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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    10/03/2014    5 recensioni
“È strano…” esclamò, il tono di voce che riconobbe a malapena tanto sembrava diverso dal suo solito calmo e ponderato modo di parlare. “Credo… Credo sia allora che mi sono innamorato di te” terminò, alzando lo sguardo sul compagno che stava sopra di lui.
Cedric sorrideva di un sorriso allo stesso tempo soddisfatto e addolorato.
“Diamine, Harry…” constatò alzando gli angoli della bocca. “Fossi morto in quel cimitero avresti avuto una bella gatta da pelare…”
[Quarta classificata al contest "L'eternità era sui nostri occhi e le nostre labbra" indetto da ColeiCheDanzaConIlFuoco]
[Quinta classificata al contest "L'amore non ha tabù" e vincitrice dei premi migliore storia slash, migliore coppia crack, migliore trama slash, indetto da Mitsuki91]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cedric Diggory, Harry Potter
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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La notte era di un blu che tendeva all’azzurrino, di un bianco latteo che diveniva turchese, di un nero che subito cambiava in blu scuro.
Harry si avvicinò lievemente al petto dell’uomo, stringendosi alla sua maglietta, affondando le dita nella stoffa scolorita.
Il parco di Hogwarts era esattamente come lo ricordava. C’erano quelle due o tre colonne su cui potevano vedere le cicatrici della guerra richiuse a malapena o in malo modo, ricucite da fili troppo sottili perché non si notasse la ferita ancora fresca,  troppo in fretta perché non si notasse l’azione distratta del bisturi, ma comunque ancora integre.
“Come dieci anni fa, eh?” commentò Cedric, senza sapere di aver interpretato alla perfezione le sue emozioni. Ma Harry non volle darglielo a vedere e commentò, malizioso:
“Siamo diventati sentimentali, Ced?”
Il ragazzo si concesse un lieve sorriso e gli passò un braccio dietro le spalle, avvicinandolo ancora di più.
Harry notò che aveva usato la mano sinistra e per un istante i suoi occhi si velarono. La ritrosia di Cedric ad usare quello specifico arto era diventata ormai un’abitudine, seppure dolorosa, per lui, ma non si sarebbe mai rassegnato al tentare di fargli capire che per lui non cambiava assolutamente nulla se a stringerlo a sé fosse stata la sua mano destra o la sinistra.
Fu solo un attimo però.
Le urla di giubilo e di gioia provenienti dal Castello li fecero voltare lievemente, e a Harry scappò un sorriso.
“Mezzanotte…” gli fece notare, guardandolo negli occhi. Le pupille grigie del biondo guizzarono lievemente verso di lui e si concesse un mezzo sorriso che però non durò più di un secondo.
Harry gli si avvicinò lievemente, strusciando sull’erbetta fresca di rugiada, e gli poggiò una mano sulla guancia fredda.
“Dieci anni, eh, Ced?” sussurrò, senza trattenersi dal ridacchiare. “Sembriamo due vecchietti alle loro nozze d’oro…”
Stavolta lui si concesse un sorriso e un sbruffo di disapprovazione divertito, ma non voltò lo sguardo verso di lui.
“Proprio vero” commentò, il tono di voce freddo e lievemente distaccato. Harry ormai era abituato a quei momenti “no”, ma non riusciva a capire come anche in una giornata come quella lui potesse sentirsi giù.
“Ced…”, tentò, sussurrando il suo nome tra i denti, accarezzandogli la guancia con il palmo della mano. L’uomo non rispose e, anzi, sembrò distaccarsi un altro po’ da lui.
“Ce-ed” riprovò, aggrottando le sopracciglia e contraendo il viso in un’espressione da coniglio: sapeva che lo divertiva quando faceva l’idiota. Ormai, in fondo, cos’altro poteva fare lui? Cosa rimaneva dopo la guerra di lui? Poteva solo far ridere, oramai, nascondere dietro una risata quanto si sentisse rotto dentro, e tentare di rendere felici chi, come lui, da quella guerra aveva perso tutto.
Come Cedric.
L’uomo stavolta si degnò di guardarlo in viso e Harry notò un’ombra di malinconia in fondo alle iridi grigie, nascosta in malo modo dietro a tante altre emozioni, tanto intense quanto artificiose: finta allegria, finta partecipazione, finta gioia.
Non c’era nulla di vero in quegli occhi, e per un istante Harry si spaventò.
Senza quasi accorgersene, la sua mano si serrò in quella dell’uomo accanto a lui.
“Ti dispiace?”
Cedric lo guardò stupito.
“Cosa?” domandò, lievemente confuso.
Harry strinse ancora di più la presa, come se stesse cercando di trattenerlo mentre lui volava via, lontano da lui.
“Aver scelto questa vita” rispose il moro, riportando l’altra sua mano sulla guancia, ancora fredda, del biondo. “Aver scelto di condividerla con me…”
Cedric sembrò ancora più shoccato di quanto non lo fosse prima.
“Non lo pensare nemmeno, Harry” sibilò concitato, stringendo stavolta lui la sua mano, portandosela alle labbra e baciandola, delicato.
La sinistra, non poté fare a meno di notare Harry con una stretta al cuore.
“Allora perché stai così, Ced?” domandò, un groppo in gola che gli si era formato dall’istante in cui si era accorto che lo sguardo dell’uomo era vacuo e calmo.
Non poteva sopportare quello sguardo, e Cedric lo sapeva.
Si risvegliava ancora la notte con la paura che lui fosse morto, e quando lo vedeva sgranare gli occhi a quel modo, in un’ espressione di calma indifferenza, gli sembrava di vedere quello che gli aveva rivolto, anni or sono, quando erano usciti da quel dannato labirinto.
Lui sospirò lievemente, tornando a fissare il cielo sopra di loro: la luna era alta nel cielo e brillava perlacea. Nella penombra lattea, il viso di Cedric era lievemente in ombra, e Harry scorgeva a malapena i suoi occhi grigi e i capelli di rame che gli incorniciavano il viso.
“Sto così per…” sussurrò, deglutendo lievemente. “Sto così per tutto quello che non ti ho potuto dare, Harry” terminò, chiudendo gli occhi con uno scatto.
Stavolta fu il turno del moro rimanere stupefatto. Osservò l’uomo accanto a sé stordito, tentando di cogliere un minimo segno di sarcasmo nei suoi occhi, certo che si sarebbe messo a ridere rivelando lo scherzo, ma ciò non avvenne: Cedric aveva lo sguardo fisso davanti a sé, terribilmente serio, il viso contratto nel tentativo di non piangere.
“Ced, cosa…” sussurrò Harry, abbracciandogli il petto con entrambe le mani ed avvicinando il suo viso all’incavo della sua spalla. Sapeva di pesca e di dopobarba, del vento che scompigliava loro i capelli e dell’erba umidiccia su cui stavano stesi.
Cedric gli afferrò il braccio con una sola mano, la sinistra, ma non lo guardò in viso. Non voleva.
“Non ti ho mai potuto dare tutto quello che avrei voluto, Harry…” bisbigliò lui, deglutendo a fatica e tirando su col naso. “Non ho mai potuto darti tutte quelle carezze che avrei voluto… Tutti quei balli che avrei voluto concederti…”
Si voltò verso di lui, stringendosi ancora al suo braccio, e Harry vide i suoi occhi grigi pieni di smarrimento e di triste dolcezza.
“Harry, la guerra ci ha uccisi un po’ entrambi” balbettò lui, tremando. Il moro non capì se di freddo o d’altro. “Ha ucciso un po’ tutti, in realtà”.
Sospirò.                                                                                      
“Ci ha strappato tanto, ci ha tolto tanto…”
Abbassò lo sguardo.
“Troppo”.
Harry gli prese il viso tra le mani in un moto d’affetto e lo voltò verso di lui.
“Non importa quanto ci abbiano tolto, Ced” bisbigliò, gli occhi che si appannavano lievemente di calde lacrime.
Gli passò una mano tra i capelli ramati, assaporandone la morbidezza squisita e sorridendo quando incontrò quel nodo che, tutte le mattine, Ced non riusciva mai, MAI a disfare.
“Ma quanto ci rimane” riprese, sicuro, traballando lievemente sull’ultima parola. “E noi siamo rimasti” concluse, deglutendo a fatica. Non voleva piangere. Non di fronte a lui. Non quando era lui quello che tentava sempre di sostenerlo.
“E io non potrei volere null’altro, Ced, davvero” bisbigliò sulle sue labbra, dolcemente. “Non potrei volere null’altro se non te. Perché tu sei tutto ciò che voglio”.
Cedric gli sorrise debolmente, di un sorriso che sapeva di tante parole non dette, di tante promesse inespresse e di tanti gesti non fatti. Parole, promesse e gesti che probabilmente non avrebbero mai avuto abbastanza tempo per essere pronunciati o compiuti. Ma in fondo, il tempo è tiranno con gli amanti. E Harry sapeva che non gli avrebbe mai potuto dire abbastanza quanto era innamorato di lui.
Il moro fu stretto in un abbraccio dall’altro, che gli afferrò le scapole e si aggrappò a esse con tutta la sua forza. Harry era mingherlino e sopportava a malapena la corporatura robusta dell’altro, ma nonostante ciò ricambiò l’abbraccio, aggrappandosi a sua volta all’uomo, affondando il suo viso nella t-shirt scolorita e sorridendo lievemente.
Nessuno dei due era mai voluto andare ad un evento importante con qualcosa di diverso da una camicia informale, jeans e delle scarpe da ginnastica. E di eventi ne avevano presenziati anche troppi. Ma nessuno dei due si era mai adattato a quella etichetta così formale, e in fondo l’abbigliamento sportivo era una delle poche cose che gli restava della loro gioventù bruciata.
Cedric appoggiò la sua guancia nell’incavo della spalla di Harry, posandovi un lieve e dolce bacio. Il moro non poté fare a meno di notare che il viso del compagno era bagnato, ma non commentò: si limitò a stringere ancora di più il suo corpo, serrando le braccia intorno alla schiena e serrando gli occhi.
Era in quei momenti che si sentivano davvero l’uno parte dell’altro, che la loro metà mancante cominciava a pesare un po’ di meno, che la triste consapevolezza che mai più sarebbero stati di nuovo interi senza l’altro diveniva meno dolorosa.
Cedric aveva imparato a sopravvivere senza quella mano con cui mai aveva potuto carezzarlo e senza suo padre, e Harry aveva imparato a sopravvivere con il ricordo sempre costante di tutti quelli che se n’erano andati per colpa sua.
“La vita va avanti, Harry” sussurrò Cedric, come intuendo i suoi pensieri, e gli posò un bacio lieve sulla guancia. “E si va avanti… Non importa quanto si è malmessi o quante ferite si abbiano”.
Harry sospirò, passando le braccia dalla schiena alle sue spalle muscolose. Conosceva ormai a menadito il corpo di Cedric, tanto che avrebbe potuto percorrerlo ad occhi chiusi, e aggrapparsi a quelle spalle lo faceva sentire protetto, quasi un uccellino ritornato al nido che gode delle attenzioni della madre.
 “Sai, odio queste feste” commentò il moro ridacchiando lievemente. “Ti fanno venire addosso tanta di quella malinconia…”
Cedric sorrise sbuffando sui suoi capelli.
“Harry, tu non ti rendi conto di quanto ho avuto paura quando…”
Non aveva bisogno di finire la frase. Sapeva già cosa voleva dire, e non voleva che ricordasse quell’orrendo momento in cui, dieci anni prima, lui stesso aveva creduto che quell’Avada Kedavra sarebbe stata la sua fine.
“A che hai pensato, quando sei andato lì?” domandò Cedric, improvvisamente curioso.
Harry aggrottò lievemente le sopracciglia. Aveva raccontato quella storia tante di quelle volte, arricchendola ogni volta di piccoli dettagli, tra giornalisti, curiosi, o per la piccola Rose. Eppure c’era qualcosa che non aveva mai raccontato.
Neppure a Cedric, effettivamente.
“Avevo tanta paura” sussurrò, passando la mano destra dietro il collo dell’uomo e arrivando ai capelli ramati tanto amati. “E per un istante, sai, ho pensato…”
Si avvicinò lievemente al viso dell’altro e lo costrinse a piegare il suo, e le loro labbra si incontrarono per un istante.
Un bacio casto, lieve, pieno di pudore e quasi di vergogna. Come tanti di quei baci che si erano scambiati quando non erano altro che due ragazzini che capivano poco o nulla di amore, quando avevano troppo timore di tenersi anche per mano e il minimo contatto li faceva arrossire.
Quando si staccarono, Harry lo guardò negli occhi grigi con un lieve sorriso. La sua mano era ancora a reggere la testa del compagno, la sua fronte unita con quella dell’ex-Tassorosso.
Harry sospirò lievemente. Nel freddo che si andava intensificando, il suo fiato divenne una nuvola bianca che andò a toccare le labbra e il viso di Cedric.
“… Ho pensato che ti stavo perdendo per sempre, Ced”, bisbigliò sulle sue labbra paonazze per il gelo. “Come in quel cimitero…”
Una scossa gli percorse tutta la colonna vertebrale. Non era chiaro se fosse stato il freddo o qualcos’altro a farlo tremare, ma bastò per interrompere il contatto delle loro fronti.
Cedric afferrò pronto la giacca che aveva appoggiato poco lontano e gliela passò, affettuoso, sulle spalle, carezzandogli lievemente la guancia con la sinistra.
Harry si sistemò l’indumento intorno alle spalle con un sorriso lieve e sussurrò un “Grazie” sommesso, mettendosi a sedere insieme al compagno.
Cedric si avvolse le ginocchia con le braccia e alzò gli angoli della bocca lievemente.
“Davvero, Harry?” domandò l’uomo, dondolandosi lievemente sull’erba scherzosamente.
“Mh mh” annuì l’altro, coprendosi ancora di più le braccia con la giacca scura: era anche quella di un taglio informale ed era di almeno due misure più grande di lui. Beh, non era sorprendente, considerando che era di Cedric.
“Ti rendi conto che non eravamo ancora fidanzati?” sbuffò il biondo passandogli un braccio intorno alla vita.
Harry alzò le spalle.
“E allora?” commentò. “Non potevo provare qualcosa per te?”
Cedric si lasciò sfuggire una risatina.
“Effettivamente…” bisbigliò, lasciandogli un veloce bacio sulla guancia.
Il silenzio della notte li avvolse, coperto solo dai rumori che arrivavano dal castello: urla di gioia, risate, musica, festa.
La luna sembrava quasi più vicina in tutto il suo splendore argentato.
“Gli altri si perdono uno spettacolo stupendo…” sussurrò Harry, incantato dalla vista dell’astro e posando una mano sulla spalla del compagno.
“Beh, almeno siamo soli” commentò Cedric con un sorriso malizioso sul viso.
Il moro si voltò verso di lui fingendosi scandalizzato.
“Vorresti farlo… Qui?” chiese, spalancando occhi e bocca. Le orecchie del biondo divennero lievemente rosse ma lui si riscosse tossicchiando lievemente e fingendo un’aria distaccata.
“Ehm… Che… Che dicevi del cimitero?”
Harry rimase per un istante a fissarlo sbalordito, poi si lasciò sfuggire un sorriso lieve.
Si voltò a guardare la luna e, con delicatezza, posò il capo sulle ginocchia di Cedric, stringendosi le braccia intorno alla giacca.
L’uomo iniziò a giocherellare, divertito, coi suoi capelli scuri, e Harry chiuse gli occhi rilassato: non si era mai sentito così in pace con sé stesso.
“Ecco, io…” iniziò, accorgendosi fin da subito che se avesse continuato avrebbe detto tante, forse troppe cose. Ma non aveva intenzione di fermarsi, non con Cedric.
Non con lui.
“Io ho avuto tanta paura, Ced, quando ho visto quel raggio…” bisbigliò. La voce cedette irrimediabilmente sulle ultime parole.
“E ho creduto tu fossi…”. Il ricordo era ancora così vivido dentro di sé che temeva, ogni volta che lo passava in rassegna, che fosse davvero ciò che era successo.
Deglutì lievemente, mentre Cedric si fermò nel tentare di districare un nodo particolarmente ribelle, evidentemente anche lui preso da quel ricordo doloroso.
“Tu eri lì, steso a terra, e io pensavo…”. Si ritrovò a non avere più parole da usare, ma in fondo cosa era accaduto fuori da sé era stato chiaro per tutti, anche per Cedric. Era ciò che era accaduto dentro la vera rivelazione, la vera novità, ciò che aveva cambiato tutto per sempre.
“Mi… Mi sembrava che mi avessero compresso i polmoni, come se non potessi più respirare, e tu eri là, e non mi sentivi…” continuò, incespicando lievemente mentre un altro groppo arrivava a bloccargli dolorosamente la gola.
Cedric aveva lo sguardo perso nel vuoto, mentre dentro di sé riviveva quegli orrendi attimi: il raggio verde, la caduta, il buio… La consapevolezza che non ci sarebbe stato più un domani.
Il limbo.
Il vuoto.
Il nulla.
E poi la luce, improvvisa e impetuosa.
La luce che era filtrata attraverso le palpebre riportandolo su da quel regno di tenebre.
La confusione.
Il chiacchiericcio intorno a lui.
Il viso di Harry rigato di lacrime.
Il viso di Harry che lo guardava stupito.
Harry che rideva, che lo stringeva, che lo baciava sulle guancie e che gridava di gioia.
“Era come se mi avessero tolto tutta l’energia dal corpo, davvero” continuò Harry, appoggiandosi meglio alle ginocchia dell’uomo.
“Come se… Come se un Dissennatore fosse stato nelle vicinanze”.
La voce ora procedeva lievemente più sicura, spedita nei meandri dei suoi ricordi che risultavano, dopo più di dieci anni, dipinti ancora a pennellate decise nella sua mente.
“E ho avuto davvero paura di averti perso, Ced… Per sempre”.
Sulle ultime parole dovette serrare gli occhi e i pugni, con uno scatto involontario di timore.
Si ritrovò a ridacchiare.
“È strano…” esclamò, il tono di voce che riconobbe a malapena tanto sembrava diverso dal suo solito calmo e ponderato modo di parlare. “Credo… Credo sia allora che mi sono innamorato di te” terminò, alzando lo sguardo sul compagno che stava sopra di lui.
Cedric sorrideva di un sorriso allo stesso tempo soddisfatto e addolorato.
“Diamine, Harry…” constatò alzando gli angoli della bocca. “Fossi morto in quel cimitero avresti avuto una bella gatta da pelare…”
Harry gli diede un pugno sul braccio e Cedric scoppiò a ridere reggendoselo con sguardo fintamente offeso.
“Oh, insomma, un ragazzo non può fare umorismo in santa pace?” domandò lui irritato, ridendo ancora.
“Non su questo!” esclamò Harry, pronto a colpirlo di nuovo. Ma aveva anche lui un largo sorriso stampato sul viso, e gli occhi che brillavano ridenti.
“Ci vedesse ora quel Medimago che direbbe, eh, Harry?” ridacchiò Cedric, per poi lanciarsi in un’imitazione ben riuscita del signor Troublemaker.
“ ‘Dovrebbe essere più responsabile, signor Potter!’” borbottò, provocando una risata ilare da parte dell’altro.
“ ‘Proprio lei che si mette a fare questi giochetti, eh?’ ”. Stavolta per rafforzare l’imitazione, Cedric alzò un dito, severo e allo stesso tempo ridicolo come il Medimago. Harry si lasciò scappare un’altra risata.
“ ‘Dopo un’operazione come quella che ha dovuto subire, poi!’ ”. Harry tentò di ridere, approfittando del fatto che almeno stavolta Cedric scherzasse su quello che poco tempo prima era stato un moncherino ed ora era una fredda mano artificiale: il compagno non aveva mai abbandonato l’abitudine di usare ormai solo e sempre la sinistra, anche per i gesti più semplici, alienato quasi da quell’arto che non gli apparteneva più di quanto gli appartenesse la casa in affitto che avevano preso a Godric’s Hallows.
“ ‘Dovrebbe avere più cura del suo fidanzato!’ ”. Un’ultima risata si smorzò velocemente nella sua gola quando una musica particolare attirò la sua attenzione dall’interno del Castello.
Harry protese rapido le orecchie e, quando riconobbe la melodia, sorrise lievemente compiaciuto a Cedric seduto a gambe incrociate accanto a lui.
“Cosa?” domandò quello, aggrottando le sopracciglia.
Harry ammiccò con un gesto veloce degli occhi al Castello, invitandolo ad ascoltare.
Cedric si fece attento e dopo pochi istanti la riconobbe.
Poi il suo sguardo si posò di nuovo su Harry che lo fissava con un espressione tra il deliziato e l’ammiccante.
“No” esclamò ancora prima che potesse dire qualcosa, scuotendo la testa deciso.
Harry allargò le braccia.
“Oh, forza, Ced!”
“Non abbiamo mai ballato!” ribatté Cedric, ben deciso a non cedere. Harry sapeva che l’idea di utilizzare la destra da poco riacquisita lo terrorizzava, ma non aveva nessuna intenzione di dargliela vinta.
Deciso come non mai, gli afferrò il braccio ed esclamò, divertito:
“Forza, Campione, alzati!”
Cedric sbruffò mentre lui si metteva in piedi.
“Harry, io non…”
“Puoi sconfiggere un drago e hai paura di un balletto, Tassorosso?” commentò il moro, alzando le sopracciglia.
Cedric alzò lo sguardo su di lui seccato.
“Sei davvero un seccatore quando vuoi, lo sai?”
Harry alzò le spalle, rassegnato.
“Dote naturale, credo”.
L’uomo rimase a guardarlo indeciso su cosa fare per alcuni istanti, mentre la musica continuava imperterrita, lenta e cantilenante.
“Come il Ballo del Ceppo” commentò Harry, tentando di convincerlo.
Cedric sorrise lievemente.
“Solo che allora andai con una ragazza” gli fece notare lui allargando le braccia.
Harry finse una smorfia di disappunto, come se quel dettaglio gli provocasse grande fastidio.
“Devo ancora perdonarti per quello, lo sai?” disse in un tono che doveva sembrare estremamente seccato ma che alla fine si risolse con una risata e un sorriso lieve.
Cedric rimase ancora incerto per pochi istanti.
“Oh, coraggio Ced!” tentò nuovamente Harry, prendendolo per le mani e provando a tirarlo su con forza. L’uomo rimase immobile al suo posto, senza muoversi, mentre l’altro sudava vistosamente nei suoi inutili tentativi.
“Harry…” commentò, prima di mettersi in piedi scuotendo la testa.
Il moro sospirò di sollievo e si concesse una risata.
La musica arrivava chiara e distinta dal Castello, e Harry poteva riconoscerne le parole mentre, tra sé e sé, le canticchiava guardando negli occhi grigi il compagno, tenendo il tempo battendo la mano sul ginocchio.
“Down to the earth I fell, with dripping wings, heavy things won't fly”.
Le sussurrava muovendo a malapena la bocca, mentre aspettava, paziente, una mossa del compagno.
Cedric sembrava combattuto: lo vide alzare gli occhi al cielo per un istante, poi le sue pupille tornare, per un istante, sull’arto destro, contraendo la bocca in una smorfia di dolore.
Harry fu lì lì per dire qualcosa ma rimase con la bocca aperta come un pesce rosso, indeciso su cosa dirgli esattamente.
La musica li univa ancora, lenta e malinconica, le parole che sembravano avvolgerli in un caldo e rassicurante abbraccio.
Se un istante prima quel prato era risuonato di risate e di parole scherzose, ora il silenzio era così netto che si poteva tagliare con un coltello. Era bastato solo che Cedric si alzasse perché lo scherzo ritornasse quello che era: una realtà triste e ineluttabile, più complessa di quanto le parole asciutte e fredde di Troublemaker volevano farla sembrare, più personale di quanto le risate di Ron la dipingevano, più straziante di come Cedric voleva mostrargli che fosse per lui.
And the sky might catch on fire, and burn the axis of the world…”
Harry si avvicinò ancora di più, tentando un primo approccio: posò la mano destra sul fianco del compagno e, con delicatezza, tese l’altra verso il vuoto, aspettando che Cedric la stringesse.
La vicinanza era così minima che Harry poteva sentire il petto dell’altro alzarsi ed abbassarsi ritmicamente contro il suo.
Il moro fu preso per un istante da una morsa di paura che arrivò dal cervello fino allo stomaco, e da qui si irradiò pericolosamente verso tutti gli arti: mani, piedi, dita furono invasi da quella stretta, facendolo quasi traballare per un istante.
Il ricordo di quando, usciti da quel cimitero, aveva sentito il petto del Tassorosso contro le sue mani fermo e il ricordo di quella sensazione di impotenza totale, come se non ci fosse stato più null’altro da fare se non piangere su quel corpo che non avrebbe più potuto farlo, erano ancora vivi in lui, e il sentire ora quel petto di nuovo alzarsi ed abbassarsi e vedere il viso che tanto aveva temuto di dover seppellire sotto una tonnellata di terra davanti a sé era tanto rassicurante quanto minante.
Silente non aveva saputo dare una risposta logica a quel miracoloso risveglio se non che la Maledizione l’aveva preso di striscio, il che avrebbe dovuto comunque causare la sua morte, in quanto dal punto in cui era stato colpito gli effetti dell’Avada Kedavra avrebbero dovuto ripercuotersi su tutto il corpo, ma così non era stato: l’incantesimo era rimasto confinato alla mano destra, con cui non c’era stato nulla da fare.
Cedric parve comprendere i suoi pensieri e, pensando di poter calmare la sua ansia, poggiò riluttante la destra sul suo fianco.
La sinistra si alzò timida ad unirsi alla sua mano, mentre l’uomo deglutiva lievemente, ma Harry la fermò prima che arrivasse a destinazione.
Afferrò le dita della mano tra le sue, con un gesto veloce e scattante, e poi, con delicatezza, la portò al suo fianco.
Aveva gli occhi di Cedric nei suoi, tanto intensamente il compagno lo stava guardando. La sua espressione era un tentativo malriuscito di sembrare sereno, quando Harry sapeva che non era così: dentro di sé l’ex-Tassorosso tremava di paura, mentre l’altro afferrava quell’arto che gli era tanto estraneo quanto famigliare.
Fu un attimo: le sue dita si unirono a quelle della mano destra di Cedric. Il compagno richiuse gli occhi per un istante, come se una scossa elettrica lo avesse attraversato da capo a piedi, come se quell’unico tocco fosse stato l’Avada Kedavra che dieci anni prima lo aveva mancato.
Harry gli sorrise rassicurante, portandosi la mano dell’altro alla guancia e lasciando che la carezzasse, quasi costringendola a farlo, con movimenti delicati e timidi.
“Non è nulla di cui vergognarsi, Ced” sussurrò, mentre ora la stessa mano di Ced si muoveva sul suo viso, senza che fosse lui a costringerlo.
“È parte di te ormai” continuò, notando gli occhi dell’altro che si inumidivano notevolmente.
La musica continuava, lenta, dolce, leggera come una sottoveste che cade delicatamente su un pavimento freddo, come la mano di Cedric che ora tremava visibilmente.
That's why I prefer a sunless sky, to the glittering and stinging in my eyes”.
“Ced...” bisbigliò Harry, riprendendo la mano destra di lui nella sua. Gli occhi di Cedric luccicavano nella semi oscurità e il suo viso era contratto in una smorfia di quello che sembrava inconfutabile dolore.
La destra di Cedric tremava senza controllo, arto estraneo dal corpo del suo portatore, inutile sostituto di qualcosa che ormai da tempo non c’era più, di una parte di lui che mai sarebbe tornata a posto, separata per sempre da quel corpo cosparso di cicatrici e ferite che a malapena il tocco di Harry era riuscito a sanare.
“Ced, questo sei tu” sussurrò Harry, prendendogli il viso tra le mani e guardandolo fisso negli occhi. A quella distanza poteva vedere chiaramente il solco di una lacrima che, silenziosa, era scivolata giù dai begli occhi grigi.
Cedric si aggrappò con tutte e due le mani a quelle di Harry, lasciando un lieve bacio sul palmo sinistro. Per un istante il moro rabbrividì: la destra era straordinariamente fredda rispetto alla sinistra. Ma non glielo diede a vedere. Non voleva che si sentisse ancora peggio. Non voleva vedere altre lacrime su quel viso.
“Va tutto bene, Ced…” sussurrò Harry, spostando ora le sue mani al fianco del compagno e alla sua mano protesa. Strinse le sue dita lentamente, godendo di ogni secondo in cui le articolazioni si incastravano e si fondevano, diventando unico essere e unico arto.
“Tutto bene” sussurrò un’ultima volta Harry.
“I feel so light, this is all I want to feel tonight”.
Iniziarono a ballare solo allora, stretti l’uno all’altro, la musica che risuonava gentile nell’aria, cullandoli dolcemente.
Ma il loro non era ballare: volteggiavano lentamente, toccando a malapena terra, si appoggiavano l’uno alle spalle dell’altro, reggendosi a vicenda, tentando di tenere insieme quei pezzi che da dieci anni erano attaccati a loro per mera pietà, non perché vi volessero rimanere attaccati.
“I feel so light, tonight and the rest of my life”.
Era un ballo lento e delicato, delicato come ora sembrava il viso di Harry nella penombra.
Poteva quasi vederlo, Cedric, il viso del quattordicenne che l’aveva portato via da quel cimitero con le lacrime agli occhi, poteva distinguere i tratti delicati sotto quel viso aguzzo e i lineamenti marcati.
Poteva vedere il bambino sotto l’uomo, mentre la musica entrava loro nelle vene, sottofondo e colonna sonora dei loro timidi passi.
Non era ballare, no.
Era Harry che l’aveva convinto ad appoggiarsi definitivamente a lui, ad essere per una volta lui quello che si appoggiava e non il bastone.
Aveva sempre creduto di dover proteggere quel bambino, anche ad anni di distanza…
E non aveva mai capito che quel bambino era un uomo.
Gleaming in the dark sea, I'm as light as air, floating there breathlessly
when the dream dissolves
”.
La mano destra di Cedric stringeva ancora la sua, abbandonata lungo un suo fianco.
L’altra aveva cercato quasi subito nuovi orizzonti da scoprire (il suo collo, i suoi capelli, il suo viso), ma la destra stringeva ancora quella dell’altro, come in una tacita promessa.
Harry sorrise lievemente, posandogli un lieve bacio sulle labbra, fugacemente, lasciando che lui ricercasse la sua bocca e scostandosi scherzoso con una risata.
Cedric però fu più svelto: prima che potesse allontanarsi ancora molto, afferrò la base del suo collo e lo strattonò a sé, con un movimento così improvviso che a Harrry mancò il fiato per un istante.
Poi lo baciò, stavolta più a lungo e più passionalmente, stringendo nella sua destra quella dell’altro e accarezzandogli il viso delicatamente, tentando ancora qualche passo incerto.
“I open up my eyes, I realize that everything is shoreless sea, a weightlessness is passing over me”.
Procedevano a passi minuti, tenendosi ancora, le fronti appoggiate l’una all’altra, i visi lontani pochi centimetri.
Harry poteva sentire il respiro dell’altro sulla sua pelle, mentre, gli occhi chiusi, carezzava delicato la mano che solo pochi minuti prima l’aveva fatto tanto soffrire.
Era sempre stato così, tra loro, in fondo: risate come pianti, gioia come dolore, sensazioni contrastanti a intervalli più o meno regolari.
Ogni tanto Cedric lo sollevava, ridendo della sua espressione sorpresa e sconvolta mentre gridava di metterlo giù, altre volte stava al gioco e rideva lui, sollevando il capo al cielo stellato e godendo di quella gioia, godendo l’aria sulla pelle, assaporando ogni singolo istante in cui quelle mani erano unite alle sue.
Le stelle sopra di loro.
La luna che ammiccava argentea.
La loro canzone.
E due sopravvissuti alla Maledizione definitiva.
Semplicemente, loro.
Un istante, un guizzo di pupille, un sorriso.
Brividi lungo la schiena, braccia che si intrecciavano, cuori che palpitavano, labbra che si trovavano, labbra che si cercavano.
Passi calmi, passi rari, mano nella mano, quella mano che non era sua, quel ragazzo che invece era suo.
“Mio” pensò Harry fugacemente. “Solo mio”.
Non c’era nessuno che glielo portasse via, in fondo.
Non c’era Cho, non c’era più da tanto tempo, da più di dieci anni.
Non c’era Ginny, non c’era mai stata, non c’era potuta essere da quando l’aveva portato via da quel cimitero.
Non c’erano sciocche ragazzine che corressero dietro a entrambi, giornaliste invadenti che chiedessero dettagli, persone che li fissassero con sguardo truce.
C’erano solo loro due, uniti da quella stretta di mano, da un fugace bacio sulla bocca e uno sulla guancia, da quella Maledizione che ancora pesava loro sulle membra.
“Ti amo” gli sussurrò Cedric in un orecchio, con un sussurro lieve ma pieno di delicatezza.
“I feel so light, this is all I want to feel tonight.
I feel so light, tonight and the rest of my life”.

C’era ancora.
La Guerra non era bastata a cancellare quel luogo, non era bastata a cancellare tutto quello che c’era stato lì dentro.
C’era ancora.
Intatta e incorrotta, nell’immensità di Hogwarts, celata agli occhi di tutti.
Ed era loro.
“Il Bagno dei Prefetti…”
La voce di Cedric si ruppe per un istante, e anche Harry fu costretto a passarsi una mano sotto gli occhi: c’erano troppi frammenti suoi in quel luogo che non poteva ignorare in alcun modo.
Ma era comunque il loro posto.
Il loro rifugio.
Il loro piccolo segreto.
Pochi istanti dopo, erano già nella vasca, l’acqua al collo e le bolle che li coprivano dolcemente, il sapone che lavava via la vecchia pelle per far trasparire sotto la nuova.
Harry sospirò di piacere quando Cedric gli si avvicinò da dietro e gli carezzò le spalle, massaggiandole delicatamente.
“Harry…” sussurrò lui, continuando nell’operazione.
Il moro si accorse che più l’altro continuava a massaggiare, più la distanza dei loro corpi nudi diminuiva.
Sorrise lievemente, prendendo una della mani di Cedric.
“Io non posso darti figli…” continuò il biondo, senza poter evitare una nota di tristezza nella voce.
Harry fece finta di ignorarla ma in realtà anche lui fu preso da una fitta di dolore: sapeva sin da quando aveva accettato Cedric nella sua vita che mai avrebbe potuto avere bambini. Aveva escluso quella possibilità a priori quando la Guerra era finita, eppure sentire quella constatazione sulle labbra dell’altro era sempre e comunque qualcosa che mai, mai sarebbe riuscito ad accettare, lo sapeva.
“Io non posso darti vere carezze…”
La sua mano si serrò sulla destra dell’altro, ansioso.
Non era vero, non era assolutamente vero.
Tutto ciò che Cedric gli dava era così vivo e perfetto che mai si sarebbe permesso di chiamare quelle dimostrazioni di affetto in un altro nome se non “carezze”.
Era lui che gliele dava, sebbene magari la mano non fosse sua.
Era lui che la faceva agire.
“Io non posso darti stabilità…”
Come era vero…
Avevano passato gli ultimi dieci anni da una casa a un’altra, vagabondi del Mondo Magico e a volte anche di quello Babbano, troppo curiosi di vedere tutto per fermarsi in un posto solo.
Ma non era certo colpa di Cedric.
Era solo colpa sua e di quell’odio persistente per tutto ciò che era routine e normalità.
Forse vivere nell’anormalità l’aveva disabituato per sempre a tutto ciò che era vita quotidiana, abituale, quella che tutti chiamavano “normale”.
“Io non posso darti molto, Harry, e lo sai” terminò lui, con un triste cenno del capo.
Il moro si affrettò a girarsi verso di lui e ad abbracciarlo con foga.
Cedric cadde quasi all’indietro nella vasca per la sorpresa.
Harry gli conficcò le dita  nella pelle, con quanta forza aveva, stringendosi a quelle spalle come fossero state il suo unico sostegno, respirando rumorosamente nei capelli dell’altro.
“Tu mi hai già dato tanto, Cedric” sussurrò il moro, chiudendo gli occhi e lasciando che anche il compagno lo stringesse. “Mi hai dato un’ancora a cui aggrapparmi, mi hai dato felicità…”
Rimase incerto per un istante, mentre lentamente la sua mente esprimeva quell’idea e le dita di Cedric lo arpionavano alle spalle.
“Mi hai dato amore, Ced” bisbigliò, appoggiando la sua testa alla sua. “E questo è ciò che mi importa”.
“Everything is waves and stars, the universe is resting in my arms”.
Un attimo dopo, le labbra rosse di Cedric erano già sulle sue, feroci e voraci, e Harry si ritrovò all’improvviso senza più fiato per tentare anche solo di aggiungere qualcosa.
Si aggrappò ai suoi capelli color rame, arpionandosi ai riccioli ribelli per rimanere unito a lui, mentre con l’altra cercava il suo petto muscoloso.
Era come rimanere sott’acqua per tanto e poi risalire a galla: ogni bacio lo consumava di aria e, tra un intervallo e l’altro, c’era solo il tempo di inspirare lievemente, quel tanto di aria che bastava per essere svuotato nuovamente nel bacio successivo.
Le labbra di Cedric sapevano di quell’arrosto che avevano mangiato poco prima, e Harry continuava a passare e ripassare la lingua sui suoi denti per cercare ogni minimo residuo di quel sapore.
Il moro era completamente avvinghiato all’altro: le sue gambe gli cingevano completamente il bacino, le sue braccia erano ben serrate intorno al collo, leggero nell’acqua che li circondava.
E da lì tutto divenne troppo confuso o troppo bello per essere compreso: parole e nomi ripetuti, sussurri e bisbigli, mani che si intrecciavano, mani che vagavano lungo i loro corpi, sorrisi lievi.
Era una danza di passione, stavolta, la loro, di violenza e lotta. Non c’era più dolcezza in quei baci affamati, in quella ricerca ostinata dell’altro, nell’assaporare i sapori del compagno.
Gemiti trattenuti, baci, morsi, palmi che correvano svelti per riunirsi, labbra che si trovavano di nuovo, di nuovo e di nuovo.
Acqua calda, bolle lievi, corpi bagnati, la distanza che si azzerava sempre più.
Harry si fermò un solo istante per guardarlo negli occhi, per vederli luccicare di amore e allo stesso tempo di violenta e bruciante passione.
Si avvicinò lievemente al suo viso, tremando lievemente di freddo.
Le sue labbra tremarono con lui mentre, stringendo a sé la schiena dell’altro, gli canticchiò nell’orecchio, la voce rotta dai brividi:
“I feel so light, this is all I want to feel tonight.”
Poi si staccò lievemente, solo il poco che bastava per appoggiare la sua fronte a quella di Cedric, con un sorriso debole dipinto sul viso.
“I feel so light…”.
Stavolta la sua voce barcollò di meno e non si perse nel tentare di tenere il ritmo della canzone: Harry gli sussurrò quelle parole come avrebbe potuto sussurrargli qualsiasi cosa.
“Tonight… And the rest of my life”.
Cedric gli afferrò la testa e, lentamente, il suo corpo lo trascinò a fondo nella vasca.
Harry si lasciò andare, assaporando le labbra bagnate di Cedric, cercando il suo corpo nell’acqua che li circondava, allungando la testa per poter raggiungere anche il suo collo.
Percepiva la lieve peluria sul petto di Cedric solleticargli il corpo, le ossa delle scapole sotto il suo tocco deciso, i capelli che gli solleticavano il viso gentilmente. Vicini, così tanto che avrebbe giurato che quello fosse il suo corpo e non quello di Cedric.
E poi decise: si chinò lievemente all’indietro, reclinando la schiena e divaricando le gambe, appoggiandosi al fondo della vasca.
Cedric parve chiedergli il permesso per un istante, e lui annuì, sicuro.
“Mio” fu il suo ultimo pensiero, prima che Cedric si unisse a lui.
 
La mattina li svegliò ancora nella vasca, stretti in un abbraccio, gli occhi chiusi e l’acqua che si frangeva sui loro corpi nudi.
Le membra di Harry erano intorpidite, i sensi così distesi che quando si passò l’asciugamano sulle gambe fu come se gli avessero dato la scossa.
Gli occhi gli si richiudevano ancora e a malapena riusciva a stare in piedi, tanto gli si erano addormentati gli arti: era come essere scesi da una montagna e tentare di rimettersi in piedi, lo schiacciante desiderio di restare a terra, stesi sulla neve, senza nessun altro pensiero se non il proprio corpo che lentamente riprendeva conoscenza.
“Credi che la McGrannit ci farà la predica?” sbadigliò Cedric, infilandosi a malapena i jeans.
Harry sorrise: si stava dimenticando di mettere i boxer.
“Aspetta…”. Il moro lo fermò giusto in tempo prima che avesse infilato una gamba nei pantaloni e, ammiccando, gli piazzò davanti agli occhi i suoi boxer, con un sorriso sarcastico.
“Dimentichi nulla?” domandò sardonico, per poi sorridere di nuovo.
Cedric si strofinò gli occhi con fare sornione.
“Ero certo che fossero i tuoi…”
Harry alzò gli occhi al cielo.
“Perché io infatti ho i boxer con i micetti sopra…”
Cedric glieli tolse di mano di scatto, fingendosi offeso, e se li mise prima che potesse aggiungere altro.
Harry ridacchiò soddisfatto poi, aspettando il compagno, si mise a sedere sul bordo della vasca ormai vuota e fece dondolare i piedi avanti e indietro tentando di risvegliarli.
Cedric si sedette accanto a lui senza fare rumore, appoggiando le mani sulle sue ginocchia e fissandolo con un sorriso lieve.
Inizialmente Harry fece finta di niente, poi quando la consapevolezza degli occhi di Cedric che lo trapassavano divenne eccessiva, si decise a chiedere, quasi seccato:
“Che c’è?”
L’altro si prese alcuni istanti, prima di sussurrargli con una nota di pacata malinconia nella voce:
“Credo di sapere perché non sono morto in quel cimitero…”
Harry aggrottò le sopracciglia, ma Cedric non aspettò che chiedesse qualcosa e continuò, imperterrito:
“Ho pensato a te… Ho pensato a cosa sarebbe successo se ti avessi lasciato e mi sono accorto che…”
Fece una breve pausa e ne approfittò per avvicinarsi a lui, distendendo le gambe nella vasca vuota.
“… Non volevo lasciarti…”
L’altro rimase per un istante sconcertato da quella dichiarazione.
Poi, lentamente, i suoi occhi pieni di sorpresa ripresero a sorridere, e la sua bocca di incurvò lievemente scoprendo i denti bianchi.
Si avvicinò sorridendo scherzoso e gli sussurrò sulle labbra, dolcemente:
“Stanotte…”
“… E per il resto della mia vita”.


Note d'autrice:
Per i punti poco chiari o accennati: ho pensato alla loro storia come qualcosa iniziato ufficialmente alla fine della Guerra, ma avevano già avuto alcuni "rapporti" nel Bagno dei Prefetti prima, dal quinto anno in poi, ma nulla di veramente "ufficiale". Dopo la Guerra si erano fidanzati ufficialmente.

Cedric, come accennato ad un certo punto, ha perso suo padre nella Guerra. Non chiedermi perchè ho ucciso Amos perchè non lo so. Forse sono solo crudele.
So che forse il discorso iniziale è livemente esagerato e anche il dolore di Cedric, ma c'è da tenere presente comunque tutto ciò che questi poveri ragazzi devono aver vissuto, e sebbene siano passati dieci anni credo che a volte si abbandonino insieme ai ricordi, come in questo caso. Diciamo che la festa dà la "spinta" per quel ricordare.
La canzone l'ho scoperta grazie a un video proprio su questa coppia, e quando stavo cercando una canzone per loro ho ripensato a questa e poi, leggendo il testo, mi sono detta "Diamine, sprizza Hadric da tutti i pori!". E ora l'ho anche sul mio MP3. Vabbé, dettagli.
Ho voluto immaginare un momento dolce e fluffoso, nulla più, qualcosa che facesse sospirare, e una mia amica che l'ha letta conferma che le è piaciuta molto, quindi spero piaccia anche a te.
  
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