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Autore: AmericanDream    09/03/2014    0 recensioni
DAL TESTO:
Piangendo sommessamente si accovacciò a terra, al centro della stanza, stringendo le ginocchia al petto e tappandosi le orecchie con le mani iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Genere: Angst, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nightmares

 

Camminava piano, in punta di piedi, cercando di non fare rumore.

Sentendo il pavimento scricchiolare si voltò.

“Simon! Fai attenzione!”

“Sei sicura di volerlo fare? Alison se tuo fratello ci scopre ci uccide!”

“Stai zitta! Potrebbe sentirci... E non fare quella faccia se lo merita, è già la seconda volta che lo vedo a frugare nella mia borsa!”

Simon sospirò e seguì l'amica. Alison abbassò la maniglia della porta cercando di fare il meno rumore possibile. Il fratello era disteso sul letto addormentato con le cuffiette e la musica a tutto volume. La ragazza raggiunse velocemente la scrivania, si sedette davanti al computer e aprì una cartella dopo l'altra fino a quando non la trovò.

Si trattava della foto di suo fratello del secondo anno di liceo fatta da lei in persona il giorno di Halloween. Mentre cercava di realizzare il suo costume per la festa, Edward, aveva versato, sempre grazie all'aiuto della sottoscritta, la colla liquida sull'abito, rovinandolo.

Ricordava ancora quanto l'aveva rincorsa per casa minacciando di cospargerla di colla e strapparle i capelli lasciandola pelata come una patata.

Quella sera era stato costretto ad indossare il costume di suo cugino, quello fissato con i supereroi per la precisione. Si presentò alla festa in calzamaglia e mantello e lo chiamarono Eddie - lo sfigato fino al diploma.

Alison allegò la foto ad un e-mail e la inviò a tutti i suoi contatti. In quel momento il fratello si svegliò e la vide. “Che state facendo in camera mia?!”

Simon si spaventò e scappò via, mentre Alison scattò in piedi e lo guardo con aria di sfida.

“Hai inviato la mia foto del liceo!!” constatò infuriato.

“Te lo meritavi sfigato, così la prossima volta impari a frugare nella mia borsa e a rubare i miei soldi, cocainomane!!”

“Vieni qui piccola bastarda!!”

Spaventata dallo sguardo del fratello Alison corse via ma lui la seguì giù per le scale, quindi lei si rifugiò in cantina. I rumori al piano superiore cessarono, ma mentre lei cercava di intravedere qualcosa dalle fessure della porta di legno, sentì il rumore di una serratura scattare. Provò ad aprire la porta ma non ci riuscì quindi iniziò a battere sul legno urlando.

“Edward non è divertente aprì!” ottenendo scarsi risultati si calmò e scese le scale per cercare qualcosa che la aiutasse a uscire da lì.

Era tutto buio e la debole luce proveniente dalla lampadina sul soffitto non bastava per illuminare la stanza. Si guardò intorno e vide la piccola finestra che si affacciava sul giardino; seminascosta da uno scaffale. Stava cercando qualcosa per arrampicarsi e raggiungerla quando sentì dei rumori. Erano come dei passi pesanti che provenivano dal piano di sopra. Si fermarono davanti alla porta della cantina, dopo qualche secondo di silenzio, Alison sentì qualcuno dare violenti calci alla porta cercando di entrare. Spaventata cercò qualcosa per difendersi. Non riuscendo a trovare niente andò nel panico e iniziò ad urlare in cerca di aiuto sperando che Simon o qualche vicino l'avrebbero sentita. Non immaginava che uno scherzo del genere avrebbe fatto infuriare così tanto suo fratello, a dire la verità non riusciva a immaginare suo fratello infuriato, urlarle contro e minacciarla era una cosa ma alzarle le mani un'altra. Rischiava di buttare giù la porta a forza di calci e Alison non osava immaginare cosa sarebbe successo una volta entrato. Sentiva il cuore nel petto battere così velocemente da impedirle di pensare a mente lucida, gli occhi le bruciavano per le lacrime che cercava di trattenere e quando non ci riuscì più si tappò la bocca con una mano per soffocare i singhiozzi. Piangendo sommessamente si accovacciò a terra, al centro della stanza, stringendo le ginocchia al petto e tappandosi le orecchie con le mani iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni.

“Mi dispiace!! Mi dispiace!! Non lo farò mai più ok?!”

Dopo qualche secondo i rumori cessarono. Alison rimase a terra con le mani tra i capelli e il viso inondato di lacrime. Il suo battito cardiaco non accennava a rallentare e la respirazione le sembrava sempre più difficile. C'era qualcosa di surreale in quella situazione, un misto di deja-vu e un incubo, non sapeva cosa fare, non riusciva nemmeno a muoversi. Chiuse gli occhi sperando di tranquillizzarsi ma dopo un po' le apparve un chiarore, erano flashback che le tornavano in mente ma lei non riusciva a capire di cosa si trattasse. Era tutto molto offuscato, riusciva a malapena a distinguere due sagome, erano un uomo e una donna che urlavano. Sentì rumori di vetri rotti e aprì gli occhi, ancora annebbiata dalle lacrime si guardò intorno spaesata cercando di intravedere le sagome nel buio. Vide che nella stanza con lei non c'era nessuno ma il forte mal di testa la costrinse a richiudere gli occhi, altri flashback si sovrapponevano nella sua mente e lei non riusciva a distinguerli, vide una casa, forse la sua non sapeva, un giardino scavato e il buio, il terrore. Non seppe come ma vide il terrore dei propri occhi riflesso in quello di una donna che non conosceva. Solo allora capì, stava avendo un attacco di panico. Posò le mani a terra e, per quanto le risultasse difficile, fece un respiro profondo, posò la sua mano sinistra sul petto e iniziò a lasciare piccoli colpetti su di esso ritmicamente, sussurrando le strofe di una canzone del tutto nuova per lei. Era come se qualcuno le avesse insegnato cosa fare, era la prima volta che le capitava eppure le sembrava di aver già vissuto una situazione del genere. Aveva gli occhi aperti ma non guardava la stanza, nella mente aveva impressa l'immagine di quella donna, dei suoi occhi. La guardava e faceva quello che lei le diceva; tre colpetti sul petto e una pausa, tre colpetti e una pausa, continuando a sussurrare.

Lentamente iniziò a calmarsi e a riprendere il controllo sul suo corpo ma aveva ancora la vista appannata e non riusciva connettersi alla realtà. Tuttavia si ricordò il motivo per cui era rinchiusa lì e la paura la spinse ad alzarsi da terra e cercare una via di fuga. Una volta in piedi faticò a raggiungere l'equilibrio, barcollava e le girava la testa ma non si fermò. Trovò uno sgabello e cercò di arrampicarsi, tenendosi saldamente allo scaffale, per raggiungere la finestra. Quando ci salì non riuscì ad aprirla quindi prese un barattolo dalla mensola e lo lanciò contro di essa rompendo il vetro. Salì e si sporse in avanti fino ad affacciarsi dalla finestra, poggiò le mani ai lati e cercò di darsi la spinta per uscire ma in quel momento sentì un dolore atroce alla testa e la vista le si annebbiò più di prima. Emise un urlo involontario e nuovi bagliori iniziarono ad attraversarle il cervello, sentì qualcosa inumidirle la mano e quando aprì gli occhi e alzò la testa vide del sangue. Litri di sangue colavano sulla parete sporcandole le mani e parte del viso, già precedentemente ricoperto di lacrime. Non ebbe nemmeno il tempo di reagire che un corpo le cadde davanti agli occhi. Non riusciva a vederne il volto o a distinguere se era un uomo o una donna, la sua vista era ostacolata da sangue e lacrime, ma essi non le impedirono di vedere le ferite su quel cadavere. Ferite insanguinate ricoprivano quel corpo senza vita dalla testa ai piedi; il cranio era deformato e spaccato nella parte posteriore, segni di graffi ricoprivano il collo e parte dei polsi era squartata . Spaventata iniziò ad urlare e si spinse all'indietro cercando di allontanarsi ma perse l'equilibrio e cadde. Perse i sensi e l'ultima cosa che ricordava era una sagoma oscura che la sollevava e la

trasportava.

 

Si risvegliò in ospedale circondata dai genitori e dai medici.

“È sveglia!! La mia bambina! Ciao amore. Come ti senti?”

“Mamma” Alison la chiamò debolmente “Che cos'è successo?”

“Oh tesoro ti abbiamo trovata per terra in cantina eri ferita e disorientata, io non so come sia potuto succedere” la madre iniziò a piangere disperatamente.

“Se non fosse stato per Simon che ti ha trovata e ci ha chiamati io... non oso immaginare cosa sarebbe potuto succedere”

“Simon?” all'improvviso tutto le tornò in mente, lo scherzo, la cantina, i rumori, il sangue... già il sangue.

“Mamma dov'è Edward” chiese timorosa.

“Edward?”

“Sì, dov'è?”

“Tesoro non so di chi stai parlando”

“Di mio fratello mamma voglio sapere dov'è!” esclamò irritata.

La madre la guardò scioccata e poi si voltò a guardare il marito che aveva la stessa espressione sorpresa.

“Amore tu non hai un fratello”

  
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