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Autore: Liberty89    07/03/2014    3 recensioni
Infine, con la paura e l'ansia che banchettavano nei loro cuori come ingordi diavoli delle roventi cerchie infernali, custodi e Ritornanti, affiancati dal mago di corte e il capitano dei cavalieri, erano giunti di fronte a ciò che restava della gloriosa e candida sede degli antichi sovrani del Regno della Luce. La Sacra Reggia, imponente e incontenibile in un singolo sguardo, si mostrò nera e silenziosa, come una triste vedova abbandonata al suo dolore e alla sua solitudine. Soggetto di quella cupa e vecchia fotografia smangiata agli angoli, che non rappresentava più la realtà, l'edificio era reso ancor più inquietante dai freddi raggi della luna a forma di cuore, che sovrastava quella briciola di universo come un'indifferente dea, che con eterna pazienza attende il momento in cui le creature sotto di lei si saranno distrutte a vicenda, riportando tutto alla pace originale.
Tratto dalla fic, capitolo ancora da scrivere.
Seguito della fic "Sclero di una notte di mezza estate".
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sclero di una notte di mezza estate'
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Buongiorno (?) cari figliuoli! Sono sopravvissuta al buco nero della sessione d'esami e sono anche riuscita a finire il capitolo nuovo ù.ù Che dire? È un capitolo... lungo -ma nemmeno tanto, però a me sembra immenso, boh- e pienotto. Nella scena iniziale ci saranno le strofe in greco della canzone di sottofondo, ma non temete, in fondo troverete la traduzione in inglese :3 Non so cos'altro raccontarvi a questo punto, quindi ci rivediamo giù ù.ù Buona lettura!!!


Capitolo V: Spine sulla tomba

Akiko Shikata - Terpsichora

Quando il martello si abbatté sul bastone ebbe inizio la forgiatura. Sotto gli occhi preoccupati e al contempo incuriositi di Demyx prese il via un miracolo intriso di magia.
Tutt’attorno alla figura della ferraia spruzzarono scintille multicolori, che rimbalzarono sul terreno annerito come perle cadute da un barattolo, per poi spegnersi senza lasciare traccia del loro passaggio. La donna teneva gli occhi fissi sul suo lavoro, la mancina serrata sul manico dello strumento che cadeva a un ritmo costante e sempre con la stessa forza, e la mano destra stretta attorno al legno bianco, che aveva iniziato a brillare di luce propria, quasi fosse vivo e stesse rispondendo ai colpi ricevuti. A un tratto, Ashirae si fermò, posò il martello e frugò alla cieca nella borsa che conteneva i materiali, pescando con sicurezza una liscia pietra blu striata di scarlatto e la frantumò nel proprio pugno, lasciando che i pezzi si sparpagliassero sul tavolo. Riprese il proprio attrezzo e ricominciò a bersagliare il bastone, mentre mormorava quella che sembrava una filastrocca in una lingua sconosciuta alle orecchie del Ritornante.

Παίξε όμορφους ήχους με τη λύρα.
Εξύμνησε τον χορό της φλόγας. Τον ρυθμό της ψυχής.
Τραγούδα για τα παθιασμένα αισθήματα. Τις μυστικές ευχές.

Ύφανε τον ήχο, την επαναλαμβανόμενη προσευχή. Τραγούδι, γίνε ένα μεγάλο κύμα.
Κοίτα προς τον ουρανό, με ευλύγιοτα χέρια, πάρτα όλα οτον κόσμο.

Τα πόδια που πατάνε το χώμα είναι γεμάτα ζωή.
Ω, φανταχτερά ρουχα, που χορεύουν τρελά πιο όμορφα από πεταλούδες.*

All’ennesimo colpo ricevuto, il futuro scettro emise una vibrazione, simile a quella di una campanella, come se volesse rispondere alla voce della strega, e lo stesso capitò al fuoco della fucina, che s’ingrossò e crepitò con maggiore intensità, illuminando ancora di più l’interno di quell’antro, come se volesse cantare con la sua padrona. La filastrocca pronunciata quasi con dolcezza dalla voce della donna divenne una persistente litania, una strana ninnananna che invece di far addormentare aveva lo scopo di svegliare, accompagnata dal suono prodotto dal bastone, che dopo il decimo contatto con la testa del martello, vibrò con più vigore e chiamò letteralmente a sé i frammenti della pietra che era stata rotta poco prima. Come se fossero pezzi di metallo in prossimità di una calamita, le parti di quel misterioso materiale si mossero strisciando in direzione del legno, che li assorbì uno a uno, fino all’ultima briciola. Il bianco divenne blu e su tutta la superficie del bastone si aprì una frastagliata spirale rossa, come una lunga cicatrice.
Senza frenare mai il canto, la strega posò ancora il suo strumento e la sua mano si mosse, cercando il fagotto contenente i frammenti dello scettro andato distrutto. Prese una manciata di schegge, come un ciuffo di fili d’erba, e li lasciò cadere sull’oggetto in via di forgiatura. Non appena entrarono in contatto, le parti blu del bastone generarono delle increspature, come quelle che scuotono uno stagno al cadere delle foglie in autunno, dopodiché inghiottirono quei frammenti lignei, nutrendosi della loro essenza. Toccò poi alla cima del vecchio scettro, rimasta miracolosamente integra a parte per qualche banale graffio. Ashirae la accolse tra le mani chiuse a coppa, quasi avesse a che fare con un delicato pulcino, e vi soffiò sopra, mentre ancora pronunciava le parole di quella mistica canzone. La forma del cappello da mago brillò di un liquido viola e si lasciò schiacciare dalla stretta di quelle dita leonine, che la modellarono finché non fu abbastanza morbida da poter essere letteralmente spremuta. Un denso liquido violaceo colò dalla fessura buia che stava tra i palmi della ferraia e impattò col bastone, spargendosi in modo omogeneo su di esso, abbracciandolo e coprendolo fino all’ultimo centimetro della sua superficie. Senza perdere tempo, Ashirae riprese il martello dalla punta rotonda e diede due colpi in rapida successione, dopodiché ruotò il futuro scettro e ripeté il gesto, compiendo il medesimo processo altre tre volte, continuando a girarlo finché non riebbe davanti la prima zona su cui aveva lavorato. L’area in blu brillò ancora per qualche secondo, poi si spense leggermente, come se si fosse assopita, e fu il turno della spirale rossa di risplendere come una fiamma viva che non vede l’ora di essere saziata.
A quel punto, la donna si fermò di nuovo e si girò verso il mago che le aveva commissionato quel folle lavoro. Solo in quel momento il Notturno Melodico si rese conto di essersi completamente dimenticato dell’amico e del pugnale che aveva tra le dita. Quando si voltò verso di lui emise un suono strozzato di paura e si portò una mano al cuore.
Mentre Ashirae sferrava il primo colpo di martello, Paperino aveva rivolto la lama ondulata verso il proprio polso sinistro e con fredda sicurezza si era provocato una ferita lunga, sottile e profonda. Le candide piume dell’incantatore si erano macchiate di rosso e qualcuna era caduta nella scodella insieme al sangue, di cui nessuna goccia era andata persa, nemmeno la prima.
Il mago aveva chiuso gli occhi per concentrarsi sul proprio respiro e il battito del cuore, per mantenerli lenti e costanti. Nulla doveva distrarlo, perciò si era chiuso in se stesso ed era sceso così in profondità nel proprio essere da non sentire nemmeno i forti colpi del martello dalla testa rotonda, ma udì benissimo le parole recitate dalla ferraia. Erano parole magiche, colme del potere della vita e della rinascita e non poteva non ascoltarle.
La strega lo guardò con indifferenza apparente perché in realtà era impressionata. Già una volta, quando si era presentato per la forgiatura del primo scettro, quel papero si era dimostrato determinato e terribilmente testardo, ma anche incredibilmente orgoglioso.

-Ti ho detto di no! Non forgerò mai uno scettro per te!- urlò esasperata la ferraia.
-Ma ti ho portato i materiali, che altro vuoi?!- sbraitò Paperino, indicando la borsa posata accanto ai suoi piedi.
-Non forgerò uno scettro per vederti agitarlo inutilmente al vento, ne farai a meno!- replicò la donna, girandosi per rientrare nella sua caverna, poiché per lei il discorso era chiuso lì.
-Non posso farne a meno! Se voglio diventare un vero mago ho bisogno di uno scettro!- insisté l’apprendista, che s’infuriò quando vide che l’altra non lo stava più a sentire. -Ehi! Mi stai ascoltando brutta racchia?!-
Ashirae si fermò sulla soglia della propria dimora, le orecchie tese e la coda guizzante, poi si voltò e i suoi occhi rossi sembrarono brillare.
-Come osi rivolgerti a me con quel tono, piccolo impudente?!- ruggì, tornandogli vicino con uno scatto e chinandosi su di lui con le zanne sguainate. -Potresti diventare il mio pranzo in pochi secondi, stupido papero. Ti conviene andartene finché hai ancora le zampe per farlo.- sibilò, prima di prenderlo per la collottola e sollevarlo, come se non pesasse niente, poi gli diede un calcio dritto nel didietro, buttandolo definitivamente fuori da casa sua. -Vattene e non farti più rivedere!-
Paperino atterrò malamente sul prato antistante la montagna e ci mise qualche minuto a mettersi seduto. Si massaggiò il fondoschiena dolorante e puntò le ardenti iridi scure sull’entrata della grotta.
-Eh no! Dannata strega, io non mi arrendo!- esclamò, tirandosi in piedi e raccogliendo i materiali e il berretto, per poi cacciarselo in testa. -Ho detto al mio maestro che sarei tornato con uno scettro e non me ne vado da qui a mani vuote!- aggiunse, dirigendosi a passo di marcia verso l’antro della ferraia.
Non si preoccupò di muoversi silenziosamente, poiché il suo intento era l’esatto contrario, e fece in modo che il suo arrivo risuonasse forte e chiaro sulle pareti di pietra. Giunse nuovamente nell’area della fucina e trovò la donna impegnata con un’ascia bipenne.
-Mi sembrava di averti detto di andartene.- esordì algida.
-Io non me ne vado.- dichiarò, sedendosi per terra e incrociando le ali al petto. -Non mi muoverò da qui finché non ti deciderai a forgiarmi lo scettro che mi permetterà di diventare un grande mago.-
-Per me puoi stare lì finché non diventi una mummia, non forgerò nulla per un papero stupido e indisponente come te.- affermò ancora Ashirae, riprendendo il lavoro sull’ascia. -Hai portato all’esasperazione anche il tuo maestro per farti prendere come allievo?-
L’apprendista s’indispettì. -No, il maestro mi ha preso con sé perché ha visto il mio talento.-
-Tsk, arrogante.-
-Befana.-
-Vedi di stancarti di star seduto lì perché comincio a non sopportarti.- lo avvertì senza guardarlo.
-La cosa è assolutamente reciproca. Comunque io da qui non mi muovo.-
E così fu. Paperino rimase seduto nell’antro della strega Ashirae per tre giorni, senza chiedere nulla alla padrona di casa. Razionò le proprie scorte per farle durare una settimana e non si arrese per nessuna ragione al mondo. Osservò con attenzione e curiosità la forgiatura di diversi oggetti, magici e non, che passavano dalla più pesante delle spade al più piccolo e leggero dei gioielli.
Infine, al sorgere della luna del terzo giorno, la donna puntò gli occhi scarlatti sul mago apprendista, trovandolo beatamente assopito.
-Tsk, ma guarda te…- mormorò, avvicinandosi e scuotendolo con un piede fino a buttarlo per terra. -Ehi, svegliati. Ho detto di svegliarti stupido papero, non farmi perdere altro tempo.-
Paperino borbottò qualcosa sul fatto che ci fosse modo e modo di rivolgersi alle persone, ma si mise in piedi e affrontò la ferraia senza mai vacillare.
-Quindi vuoi uno scettro per diventare un grande mago.- riassunse. -Vedi di mantenere questa promessa e di sparire per sempre dalla mia vista, chiaro?-
-Stai tranquilla, ti dimostrerò di essere degno dello scettro che mi darai e non sarò tanto pazzo da tornare qui. Se lo farò, vorrà dire che sarò disperato o in punto di morte.-
-Allora vedi di morire altrove, così mi risparmierai di ritrovarmi di nuovo il tuo becco in casa mia.- asserì lei, prendendo i materiali e tornando al tavolo dove teneva gli strumenti. -Vediamo un po’ cosa esce fuori e vedi di non lamentarti se il risultato non ti piace.-
-Non devi preoccupartene, questa possibilità non esiste.-
-Molto bene.- concluse Ashirae per poi concentrarsi sul suo lavoro.

Dopo essersi pulita rapidamente le mani con un canovaccio, la ferraia aprì un largo cassetto posto sotto il tavolo e recuperò una lunga striscia di bende candide, dopodiché si avvicinò al mago, levandogli il pugnale dalle dita e premendo la striscia di stoffa sulla ferita.
-Basta così stupido papero, o finisce che mi muori per davvero. E sai bene che non sopporto le seccature.- borbottò, prima di rivolgersi a Demyx. -Ragazzo, vieni qui muoviti.-
Il biondo scattò immediatamente, quasi l’avessero fulminato, pronto a eseguire gli ordini della donna.
-Tieni premuto forte e fai una fasciatura stretta, senza bloccargli la circolazione mi raccomando.- istruì, raccogliendo la ciotola dal grembo del pilota semicosciente e allontanandosi per tornare al lavoro.
Sollevò il pugnale e lo portò all’altezza dei propri occhi, scarlatti come le gocce che ne macchiavano la lama ondulata. Ne annusò l’odore, poi le leccò via, inebriandosi con il sapore ferroso e dolce del sangue, giudicandolo un buon ingrediente, e concludendo che tutta quella fatica non si era rivelata uno spreco di tempo.
-Quando hai finito, prendilo e attraversa il passaggio che c’è accanto al fuoco.- disse, indicando uno stretto varco nella roccia che gli occhi del Ritornante non avevano notato al loro arrivo. -Dagli da bere e da mangiare, se ne ha voglia, e poi lascialo riposare.- terminò, e senza aspettare una risposta, riprese a mormorare quella magica filastrocca.
Posata l’arma rituale, Ashirae tornò davanti al bastone e lo sfiorò appena con i polpastrelli, per poi rovesciarci sopra l’intero contenuto della scodella.
Come se fosse guidato da dita invisibili, il sangue tracciò un percorso tortuoso nell’aria e solo dopo si decise a cadere sullo scettro, riversandosi nella spirale rossa, evitando accuratamente di uscirne. Quando anche l’ultima goccia svanì nel bastone, questo s’illuminò di una cupa luce cremisi che si diffuse per l’intero antro, sovrastando persino il riverbero del fuoco della fucina, come una fitta nube temporalesca che copre il cielo, mutando il giorno in notte.
Il Ritornante osservò quel magico fenomeno con occhi grandi e intimoriti, mentre prendeva l’amico tra le braccia per fare come gli era stato detto. Si riebbe solo quando udì il picchiare del martello dalla testa rotonda, che a ogni suo colpo provocava un lampo in tutto quel rosso. Deglutì e si mosse piano, stando attento a non fare rumore, per paura di disturbare la strega e il suo lavoro. Con pochi e rapidi passi svanì oltre lo stretto varco nella roccia e si disse che non sarebbe tornato indietro finché Ashirae non fosse andata a chiamarlo.

***
Adrian Von Ziegler - Relaxing Fantasy Music - Remembrance

Finalmente l'aveva trovata. In mezzo a tutto quel buio, aveva trovato una luce. In mezzo a tutta quella solitudine, quella fredda solitudine che sembrava corroderla come acido, aveva trovato un'amica.
Fu strano per lei, vederla avvicinarsi e parlarle normalmente. Non erano neanche compagne di classe, cosa poteva averla portata fino a lei? Non volle farsi troppe domande, perché le piaceva. Era una bella sensazione, chiacchierare con qualcuno senza che la schernisse o giudicasse. Era da tanto tempo che non accadeva e si sentì impacciata e inadeguata, ma mai l'amica le fece pesare quel dettaglio, anzi. Le donò sorrisi, tanti, tantissimi sorrisi.
Jessie, però, comprese di essersi rilassata troppo, perché in un attimo, una mattina come tante altre, era stata spinta via. Qualcuno ben più grosso e forte di lei l'aveva buttata a terra, sulle foglie secche e polverose, allontanandola da quella piccola luce e portandosela via.
-No!- urlò la ragazzina, tentando di alzarsi. -Perché?! Cosa ti ho fatto?!-
-E lo chiedi pure?- replicò la ragazza altissima che l'aveva fatta cadere, riservandole un ghigno terribile. -Perché Andrea dovrebbe perdere tempo con una come te?- rise e se ne andò, trascinando con sé quella luce appena trovata.
-No!- ripeté Jessie, tornando in piedi e correndo dietro alle due. -Andrea! No!-
-Je…- pigolò lei, incapace di sciogliere la stretta di quella mano sul proprio polso, prima di essere nascosta da altre ragazze della sua classe.
Metteva sempre un piedi avanti all'altro, andando più veloce che poté e abbandonando la cartella pesante, per cercare di raggiungerle e riprendersi ciò che le era stato strappato via, ma non ci arrivò. Inciampò e cadde, ritrovandosi di nuovo su quelle foglie morte, guardando un'altra volta la stessa scena. E fece male.

Con gli occhi ciechi sgranati e pieni di orrore e le mani ai lati del capo, Jessie guardava dritto davanti a sé, fallendo miseramente nel tentativo di cacciare quel ricordo dalla sua mente. Accanto a lei, il custode dell’Alba stava dando in ogni modo il proprio sostegno, cercando di tenere la compagna concentrata sul presente.
-Non se ne va… Non smette. Smettila!- urlò lei, serrando gli occhi e piegandosi su se stessa.
-Jessie ascolta la mia voce, concentrati sulla mia voce, ok?- disse lui, abbracciandola.
-Non ci riesco, Riku! Non ci riesco!- replicò lei, ansante, scuotendo la testa per tentare di dissipare quella fitta nebbia di immagini e suoni, che continuava a ripetersi ancora e ancora nella sua mente.
-Invece puoi- esordì il ragazzo, interrompendosi quando vide la porta della cabina aprirsi e Axel fermo sulla soglia, che guardava la scena interdetto.
-Cosa succede…?- chiese, avanzando di un passo.
-È un attacco dell’Emissario.- spiegò brevemente l’argenteo, per poi tornare a dedicarsi alla compagna. -Avanti Jessie, puoi farcela, concentrati.-
Preso un tremante respiro, la castana annuì e immaginò se stessa davanti al muro dei ricordi, armata di entrambi i keyblade, pronta per farlo a pezzi, per liberarsi proprio come aveva fatto la prima volta. Tuttavia, la risata gelida e schernitrice della ragazza con i capelli blu la distrasse e quell’attimo bastò per schiacciarla a terra sul pavimento nero, e per permettere alla scena di circondarla e chiuderla in un cilindro che scorreva lentamente, mostrandole più e più volte quel triste frammento di memoria.
La ragazza singhiozzò, distrutta. -Non smette, non ce la faccio… Mi fa male…-
-Non arrenderti, prova ancora!- insistette Riku, ottenendo però un ampio cenno negativo.
-Je!- chiamò all’improvviso una voce femminile.
-…Andrea?- chiese la keyblader, titubante.
-Sì Je! Sono io!- esclamò lei mentre lasciava a terra la borsa che teneva appesa alla spalla e scostava il rosso dalla porta per correre al fianco dell’amica. -Che succede? Axel non ha voluto dirmi niente, che ti è- si bloccò e trattenne il respiro, agghiacciata, quando vide gli occhi sbiaditi dell’altra. -Je…-
Compreso di non stare affrontando un’illusione né uno scherzo di pessimo gusto dell’Emissario, la custode finalmente riuscì a scorgere la luce pallida e calda della ragazza che aveva davanti e vi si aggrappò sia mentalmente che fisicamente, portando le mani avanti per cercare di raggiungerla.
-Andrea…- mormorò lei, sussultando quando avvertì una stretta sulle proprie dita. -Ti prego… Non lasciarmi sola…-
-No, no che non ti lascio, Je. Come puoi pensarlo?- chiese in un sussurro senza ottenere risposta, perché la prescelta le si era stretta contro con forza, come se avesse il terrore di vederla sparire.
-Non lasciami sola…- ripeté Jessie tra le lacrime, affondando il viso nella sua spalla. -Non voglio più restare sola, ti prego… Non andare via…-
-Stai tranquilla Je, sono qui.- replicò Andrea, abbracciando l’amica e cullandola in un lento movimento.
Quando avevano sentito la voce della terrestre, Sora e Kairi si erano precipitati alla cabina della compagna per capire cosa stesse accadendo. Osservarono tutta la scena con occhi larghi, dapprima confusi dalle parole pronunciate dalla castana, ma poi capirono. Iniziarono a capire, almeno in parte, le parole di Inuyasha e la conferma di Riku, che ora guardava la custode con sguardo malinconico e impotente.
Il Ritornante invece era più che mai stordito da ciò che aveva visto, quindi si voltò in direzione del prescelto del Giorno, sorprendendosi nel trovarlo tanto calmo nonostante la situazione e la tensione che aleggiava nella stanza.
Sora emise un lungo sospiro. -È stato l’Emissario?- chiese all’argenteo che annuì, mentre la principessa si faceva avanti, inginocchiandosi al fianco della compagna.
-L’Emissario…?- ripeté Andrea non capendo di chi o cosa stessero parlando.
-Qui ci pensiamo noi.- disse Kairi, puntando le iridi blu in quelle acquamarina dell’amico. -Il Re dice che il prossimo mondo è vicino. Voi ragazzi andate di là, io spiegherò ad Andrea cos’è successo di recente…-
-D’accordo…- sospirò Riku a malincuore, lasciando un’ultima carezza sulla nuca di Jessie prima di alzarsi e raggiungere i compagni, dopodiché uscirono chiudendosi la porta alle spalle.
-Avrò fatto bene a portare Andrea qui?- sospirò il numero VIII, passandosi una mano tra le ciocche rosse.
-Sono convinto che sia stata una mossa saggia.- rispose il custode dell’Alba, incamminandosi lungo il corridoio. -Lei è la sola a sapere con certezza ciò che Jessie è costretta a vedere, forse sarà in grado di aiutarla meglio di noi.-
-E forse sarà capace di convincerla a confidarsi con noi.- intervenne Sora, riflettendo.
-Speriamo bene…- sospirò Axel, seguendo gli amici fino alla sala comandi.

-Allora Je… va meglio adesso?-
La keyblader annuì, allontanando il viso dalla spalla dell’amica, ma tenendolo basso per non mostrarle gli occhi. -Scusa…-
-Per cosa?-
-L’ultima cosa che volevo era farmi vedere in queste condizioni… Purtroppo però-
-Non pensarci.- la zittì Andrea. -Non è di certo colpa tua se è successo… Beh…- incerta, la ragazza si voltò verso la principessa della Luce. -Cos’è successo di preciso…?- chiese imbarazzata, causando una risatina della coetanea. -Non ridere! Axel è venuto da me un paio di volte in questi giorni, ma non ha voluto dirmi che cosa stavate combinando né dove eravate, s’è limitato a dirmi che non poteva raggiungervi. Poi s’è presentato poco fa dicendo che avevi bisogno di un cambio di vestiti, arrivo qui e trovo il caos…- sbuffò. -Kairi, per favore, spiegami tu cosa sta succedendo o rischio di impazzire.-
La rossa ridacchiò un istante per poi farsi seria e raccontare del mondo in cui erano stati nelle ultime due settimane. Narrò del loro primo incontro con Inuyasha e i suoi amici, della notizia della perdita di Xaldin, dello scontro con gli Heartless a forma di ragno e l’arrivo di Marluxia in compagnia di Naraku, e delle conseguenze: la morte di Luxord e, infine, la cecità di Jessie. Parlò con calma, e cercò di non tralasciare nulla tranne un dettaglio. Una sola fu l’informazione che Kairi tenne per sé, come richiesto da Jessie stessa: nessuno ad eccezione di chi era presente nello studio del Maestro Yen Sid, doveva sapere del bambino che la custode portava in grembo. Era stata una decisione che aveva preso in contropiede tutti loro e per un momento avevano pensato che la ragazza volesse chiudersi ancora di più, poi però, avevano ascoltato con pazienza le sue ragioni e le avevano accettate, giurando di non rivelare mai il segreto se non in caso di necessità o reale emergenza. Non voleva essere un peso per i compagni né dare loro motivo di ulteriore preoccupazione, poiché già la perdita della vista le avrebbe dato molti problemi durante una lotta. Se avesse detto loro della gravidanza, probabilmente avrebbero insistito per tenerla al sicuro, impedendole di compiere il suo dovere di custode e questa era l’ultima cosa che voleva. Inoltre, Jessie sapeva che l’Emissario presto o tardi si sarebbe accorto della sua presenza -sempre che non ne fosse a conoscenza da ancora prima che lo scoprisse lei stessa- e voleva evitare di concentrare l’attenzione sul bambino per proteggerlo.
-Quindi… prima cosa stavi vedendo?- domandò Andrea, rivolgendosi all’amica.
-Un… un giorno di quando eravamo alle medie… Sai bene che per me sono stati giorni difficili…- rispose Jessie, facendo attenzione a non riportare alla mente il ricordo che era appena stato scacciato.
L’altra annuì, rammentando solo con un attimo di ritardo che la keyblader non poteva vederla. -Sì, però, ora non pensiamoci!- esclamò subito dopo, battendo i palmi davanti a sé. -Sono venuta qui con uno scopo ben preciso e non intendo mancarlo!- aggiunse prima di scattare in piedi e andare a recuperare la borsa che s’era portata da casa. -Avete un bagno qui dentro?-
-Sì, certo, di là.- si affrettò a rispondere la rossa, sorpresa dall’entusiasmo improvviso della ragazza, mentre indicava la porta accanto a quella per entrare nella cabina.
-Perfetto! Forza Je, è ora di darsi una ripulita e di levarti ‘sta felpa rosa di dosso.- annunciò, prendendo le mani della custode per farla alzare dal letto.
-Ah! Aspetta un attimo!- disse lei quando si ritrovò in piedi, cercando di mantenere l’equilibrio.
-Kairi vieni anche tu, se trovo qualcosa di strano avrò bisogno di una mano per capire come funziona.- asserì Andrea, ignorando quasi del tutto la richiesta della coetanea.
-Ehm, ok…-
-Andrea, aspetta un attimo ho detto! Non ci vedo!- urlò poi, alzando il viso per puntarlo in avanti, dove supponeva si trovasse quello dell’altra.
-Oh, era ora che mi guardassi in faccia.- affermò, fissando le iridi sbiadite, che si allargarono per lo stupore. -Di che ti vergogni?-
-Non lo so…- ammise. -Avevo paura che…-
-Di cosa? Che me ne andassi? Je, ti ho già detto che non ti lascio e che non vado da nessuna parte. Fidati di me, ok? Come hai sempre fatto.-
-…che mi guardassi in modo diverso.- mormorò la custode, abbassando lo sguardo.
-Ti sembra che lo stia facendo?- domandò la terrestre.
-Eh? No, però-
-Però niente.- ribatté. -Non potrei mai fare una cosa del genere. Ti fidi di me?- chiese ancora, ottenendo un assenso. -Perfetto allora! Forza, non abbiamo tempo da perdere.- concluse, tirando l’amica verso di sé per condurla verso il bagno.
La principessa della Luce ridacchiò, portandosi una mano alla bocca, dopodiché guardò le due ragazze con dolcezza e un pizzico di invidia. In pochi secondi, Andrea era riuscita dove tutti loro, persino Riku, stavano continuando a fallire da giorni e l’aveva fatto con una naturalezza che aveva dell’incredibile, ma probabilmente, si disse, era dovuta all’amicizia che le legava così strettamente da tanto tempo.
-Kairi!- chiamò Andrea. -Devo venire a recuperare anche te?!-
-No, no! Arrivo!- rispose immediatamente la rossa, avviandosi. -Forse la sua presenza qui, aiuterà Jessie e fidarsi di più…- pensò poi.

***
Kingdom Hearts Birth By Sleep - Keyblade Graveyard Horizon

Era stato un grido proveniente dall’ala sud giardino del castello a rompere la quiete di quel pomeriggio soleggiato. Solo una persona, però, l’aveva udito. Xemnas abbandonò il colonnato grazie a un varco e riapparve all’esterno, ritrovandosi di fronte alle lapidi dei compagni caduti, alle spalle della Regina e della sua dama di compagnia.
-Che succede?- chiese immediatamente, ma gli bastò alzare lo sguardo per capire.
La tomba di Luxord era completamente avvolta da lunghi rami color smeraldo irti di spine scure, che si stavano inesorabilmente spingendo verso quella accanto.
-Dannazione…- pensò il Superiore, chinandosi sulle donne. -Siete ferite?-
-No, ma c’è mancato poco.- rispose la Regina. -Per fortuna ce ne siamo accorte in tempo e ci siamo fermate.-
Il Ritornante annuì, rialzandosi e facendosi indietro. -Venite, allontaniamoci. Non voglio rischiare di aprire un varco accanto a quella cosa.-
Con passi cauti ma veloci, il trio indietreggiò verso il castello senza mai dare le spalle a quel groviglio di viticci spinosi, che abbracciavano con lascivia le due lapidi, quasi ne fossero gelose e volessero impedire loro di andar via. Una volta raggiunta la parete del bianco maniero, il numero I aprì rapidamente un varco per dirigersi alla sala in cui era custodita la Prima Pietra. Trovò il Burattinaio Mascherato impegnato in una conversazione con Merlino, ma entrambi si zittirono quando videro l’espressione del suo viso, ma soprattutto quella che albergava sui volti delle due donne al suo fianco.
-Cos’è successo?- domandò Zexion con voce neutra, fiutando la paura che sgorgava dal cuore di Paperina come un fiume in piena, ben diversa dal timore calmo della Regina.
-Una pianta di Marluxia è qui.- riferì calmo.
-Questo è impossibile!- esplose il mago. -Con tutte le protezioni che-
-Purtroppo è la verità.- lo interruppe la sovrana del Castello Disney. -Io stessa ho assistito al duro lavoro che avete compiuto negli ultimi giorni, ma a quanto pare le creature dell’Oscurità erano un passo avanti a noi fin dal principio.- disse con solennità, prima di prendere un profondo respiro e comunicare la propria decisione. -Dobbiamo evacuare il castello.-

Poco più di un’ora dopo, l’intero maniero era stato svuotato di tutti i suoi abitanti, che grazie ai varchi dell’Organizzazione, si erano velocemente spostati nella cittadella oltre le mura insieme a Merlino, pronto in ogni momento ad aprire una via di fuga verso un altro mondo, nel caso in cui la Prima Pietra fosse stata intaccata. Gli unici rimasti erano i Ritornanti, e dopo aver chiuso gli alti battenti della Sala delle Udienze, si diressero in giardino. Alla vista di ciò che era accaduto in quel relativamente breve lasso di tempo, Xemnas inorridì e anche i suoi compagni, chi più chi meno, liberò il proprio orrore e la propria sorpresa. La coppia di lapidi quasi non si scorgeva più a causa della fitta rete di rovi che l’aveva circondata e che continuava a ingrandirsi a vista d’occhio, spingendosi verso la cinta muraria e il castello.
Di fronte a quella scena, Xigbar deglutì, non osando minimamente pensare a quanti altri metri di rami irti di spine potevano nascondersi nel terreno, tuttavia, non permise alle emozioni di avere la meglio sul suo cuore e indurì il viso. Avanzò con passi pesanti, per far sì che si sentissero forte e chiaro anche nelle profondità del suolo, liberando l’occhio destro dalla benda, che subito bruciò d’arancio. Infine, superò il proprio leader e puntò l’unica pistola rimastagli contro il nemico che avrebbero affrontato a breve.
-Allora bestiaccia vuoi uscire o no?- domandò algido, fissando il cumulo di rami e spine, che poco dopo si fermò.
I rovi scricchiolarono e frusciarono quando ripresero a muoversi lentamente attorno alla tomba dello Sfidante del Destino, coprendo il morbido rumore della terra che veniva smossa alle spalle della lastra di marmo. Infine, una mano dalle dita lunghe e sottili e la pelle rosea si posò sul bordo della lapide, subito seguita dalla gemella, che ne afferrò il bordo destro, e poi l’intero busto della pianta umana si mostrò ai Ritornanti. La donna racchiusa in una preziosa corona di enormi petali di rosa rossa aveva i capelli lunghi e lisci, a loro volta scarlatti come anche i piccoli petali che le coprivano il petto, celando il seno. Il suo viso era attraversato da un enigmatico sorriso, impossibile da decifrare proprio come i suoi seducenti occhi socchiusi, che erano di un azzurro incredibilmente chiaro, identici a quelli di Luxord.
Il Tiratore Libero indurì lo sguardo e lo puntò in quello della terza creatura partorita dalla mente contorta del Leggiadro Sicario. -Finalmente ti fai vedere.-
Sorprendendo tutti e nove i rappresentati della Luce, la donna si appoggiò con le braccia al freddo marmo e posò con grazia il viso sul palmo sinistro. -Mi hai chiamata e io mi sono mostrata, anche se non m’è piaciuto molto come l’hai fatto. Un nome io ce l’ho: Scarlet.- replicò lei con un sorriso affabile e voce altrettanto gentile, che parevano avere l’unico scopo di prendere in giro il numero II. -Ma non importa. Come ho detto, sono uscita perché mi hai chiamata.-




Ed eccoci giù.
Il finale è stroncato, lo so, ma non ho trovato un'alternativa migliore. Spostare tutta la scena al capitolo seguente avrebbe accorciato questo, continuarla me l'avrebbe fatto allungare di altre due pagine (non scherzo, senza accorgermi sono andata avanti a scrivere e ho scritto una pagina e mezza), quindi ho dovuto fare un taglio drastico. Spero che non vi abbia dato fastidio o altro.
Facciamo il punto della situazione: Ashirae sta forgiando lo scettro al nostro paperotto, Jessie e compagni si preparano a scendere sul prossimo mondo e chissà quale sarà ù.ù, e dalla tomba di Luxord è uscita l'ultima trovata di Marluxia: la femme fatale Scarlet, che si sta dimostrando fin da subito molto diversa dalle sue sorelline. Mi auguro che vi sia piaciuta come il resto del capitolo.
Detto questo mi congedo.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento! See ya!



*Traduzione in inglese della canzone "Terpsichora" di Akiko Shikata

Pluck the strings of your lyre and play a beautiful melody.
Praise the dance of flame. The rhythm of soul.
Sing the passionate feelings. The hidden wishes.

Interweaving sound, continuous prayers. Oh song, turn into a great wave.
Gaze up to the sky, with your gentle arms, embrace everything this world has to offer.

Keep treading on the vast land with those feets filled with strength.
Oh, in those shining clothes, you are dancing as a butterfly, with beauty and madness alike.
  
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