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Autore: Alley    08/03/2014    8 recensioni
“Non possiamo svaligiare il luna park! Non pensi ai bambini?”
Darcy gli rivolge l’occhiata scettica che si riserva alle domande particolarmente ovvie – e stupide. “Voglio arricchire la mia collezione di peluche, ho un tiratore scelto a mia disposizione per farlo e dovrei pensare ai
bambini?”
L'amicizia non è bella se non è litigarella.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Darcy Lewis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Darcy's world ~ Diario di una fangirl'
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A sua discolpa c’è da dire che questa volta hanno usato le maniere forti. All’improvviso s’è ritrovata con una mano premuta sulla bocca, le braccia immobilizzate dietro la schiena e qualcosa di freddo puntato contro la testa, il tutto condito dalle consuete minacce di rito: “Non muovere un muscolo o sei morta” – come se avesse intenzione di farlo, con la canna di una pistola che quasi le trapassa la tempia -, “Sta zitta o sei morta” – ho la bocca tappata, genio – “Fa’ quello che ti dico o sei morta” eccetera – tutte frasi rigorosamente terminanti in “o sei morta”, comunque.  
 
Beh, almeno s’è fatta rapire in modo dignitoso.
 
Anche questa volta l’hanno legata a una sedia – piccola e scomoda, ovviamente. Saprà con chi prendersela se le verrà un’ernia discale – e anche questa volta hanno contattato i Vendicatori – consegnatevi entro ventiquattro ore o la ragazza morirà. Tutto nella norma, insomma. Non le è molto chiaro il perché i cattivi si ostinino a utilizzare lei – e non mogli, fidanzate e/o figli, come avviene in tutte le serie che guarda in streaming – come esca, ma ormai s’è rassegnata all’idea di dover essere periodicamente sequestrata.
 
Forse potrebbe scrivere un libro, o magari partecipare ad uno di quei talk televisivi in cui gli ospiti raccontano le proprie disgrazie ad una conduttrice fintamente affranta. È probabile che le note poste alla fine del contratto che Coulson le ha fatto firmare vietino roba del genere – voleva leggerle, davvero, ma aveva dimenticato gli occhiali ed erano minuscole, praticamente invisibili -, ma non è detto che allo S.H.I.E.L.D. non facciano strappi alla regola.  
 
Darcy sta facendo congetture sul titolo – “Memorie di una segretaria sfortunata”? No, fa troppo vittima. “Tutte le volte in cui ho sfiorato la morte”? Nemmeno, troppo apocalittico – quando un sibilo acuto fischia ad un millimetro dal suo orecchio e le blocca in un colpo solo pensieri, respiro e battito cardiaco.
 
Un tonfo e poi un grido si levano alle sue spalle, e un attimo dopo Barton salta fuori da un posto imprecisato e atterra davanti a lei. “Vedo che il corso di autodifesa ha dato i suoi frutti.”
 
Darcy è ancora troppo sconvolta per cogliere il sarcasmo e rispondere a tono. “Avresti potuto uccidermi!”
 
“Avrei voluto ucciderti” replica, e Darcy è sicura d’aver fatto qualcosa di terribile nella sua vita precedente, altrimenti non si spiega perché, con tanti agenti a disposizione, abbiano mandato proprio lui a recuperarla “Ma non erano questi gli ordini.”
 
“Non fare mai più una cosa del genere.”
 
Barton si china senza replicare e, con un’espressione a metà tra la noia e il fastidio, comincia a slegarle le caviglie. Darcy detesta essere ignorata. 
 
“Non ti ho mai visto usare una pistola, per quanto ne so potrebbe essere la prima volta che ne impugni una, come faccio a sapere che sai-?”
 
Barton raccoglie la pistola dal pavimento – oddio ora mi ammazza davvero – e senza voltarsi spara due colpi alle sue spalle. I boati la fanno trasalire e sollevare la testa di scatto, giusto in tempo per veder crollare i due tizi che erano appena entrati nella stanza.
 
Deve ammettere – tra sé e sé, s’intende – che non li aveva notati.
 
“Ok, come non detto” ritratta, e cerca di suonare meno impressionata di quanto sia in realtà “Come hai fatto a-?”

“Non è il momento di fare lezioni di tiro” la interrompe Barton, continuando a districare i nodi con il piagnucolio dei rapitori stesi sul pavimento in sottofondo “E comunque non capiresti.”
 
Non ti arrabbiare, Darcy. Ricordati che ti sta salvando la vita
 
“Che ti hanno offerto stavolta? Coupon per McDonald's?”
 
Non.Ti.Arrabbiare.
 
“Caramelle?”
 
Lo scalpiccio che risuona oltre la porta socchiusa reprime la risposta sgarbata che stava per fornire.
 
“Fatto.”
 
Finalmente libera, Darcy si alza e lancia un’occhiata preoccupata all’uscio, oltre cui il calpestio si fa più rumoroso.
 
“Andiamo, prima che arrivino i rinforzi.”
 
*
 
“Sei sicuro di sapere da che parte dobbiamo andare?”
 
Non vuole mettergli pressione, ma dal momento che continuano a girare a vuoto – con un gruppo di criminali alle calcagna – la domanda le pare lecita.
 
“Certo che sì” risponde Barton e svolta in un corridoio che, Darcy ne è piuttosto sicura, hanno già attraversato almeno tre volte “L’uscita è vicina.”
 
“Hai detto la stessa cosa un’ora fa.”
 
“E tu hai detto che lo spray urticante avrebbe tenuto alla larga i malfattori.”
 
“È quello che mi avevano assicurato al corso di autodifesa.”
 
“Sai, forse tenerlo in borsa non basta, dovresti provare a usarlo.”
 
“Non ne ho avuto il tempo!“ protesta “Sono spuntati dal nulla, mi hanno bloccata e poi puntato una pistola alla testa, mi dici come avrei fatto a infilare la mano nella borsetta e a tirare fuori lo-“
 
Barton si ferma di botto e solleva una mano per zittirla. Darcy tace all’istante e tende l’orecchio, ma non avverte alcun rumore.
 
“Hai sentito qualcosa?” domanda, in un mormorio spaventato, e si volta per assicurarsi che non ci sia nessuno alle sua spalle.  
 
“La tua voce. E mi infastidisce.”
 
NON.TI.ARRABBIARE.
 
Darcy reprime quello che probabilmente sarebbe suonato come un grugnito e Barton riprende a camminare. Lo affianca e, con la coda dell’occhio, scorge sulla sua faccia l’ombra di uno sberleffo.
 
“Ti diverti a spaventarmi?”
 
“Un po’.”
 
“Beh, sappi che non è affatto-”
 
Prima che abbia il tempo di finire, Barton l’afferra per un braccio e la trascina dietro al pilastro più vicino. Un istante dopo uno scoppio rimbomba nell’aria e un proiettile scheggia il marmo della colonna dietro la quale sono acquattati.
 
Forse, oltre a leggere le note a piè di pagina, avrebbe dovuto ponderare meglio i pro e  contro – soprattutto i contro - prima di firmare quel contratto.
 
“Moriremo” farfuglia disperata, mentre un altro colpo esplode alle loro spalle e Barton mette mano alla fondina.
 
“Tu, forse” replica lui, sporgendosi appena oltre la colonna e sparando a sua volta “Io sono sopravvissuto a situazioni ben peggiori.”
 
“Sei molto bravo a confortare la gente, te l’hanno mai detto?”
 
“Preferisci che ti porti fuori di qui sana e salva o che ti rincuori?”
 
Darcy si rannicchia contro il pilastro e si tappa le orecchie con le mani per attutire il fragore dei colpi. Ci sono ancora tantissime cose che desidera fare prima di morire: laurearsi, imparare a pattinare, andare a Disneyland, conquistare un posto tra le scelte…
 
“Cazzo.”
 
Non è un commento rassicurante.
 
“Che succede?”
 
Barton indietreggia e ripone la pistola nella fondina. “Ho finito i proiettili.”
 
“Non ne hai altri?” chiede e lui scuote la testa.
 
“Non pensavo mi sarebbe servita la pistola.”
 
Darcy inspira profondamente, cercando di tenere a bada il panico che la sta invadendo. In fondo è una cosa che nei film succede sempre. I buoni restano sempre senza munizioni. O con i cellulari scarichi. O senza torce e candele quando manca la corrente. Alla fine, però, vincono comunque.
 
Peccato che questa sia la realtà.
 
“L’avevo detto che saremo morti.”
 
Barton dà un’occhiata oltre la colonna e aggrotta la fronte, studiando la situazione. “Aspettami qui.” 
 
“Dividersi non è mai una buona idea” obietta, e lui rotea gli occhi al soffitto.
 
“Non siamo in un film horror.”
 
“Ma-”
 
“Niente ma. Torno subito.”  
 
“Aspetta!” esclama e lo trattiene per un braccio “Sia chiaro, non mi sto preoccupando per te, ma non hai armi, e non sai quanti sono, e-”
 
“Te l'ho già detto, me la sono cavata in circostanze peggiori.”
 
Darcy storce la bocca in una smorfia di disappunto, ma alla fine non può far altro che mollare la presa e acconsentire. “Va bene. Fa’ attenzione.”
 
*
 
Quando si sente picchiettare contro la spalla infila subito la mano nella borsetta. Riesce a tirar fuori la bomboletta, ma prima che possa puntarla contro il viso dell’aggressore quello le artiglia il polso, impedendole di muoversi.
 
“Almeno c’hai provato.”
 
Il sollievo che la investe è così forte che teme di svenire da un momento all’altro.
 
“Andiamo, prima che ne arrivino degli altri” dice Barton, e le prende la mano. Darcy pensa che sia solo per aiutarla a rialzarsi, invece gliela tiene per tutto il tragitto, e lei non trova le parole per dire quanto gliene sia grata.
 
*
 
Quando finalmente raggiungono l’uscita si ritrovano in un parcheggio semi deserto.
 
“Sai guidare?” domanda Barton, adocchiando l’automobile più vicina.
 
“Certo.”
 
“Bene. Ci serve quell’auto.”
 
“Dobbiamo rubarla?”
 
“Prenderla in prestito.”
 
Avanzano fino a raggiungerla e Darcy bussa al finestrino per attirare l’attenzione del conducente. L’uomo si volta verso di lei senza abbassarlo.
 
“Mi scusi” esordisce, alzando la voce per farsi sentire oltre il vetro “Sarebbe così gentile da farci usare la sua macchina? So che è una richiesta folle, ma le assicuro che si tratta di un’emerge-”
 
Senza nemmeno lasciarle il tempo di finire, l’uomo apre freneticamente la portiera e scappa a gambe levate.
 
“Wow, non credevo di essere così persuasiva” osserva, compiaciuta, ma quando vede Barton riporre la pistola nella fondina capisce che il merito non è delle sue doti oratorie.
 
“Ti sembra il momento di mettersi a fare cerimonie?”
 
“Volevo solo essere gentile!”
 
Barton si trattiene dal dire qualcosa che di sicuro non era un complimento e si sistema al posto del passeggero. “Sali.”
 
*
 
“E questo lo chiami guidare?” le chiede, e Darcy reprime a stento uno sbuffo. Il fatto che due automobili li stiano inseguendo la rende sufficientemente nervosa, non c’è bisogno che ci si metta anche lui con le sue recriminazioni.
 
“Non posso andare più veloce di così!”      
 
“Basta schiacciare il piede sull’acceleratore.”
 
“Se lo faccio, ci schianteremo.”
 
“Mio nonno ti supererebbe senza problemi, e in bici!”
 
“Ho ampiamente infranto i limiti di velocità e sono passata col rosso almeno quattro volte, non ho i soldi per pagare tutte le multe che mi arriveranno a casa!”
 
“Lo dicevo io che era una pessima idea assumerti.”
 
NON.TI.ARRABBIA-
 
“Scusa” dice – ringhia -, ignorando il monito che risuona nella sua testa “ma dal momento che sono una persona normale non ho mai partecipato a rocambolesche fughe in automobile. La cosa più avventurosa che abbia mai fatto prima di lavorare per lo S.H.I.E.L.D. è andare sulle montagne russe al luna park e quando sono stata assunta le uniche credenziali richieste erano ‘senso pratico’ e ‘saper scrivere e leggere’, quindi smettila di lamentarti e-“
 
Si volta appena nella sua direzione, quel tanto che basta per adocchiare  la macchia scura che si spande all’altezza della spalla, macchiandogli la manica. Prima, probabilmente, era troppo spaventata per notarla.  
 
“Stai sanguinando.”
 
“Non è niente, tieni gli occhi sulla strada.”
 
“Stai sanguinando tanto.”
 
“Succede, quando ti sparano.”
 
“Ti hanno sparato?!”
 
“Attenta alla strada!”
 
“Perché non me l’hai detto?!”
 
“Perché eri già abbastanza isterica prima.”
 
Darcy lancia un’occhiata allo specchietto retrovisore e vede le automobili inseguitrici avvicinarsi pericolosamente.
 
“Quando è successo?”
 
“Appena sono arrivato. Per questo ho dovuto lasciare l’arco. La pistola si può usare con una mano sola.”
 
Il rimorso le grava sul cuore come un macigno. “Mi dispiace.”
 
“Non importa” minimizza lui, scrollando le spalle con nonchalance “Stark me ne costruirà un altro.” 
 
“Non parlavo dell’arco. Mi dispiace che ti abbiano sparato per colpa mia.”
 
“Mi sparano molto più spesso di quanto pensi. Ormai non ci faccio nemmeno più caso.”
 
La cosa non riesce a farla sentire meglio, e probabilmente glielo si legge in viso.
 
“Darcy, non fare quella faccia. Sono vivo e sto bene. L’hai detto tu, non sono bravo a consolare la gente, quindi, per favore, smettila di sentirti in colpa e pensa a guidare.”
 
“Va bene” acconsente, sospirando “Scusami, comunque.”
 
“Non c’è bisogno che ti scusi.”
 
“Sì invece” ribatte “Se non mi fossi fatta rapire un’altra volta o avessi imparato qualcosa a quello stupido corso di autodifesa non sarebbe successo. E se sapessi almeno guidare in maniera decente riuscirei a seminare quelle automo- Ehi, che fine hanno fatto?”
 
Al posto delle auto scure che li pedinavano fino a un attimo prima, una Corvette rossa procede placidamente a qualche metro di distanza.
 
*

Crolla anche l’ultima lattina e Darcy arraffa l’ennesimo peluche.
 
“Non posso crederci” sbuffa Clint, poggiando la pistola sul bancone.
 
“Nemmeno io!” esclama lei, entusiasta, riponendo il gattino di pezza nel carrello – sapeva che una borsa non sarebbe bastata a trasportare il bottino. “Non ho mai vinto tanti pupazzi in vita mia!”
 
“Non posso credere che tu m’abbia costretto a fare una cosa del genere, intendevo.”
 
Darcy lo ignora, tira fuori il portafoglio e fa per pagare un altro giro con i soldi che Jane le ha dato in prestito – in realtà li ha presi in prestito senza che Jane lo sapesse ma, ehi, a qualcosa dovranno pur servire le amiche. “Mi dispiace, signorina, ma avete già vinto tutti i peluche.”
 
Darcy guarda gli scaffali vuoti con una smorfia di disappunto, poi lo afferra per un braccio e lo trascina al chioschetto adiacente.
 
“Non se ne parla nemmeno!” protesta lui, piantando i piedi. Il broncio che Darcy sfoggia non ha nulla da invidiare a quello che la bambina a pochi passi da loro sta esibendo – per Clint, il fatto che le due abbiano almeno quindici anni di differenza non è un dettaglio trascurabile. “Non possiamo svaligiare il luna park! Non pensi ai bambini?”
 
Darcy gli rivolge l’occhiata scettica che si riserva alle domande particolarmente ovvie – e stupide. “Voglio arricchire la mia collezione di peluche, ho un tiratore scelto a mia disposizione per farlo e dovrei pensare ai bambini?”
 
Clint non vede via di scampo.
 
 “Avrei dovuto lasciarti morire.”
 
*
 
“È stato terribile.”
 
“Bugiardo. So che ti sei divertito.”
 
“Oh sì, sparare a delle lattine con una pistola giocattolo è davvero uno spasso.”  
 
“Quando il bambino ti ha chiesto l’autografo eri compiaciuto” ribatte Darcy, spingendo il carrello traboccante di peluche. Purtroppo s’è fatto l’orario di chiusura e sono stati costretti a lasciare il parco giochi, ma il quantitativo di pupazzi conquistati è più che soddisfacente. Probabilmente dovrà farsi montare un’altra mensola per riuscire a metterli tutti nella sua stanza.
 
“Come va la spalla?”
 
“Bene” risponde Barton, prima di squadrarla con aria sospettosa “Non dirmi che ti senti ancora in colpa.”
 
“Un pochino.”
 
“Te l’ho già detto, non ce n’è bisogno. È normale amministrazione per noi.”
 
“Per voi” replica Darcy, storcendo le labbra “Io sono una persona comune. Non credo che mi abituerò mai a queste cose.”
 
“Anch’io sono una persona comune” replica lui, e Darcy per poco non scoppia a ridere.
 
“Chi, tu? Mister Sparo a due uomini senza nemmeno voltarmi e faccio il culo ai cattivi anche se ho un proiettile ficcato nella spalla? Abbiamo una concezione molto diversa del termine ‘normalità’.”
 
“È solo questione d’allenamento.”
 
“Sì, certo" lo asseconda, e poi indica il mucchio di peluche con un cenno del capo "Mi aiuti a portarli a casa?”
 
“Assolutamente no” replica Barton, risoluto “Ti ho fatto da baby sitter per tutto il giorno, puoi scordarti che faccia anche il facchino.”
 
“E va bene.”
 
Poco prima che raggiungano la sua auto, Darcy si ferma, agguanta il cagnolino di pezza che giace in cima alla montagna di peluche e glielo porge.  
 
“Questo è per te. Per avermi salvato la vita. E anche per aver arricchito la mia collezione di pupazzi” dice, e gli tende la mano libera “Tregua?”
 
“Non siamo mai stati in guerra.”
 
“Non si direbbe, dal modo in cui mi hai accolta.”
 
“Stavo solo marcando il territorio” replica, poi afferra il peluche e tende la mano a sua volta “Tregua, ma non smetterò di leggere l’agenda di Coulson.”
 
“Nemmeno io di rubarti le frecce.”
 
“Perfetto.”
 
Sanciscono l’accordo con un’energica stretta e riprendono a camminare. Darcy pensa che impiegherà moltissimo tempo a sistemare i peluche in auto – e non è nemmeno sicura che c’entreranno tutti.
 
“Sicuro che non vuoi darmi una mano a-?”
 
“No.”
 
“Antipatico.” 









Note
- "Almeno stavolta s'è fatta rapire in modo dignitoso"; "Cosa ti hanno offerto stavolta? Coupon per Mcdonald's? Caramelle?". Il riferimento è a quanto è avvenuto in Advantages and disadvantages
- "Ci sono ancora moltissime cose che desidera fare prima di morire: (...) conquistare un posto tra le scelte". Le ambizioni di fanwriter di Darcy sono raccontate in I want to be (a) famous (fanwriter)
- "Non siamo mai stati in guerra."; "Non si direbbe, da come mi hai accolta." "Stavo solo marcando il territorio." Il riferimento è al primo incontro tra Darcy e Clint, raccontato nella one shot sopracitata. 
- Il corso di autodifesa darà i suoi frutti in futuro. Per saperne di più, andate Sul Bus
Come di consueto, ringrazio caldamente tutti coloro che dedicano il proprio tempo a me e alle mie storie. Non so come facciate a sopportare la mia cretinaggine, ma so che ve ne sono grata e che vi voglio bene *abbraccia*

 
  
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