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Autore: Ali_Codeluppi    07/03/2014    3 recensioni
Lei era caduta nel buio. Vodka e sigarette erano le sue uniche e migliori amiche. Aveva paura di tutto, tranne della morte. Ma un giorno arriva lui, la sua unica salvezza. Lei sceglierà di farsi aiutare e quindi tornare a vivere o di cadere ancora più a fondo?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Sono seduta sul terrazzo di casa mia, situata nel centro della caotica Londra, guardando tutta quella gente in giacca e cravatta che corre a destra e a sinistra. C’è chi corre perché fa tardi al lavoro, chi perché deve portare i figli a scuola. Gente che suona il clacson e insulta il conducente della macchina davanti alla loro. Persa a guardarmi intorno, prendo una sigaretta dal pacchetto e prima di accenderla la osservo,  mi viene in mente che l’amore è come una sigaretta. Da l’impressione di farti stare bene, ma in realtà ti distrugge e dopo tanti tiri finisce. Rido tra me per il paragone appena fatto, alcune volte penso che potrei fare la scrittrice, se non fosse che, come ripeto sempre a mia madre, io sono nata stanca e vivo per riposare. La gente che mi vede può prendermi per pazza, una ragazza malata di mente, seduta per terra in un terrazzo, con una sigaretta in mano, che la osserva ridendo. Ma alla fine, chi se ne frega, la gente nella mia vecchia città, pensava già questo di me, ci sono abituata ormai. E’ sorprendente come uno provi  a scappare dal passato, e come quello torni sempre quando meno se lo aspetti. Sono stata violentata da colui che amavo e avevo al mio fianco da sette mesi. Lui, che consideravo il mio tutto, tutto il mio mondo girava attorno al suo, la gente che ci vedeva insieme, ci considerava una cosa sola. Mi era entrato dentro, soltanto guardandomi negli occhi, era talmente dolce, che a volte pensavo potesse venirmi il diabete. Ma un giorno, si trasformò in un mostro, quegli occhi azzurri dove ci vedevo riflesso il mare, erano diventati scuri, malvagi e il suo solito sorriso, che ti faceva sciogliere come un ghiacciolo al sole, aveva lasciato il posto ad un ghigno spaventoso. Mi aveva portato via la cosa più cara per me. La mia verginità. Quello di cui andavo più fiera. Grazie a lui, avevo perso la fiducia in chiunque, e soprattutto in me stessa. Ma lui era quella sigaretta che nonostante mi avvelenasse i polmoni, io continuavo a fumare. Quel giorno è la linea di demarcazione della mia vita. Sono passata da uno psicologo ad un altro, obbligata dai miei genitori. Loro erano convinti di aiutarmi, che le sedute mi avrebbero fatto bene. E lo so che lo hanno fatto per me, ma purtroppo non era così. Dover ricordare ogni volta l’accaduto era come mandare un coltello affilato sempre più a fondo in una ferita già profonda di suo. Tutte le sere uscivo con la mia migliore amica Annika, andavamo in un pub e scolavo bottiglie e bottiglie di vodka. Perché è l’unico modo che conosco per dimenticare. Ognuno di noi ha un modo diverso per soffocare la solitudine, la rabbia, la paura e il dolore, ed ognuno di questi modi ci rovina. A scuola non ci vado più. Odio essere al centro della attenzione, o cosa peggiore, essere scrutata con sguardi pietosi e compassionevoli. Annika è più grande di me, ha 20 anni, ed è la mia ancora di salvezza, penso che se non ci fosse stata lei, sarei persa, alla deriva in un mare in tempesta e nessuno, potrei giurarci, si butterebbe per trarmi in salvo. Annika mi ha portato via, ed è venuta con me a Londra, perché fin da quando ci siamo conosciute, ci siamo promesse che saremmo venute a vivere qui. Perché Londra è la città dei desideri e dei sogni che diventano realtà. E il mio sogno è di ritornare a vivere, ad essere quella ragazza che aveva sempre il sorriso stampato in faccia, al posto delle lacrime che bagnano perennemente le mie guance ora. Quella ragazza che al posto della sigaretta, in mano aveva una macchina fotografica, per immortalare ogni singolo momento, per non dimenticare, mentre ora sto cercando proprio di fare il contrario, dimenticare. “Alice!”. Ecco quella svampita di Annika che mi chiama, chissà cosa avrà dimenticato sta volta. Non sentendo risposta da parte mia, inizia a cercarmi. Ad un certo punto nella mia visuale entrano delle converse nere, alzo lo sguardo e vedo lei osservarmi triste. “Senti, io pensavo, città nuova, vita nuova, no? E’ da una settimana che stai lì, sul terrazzo, tutto il giorno. Quindi mi è venuto un’idea… che ne dici di riprendere la scuola? Lo so che l’anno è già iniziato, ma penso che ti aiuterebbe a distrarti, a non pensare sempre a quello che sai tu…” Lascia la frase in sospeso, ma sia lei che io capiamo a cosa si riferisce. Una lacrima solca la mia guancia, fino ad arrivare alle mie labbra. E’ salata, come la vita dopotutto. Alzo le spalle e abbasso lo sguardo sui miei calzini con le paperelle, che improvvisamente sono diventati tanto interessanti. Annika mi avvolge in un abbraccio dolce, ma allo stesso tempo forte, come a dirmi, io ci sono. “Penso che potrebbe funzionare, Anni”. Lei si stacca quel poco per guardarmi negli occhi e sorride. E’ felice per me, degli sforzi, e dei miglioramenti che sto facendo. Appeno successo quel brutto episodio, non parlavo e non mangiavo, ho continuato così per due mesi. Alla fine, avevo perso almeno una decina di chili. La sua felicità è evidentissima agli occhi miei, mi basta guardarla in quei due pozzi verdi, è un libro aperto per me. Mentre io penso di essere diventato un libro pieno di geroglifici, impossibile da tradurre. Annika si alza e prima di andare via, mi inizia a parlare, di quanto mi aiuterà tornare a scuola, delle amicizie che farò… Ma la mia attenzione torna ai passanti, e con lo sguardo nel vuoto provo ad immaginare le loro vite. Annika continua a parlare ma ormai io sono  entrata nella mia bolla di cristallo, dove mi sento isolata e protetta da tutto e tutti.
Suona la sveglia. Non ho voglia di alzarmi e andare a scuola, il mio letto poi rimarrebbe da solo, soletto. Ho riiniziato da solo una settimana la scuola, e già sto messa così. Mi alzo dal letto con tutta la calma del mondo e mi dirigo verso il bagno per farmi una doccia veloce. Mi vesto con un paio di leggins e un maglione largo sopra. Se ci fosse stata mia madre, mi avrebbe detto che non valorizzo il mio fisico e blabla. Mi manca mia madre con i commentini. Scendo di sotto e prendo il cornetto assieme al bicchiere di caffè, che mi ha comprato Annika prima di andare al lavoro. Afferro lo zaino ed esco mentre finisco di fare colazione. Vado a piedi, tanto la scuola è a 10 minuti da casa mia. Arrivo a scuola, quel posto che occupa ormai tutte le mie mattine da una settimana a questa parte. Già ho individuato i vari gruppi che si formano in tutte le scuole… io non faccio parte di nessuno di questi essendo la nuova arrivata, ma tutto sommato mi va bene così, mi piace rimanere nell’anonimato. Potrei fare la donna invisibile, credo che non avrei problemi, qui già nessuno mi nota. Mi siedo su una panchina e tiro fuori una sigaretta. La mia migliore compagna di avventure. Non faccio in tempo a fare il primo tiro, che suona la campanella. Impreco. Non mi va di sprecarla buttandola via, è praticamente nuova. Così decido di fumarla velocemente. Appena finisco di fumarla, inizio a correre verso la mia classe. Mentre corro vado a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno. Mi alzo e vedo che all’altra persona sono caduti dei libri, vorrei insultarlo perché non guarda dove va, ma ripensandoci è quello che ho appena fatto io. Così lo aiuto a raccogliere i suoi libri. Appena abbiamo finito di raccoglierli tutti, lo guardo e mi accorgo che lui già mi sta fissando. Apro la bocca per scusarsi, dopotutto è anche colpa mia. Ma lui mi precede. “Scusa ma puoi guardare dove metti i piedi, novellina? Se ti può aiutare, posso comprarti un paio d’occhiali.” Questo è pazzo, e io lo sono ancora di più perché mi stavo per scusare. “ Senti mi dispiace averti sporcato quelle tue bellissime scarpe nuove. Adesso però non metterti a piangere che non ho i fazzoletti per asciugarti le lacrimucce e dopo devi andare da papino a farti consolare.” Gli mimo il gesto di un bambino che piange. Lui mi fulmina con lo sguardo. Ah se gli sguardi potessero uccidere, io sarei già morta carbonizzata. Rido e inizio a correre di nuovo verso la mia classe. Prima di entrare prendo un bel respiro e busso. “Avanti”. Apro e mi rivolgo alla professoressa. “Mi scusi per il ritardo prof.”. La prof mi guarda abbassandosi gli occhiali sul naso e dice “Non fa niente Smith, per questa volta è scusata. Solo per questa volta però!” E mi fa l’occhiolino accompagnato da un tenero sorriso. Lei è l’unica dei prof a sapere la vera motivazione del perché sono qui.  Mi ha ispirato tenerezza e fiducia dalla prima volta che l’ho vista. Accenno un sorriso e dopo averla ringraziata, mi siedo in uno dei due banchi rimasti liberi. Quando mi siedo, noto che la prof sta rimproverando un altro ragazzo che è entrato poco dopo di me. “Oh, il signorino White oggi ci fa l’onore di avere la sua presenza in classe dopo una settimana che manca…” Non ci presto molta attenzione e finisco di tirare fuori i miei libri dallo zaino. Sento quel ragazzo sedersi nel banco libero vicino al mio. Mi giro sorridente per salutarlo ma non appena vedo chi è quel ragazzo il mio sorriso scompare. Lui si gira verso di me e ghigna “oh ma guarda chi c’è!”. Alzo un sopracciglio e mi giro a guardare fuori dalla finestra. L’ora passa in un batter d’occhio, anche perché ne avevo persa quasi metà. Suona la campanella. Cambio dell’ora. Mentre aspetto che arrivi la prof, una ragazza della mia classe, di cui non ricordo neanche il nome, mi si avvicina sorridente. E’ una delle ragazze che fa parte del gruppo che io ho classificato sotto la categoria di fighi. “Ciao Alice”. Alzo lo sguardo. “Ciao…” “Juliette” mi ricorda lei. “Giusto! Ti serve qualcosa?”. Non vedo l’ora che se ne va. Stamattina non sono dell’umore giusto per colpa di quel cretino.  Ti prego fa che vada via presto. “Ti volevo chiedere se a pranzo ti andava di sederti con me e i miei amici…” Sorrido. “Certo, mi farebbe piacere!”. Forse fare amicizia mi avrebbe fatto bene. Le ore passano veloci e mi ritrovo a camminare verso la mensa. Entro, prendo un vassoio, mi metto in fila e aspetto il mio turno. Questo cibo dovrebbe essere illegale, è una poltiglia marrone con pezzi verdi e rossi. Ha una vaga somiglianza con un’altra cosa che conosco. Dopo questo paragone, mi limito a prendere un’insalata, una mela e una bottiglietta d’acqua. Mi guardo attorno e cerco un tavolo libero. Appena lo trovo mi dirigo verso di esso, quasi correndo. Ma non faccio in tempo ad appoggiare il vassoio che mi sento chiamare. Mi giro e vedo una Juliette che si sbraccia per farsi vedere da me. Me ne ero completamente scordata che le avevo detto che avrei pranzato con lei. Mi tiro una manata in fronte mentalmente, mi avvicino al suo tavolo, e mi siedo di fianco a lei. Juliette mi sorride compiaciuta. “Allora Alicina sotto sale, posso chiamarti così vero? “. Non mi da il tempo di rispondere che lo fa lei al posto mio. “ Non importa, tanto ti ci avrei chiamato lo stesso. Sai già chi sono io, loro invece sono Johanna, Erik, Edward e tra un po’ dovrebbe arrivare anche James.” Mi sorride felice, e me li indica uno ad uno, loro sorridono e mi fanno un cenno con il capo. Io ricambio il saluto e iniziamo a parlare. Continuiamo a parlare tranquilli del più e del meno, fino a quando non sentiamo qualcuno dietro di noi schiarirsi la voce. Ci giriamo tutti. “Ecco lui è James!” Non è possibile, non di nuovo lui! Accenno un sorriso, che pare più una smorfia. Lui mi guarda arrabbiato. Permaloso il ragazzo. “Che ci fa lei qui? E’ il nostro tavolo!”. Beh in effetti devo ammettere che lui è davvero bello. Non c’è da stupirsi che faccia parte di questo gruppo.  Juliette gli rivolge un’occhiataccia. “James, smettila! Vogliamo solo conoscerla meglio e magari chissà diventare anche amici.” Lei mi sorride, mentre lui sconfitto prende il suo vassoio e si siede proprio difronte a me, e prende a fissarmi con odio. Mi sento a disagio, così prendo il mio pacchetto di sigarette e mi congedo con un “Vado fuori a fumare.”
E’ passato un mese da quel giorno. Io e Juliette siamo diventate migliori amiche, con quei suoi capelli biondi e gli occhi azzurri è un’esplosione di allegria e pazzia. Anche il rapporto tra me e James è migliorato, abbiamo fatto pace e ricominciato da capo. Ora siamo quasi tutti i pomeriggi insieme io, lui, Juliette e Erik. Si sono messi insieme due settimane fa. Sono stupendi, insieme! A scuola sono stati etichettati come la coppia più bella. Stasera però non li vedo a quei pazzi, perché loro vanno ad una festa, mentre io ho deciso di rimanere a casa con Annika. Mi manca un sacco. Anche se abitiamo insieme, nella stessa casa, abbiamo parlato pochissimo questo mese. Ho un sacco di cose da raccontarle, e credo che anche lei ne abbia molte. Ultimamente la vedo più felice, ed ho notato che ha una sfumatura diversa nei suoi occhi. Sorride sempre. Sembra che brilli di luce propria, quella luce che hai quando sei innamorato, non hai più nessun pensiero per la testa, sprizzi felicità da tutti i pori. Un po’ tempo fa l’avevo provata anch’io quella sensazione. Arrivata a casa Annika, ci mettiamo in pigiama stravaccate sul divano, con una maxi confezione di pop-corn e tutti gli episodi della serie ‘The american horror story’. All’inizio li seguiamo senza neanche staccare per un secondo gli occhi dallo schermo ma poi iniziamo a parlare di tutto quello che ci è successo durante questo mese. Ma come sempre la situazione degenera e iniziando a fare le stupide ci ritroviamo a tirarci i pop-corn e delle cuscinate assurde. Cosicché che il soggiorno diventa un campo di battaglia. Ridiamo così tanto da farci venire i lacrimoni e i crampi allo stomaco. Non mi sento così bene da tanto tempo. Lei è la sorella che ho sempre voluto.  La mattina mi sveglio con urlo spaventoso, e cado dal divano. Mi stiracchio. Dormire sul divano non è stata proprio una genialata. Annika non si è svegliata, com’è possibile?! E’ proprio un caso disperato quella ragazza, potrebbe passarle accanto un treno e lei continuerebbe a dormire come se niente fosse. Spengo la televisione, e vado a preparare la colazione per tutte due. Finito di fare colazione, Annika non si è ancora svegliata, così salgo su a cambiarmi ed esco all’aria aperta, è una bella giornata oggi. Il sole splende su in alto nel cielo, gli uccelli cinguettano e le farfalle volano spensierate. Sento di essere in una fiaba, dove la protagonista vive felice e contenta. Ma se lei continua ad esserlo, a me invece non è dato un attimo di tregua. Pedalo leggera, il vento mi scompiglia i capelli, mi perdo a guardare le nuvole che sembravano batuffoli bianchi di cotone. Mentre immagino di essere quelle nuvole, prendo sotto qualcuno. Possibile che capitino tutte a me? Mi rialzo e corro subito a prestare aiuto all’altra persona. Appena mi avvicino incontro i suoi occhi, quegli occhi che mai avrei pensato di rivedere. Quegli occhi che mi mettevano paura al solo pensiero di avergli puntati su di me. Occhi che mi scaturiscono brividi su tutta la pelle. Mi guardo intorno spaventata. Lui mi afferra per un braccio e mi gira verso di lui. Inizio ad agitarmi, cerco di non guardarlo, è tutto un sogno continuo a ripetermi. Chiudo gli occhi e li riapro, ma lui rimane fermo lì a guardarmi. “Alice, guardami!” Non lo faccio. Ho troppa paura. Spero ancora che tutto questo sia un sogno. Ma lui mi afferra il mento e mi gira la testa, in modo che io lo possa fissare negli occhi. “No, non voglio ascoltarti o guardarti! Lasciami andare ti prego!” Ed ecco che gli occhi si fanno lucidi, le lacrime iniziano a scendere una dietro l’altra, il corpo prende a tremare, il respiro si affanna. No, non qui. Non davanti a lui. Lui non deve sapere. Mi lascia il polso. Indietreggio. E con tutta la forza che ho prendo la bici e inizio a pedalare velocemente verso casa. Che cosa ci fa lui qui? Cosa da vuole da me? Appena arrivo, apro la porta con troppa forza e la richiudo in altrettanto modo. Annika corre spaventata. Mi fissa e capisce tutto. Le crisi di panico superate con tanta fatica, sono tornate con una facilità sorprendente. Ed una di quelle peggiori si sta per manifestare proprio in questo momento. Qualcuno mi afferra, mentre Annika mi ripete di inspirare ed espirare. Quel qualcuno mi culla e mi ripete “Andrà tutto bene, ci siamo noi Ali!”. Mi lascio calmare da queste parole che diventano una specie di cantilena e pian piano mi addormento tra le braccia di quel qualcuno, che mi fanno sentire protetta. Mi sveglio, e mi ritrovo abbracciata ad… James? Si, è proprio lui. Mi giro verso di lui, e inizio ad accarezzargli i capelli. Adoro passare le mie dita tra i suoi ricci. Sono così soffici. E penso che piaccia anche a lui, sta sorridendo. Smetto subito, e le mie guance diventano rosse immediatamente. “No, ti prego continua. E se vuoi dirmi anche cos’è successo prima, io felice di ascoltarti.” Lo guardo sorridendo. Poi mi ritorna in mente che è stato lui a calmarmi, mai nessuno era riuscito a farlo in così poco tempo. Allora mi viete lecito fargli una domanda. “Com’è hai fatto a gestire la situazione in quel modo? E soprattutto in così poco tempo?”. Lui sorride. “Ho i miei segreti.” Lascio perdere, tanto quando si intestardisce è peggio di me. Mi sistemo con la testa appoggiata sul suo petto ed inizio a raccontargli. “Sono la ragazza dalla felpa enorme, di capelli sfatti, dalla riga d’eyeliner troppo spessa. Sono la ragazza che parla veloce per paura di non riuscire a dire tutto quello che vuole, la ragazza che fa la forte però poi se la guardi troppo negli occhi arrossisce e abbassa la testa, mangiucchiandosi le unghie. Sono la ragazza che non lega quasi mai i capelli perché vorrebbe dire scoprire troppo il viso, quella che aspetta tutta la vita una possibilità per essere felice e poi, quando arriva, non se ne rendo conto e se la fa scappare. Sono la ragazza che non piace mai a prima vista, che ha sempre qualcosa che non va, che sorride anche quando sente le lacrime uscire. Quella che fa sempre casino. Quella che resta anche se c’è solo a andar via. Quella che ama sempre troppo e sempre la persona sbagliata…” inizio a raccontargli di tutto quello che mi è successo nel passato, le lacrime amare accompagnano le parole come se fossero fatte per uscire insieme. Finisco con il raccontargli anche quello che è successo oggi, della paura che provo anche solo nel pensare che lui possa avvicinarsi ancora a me. lui non dice niente, ma mi abbraccia stretta stretta a se, e mi bacia la fronte. Passiamo il pomeriggio così abbracciati nel letto, in silenzio, perché le parole non sarebbero mai abbastanza.
Sono passate tre settimane e dal quel giorno esco sempre di casa accompagnata da James o da Annika. Lui si è presentato a casa mia, due o tre volte, ma ha sempre aperto Annika. Non l’ho più visto, e mi va benissimo così. Passo tutti i pomeriggi in compagnia di James, ormai non ci sono più segreti tra di noi. Juliette è troppo impegnata con Erik, e non la sento da un po’, ma non le do colpe, sono felice per lei. Mi vibra il cellulare, lo sblocco e c’è un messaggio. “Ho bisogno di parlarti. James xx”. Oddio ora cosa sarà successo? Gli mando un messaggio chiedendogli l’ora e il luogo. Poi torno a fissare il soffitto bianco della mia camera. Lo dovrei pitturare o decorare, come il resto delle pareti dopotutto. Persa tra i miei pensieri si fanno le quattro. Le quattro? Mi alzo di scatto, prendo cellulare e giacchetto e aspetto seduta sul divano che arrivi James per parlarmi.  Suona il campanello e corro ad aprire. James mi sorride, mi bacia la fronte e mi fa segno di seguirlo nella macchina. Durante il tragitto c’è silenzio, io ho paura di quello che vuole dirmi, mentre lui è perso a pensare a non so cosa. Arriviamo in un parco e ci sediamo su una panchina. Lui mi fissa dolcemente, mi prende le mani. “ Tu mi hai detto che sei triste, e che hai perso la tua strada, mi hai detto che le lacrime sul tuo viso non se ne andranno facilmente, ma io so che ti stai solo nascondendo e io ho solo bisogno di vederti. Mi hai detto anche che sei ferita e che provi dolore, e ti giuro che posso vederlo da qui, stai tremando anche adesso, ma io voglio solo vederti sorridere di nuovo. Ogni volta che proverai dolore io sarò qui, affianco a te, per te. E ti stringerò  così forte che spero solo che il tuo cuore sia forte abbastanza. Io spero di portarti fino alle stelle. Io non ti lascerei mai cadere spezzandoti il cuore e se vuoi piangere o cadere a pezzi, io sarò qui per proteggerti. Mi hai detto anche che hai sentito dentro di te che tutto questo potrebbe essere inutile, ma io vedo che il tuo cuore può amare ancora, e io voglio amarti. Tu non ti devi preoccupare, vedrai che è semplice amare. In fondo, io so che tu vuoi essere amata.” Mi inchioda con i suoi occhi verde smeraldo. Sorrido con le lacrime agli occhi. Lui ha scelto me. Preferisce un giocattolo rotto, che sa che non tornerà più a funzionare come prima, ma a lui non interessa. Prendo la rincorsa e gli salto addosso abbracciandolo. Cadiamo tutti e due a terra. Io sopra di lui. Le nostre facce a un millimetro l’uno dall’altra. Io arrossisco, lui sorride, e mi bacia. Nel momento in cui le nostre labbra si incontrano, sento i nostri due mondi entrare in collisione, come due ghiacciai, ma invece di distruggersi a vicenda, si plasmano, si modellano, l’uno in funzione dell’altro. Diventano una cosa sola. Il mio cuore fa una capriola. E sento le famose farfalle allo stomaco, ma le mie più che farfalle sono rinoceronti che corrono all’impazzata. Nel momento in cui ci stacchiamo, sento che anch’io provo qualcosa di forte per lui. Non so bene cos’è. mi chiedo se è giusto o sbagliato quello che sto per fare. Dovrò buttarmi a capofitto? Non voglio essere paranoica, odio fasciarmi la testa prima di rompermela. In quel momento sento una voce nuova nella mia mente, la voce del mio cuore che mi dice ‘ Ehi, va tutto bene, questo ti fa sentire viva?’ Si! ‘ Beh allora non guardare indietro, vivi la tua vita!’. Durante questo pensiero ci siamo alzati, lui ha intrecciato le sue dite con le mie. Ed in quel momento ho capito di aver trovato la pace con me stessa e il mio posto nel mondo, perché noi siamo come rondini, voliamo persi nel cielo alla ricerca di un posto adatto a noi, un posto che sia nostro, dove possiamo trovare pace e serenità.

Ciao a tutte!
Per prima cosa, questo storia l'ho inventata io, anche se a me non sembra poi così originale ma va be.
La dovrei spedire massimo domani per un concorso e volevo il vostro parere, perchè quello degli amici è sempre 'è bella' 'è carina', blabla, e non so mai se sia la verità!
Quindi mi fareste un grossissimo piacere! :))
Ps: passate a leggere anche le altre mie Fanfiction! Grazie mille a tutte in anticipo! :) <3
  
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