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Autore: FairLady    07/03/2014    6 recensioni
Dal testo.
Era tutto perfettamente programmato: una carriera già avviata come venditore in una grande compagnia nel settore tessile, presto una promozione, grandi viaggi, esperienze che mi avrebbero aiutato a crescere… che mi avrebbero arricchito; magari, prima o poi, una moglie e… chissà! Poi, però, proprio come per l’asfalto su cui sto camminando – compatto, omogeneo, lineare – arriva il colpo che crea la prima spaccatura, e le crepe si diffondono come un’enorme ragnatela che cambia completamente il disegno di ogni cosa. E poi non ci capisci più niente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino a testa bassa, contando mentalmente ogni sassolino. Le crepe indistinte nell’asfalto formano una fitta rete di intrecci che si disperde tutto intorno, facendoti andare insieme la vista. Chissà qual è stato il colpo che ha creato la prima spaccatura?

Sono confuso. Ma non di quella confusione molesta che ti mischia le idee, che ti regala quei mal di testa apocalittici che poi non riesci nemmeno a dormire. E nemmeno di quella che ti urta, rendendoti incazzato con il mondo. La mia è una confusione ebbra… da ubriaco. È un po’ come quando parti per un week end con gli amici e ti disfi il fegato di superalcolici, e quando ti svegli il lunedì mattina non ti ricordi nemmeno di essere partito. Alla “Una Notte da Leoni”, per intenderci.

Fino a nemmeno un’ora fa sapevo bene in che direzione stavo andando, quali sarebbero state le soste da fare e come mi sarei dovuto muovere.

Era tutto perfettamente programmato: una carriera già avviata come venditore in una grande compagnia nel settore tessile, presto una promozione, grandi viaggi, esperienze che mi avrebbero aiutato a crescere… che mi avrebbero arricchito; magari, prima o poi, una moglie e… chissà! Poi, però, proprio come per l’asfalto su cui sto camminando – compatto, omogeneo, lineare – arriva il colpo che crea la prima spaccatura, e le crepe si diffondono come un’enorme ragnatela che cambia completamente il disegno di ogni cosa. E tu non ci capisci più niente.

Il telefono inizia a vibrare nella tasca e mi riscuote dai miei pensieri. Non mi prendo nemmeno la briga di tirarlo fuori: so già chi è. So che può sembrare un comportamento da vigliacco, e, sì, forse un po’ lo sono anche, ma non ho voglia di parlare. Ho solo voglia di riflettere, di camminare a vuoto per la città e cercare di mettere ordine in quel caos che è ora la mia vita. E pensare che sono bastati solo cinque minuti, forse meno.

Il telefono smette di vibrare, ma poco dopo riprende. Inizio a mal sopportare quel rumorino fastidioso e la spiacevole sensazione di solletico sulla coscia. Rifiutare la chiamata e spegnerlo sarebbe esagerato? Forse sì.

Volto l’angolo e vado a sbattere contro qualcuno a cui non mi disturbo neanche di chiedere scusa. I pensieri mi stanno tormentando al tal punto da farmi vagare veramente come un ubriaco in mezzo al traffico? Che poi, cosa c’è da pensare?

 

C’è che tra otto mesi verrà al mondo un piccolo essere che sarà metà di me.
C’è che non ci sarò più soltanto io. C’è che ci sarà qualcun altro per cui sarò responsabile oltre me stesso.
C’è che questo succederà, che io lo voglia o no.

 

Mentre proseguo alzo lo sguardo e mi rendo conto che, senza accorgermene, sono tornato sulla via di casa. Casa. Il mio piccolo, confortevole, angolo di tranquillità. Ho trent’anni, e da quando ne avevo ventuno questo è stato il mio rifugio, il mio nascondiglio. Di quando in quand0 c’è stata qualche donna, certo, ma nessuna di loro si è fermata per più di una notte. Nessuna prima di lei, Lili.

Non avrei mai creduto che esistesse davvero qualcuna che condividesse le mie passioni e, contemporaneamente, le mitigasse; qualcuna in grado di domare il mio carattere a volte troppo duro senza però farmi sentire oppresso; qualcuna che riuscisse a bilanciare il bisogno di spazio e libertà con la sete di compagnia, di vita a due... d’amore. Sì, ho detto amore e, se devo essere onesto non lo avevo mai detto – o pensato, o desiderato – prima.

Da quando ci frequentiamo, Lili e io, ho vissuto tante di quelle prime volte che non riesco nemmeno a contarle. Giusto per fare degli esempi, lei è la prima cui abbia permesso di guidare la mia adorata automobile, e per me è una grandissima prova di fiducia. Certo, ero sbronzo quasi all’incoscienza e, anche volendo, non avrei potuto impedirle di prendere le chiavi dalla mia tasca e accompagnarmi fino a casa, ma quando poi me l’ha raccontato, non ho dato di matto – successivamente, ho solo fatto una radiografia alla carrozzeria per assicurarmi che non avesse smussato qualche angolo del garage.

È la prima donna con cui abbia deciso volontariamente di fare una vacanza. Di solito, le mie estati sono un completo viaggio nella spensieratezza – potrei anche chiamarla incoscienza – più totale. Agosto è sempre stato l’unico periodo dell’anno in cui mi sia mai concesso disordine, sregolatezza e totale divertimento, senza preoccuparmi di orari o programmi. Insomma, spengo tutto – neuroni compresi –, me ne vado in qualche posto caldo a cuocermi al sole, bere, oziare e, beh, portarmi a letto qualche bella donna.

Questo era il mio solito: da quando c’è Lili le mie vacanze sono lei.

Non avrei mai creduto che una cosa del genere fosse possibile, invece, da quando la conosco, ho quasi smesso completamente di desiderare la mia vita di prima. Ogni tanto mi concedo lo spazio di una serata – talvolta di un week end se c’è qualcosa di particolare da festeggiar – per stare con i miei amici, ma mentre sono lì, non desidero altro che tornare a casa sua e farla mia ancora.

Mi vedo migliore quando sono con Lili. I miei spigoli combaciano perfettamente con le sue rotondità, e questo mi fa sentire protetto, giusto. Sereno.

Non lo so davvero se quello che provo è amore, ma se mi domandassero come immagino che sia, risponderei che è essere come sono io quando lei mi è accanto.

E allora perché mi sto facendo tutte queste paranoie? Perché sono praticamente scappato di casa quando mi ha detto di aspettare un bambino? Perché ho spento i suoi occhi felici, infossandomi nelle spalle come un condannato a morte mentre me lo diceva?

Penso a quante volte nell’ultima ora ha provato a chiamarmi e a tutte le volte che non le ho risposto. Per colpa mia si starà torturando, quasi sicuramente piangendo e io me ne sto qui come un coglione a crogiolarmi nei miei pensieri idioti. Prendo il telefono e ci sono venti chiamate perse e un messaggio; prima di chiamarla lo leggo:

«Mizio, lo so che non abbiamo fatto programmi.
So che l’idea di avere un figlio è sempre stata lontana anni luce da noi e che la cosa ti fa paura.
Terrorizza anche me.
Ora però è dietro l’angolo, basta allungare la mano e sarà qui.
Prenditi il tempo che ti serve, NOI ti aspettiamo a casa.
TI AMO.»

 

Sto piangendo come l’idiota che sono. Sto piangendo perché non ho la più pallida idea di cosa abbia fatto di così buono per meritarmi una donna come lei. Anche spezzata in due da quell’imbecille del suo ragazzo riesce ancora a giustificarmi e perdonarmi prima ancora che io stesso sia riuscito a perdonare me stesso.

Entro nella farmacia sotto casa e mi avvicino al reparto bimbi. Ho l’ansia al solo pensiero di ciò che ci aspetta e solo adesso capisco che non è per l’addio alla mia vita da scapolo o il pensiero di non aver più alcuna libertà.

È solo che io non lo so come si fa a fare il padre.

 

 

   
 
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