Blue Lady, compagna di scleri xD
Alla prossima!
lady dreamer.
  
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