Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: EmmaStarr    09/03/2014    4 recensioni
{Annie/Finnick} {Mermaid!AU} {Fluff, Romantico, Sentimentale}
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Di norma, le sirene e i tritoni avevano la coda di una tonalità che andava dal rosa chiaro al rosso scuro, a seconda del sesso o dello stato sociale, ma niente di più stravagante. L'unica eccezione, ovviamente, era la famiglia reale: le loro code erano bellissime, tutte d'oro e d'argento. Annie aveva sentito dire che il principe più giovane, da tutti considerato il tritone più bello di sempre, aveva una coda dorata così accesa e luccicante che pareva in grado di abbagliare chiunque la guardasse troppo a lungo.
Annie invece aveva la coda azzurra, e nessuno sapeva spiegarsi perché.
* * *
– Oh, insomma, volevo dire un'altra cosa! – si lamentò Annie, agitando la coda. – Insomma... tu sei Finnick Odair. Sei un principe. Questa è la mia casa, non tua. Tu dovresti essere nel tuo palazzo a Coral Bay. Se entri qua dentro... Non ho mai messo in ordine in vita mia. – ammise alla fine, sospirando. – Io ho la coda azzurra e tu sei un principe. Non è sbagliato farti venire a casa mia?
* * *
– Finnick...
– Sì?
– Sai cosa sono le stelle?
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Partecipa al secondo turno del contest "1 su 24 ce la FA!" di Manufury
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




FIGLIA DELL'ORIZZONTE

~~~

Il mondo oltre la porta

 

 

 

 

Una piccola conchiglia incastrata tra due rocce.

L'ultimo abitante doveva essersene andato da un pezzo: la sua superficie era ricoperta da piccole alghe che le davano un aspetto antico, misterioso.

Annie allungò il braccio cercando inutilmente di recuperarla. Era una posizione scomoda- il braccio grattava contro la roccia e i capelli le finivano in faccia, in più rischiava di perdere l'equilibrio ogni secondo- ma aveva visto quella conchiglia e voleva assolutamente recuperarla. Scrollò la testa con decisione, agitando la lunga coda azzurra per mantenere l'equilibrio e sbuffando quando un pesce le andò a sbattere addosso senza neanche scusarsi: perché non l'aiutava a recuperare la conchiglia? Non vedeva che non ci arrivava? Pensò di rincorrerlo per chiedere una mano, ma rinunciò subito dopo, scuotendo la testa. Non era mai andata particolarmente a genio agli altri abitanti del Regno di Anthea: tutti la chiamavano pazza e ridevano di lei solo perché aveva la coda azzurra.

Di norma, le sirene e i tritoni avevano la coda di una tonalità che andava dal rosa chiaro al rosso scuro, a seconda del sesso o dello stato sociale, ma niente di più stravagante. L'unica eccezione, ovviamente, era la famiglia reale: le loro code erano bellissime, tutte d'oro e d'argento. Annie aveva sentito dire che il principe più giovane, da tutti considerato il tritone più bello di sempre, aveva una coda dorata così accesa e luccicante che pareva in grado di abbagliare chiunque la guardasse troppo a lungo.

Annie invece aveva la coda azzurra, e nessuno sapeva spiegarsi perché. Neanche la nonna, che sapeva sempre tutto, aveva mai saputo darle una risposta a questo. “Sei speciale.” era solita ripeterle pettinandole la lunga e scompigliata chioma quand'era bambina, tenendola a cavalcioni sulla coda rigorosamente rosa scuro.

Sì, nonna Mags era una persona molto buona. Oh, non che fosse la sua vera nonna: l'aveva trovata quando Annie era appena nata e si era presa cura di lei, una piccola sirenetta dall'assurda coda azzurra. Annie aveva vissuto una bella vita, con lei. Nonna Mags era amica della famiglia reale, e i beni di prima necessità non le erano mai mancati. Al compimento degli undici anni nonna Mags le aveva preparato una torta enorme, Annie se la ricordava ancora. Ricordava il profumo che riempiva la cucina la sera prima del suo compleanno, ricordava l'allegria che pervadeva la casa addobbata a festa. Ricordava nonna Mags che le accarezzava i capelli- oh, aveva delle mani incredibilmente lisce, sempre fresche e pulite.

Quella notte, però, un gruppo di Death Shark fece irruzione in casa loro. I Death Shark erano banditi della peggior specie, orribili esseri a metà tra sirene e squali, che giravano per il Regno di Anthea facendo stragi e rapinando case. Annie aveva solo sentito uno strano rumore, davvero, non voleva fare male a nessuno, quella notte. Si era alzata solo per assicurarsi che la nonna stesse bene.

Quando la signora Pearl arrivò a casa loro per fare gli auguri ad Annie e per aiutare Mags con le ultime faccende, trovò il corpo della vecchia sirena in un lago di sangue, e Annie disperata sul petto ormai fermo, continuando a gridare che non era colpa sua, non era colpa sua.

Nessuno seppe mai cosa le avessero fatto i Death Shark, cos'avesse visto Annie, perché Mags fosse stata uccisa. La giovane sirena non versò una lacrima, ma da quel giorno decise che non sarebbe più vissuta lì. Prese le sue poche cose, salutò la tomba di sua nonna e andò a vivere alle Rovine.

La gente diceva che era diventata completamente pazza.

– Avete sentito? Non vuole proprio tornare a vivere a Coral Bay!

– Per forza: in fondo, con una coda del genere...

– Non è mai stata una bambina normale, ve lo dico io!

– È impazzita, è impazzita!

– Avete sentito? Pare che parli con le conchiglie. Davvero, l'ha vista mio padre: le avvicina all'orecchio e ride.

– Beh, dopo un'esperienza del genere, povera cara...

– È pazza, completamente pazza.

– Smetti subito di lamentarti, oppure chiamo la pazza delle Rovine! Sì, quella con la coda azzurra!

– Ma come fa a vivere in quel postaccio? Non ci sono solo rocce e sassi?

– Mah, si vede che le sirene dalla coda azzurra si accontentano di poco.

Ad Annie non importava un granché di cosa pensassero gli altri: ormai aveva quasi sedici anni, viveva alle Rovine da troppo tempo perché potesse pensare di andarsene. Ogni tanto tornava a Coral Bay per il cibo o altro, ma preferiva di gran lunga il silenzio e la grandezza di quel posto che aveva imparato a chiamare casa. Le Rovine... avevano tanti altri nomi, ma Annie amava il suono roco e misterioso di quella parola.

Annie nuotava fra quelle rocce da quando aveva memoria, era il suo posto preferito in assoluto: nonna Mags non la sgridava mai quando Annie raccontava di esserci stata, sorrideva solamente, quindi vivere lì non era una scelta così sbagliata, no? E comunque, non era da sola: c'erano tantissime conchiglie. Le conchiglie raccontavano storie che Annie voleva sentire. Non parlavano di nonna Mags come tutte le persone che incontrava, non la trattavano come una pazza.

Bastava ascoltare, e le conchiglie dicevano cose meravigliose. A volte la facevano ridere, a volte la facevano piangere, a volte la affascinavano. Insomma, la vita di Annie era tutto fuorché noiosa, quindi perché lamentarsi se la gente la trovava strana? In ogni caso, non si sarebbe mai integrata con il resto della popolazione. Aveva la coda azzurra.

La sirena sbuffò per l'ultima volta, ritirando la mano dall'incavo tra le due rocce e rinunciando alla conchiglia. Era un peccato, perché aveva davvero voglia di ascoltare la sua storia, ma doveva andare: era quasi notte, ed era troppo lontana dalle Rovine per potersi attardare ancora.

Fece per voltarsi, quando una voce la fermò. – Ehi, aspetta!

Si fermò, curiosa -era raro che qualcuno le rivolgesse la parola, non si sarebbe persa neanche una sillaba- e voltò il capo, posando gli occhi in quelli verde acqua del suo interlocutore.

– Se vuoi... te la prendo io. La conchiglia, intendo. La stavi... cercavi di prenderla, no? – continuò il ragazzo, esitante.

Annie annuì piano, continuando a fissarlo. Era bello, decise. Molto bello. Forse aveva il mento un po' troppo sporgente, ma i suoi capelli sembravano molto morbidi, e i suoi occhi avevano un'aria gentile. – Non riesco ad arrivarci. – confessò, senza distogliere lo sguardo dagli occhi verdi di lui.

Il giovane tritone si grattò la testa, abbozzando un sorriso. – Allora... Io sono Finnick. Tu sei Annie Cresta, vero? Si parla molto di te, in giro...

– Anche di te. – replicò Annie, mordendosi il labbro. – Sei il principe più giovane, no? L'ho capito dalla coda d'oro. E anche dal fatto che sei bello, Finnik Odair. Nonna Mags diceva che gli Odair sono brave persone, quindi se vuoi puoi prendere la mia conchiglia. – comunicò, seria.

Finnick trattenne una risata. – Non hai peli sulla lingua, tu, vero? Beh, sapevo già di essere bellissimo, comunque grazie. Anche tu non sei male.

Annie scosse il capo. – Ho la coda azzurra. – gli fece notare con tono paziente. Sarà stato bello, ma non spiccava certo per intelligenza. – Mi prendi la conchiglia?

Finnick inarcò un sopracciglio. – E con questo? Che problema c'è se hai la coda azzurra? È originale, interessante... È bella. Insomma, è un bel colore.

Annie scosse di nuovo la testa. – Mi prendi la conchiglia? – ripeté, guardandosi attorno con un velo di preoccupazione. A breve avrebbe fatto buio, e non poteva tornare troppo tardi, avrebbe rischiato di non trovare più il Rifugio.

Finnick sollevò le mani, sorridendo. – Qualcuno qui è allergico ai complimenti... D'accordo, faccio subito. – si girò e allungò il braccio fra le due rocce. Annie si ritrovò a fissargli la coda: era davvero splendida, constatò con interesse. Non aveva mai visto una coda d'oro in vita sua, ed era affascinata dai riflessi che danzavano fra le squame, cangianti nella scarsa luce della sera.

– Ecco fatto! – esultò il principe, sollevando la conchiglia con espressione vittoriosa. Annie gli scivolò al fianco, prendendogliela dalle mani e nuotando via. – Ehi, aspetta un attimo! – la fermò Finnick, raggiungendola con un singolo, fluido movimento e afferrandole il braccio. – Fermati, non... non mi hai neanche ringraziato, non...

Annie spalancò i grandi occhi verdi, spostando lentamente lo sguardo dal braccio che Finnick le teneva stretto al suo volto. – Lasciami andare. – mormorò. Lo disse a voce bassa, quasi impercettibile, ma per Finnick fu come se l'avesse gridato. Perché, andiamo, era una supplica troppo sottile, troppo esitante. Come se Annie non si sentisse nemmeno degna di chiederglielo.

Senza dire una parola la lasciò andare, indeciso su cosa fare.

– Grazie. – mormorò quindi lei: per la conchiglia, per averla lasciata andare, o per qualche altra cosa ancora che Finnick sentiva di sapere ma che non avrebbe saputo spiegare. I due si scambiarono un lungo sguardo, poi la sirena sospirò e fece per voltarsi di nuovo.

– No, per favore... Annie. – la chiamò di nuovo, senza gridare, come si parla ad un bambino. – Io... sono scappato, ok? Sono scappato dal palazzo.

La sirena si immobilizzò, attenta. – Davvero? – cercò di immaginarsi di vivere in un castello e di avere una coda come quella di Finnick, e pensò a quale potesse essere un buon motivo per scappare. – Per caso... ti facevano mangiare cose che non ti piacevano?
Finnick aggrottò le sopracciglia. – No.

– No.– ripeté Annie, pensosa. – Ti hanno fatto salire su un Cavalluccio Marino imbizzarrito?

– No! Cioè, una volta, ma non mi è piaciuto, quindi ho potuto smettere. Non è per quello, è che... – iniziò a spiegare Finnick, ma Annie gli si avvicinò, puntandogli un dito a sfiorargli il naso.

– Allora dev'essere questo: – disse piano, fissandolo negli occhi. Erano verdissimi, visti da vicino. – non ti lasciavano libero, vero?

Finnick sbatté due volte le palpebre, confuso. La pazza di cui parlavano tutti, la sirena dalla strana coda azzurra, la ragazzina che parlava con le conchiglie... aveva colto nel segno. – Non posso fare niente. – ammise con amarezza. – Non posso uscire. Non posso nuotare dove voglio. Non posso decidere cosa leggere, cosa costruire, posso solo stare in casa a suonare o ad annoiarmi. Oh, e combattere: devo saper combattere, è una cosa che odio, ma lo devo fare. Io non so neanche cosa sia, la libertà. E stamattina... hanno deciso con chi mi sposerò.

Annie portò le mani alla bocca con partecipazione. – È... è una cosa sbagliata! – esclamò con incredulità. – Non è possibile, perché nonna Mags diceva che gli Odair erano brave persone, e le brave persone non fanno cose sbagliate! Ma anche tu sei un Odair, quindi non stai dicendo una bugia... Non avrai capito male? Dev'esserci un malinteso, non credo che i tuoi genitori vogliano vederti triste. Dovremmo tornare a palazzo e parlare con loro, vedrai che troveremo una soluzione, e... perché ridi? – domandò, confusa, arretrando un poco. Il principe Finnick era infatti esploso in un'allegra risata.

– Perché sei... non lo so, è la prima volta che incontro qualcuno come te. No, tornare indietro non cambierà nulla. Ho deciso di scappare di casa e non torno indietro. Probabilmente tua nonna conosceva i miei genitori... mia madre è morta qualche anno fa, e mio padre ha abdicato: ora regna mio zio.

– Ma è un Odair anche lui, quindi... – si intestardì Annie, ma Finnick la zittì.

– No, non lo è. È il fratello di mia madre, quindi ha un altro cognome. – tagliò corto. Certo che era strano vedere tutta quella fiducia riposta in un cognome. Quella sirena dalla coda azzurra era assurda: una tale certezza solo in base alla testimonianza di una vecchia morta cinque anni prima...

– Oh. Questo spiega tutto... Mi dispiace. – commentò Annie con l'espressione di chi ha capito ogni cosa. – Per tua madre, dico. Mi dispiace. – aggiunse poi, a scanso di equivoci. – Cioè, non so quanto ti importi che una sconosciuta ti dica che le dispiace, ma quando è morta nonna Mags tutti dicevano “mi dispiace”, quindi immagino che sia quello che bisogna fare in casi come questi. Ho sbagliato?

Finnick scosse il capo. – No, è una cosa che si dice spesso, ma anch'io non ne capisco bene il senso. Comunque sia non preoccuparti: è stato tre anni e mezzo fa, ho superato la cosa.

Annie fece un sorriso triste. – Ma questa non è una cosa che in tre anni e mezzo si supera. – confidò, voltandosi e iniziando a nuotare. – Si accetta. Vieni con me!

Finnick rimase per un attimo incantato a fissare quella coda azzurra come mai ne aveva viste, poi sorrise e la seguì.

 

* * *

 

Il tritone non chiese mai dove stessero andando, e Annie gliene fu grata: non le piaceva parlare mentre nuotava. Nuotare era sempre stata una delle sensazioni più belle, per lei: l'acqua era fresca e morbida, la accompagnava, la sosteneva. Annie non doveva fare altro che assecondarla, lasciarsi guidare, e allora- oh, allora sì che poteva sentirsi libera.

Rallentò quando raggiunsero le Rovine. Annie tirò un sospiro soddisfatto: era a casa, finalmente.

– Sei... sei veloce, wow. – commentò Finnick dietro di lei.

Annie agitò la coda avanti e indietro, maliziosa. – Stupito, Finnick Odair? – Rise dell'espressione di lui, facendo una capriola e tuffandosi in una fessura tra due colonne bianche. Quello era l'ingresso del suo labirinto personale.

Sentiva la presenza di Finnick alle sue spalle mentre si infilava sotto lastre di roccia grigia, aggirava muri di mattoni corrosi dalle alghe e si alzava oltre grandi ammassi di pietre dalla forma squadrata. Alla fine, si fermò davanti ad un muro di mattoni quasi completamente ricoperto di alghe. Una piccola porta di legno corroso e ricoperto di piccoli insediamenti animali si intravedeva dietro la fitta vegetazione. – È qui. – disse dopo aver fatto un respiro profondo. – Io vivo qui.

Finnick la osservò, stupito. – Come... come fai a sapere dove andare? È un labirinto!

Annie mise il broncio. – La gente dice così. Dice che le Rovine sono pericolose perché poi ti perdi.

– Beh, è ovvio: questo posto è enorme... – commentò il tritone, allargando le braccia.

– Ma è bello. – lo zittì Annie. Rimasero in silenzio per un po', poi lei riprese a parlare. – Senti... io vivo qui.

Finnick annuì. – L'hai già detto.

– La gente dice che sono strana e che è meglio se resto da sola, sai? Perché ho la coda azzurra. E vivo qui. E ascolto le conchiglie. – proseguì la sirena stringendo a sé l'ultima arrivata, quella che aveva recuperato Finnick.

– Parli con le conchiglie. – la corresse Finnick.

– Prego?

Finnick portò le mani avanti, come preoccupato di aver detto troppo. – No, non è che... non lo dico io, eh, ma in giro si sente che tu proprio... parli con le conchiglie.

Annie inarcò un sopracciglio, quasi offesa. – Io non parlo con le conchiglie. Cioè, all'inizio per forza, ma solo per chiedergli di raccontarmi una storia. Poi sto zitta. Io le ascolto. Si può sapere cosa pensa la gente di me?

Che sei lunatica, pazza, pericolosa e completamente fuori controllo. Pensò Finnick. Non sanno quanto si sbagliano.

– Oh, insomma, volevo dire un'altra cosa! – si lamentò Annie, agitando la coda. – Insomma... tu sei Finnick Odair. Sei un principe. Questa è la mia casa, non tua. Tu dovresti essere nel tuo palazzo a Coral Bay. Se entri qua dentro... Non metto in ordine da, insomma, mai. – ammise alla fine, sospirando. – Io ho la coda azzurra e tu sei un principe. Non è sbagliato farti venire a casa mia?

Finnick sospirò a sua volta. In fondo era vero: nonostante avesse passato anni a sentir parlare di lei dalla gente della città, conosceva Annie da meno di mezz'ora. Chiederle di farsi ospitare da lei era assurdo... Eppure, quando aveva deciso di scappare, aveva valutato con cura tutte le alternative: se c'era un posto in cui nessuno lo avrebbe cercato, se c'era un posto in cui sarebbe potuto essere davvero libero, quello era con Annie Cresta, la pazza delle Rovine, la sirena dalla coda azzurra, la ragazzina che parla con le conchiglie.

Sotto sotto, quando gli parlavano di lei, aveva sempre voluto conoscerla. E, dopo averla incontrata, sentiva che avrebbe potuto funzionare. Non era pericolosa, non era pazza. Era un po' strana, ma viveva da sola da troppo tempo perché fosse una persona come tutte le altre. E Finnick non ne poteva più della sua noiosa quotidianità. Annie era un po' lunatica, cambiava stato d'animo piuttosto in fretta, e la storia delle conchiglie ancora non lo convinceva del tutto, ma a parte questo...

Oh, andiamo, Annie aveva davvero qualcosa di affascinante. E trovava la sua coda semplicemente meravigliosa. Fu quindi con assoluta certezza che prese la parola. – Non è sbagliato. È quello che voglio. Non ti chiedo di rimanere qui per sempre, solo... per un po', ecco. – bisognava essere davvero pazzi per accettare, pensò con un sorriso rassegnato.

– Se è quello che vuoi, Finnick Odair, non ti fermerò. – rispose con serietà la sirena. Finnick si trattenne a malapena dallo spalancare la bocca. – Ma prima devi sapere una cosa: le Rovine sono magiche. – rivelò Annie. – In realtà non sono sempre state qui. Una volta erano in superficie.

Finnick spalancò gli occhi, colpito. Una sirena come lei, senza educazione, conosceva la superficie? Eppure era un concetto sconosciuto ai più. – Me l'hanno detto le conchiglie. – si affrettò ad aggiungere Annie, come se questo spiegasse tutto. – Questa porta, la porta di casa mia... una volta stava in superficie. Per questo è fatta di legno come il Relitto.

Il Relitto era un'immensa struttura fatta appunto di legno poco distante da Coral Bay, vicino agli estremi confini del Regno di Anthea. Finnick sapeva che innumerevoli tritoni e sirene avevano studiato quel gigantesco mostro dalle mille biforcazioni e dalle strane appendici, senza ricavarne poi granché. L'unica cosa che pareva certa era che proveniva dalla superficie, e che qualcuno aveva dovuto costruirla. Per il resto la maggior parte di quello che conteneva era ancora un mistero.

– Devi sapere, – spiegò Annie con la stessa espressione di chi vuole confidare un segreto molto importante, – che anche la superficie è abitata. Solo che le persone che vivono lassù non hanno una coda sola. Ne hanno due. Sono più piccole della nostra, e non hanno le squame. Queste persone costruiscono cose come il Relitto e questa porta. Però capita a volte che le perdano in mare. Le perdono... – Finnick aspettò che Annie continuasse, ma la ragazza sembrava persa nei suoi pensieri. Si schiarì la voce, leggermente a disagio.

– Ehm... Annie? Stai bene? – domandò con circospezione.

La sirena si voltò e inclinò il capo. – Sì, io... tu... non l'hai sentito, vero? Non importa, non lo sente nessuno. Solo io sento le conchiglie, in fondo. La conchiglia che mi hai recuperato tu... dice che le tue mani puzzano di inchiostro di seppia. Però non preoccuparti, io non sento niente, davvero. Le conchiglie dicono un sacco di cose strane. – si affrettò ad assicurare.

Finnick avrebbe trovato la cosa completamente folle, se quella mattina non avesse giocato con la seppia di suo fratello imbrattandosi tutto. L'inchiostro era andato via, quindi Annie non poteva averlo visto. E allora... – Tu le senti davvero! – esclamò, a metà tra lo sconvolto e l'eccitato. In qualche modo, quella sirena sapeva: sentiva delle voci, percepiva qualcosa di reale. Ecco come sapeva della superficie, dei suoi (ipotetici) abitanti e delle sue mani. – Non sei pazza. – mormorò quasi tra sé. – Non sei... sei speciale.

Il volto di Annie sembrò letteralmente illuminarsi. I suoi occhi verdi si spalancarono, la piccola bocca a cuore si socchiuse leggermente e d'improvviso la sua coda azzurra parve risplendere. – Davvero? Davvero pensi che non sia pazza? – lo chiese con foga, sorridendo, col tono di chi quasi non vuole credere ad una notizia troppo bella. Gli si avvicinò, sbattendo la coda azzurra, fino ad arrivare quasi a sfiorargli il naso con il proprio.

Non era premeditato, Finnick non avrebbe mai pensato che sarebbe successo. Era andato da lei perché voleva conoscerla, perché gli sembrava la persona che avrebbe fatto meno domande, perché nessuno cerca un principe a casa di una pazza. Ma quel sorriso, quel sorriso così spontaneo, genuino e luminoso lo colse di sorpresa. Sì, lo colse di sorpresa, e da un secondo all'altro Finnick capì che avrebbe fatto di tutto per rivedere quel sorriso.

– Oh... Ehm. Sì, c-certo... lo penso eccome, solo... sei davvero vicina... – balbettò, vagamente imbarazzato. Finnick non era nuovo alle questioni di cuore, questo era un dato di fatto: nei suoi diciotto anni di vita era stato con molte sirene, a volte più d'una contemporaneamente. Per la maggior parte erano scappatelle di poche sere, storie poco impegnative, relazioni a distanza. Ma non si era mai, mai sentito così: come se rivedere il sorriso caldo e dolce e perfetto di Annie Cresta fosse diventato lo scopo della sua vita.

La ragazza rise, allontanandosi. – Scusa... non me n'ero accorta. È un po' che non parlo con qualcuno. Allora... vuoi entrare con me?

Finnick sorrise e annuì. Annie allora gli prese la mano e la strinse delicatamente. Il tritone sentì un tuffo al cuore quando la sua mano entrò in contatto con quella piccola e fresca di lei, ma non disse nulla, limitandosi ad ascoltare. – Questa porta è importante. – dichiarò Annie. – Ora è la porta della casa di Annie Cresta. Quando la varcherai sarà la porta della casa di Annie Cresta e Finnick Odair. Come se fossimo sposati, solo che tu non mi stai sposando, stai scappando. – ridacchiò, e Finnick sentì l'impellente bisogno di abbracciarla. Non lo fece, e si lasciò guidare dalla sua mano oltre quella porta tanto suggestiva e misteriosa, pronto per la sua nuova vita.

 

* * *

 

– Annie! Sei in casa?

Finnick socchiuse piano la porta con la coda, le braccia impegnate a trasportare un grande cesto ripieno di alghe commestibili e piccoli molluschi -i principali alimenti di tritoni e sirene. Nei primi tempi si era chiesto come facesse Annie a mangiare per vivere; la risposta era arrivata quando la sirena lo aveva portato in gran segreto a vedere il suo prezioso orto. Aveva dedicato a quel lembo di terra infinite cure ed attenzioni, ma da quando Finnick era entrato nella sua vita quell'oricello non era mai stato tanto rigoglioso.

Finnick doveva proprio ammetterlo: il mondo che gli si era spalancato oltre la porta di Annie era nuovo, dolce e sorprendente. Era passato più di un mese da quando aveva varcato quella soglia, e le cose andavano inaspettatamente bene. La vita con Annie Cresta non era come si era aspettato all'inizio, anzi: le Rovine erano un posto stupendo, pieno di segreti e di meraviglie. Annie aveva deciso di mostrargli ogni remoto angolo del posto, e Finnick non poteva dire di annoiarsi. Oltre ad occuparsi dell'orto, il tritone aveva anche iniziato a fare delle piccole riparazioni nella casetta di Annie: per quanto piccola e curata, a onor del vero, necessitava ancora delle più basilari opere di ristrutturazione- somigliava più al rifugio di una bambina, in effetti. Anzi, era così che Annie lo chiamava per scherzo: il Rifugio.

Certo, non era tutto rose e fiori. Era difficile parlare con Annie, a volte. Capitava che se ne uscisse con frasi imbarazzanti o inopportune, o che si chiudesse da qualche parte sola con le sue conchiglie, e allora guai a disturbarla! Poteva fare paura, eh. E ancora, una notte Finnick l'aveva trovata a piangere, piangere, piangere senza ritegno e con certi singhiozzi mal trattenuti che stringevano il cuore. Finnick le si era avvicinato piano, incerto su cosa fare, e Annie lo aveva abbracciato con forza e disperazione, continuando a piangere. Erano rimasti così fino al mattino, e quando Finnick le aveva chiesto se avesse avuto un incubo o qualcos'altro, lei aveva risposto di no. “Stanotte dovevo piangere.” aveva detto soltanto. “Era giusto così.

Finnick sapeva che Annie non aveva pianto, alla morte di sua nonna, e sapeva che era avvenuta più o meno in quel periodo dell'anno. Non disse nulla, limitandosi a stringerla un po' più forte. Annie sorrise, e Finnick sentì il cuore allargarsi.

A parte questi piccoli inconvenienti, Finnick sentiva di aver trovato un posto dove stare. Si sentiva mille volte più vivo lì alle Rovine in compagnia di una pazza, affascinante sirena dalla coda azzurra che a palazzo, circondato da persone interessate solo alla sua posizione. Era libero, era felice. E poi c'era Annie, e Finnick non avrebbe mai ringraziato abbastanza il Destino per averlo condotto da lei. Ormai aveva imparato a conoscerla, davvero.

Quindi, quando oltrepassò quella porta che aveva segnato l'inizio di tutto, sapeva già dove l'avrebbe trovata: accovacciata vicino alle sue conchiglie.

– Sono tornato. – la avvisò, richiudendo la porta con la coda e appoggiando il cesto vicino ad una finestra. Annie annuì piano, senza guardarlo. Era sdraiata a terra, la coda azzurra ritorta all'indietro ad accarezzarle i capelli. Era così buffa che Finnick non poté fare a meno di ridere.

– Non prendermi in giro. – lo apostrofò la ragazza, alzando un dito. – Ho quasi finito...

Finnick sorrise e le si sedette vicino, osservandola in viso. Con quella luce, le si notavano piccole lentiggini appena sotto il naso... avrebbe voluto toccargliele. Scosse velocemente la testa, infastidito. Non era da lui trattenersi tanto tempo -un mese intero e ancora non ci aveva provato neanche una volta: che ne era stato del bello e seducente Finnick Odair? Eppure, ogni volta che pensava a Annie in quel senso, una parte di lui si tirava indietro. Annie era troppo, troppo per lui. Non avrebbe sopportato di vederla ferita a causa sua, quindi si limitava a stare lì e farla sorridere. Bastava questo perché Finnick si sentisse felice.

– Mi stai fissando. – cantilenò Annie, trattenendo un sorriso. – Ok, ho finito. Vuoi sapere cos'ho scoperto? – chiese, improvvisamente eccitata. Finnick annuì, divertito. – Riguarda le Rovine. Questa conchiglia... ti ricordi, no, l'abbiamo trovata ieri dietro la grande colonna bianca, quella vicino alla tana della piovra, sì. Questa conchiglia sapeva una cosa importante! Sembra che le Rovine, quando ancora stavano in superficie, fossero una grande città. Una città imponente e bellissima, piena di gente- gente come quella che ti avevo descritto, senza coda. Insomma, il nome di questa città era Atlantide. Non suona benissimo? – commentò con aria sognante. – La conchiglia ha detto che gli abitanti di Atlantide erano persone eccezionali. Erano intelligenti, forti, buoni. Avevano fatto tantissime scoperte di tipo scientifico, e nel campo della medicina, e anche per quanto riguarda tutto ciò che sta in cielo e...

Finnick inarcò un sopracciglio. – Cielo? Di cosa parli?

– Tu non sai... – Annie chiuse gli occhi un attimo. – Che ore sono?

– È pomeriggio, non so di preciso. Perché? – rispose Finnick, confuso, ma Annie si era già alzata e l'aveva preso per mano, trascinandolo fuori.

– Vieni con me! Devo farti vedere una cosa stupenda! – gridò, prendendo poi a nuotare verso l'alto.

Finnick la seguì, dubbioso: nuotare in verticale era... strano, ecco: non lo faceva nessuno, e che bisogno c'era? Cosa si poteva trovare in su, se non acqua all'infinito? – Annie... – chiese dopo qualche minuto. – Dove stiamo andando?

La sirena inclinò la testa, fissandolo con la massima serietà. – Ti faccio vedere il cielo. In superficie.

Finnick ci mise qualche secondo a metabolizzare quelle parole. – S-stai scherzando, vero? – domandò, ritirando la mano con orrore. La superficie era un luogo proibito! La sua esistenza era sconosciuta ai più, ma era certo che chi l'avesse raggiunta sarebbe morto all'istante. Era pericolosa, era malvagia. – Annie, non si può andare in superficie! Noi non siamo come quella... gente di cui parli. Abbiamo una coda. Siamo fatti per vivere in acqua, non... non andiamo in superficie! – concluse, come sconvolto dall'idea.

Annie si fermò e lo osservò con dolcezza. – Ehi... va tutto bene. Io ci sono già stata. Non è pericoloso, è bellissimo! Ascolta, lo so che hai paura.

– Io non ho paura. – borbottò Finnick, offeso. – È solo che...

Annie gli tappò la bocca con un dito. – Shh, va bene aver paura, Finnick Odair. È normale. Però... adesso pensa a questo. Il mare è blu.

– Questo è ovvio. – brontolò Finnick, chiedendosi dove volesse arrivare Annie con quel discorso.

– Sì, beh, il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno si prende la briga di osservare. Secondo te perché è blu? – chiese Annie incrociando le braccia.

Questa domanda lasciò Finnick un po' spiazzato. – Ehm... ecco, io...

– Non lo sai. Non lo sa nessuno. Le conchiglie però lo sapevano, e me l'hanno detto. Io non ci credevo, poi però sono andata in superficie e l'ho visto. È un riflesso. – Annie avvicinò il volto a quello di Finnick, fissandolo con forza. – Annie Cresta è solo una povera pazza che vive alle Rovine. È ovvio. – sussurrò. – Nessuno si è mai preso la briga di osservarmi per davvero. Poi sei arrivato tu. Tu mi hai osservata, mi hai capita. In parte, ma è pur sempre abbastanza. E da allora io ho pensato che tu fossi diverso dagli altri: tu osservi. Osservi e capisci, e questo è bellissimo. Tu sei bellissimo, Finnick Odair. E quindi te lo chiedo di nuovo: perché il mare è blu?

– N-non lo so. – balbettò Finnick, quasi ipnotizzato dalla vicinanza agli occhi di lei. – P-però... sembra una cosa importante.

Annie annuì. – Lo è.

– Non è ovvio. – ragionò. – È... è una cosa che voglio sapere. – Il mare è blu, la tua coda è azzurra. C'era un perché?

La sirena sorrise, radiosa. – Per saperlo devi venire con me in superficie. Te la senti? – e allungò una mano verso di lui.

Finnick esitò solo un istante prima di afferrarla con decisione. – Sì.

 

* * *
 

Nuotarono verso l'alto per un tempo che a Finnick parve interminabile. Nuotavano per più di un'ora, e le Rovine sotto di loro diventavano sempre più piccole. Fortunatamente erano abbastanza lontani da Coral Bay perché non fossero visti, e questo rassicurò Finnick almeno un po'. Ad un certo punto si iniziò ad intravedere un cerchio di luce bianca appena accennato baluginare in alto, ed era strano, perché sembrava che emanasse luce. – Che cos'è, Annie? – domandò, leggermente in ansia.

Lei rise. – Te lo dico quando arriviamo!

Finnick si limitò ad annuire. Alla fine -quanto tempo era passato? Due ore?- Annie si bloccò. – Ci siamo. Sei pronto? – sussurrò. Finnick annuì. – Ora, non ti preoccupare: riuscirai a respirare anche lassù. Sarà solo leggermente diverso, magari ti sentirai anche un po' stordito. Ma sarà soprattutto per la bellezza, direi. Oggi... sì, oggi è bel tempo. – concluse, mormorando a mezza voce.

Finnick fece un bel respiro. – Sono pronto. – dichiarò.

Annie sorrise dolcemente e gli prese la mano. Finnick ebbe un tremito mente Annie la guidava verso l'alto lentamente, con delicatezza. E d'improvviso... – Che cos'è? – gridò, spaventato. La mano gli si contrasse in un movimento dettato dalla paura e dalla sensazione di vuoto che provò improvvisamente. C'era stata come una rottura, un passaggio...

– Non preoccuparti. Sai? Stai toccando il cielo. – confidò Annie, poi si diede una forte spinta con la coda e trascinò entrambi in superficie.

L'impatto fu la cosa più grandiosa, terribile e mozzafiato che Finnick avesse mai fatto. All'improvviso il suo busto non era più in acqua come al solito: tutto era più vuoto, più leggero, più... insomma, quella sensazione gli dava alla testa! Si azzardò ad espirare una boccata d'aria, e la trovò passabile. Era così frizzante, così eterea... gli sembrava di volare. Intorno agli occhi danzavano piccole luci bianche. Era strano, era assurdo, era... era quello il cielo?

– Guarda su, Finnick Odair. – gli consigliò Annie, sorridendo come non mai.

Il ragazzo alzò la testa, lentamente, preparandosi a tutto. I suoi occhi si stavano ancora abituando a quello strano ambiente, ma non gli ci volle un granché per riempirsi gli occhi di quel colore. Era dappertutto. Era più chiaro del colore del mare, ma allo stesso tempo più intenso, più compatto, più grande. Ovunque guardasse non c'era che quello. Un'enorme distesa di azzurro, azzurro appena poco più chiaro della coda di Annie.

– È... è bellissimo! – esclamò, senza fiato. – È questo che dicevi, vero? Insomma, il mare è blu perché riflette questo... è il cielo? – Annie annuì. – Il cielo... non ci posso credere, è assurdo! – gridò, entusiasta, lasciandosi cadere a peso morto sul pelo dell'acqua.

Annie lo imitò con allegria, spruzzando acqua da tutte le parti. – E non è tutto! – rise, indicando l'alto. – vedi quella grande sfera luminosa? No, non guardarla troppo, fa male. È il Sole. Il Sole illumina tutto quanto, anche Coral Bay e le Rovine, solo che non ce ne accorgiamo. Quando il Sole cala oltre l'orizzonte, è notte anche da noi. Oh, l'orizzonte è la linea che separa il mare dal cielo, vedi? È bellissimo.

Finnick la osservò sdraiata lì, sul pelo dell'acqua ad indicare ora il cielo, ora il Sole, ora l'orizzonte, e sentì di non aver mai amato tanto qualcuno. – Anche tu sei come l'orizzonte. – disse dopo un po', fissandola radioso. – Sei come l'orizzonte, Annie, a metà tra cielo e mare. Guarda anche la tua coda! Non è un misto tra quei due colori? Sei bellissima, Annie Cresta. Dico davvero.

Annie arrossì un po'. – I-io non...

– Non dire di no. Sei un'orizzonte. Il mio orizzonte. – dichiarò, fiero.

La sirena lo fissò con intensità. – Sai che la gente a due code dice “il mio orizzonte” per indicare la meta di una vita? Lo scopo di un'esistenza? Viaggiare verso l'orizzonte... è vivere, lo sai?

– È così. – rispose Finnick senza neanche pensarci. – Sei tu... sei tu la mia meta, Annie. Io... cercavo, e non sapevo cosa stavo cercando. Sono scappato perché mi era stata negata la possibilità di cercare ancora. E adesso che ti ho trovata, so che per tutta la vita io sono stato alla tua ricerca, Annie Cresta. Ed era così ovvio... sei sempre stata la persona più libera di cui avessi mai sentito parlare. Mi hai aperto un mondo, il mondo oltre la porta di legno. Ed era tutto diverso, tutto più bello, più vero. Se solo fossi venuto da te un po' prima, se ti avessi osservata con più attenzione...

Annie rise, le labbra a un centimetro da quelle di Finnick. – Però l'hai fatto. Quando hai superato quella porta con me, ho pensato... – si morse il labbro, indecisa, ma poi continuò a parlare. – Ho pensato che era tutto troppo bello. Perché c'era qualcuno disposto ad osservarmi. Non ero più ovvia. Ero Annie. E... non so come si dice in questi casi... Però, io penso...

Finnick le tappò la bocca con un dito e sorrise. – Ti amo, Annie.

– Ti amo, Finnick. – rispose lei senza un minimo di esitazione.

Il bacio che si scambiarono non somigliava a niente che Finnick avesse mai provato prima. Annie era dolce, sottile, morbida fra le sue braccia. Nella bocca sentiva sapore di sale e odore di conchiglie, e percepiva la consistenza dell'acqua anche lì, sotto quel cielo sublime e sconosciuto.

Si staccarono, e Annie gli gettò le braccia al collo, piena di gioia. – Ti amo tantissimo, Finnick! Sei la mia persona preferita sulla faccia della terra! Sei stupendo! – gridò, felice.

– Ehi, mi hai chiamato solo Finnick. Che fine ha fatto l'Odair? – scherzò il tritone, stringendola e annusando i suoi capelli. Annie aveva un odore tutto suo: odore di orizzonte, decise subito dopo.

– Nonna Mags diceva che gli Odair sono brave persone. – spiegò Annie, pratica. – Ti chiamavo anche per cognome per ricordare che, essendo un Odair, sei una brava persona. – esitò un attimo, staccandosi da lui e fissandolo negli occhi. Sorrideva, e la luce che irradiavano le sue pupille era più intensa di quella del Sole. – Ora so che sei una splendida persona perché sei Finnick, non perché sei un Odair. Finnick, solo Finnick, la persona migliore dell'universo! – rise, tuffandosi in acqua e riemergendo subito dopo, riempiendo il tritone di schizzi.

– Ah, è così? – ghignò il ragazzo, raccogliendo più acqua possibile con le mani chiuse a cono e rovesciandogliela in faccia.

Annie non aveva smesso un attimo di sorridere, e Finnick non si era mai sentito così felice. Si abbracciarono, si schizzarono e si baciarono finché il Sole non calò oltre l'orizzonte.

– Si sta facendo buio... – mormorò Annie, mordendosi il labbro.

Finnick l'abbracciò da dietro, baciandole la testa. – Il cielo e il mare ormai hanno quasi lo stesso colore. – commentò. – Annie...

– Sì?

– Sei la persona più speciale che conosca. Non importa se hai la coda azzurra, anzi, è perfetto. La gente che parla male di te, tu non ascoltarla. Non saranno mai alla tua altezza: loro sono persone banali che conducono la loro banale esistenza, padri e figli di altre persone banali. Tu... tu sei figlia dell'orizzonte. – sussurrò, gli occhi persi in quelli puri e splendenti di lei.

– Finnick...

– Sì?

– Sai cosa sono le stelle?

 

* * *

 

Erano rimasti ad osservare quel manto di luci e frammenti di Sole fino al mattino, quando l'aria si era fatta più tersa e il cielo più chiaro. Annie gli aveva raccontato storie incredibili, storie di amori e vendette, di re e viandanti, di mostri e divinità.

Poi il Sole era spuntato all'orizzonte, luminoso e dorato come la coda di Finnick, aveva sussurrato Annie. I due si erano abbracciati con forza prima di tuffarsi di nuovo in acqua e di fare ritorno alle Rovine, nel loro mondo. Ma Finnick sapeva che non avrebbe mai dimenticato quella notte: la sensazione del vento sul viso e delle stelle che illuminavano il cielo sarebbe rimasta sempre con lui.

Raggiunsero la porta di legno che era già mattina inoltrata. – Annie, vieni qui. – ordinò Finnick, attirandola a sé. Passò un braccio sotto la coda di lei e la prese delicatamente in braccio. – Siccome questa è casa nostra, – spiegò, – adesso entreremo come se fossimo sposati.

La sirena rise forte, appendendosi al collo di Finnick. – Va bene. – commentò, felice. – Come avevi detto? Entriamo nel mondo oltre la porta.

– Un mondo bellissimo, solo tu ed io. – confermò Finnick. – Ah, e anche tue conchiglie, ovvio.

Entrarono e si lasciarono cadere sul pavimento, esausti per la notte passata in bianco. – Finnick...

– Sì?

– Vuoi sentire una storia? – domandò Annie dopo un istante di esitazione.

Il tritone inclinò il capo sorridendo incoraggiante. – Un'altra storia delle tue conchiglie?

– No. – replicò Annie mordendosi il labbro. – Cioè, c'entrano le conchiglie, però... è la mia storia. – confessò, alzandosi ed avviandosi verso un angolo della stanza.

Finnick la seguì, esitante. La storia di Annie. Cosa gli avrebbe potuto raccontare? Che finalmente avesse deciso di aprirsi con lui su...

– Vedi questa conchiglia? – domandò la sirena, seria, indicando una delle più belle della sua collezione. Era molto grande, dai riflessi azzurri. – Una volta era di nonna Mags. – confessò, senza guardarlo. – A me piaceva molto, ma si trovava in un armadio chiuso a chiave e non avevo il permesso di prenderla. La trovavo bellissima perché era tutta azzurra, un po' come me. – agitò la coda, come a voler perdere tempo, poi prese fiato e continuò. – Io non ne sono sicura... ma nonna Mags voleva regalarmela per il compleanno. Aveva detto di volermi parlare di qualcosa di importante... Insomma, io ci speravo. P-poi, quella notte... Avevo sentito un rumore. Così ho detto alla signora Pearl, così ho detto a tutti. Però non è proprio vero. Io ho sentito... ho sentito la conchiglia che mi chiamava. E diceva vieni giù, vieni! È terribile, vieni, presto! E continuava, e continuava, e sembrava disperata, così sono scesa. Ma ormai, n-nonna Mags... – Annie singhiozzò, e Finnick le prese la mano. – È stata la prima volta che una conchiglia mi abbia mai parlato. Ma da allora... non hanno più smesso. Quando sono venuta a vivere qui c'era s-solo lei... è da lei che ho saputo tutte quelle cose sulla superficie, il cielo, il Sole e l'orizzonte. Soprattutto l'orizzonte... E poi, questa conchiglia mi ha raccontato una cosa importante. Quando nonna Mags mi ha trovata, io... non ero proprio davanti alla porta di casa sua. Sono... scesa dall'alto. Piano, fluttuando, aggrappata proprio a questa conchiglia. Non so da dove venissimo, lei non me lo vuole dire. Gliel'ho chiesto tante volte... Il fatto è che, vedi, non sono di qui. Per questo non ho neanche provato a... a fare quelle cose normali che fanno le persone di qui, come uscire insieme o chiacchierare sul tempo o andare alle corse dei Cavallucci Marini o visitare la Barriera in un giorno di vacanza. Non sono... normale, ecco. Ora lo sai. – Annie tirò un respiro tremante e rimase a guardarlo, tesa. Davvero pensava che bastasse così poco per preoccupare Finnick?

Il ragazzo sorrise, passandole un braccio intorno alle spalle e attirandola al suo petto. – Annie... – mormorò, cercando le parole giuste. Mai gli era stata a cuore una persona come in quel momento sentiva di amare Annie Cresta, la piccola bellissima figlia dell'orizzonte che aveva avuto la fortuna di incontrare. – Che me ne faccio io di una sirena normale? – chiese, puntandole affettuosamente il dito sul naso. – Quello che è successo a tua nonna è stata una cosa orribile, ma sappi che io le sarò sempre grato per averti trovata e cresciuta. – prese fiato, le scostò una ciocca di capelli dal viso e continuò. – Che tu sia scesa dall'alto è... è bellissimo, davvero. Non devi sentirti strana o diversa, insomma, come dire? – ridacchiò, imbarazzato, grattandosi la testa. – Ho conosciuto tantissime sirene, tutte noiose, tutte uguali. Tu sei diversa, sei speciale.

Annie abbozzò un sorriso. – Era quello che mi diceva nonna Mags. – ricordò.

– E aveva ragione. – affermò Finnick con decisione. – Sei speciale perché sei davvero figlia dell'orizzonte, Annie. Vieni da lì. – la baciò piano, dolcemente, e Annie rispose con forza e enfasi, quasi volesse sancire un legame più forte di qualsiasi altra cosa al mondo.

– Finnick...

– Sì? – sorrise il tritone.

Annie gli sfiorò la guancia. – Mi piaci tantissimo. Mi piaci soprattutto quando sorridi. Dalla prima volta che ti ho visto ho pensato... ho pensato che avrei dovuto farti sorridere il più possibile. È una cosa stupida? – si preoccupò subito. – Lo so che uno sorride quando si sente e non se qualcun altro vuole che sorrida, quindi forse è stato stupido pensarlo da parte mia, però io...

Finnick la zittì con un altro bacio. – Non è per niente stupido. – le soffiò sul viso. – È la stessa cosa che ho pensato io. Ti amo, Annie, come non ho mai amato nessun'altra.

La sirena arrossì appena, felice come non mai. Finnick Odair aveva completamente stravolto la sua vita: fino ad allora non aveva mai pensato di poter seriamente relazionarsi con le altre persone. Si era convinta di essere pazza, diversa, sbagliata: in parte per il colore della sua coda, in parte per la sua provenienza, in parte per la questione delle conchiglie... era semplicemente troppo perché qualcuno potesse seriamente interessarsi a lei. E poi era arrivato lui, con la sua allegria, la sua ironia, il suo essere così luminoso, forte, bello e allo stesso tempo infinitamente dolce. Annie non credeva che avrebbe potuto davvero amare. Credeva che quel sentimento le fosse precluso, perché andiamo, le sirene dalla coda azzurra venute dall'alto non possono amare. E invece... Affondò il viso nel petto del tritone dalla coda dorata e espirò lentamente il suo profumo. – Finnick...

– Sì?

– Che farai adesso?

Il ragazzo si prese un po' di tempo per pensarci. Ora che aveva fatto chiarezza in quello che provava per Annie; ora che sapeva di essere ricambiato; ora che sentiva di aver trovato il suo posto...

– Immagino che... proverò a tornare indietro. – azzardò, continuando ad accarezzarle la schiena. Annie annuì. – Potrei... potrei parlare con mio zio. Ormai è passato tanto tempo, può darsi che gli sia addirittura mancato. – ridacchiò. – E in fondo, ci sono sempre i miei fratelli. Dovresti conoscerli, alcuni sono davvero a posto. Non preoccuparti: sono Odair, quindi...

– … Sono brave persone. – concluse Annie, ridendo. – Secondo me è la cosa giusta. Insomma, stare qui sola con te è bellissimo, però... stai ancora scappando. E io vorrei varcare quella porta con te... o anche un'altra porta, fa lo stesso, solo che vorrei... – arrossì. – Come abbiamo fatto ieri sera, però davvero. In ogni caso fai bene a tornare. E se vuoi... se vuoi posso venire anch'io. Con te. Insomma, ti seguirei dovunque, lo sai.

Finnick la strinse un po' di più, incredulo. – Sai che senza di te sarei perso. – disse dolcemente.

Annie gli si accoccolò tra le braccia e rimase lì, respirando piano, finché Finnick non fu relativamente sicuro che si fosse addormentata.

Non sapeva cosa sarebbe successo da quel momento in poi: e una volta tornato a palazzo? Avrebbero davvero acconsentito a lasciarlo stare con Annie? E lei, come si sarebbe trovata a palazzo? Lo sguardo gli cadde sulla coda della sirena, illuminata da un raggio di luce proveniente dalla finestra, e dentro di lui crebbe una consapevolezza nuova: qualunque cosa accada, si disse, io proteggerò questa sirena e il suo sorriso, e lo farò stando sempre al suo fianco.

In fondo, come poteva separarsi dal suo orizzonte?

 










































Angolo autrice ~
Ok, adesso potete ufficialmente farmi fuori. Perché questa è la cosa più AU, più sdolcinata e più oscena che mi sarebbe potuta venire fuori. Ma tant'è... Per un Universo Alternativo del genere, Annie e Finnick mi sono sembrati semplicemente perfetti. Il loro legame con l'acqua, tutto mi sembrava adatto ad un ambiente marino e magico come quello delle sirene. I nomi hanno tutti una loro storia: Anthea significa fiore, ed è il nome di tutto il regno conosciuto dalle sirene e dai tritoni. Coral Bay perché morivo dalla voglia di scrivere corallo da qualche parte, e i Death Shark sono una cosa a metà tra i Death Eaters di Harry Potter e gli Uomini Pesce di One Piece (questioni affettive, capitemi). Per il resto ho cercato di rendere Annie il più fedele possibile all'originale: pazza, ma non completamente. Provata, sicuramente, da un lutto che l'ha sconvolta, ma anche dal modo di pensare diverso dalla massa. Interessante, senza peli sulla lingua e così limpida da sembrare quasi surreale. Finnick... può sembrare troppo dolce, ugh, davvero. Ma con Annie è così. Se con gli altri ha quella sua aria un po' da spaccone provocatorio, beh, con Annie era tutto diverso. Io ho potuto (parliamoci chiaro: ho voluto) descrivere apposta solo questa parte di lui: quella dolce, protettiva, quasi un pizzico insicura di Finnick che solo Annie conosce, che solo Annie sa tirare fuori. E niente, grazie a tutti voi se siete arrivati fin qui! <3 Un abbraccio a chiunque vorrà recensire!
Un bacione, vostra
Emma ^^
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: EmmaStarr