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Autore: albaTH    08/03/2014    4 recensioni
Tom Riddle, la sua infanzia. La sua disperazione, il suo odio per il mondo e per se stesso.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fissava le proprie mani con occhi spenti. Erano fradice del suo stesso sangue che, inarrestabile, gli scorreva lungo i polsi e gli bagnava le maniche. Sorrideva.
Quando, volontariamente o non, il liquido rosso fuoriusciva dalle vene, egli amava ammirarare il suo flusso, inspirarne il profumo ferroso e tastarne la consistenza vagamente appiccicosa. Era il suo piacere proibito. Una donna lo fissava inorridita dalla porta: quel sorriso sghembo e malefico, il sangue che gli inondava mani e vestiti. Era pazzo, si diceva. Nessuno mai sarebbe giunto all’orfanatrofio per adottare lui. Era macabro, e oscuro. La donna chiuse silenziosamente la porta e se ne andò disgustata e nauseata.
Tom, accortosi della sua presenza, l’aveva ignorata. 12 anni di età, ma una vecchiaia infinita nel cuore. La vecchiaia causata dal dolore, dalla sofferenza, dalla convinzione che il mondo fosse un posto orribile e crudele. Il mondo era come quella donna, che con disgusto l’aveva osservato dalla porta socchiusa: ammirava l’Orrore che lo circondava e lasciava correre. Non provvedeva a fermarlo.
Ma a Tom, ormai, andava bene così. Non possedeva più speranza; gli occhi ormai vuoti, si era arreso all’evidenza che dentro quell’orfanotrofio ci sarebbe morto, e tanto valeva divertirsi nel frattempo.
Però ora aveva smesso di sorridere. Anche se lo spaventare le persone gli donava una gioia strana a e malsana, l’espressione della donna l’aveva vagamente turbato.
Ma, come sempre, scacciò il pensiero e torno a fissarsi i palmi.
Il sangue ormai iniziava a coagularsi. Prima che si solidificasse del tutto, lo fece gocciolare sulle lenzuola bianche del suo letto, sia per dispetto sia per ammirare il contrasto di colori, e poi, silenziosamente uscì, lasciando la porta del dormitorio spalancata alle sue spalle minute.
Fuori, l’aria era fredda e umida. Sembrava in arrivo la pioggia.
Tom amava la pioggia. Una delle poche cose che gli piacevano veramente. A parte il torturare i bambini più piccoli all’orfanotrofio, naturalmente.
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto, effettivamente, da una goccia d’acqua che gli colò sul volto anziano: non aveva rughe, naturalmente, non aveva imperfezioni dovute alla vecchiaia. Era un viso bellissimo e fanciullesco, ma ciò che gli donava un’austera anzianità era l’espressione severa e saggia, e gli occhi di ghiaccio costantemente amareggiati.
Tom diede con rabbia un calcio a un sasso che si trovava davanti a lui. Osservo triste e rabbioso il suo volo e la sua caduta qualche metro lontano da lì.
Ora i suoi occhi erano fiammeggianti di collera, di istinto omicida. Quel tipo di rabbia che fa girare il mondo, e che è in grado di disruggerlo.
Un lampo di infelicità solco all’improvviso gli occhi stanchi. La bocca si dischiuse con un singulto e Tom, per la prima volta in vita sua, si scoprì a piangere. E, stupendosi da solo, lasciò che per una volta il dolore gli inondasse il viso, e per una volta fu vulnerabile, un normale ragazzo di 12 anni, a parte le mani ancora rosse di sangue.
Poi però, asciugandosi le lacrime, la solita espressione contrita e sofferente e arsa di ira, sostituì l’effimera disperazione.
‘Qualcuno pagherà  per tutto questo, un giorno.’ si disse, lampeggiando rancore e distendendo il viso in un riso senza felicità alcuna, ‘pagheranno per quello che mi hanno fatto.’

  
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