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Autore: Sara Scrive    10/03/2014    40 recensioni
«Non credi che siamo troppo piccoli per fidanzarci?»
«Troppo piccoli?»chiese confuso allontanandosi.
«Sì, abbiamo solo nove anni»
«Quindi cosa facciamo?»
«Beh, richiedimelo fra nove anni»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'OS ~ OneDirection'
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Dedico questa a storia a chi so io,
per il giorno del mio compleanno.
21 Agosto 2005
«Senti…» Disse il bambino paffutello, passandosi una mano fra i capelli castano chiari.
‘Che seccatura’ pensai guardando il giardino illuminato dalla fioca luce della luna e di un lampione in lontananza.
Non capivo per quale motivo, Louis mi avesse fatto alzare da tavola per potarmi nel bel mezzo del nulla, lontano da mamma e papà. Quello che non aveva senso però, era l’assenza delle mie sorelle e di Charlotte, facevamo sempre tutto in gruppo.
Si era seduto a cena accanto a me e dopo il creme caramel, come se mi dovesse rivelare un segreto di massima importanza, si era avvicinato al mio orecchio e coprendosi con una mano aveva detto: «Andiamo un attimo in giardino, devo parlarti»
Ad essere sinceri il nostro rapporto era strano: ci trovavamo bene insieme, lui sapeva apprezzare i giochi che proponevo ma nonostante tutto era presuntuoso da morire, si ostinava sempre a fare il capo, senza lasciarmi prendere le decisioni più importanti e finivamo sempre per litigare.
«Ti devo dire una cosa» continuò interrompendo il silenzio che si era creato.
Lo vedevo incerto mentre parlava, si mordeva il labbro e si passava una mano sulla sua pancia e per via di tutto quel mistero sentivo un strana ansia crescere.
«Che cosa?» chiesi con la voce acuta tipica delle bambine di nove anni.
«Tu…-proseguì facendo un passo avanti - …vuoi..v-uoi..essere…»
«Essere che cosa?» domandai spazientita, volevo assolutamente mangiare un altro creme caramel e tornare dagli altri.
Voltai la testa e vidi da lontano i nostri genitori e le nostre sorelle, che chiacchieravano allegri a tavola e iniziai ad andarmene.
Louis mi bloccò avvolgendo le sue dita paffutelle intorno alle mie, alzai lo sguardo e notai che era diventato tutto rosso e mi osservava con gli occhi lucidi.
«Vuoi essere la mia fidanzata?» esclamò parlando velocemente e voltandosi immediatamente da un lato per non guardami in faccia.
Feci un passo indietro stordita. Cosa aveva detto?
Mi ci volle mezzo minuto per capire bene il significato delle sue parole. Io e lui, insieme?
Louis, era una specie di fratello e nonostante gli volessi bene, a parte quando litigavamo, non mi piaceva fisicamente. Era bruttino, troppo grassottello per i miei gusti.
‘Non ci penso neanche!’ pensai subito.
I suoi occhi azzurri però erano l’unica cosa che mi impedì di storcere il naso e scappare da mamma e papà.
Mi guardava supplichevole e in quel momento capii che un ‘No’ secco, gli sarebbe stato devastante. Volevo davvero farlo stare male?
‘Ragiona Sara, ragiona’ era da troppo tempo che nessuno dei due diceva niente, lui troppo imbarazzato ed io troppo shockata ma sapevamo entrambi che era il mio turno. Dovevo dire qualcosa.
«Mi piaci.»
Il sollievo nei suoi occhi, mi fece stare bene per qualche secondo anche se non ci volle molto a capire il motivo per cui si stava avvicinando pericolosamente al mio viso e questo mi mandò nel panico più totale.
«Però… - continuai, sperando di dire qualcosa di intelligente per calmare le acque. – Non credi che siamo troppo piccoli per fidanzarci?»
«Troppo piccoli?»chiese confuso allontanandosi.
«Sì, abbiamo solo nove anni»
«Quindi cosa facciamo?»
«Beh – ‘Cosa gli avrei detto?’- richiedimelo fra nove anni».


20 Aprile 2006
«Mi dispiace se prima abbiamo litigato - disse sulla soglia della porta – Facciamo pace?»
«Vattene!» gridai coprendomi col diario di High School Musical.
«Non volevo dire che Troy Bolton è cattivo»
«E allora perché l’hai fatto?»
«Perché non sopporto che preferisci lui a me»
Non si arrendeva. Ogni giorno maledicevo il momento in cui non avevo avuto il coraggio di dire a quel nanetto petulante che non sarei voluta diventare mai e poi mai la sua fidanzata.

14 Dicembre 2007
«Ottimo lavoro, squadra!» si complimentò Louis guardando me, sua sorella Charlotte e le mie sorelle.
«Abbiamo spiato abbastanza i nostri genitori, adesso cambiamo gioco?» chiese Charlotte chiudendo la porta della sua stanza, alias la nostra base segreta.
«Che dici Sara?»
Gli feci cenno di sì con la testa. «Giochiamo a  guardia e ladri!»
Sorrisi contenta che avesse scelto uno dei miei giochi preferiti. Una delle cose che apprezzavo di lui, era che sapeva divertirsi e far divertire gli altri.
«Comando io però! Sono il più bravo» aggiunse mettendo le mani sui fianchi.
Il solito idiota sbruffone. Storsi il naso contrariata e gli lanciai un cuscino rosa in faccia.


23 Giugno 2008
«Louis, dai un voto di bellezza a tutte noi?» chiese mia sorella Meredith che cercava inutilmante di nascondere la sua cotta per lui.
«Perché mi costringete a fare questo? Lo sapete che per me siete tutte bellissime!»
‘Come sei falso’ pensai nascondendo una smorfia.
«Dai!》Insistette un’altra delle mie quattro sorelle, Jessica.
«E va bene- sospirò sedendosi meglio sul divano - Meredith 6, Jessica 7,Charlotte 8 perché è mia sorella e somiglia a me e…»
Anche se avevo fatto finta di essere disinteressata a quella specie di pagella, appena mi accorsi che era arrivato il turno mi voltai di scatto ed incrociai il suo guardo.
«Sara 10»
Sentii una sensazione strana all’altezza dello stomaco e cercai di mostrarmi impassibile, ignorando Louis e sua sorella che avevano proposto di dare un voto a lui sulla bellezza fisica.
Mi alzai dalla poltrona e andai in giardino senza farmi troppi problemi.
Le ortensie color rosa pallido erano baciate dalla luce del tramonto. Amavo il modo in cui mia nonna si prendeva cura dei fiori, per tutto l’anno, in quel piccolo paradiso verde che si trovava nella mia casa al mare a Siesta Beach.
Feci pochi passi ed arrivai al mattonato della piscina; fui tentata dall’entravi dentro e disubbidire agli ordini di mia madre:’Dopo le sei, nessuno si fa il bagno’ ma venni bloccata da quella voce fastidiosa.
«Che c’è?» chiesi scocciata, senza guardalo.
«Devi votarmi, manchi solo tu»
«5 –risposi- e adesso lasciami in pace!»
«Avevi detto che ti piacevo! Solo 5?» chiese e dal suo tono sentii che era leggermente offeso.
Forse quel giorno mi ero alzata col piede sbagliato, ma non sentivo più nessun buon senso a dirmi di essere gentile e non offenderlo. Ne avevo abbastanza di quella situazione, mi sentivo in gabbia e forse era il momento che gli dicessi la verità.
«Ho mentito, non mi sei mai piaciuto. L’ho detto solo per evitare di farti rimanere troppo male.»
«Non ci credo»
«Problemi tuoi»

13 Settembre 2008
«…Tanto alla fine, chi disprezza compra» sentii dire dalla madre di Louis mentre confabulava con la mia.
Rimasi un attimo interdetta sul posto, come se quelle parole fossero dirette a me e Louis, però ripensandoci non mi avevano ne menzionato ne guardato, mentre chiacchieravano allegramente in salotto.

2 Maggio 2009
Non potevo crederci. I signori Tomlinson avevano appena deciso di separarsi.
Guardai Louis in un angolo in disparte mentre abbracciava Charlotte e cercai di ascoltare quello che zio Mark diceva.
«Johannah ha deciso che il nostro matrimonio non era più recuperabile»
«Ma non può chiederci di scegliere fra te e lei!» Sbottò mio padre alzando la voce.
«Abbiamo passato una vita insieme, siete i nostri migliori amici! È impossibile.» aggiunse mia madre che cercava di trattenere le lacrime.
«Hanno affidato a lei i bambini, non so che fare. – aggiunse zio (che proprio mio zio non era, ma ero stata abituata a chiamarlo così da bambina) – Andrew tu…»
«Mark, lo sai che non potrei mai farti da avvocato contro tua moglie»
Louis si staccò silenziosamente dalla povera Charlotte, che non aveva aperto bocca da quando erano arrivati a casa, e velocemente entrò in cucina.
Istintivamente lo seguii e senza dir nulla lo osservai mentre si serviva da solo, abituato  a tutte le volte che mia madre gli diceva ‘fa come se fossi a casa tua’.
La tensione era palpabile, lo  capivo dal modo in cui si muoveva e dalla bocca che non si incurvava più nel solito sorriso solare. Come poteva un ragazzino di soli 13 anni sopportare tutto questo? Conoscendolo, temevo che sarebbe scoppiato da un momento all’altro ed incrociando i suoi occhi azzurri, promisi a me stessa che gli sarei rimasta accanto.
Rimanemmo così per qualche secondo ed immaginai cosa sarebbe potuto succedere se, quattro anni prima, non avessi trovato un escamotage per allontanarlo da me.
Sarei stata il suo primo bacio, la sua prima fidanzata…magari crescendo sarebbe diventato carino e io sarei stata contenta della scelta che avevo fatto.
Quella fu l’ultima volta che vidi Louis Tomlinson.
17 Febbraio 2012 
Smisi di leggere Hunger Games sentendo mia madre chiamarmi dal salotto, dicendo che c’erano ospiti.
Mi precipitai in bagno per rendermi presentabile, come avevo iniziato a fare da qualche anno sotto la continua pressione di mia madre. Non ero mai stata una ragazza che perdeva tempo dietro cosmetici e vestiti, ero la classica fan girl che pensava ad artisti, film, libri e anime o manga. 
A tredici anni però, dopo aver sopportato le continue critiche delle mie compagne di scuola, avevo iniziato a truccarmi. Lo facevo soprattutto per non sentirmi troppo diversa dalle altre. 
Da bambina non ero molto carina, però, promettevo sempre a me stessa, che arrivata intorno ai sedici anni sarei diventata una bella ragazza. Non che ci credessi molto visto che ero abbastanza anonima: capelli castani, occhi marroni, pelle pallida. La tipica ragazza newyorkese.
 Sentii qualcuno salire le scale, ma pensando che fosse una delle mie sorelle, la ignorai e, guardandomi allo specchio cercai di coprire le occhiaie con un po’ di correttore. 
Nessuno aveva il permesso di salire in camera mia, tranne i miei familiari, tuttavia quei passi erano irriconoscibili, troppo pesanti per essere quelli di Jessica, Meredith, June e Clary o troppo leggeri per essere quelli dei miei genitori.
 Posai il mascara sul lavandino e presi il rossetto per applicarlo sulle labbra ma i passi si facevano sempre più vicini, così, incuriosita andai in corridoio. 
«Ehi»
 Era alto, riuscivo ad intravedere il suo fisico snello ed atletico dai jeans stretti e dalla maglietta bianca attillata che risaltava i suoi pettorali ben definiti.
 I capelli castani che di solito gli contornavano il viso, erano piegati verso l’alto in un ciuffo sbarazzino alla Justin Bieber, mentre i lineamenti del viso erano ben marcati e sulle guance si notava un accenno di barbetta.
 Alzai lo sguardo ed incrociai i suoi occhi azzurri, quelli non erano cambiati per niente…o forse sì, c’era qualcosa di malinconico, che a distanza di anni riuscivo ugualmente a cogliere.
 «Ciao - risposi abbassando il rossetto che tenevo puntato contro di lui come un’arma. – hai cambiato la voce»
 Lui sorrise leggermente e fece qualcosa non mi sarei decisamente aspettata: si avvicinò per baciarmi la guancia. 
Mi ritrassi senza pensarci due volte.
 «Che c’è? - chiese stranito.- Abbiamo sedici anni, ti vergogni che ti dia un bacio sulla guancia per salutarti?»
 «N-no» replicai e velocemente avvicinai le mie labbra alla sua guancia destra e mi allontanai. Durò tutto due secondi ma quel contatto e la strana scarica d’adrenalina che provai, furono sufficienti a stordirmi per qualche secondo.
 «Ci sono Charlotte e mia madre sotto, non vedono l’ora di vederti…» m’informò prima di scendere le scale.
 Non avevo mai capito il motivo per cui Johannah avesse deciso di troncare i rapporti con la mia famiglia. Davvero aveva smesso di frequentarci solo perché i miei genitori avevano deciso che avrebbero continuato ad essere amici di zio Mark? 
Mi fu strano infatti, vederla nel salotto che chiacchierava amabilmente con mio padre mentre mia madre posava una ciotola di patatine sul tavolino.
 Salutai con poco interesse Charlotte, che sì, era cresciuta e cambiata notevolmente, ma in quel momento la mia attenzione era incentrata sul capire cosa ci facessero i Tomlinson,- o meglio una parte, visto che zio Mark non c’era- a casa mia.
 «Ho deciso di smettere di affittare la casa a Siesta Beach – disse zia Johannah – Così i nostri figli torneranno a stare insieme l’estate!» 
Sentendo quelle parole, mi tornarono in mente tutte le marachelle che avevo fatto insieme a Louis e le nostre sorelle tanti anni fa, quando ci divertivamo in spiaggia costruendo castelli di sabbia e provavamo ad imparare a surfare.
 Mi avvicinai a mia zia e notai che Louis era seduto dietro di lei e guardava pigro il suo Iphone. 
«Ciao zia, che bello vederti!- esordii – come stai?»
 «Oh Sara! Come sei diventata grande!» venne incontro ad abbracciarmi e mi trattenni dallo scansarmi visto che somigliava ad una Barbie appiccicosa. 
Johannah era bionda, snella, con gli occhi azzurri, ma aveva dei lineamenti stranissimi, troppo tirati per sembrare veri. Avevo sempre sospettato che si fosse rifatta più volte di Madonna, ma non credevo che la chirurgia potesse avere effetti così devastanti.
 Mia madre era più acqua e sapone, sembravo io invecchiata a quarant’anni, ci somigliavamo molto e mi chiedevo spesso come facessero ad essere lei e la zia, così amiche. O meglio, come avessero fatto amicizia.
 «Ricordo quando eri alta un tappo e mezzo e facevi penare Louis, che ti sbavava dietro anche se non voleva ammetterlo» 
Incrociai lo sguardo di Louis, che imbarazzato tornò a guardare il cellulare e poi guardai mio padre per chiedergli di cambiare argomento, ma era troppo impegnato a pulirsi gli occhiali e grattarsi la testa calva.
 Johannah per qualche strano motivo, iniziò proprio in mia presenza, a parlare di tutto quello che i suoi figli avevano fatto in quei tre anni. Come se non sapesse che se c’eravamo persi quelle fasi della loro crescita era solo colpa sua e delle sue strane idee. 
Continuavo a guardarmi intorno ma il mio sguardo si posava sempre su Louis, anche se per pochi secondi, non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
 Era così cambiato, più maturo, più bello. Era un’altra persona.
 “…Louis ha iniziato a giocare a pallanuoto, suona il pianoforte a livello professionale, si è iscritto in una delle scuole più prestigiose di NewYork superando i test con i massimi voti…”
 Louis qui, Louis là. Mi alzai infastidita e tornai in camera, inventando la solita scusa del ‘devo andare in bagno’.
 Charlotte, che nonostante fossero passati tre anni mi conosceva ancora, mi seguì svelta per le scale iniziando a parlare di quanto fosse felice di vedermi. 
Non volevo fare la stronza ed ignorarla, però era più piccola di me di due anni e se ricordavo bene, non avevo mai avuto una conversazione interessante con lei, per quanto si sforzasse di trovare argomenti che potessero piacermi.
 «Sai – continuò abbassando la voce – Mi sarebbe tanto piaciuto avere una sorella come te… Se ti fossi fidanzata con Louis…Io proprio non le sopporto le sue ragazze, sono…»
 «Charlotte, per favore. È abbastanza imbarazzante dire …» interruppi il suo discorso per evitare di sentirmi rammentare quel fatto. Tutta quella storia mi dava fastidio come non mai, odiavo ricordare cosa fosse successo 7 anni fa, fra me e Louis.
 Mi resi conto solo mentre lo dicevo che qualcosa in quello che aveva detto Charlotte, aveva appena catturato la mia attenzione.
 «Le ragazze di chi scusa?»
 Lei parve illuminarsi dopo la mia domanda, immaginai che aspettasse di vedermi interessata ai suoi discorsi da non si sa quanto tempo.
 «Louis avrà avuto quattro ragazze nell’ultimo anno e tutte quanto l’hanno fatto soffrire quando si sono lasciati…»
 In quel momento, vidi tutto nella mia testa, un susseguirsi di immagini effimere che svanivano fuggenti e indistinte.

 “Quella fu l’ultima volta che vidi Louis Tomlinson.” 

«Perché non sopporto che preferisci lui a me»

 «Non ci credo»

 «Problemi tuoi»

 «Vattene!»

 «Ti devo dire una cosa» 

«Ti vergogni che ti dia un bacio sulla guancia per salutarti?»

 «Vuoi essere la mia fidanzata?»

 “Sarei stata il suo primo bacio, la sua prima fidanzata…”

 «… Chi disprezza compra »

 «Richiedimelo fra nove anni»
 

E così, dopo sette anni, lui era diventato bellissimo e aveva avuto già chissà quante ragazze, mentre io, ero rimasta la stessa, congelata in un’età indefinita, nella quale qualcosa di sconosciuto mi bloccava con quelli di sesso opposto.
 Possibile che lui aveva avuto delle fidanzate e io no? Lui che fino a tredici anni era un cesso ambulante in sovrappeso?
 Strinsi i pugni arrabbiata.
 «Beh, questi non sono affari miei, cambiamo argomento Charlotte»

 31 Luglio 2012
 «Grazie mille Sara per essere venuta!» disse Charlotte aprendomi la porta.
 «Figurati» risposi mostrandomi cordiale, anche se in cuor mio, odiavo il fatto di aver accettato di dormire dai Tomlinson. 
Fra tutte noi Griffin, proprio me doveva scegliere per il suo pigiama party? Jessica, Meredith… loro due avevano più o meno la sua età! 
A volte credevo che lei e sua madre si alleassero per mettermi in imbarazzo davanti a Louis. Charlotte mi mostrò la sua camera nella casa a Siesta Beach, spiegandomi in modo dettagliato, tutte le modifiche che aveva fatto apportare, visto che sua madre aveva fatto restaurare la villa qualche mese prima. 
Quella ragazzina era sicuramente ossessionata dal colore rosa. 
«Beh, il bagno è infondo al corridoio, puoi andare a cambiarti» esordì con un sorriso amichevole, indicando la mia borsa poggiata sulla brandina che aveva piazzato affianco al suo letto. Sospirando, mi diressi con passo deciso verso la toilette e mentre camminavo tesi le orecchie per capire se Louis fosse nei paraggi. Tutto troppo silenzioso, mi chiesi se forse non fosse in casa. Non che m’importasse più di tanto che mi vedesse in camicia da notte, avevamo dormito così tante volte insieme ma quella volta c’era qualcosa di diverso. Mentre mi spogliavo ed infilavo quella vestaglia bianca che mi arrivava fin sopra le ginocchia, pensavo che sarebbe stato il caso tenere il reggiseno e sistemarmi in modo da essere più carina.
 ‘No, no, no. – Ripetei mentalmente – Non lo sto facendo perché potrebbe esserci Louis. Lo faccio perché mi va’. 
Infine guardai la mia sagoma davanti al grande specchio del bagno, che sembrava uscito dal catalogo delle toilette di lusso e incuriosita, alzai la gonna della camicia da notte per vedere se il mio fisico potesse sembrare attraente così scoperto. 
Non sono mai stata una persona normale, spesso mi venivano dei complessi a causa del mio lato femminile, in cui rimanevo ore davanti allo specchio a cercare sistemi o posizioni in cui sembrassi carina.
 In quel momento sentii un cigolio dalla porta, ma era troppo tardi: mi trovai faccia a faccia con Louis che mi guardava divertito con un ghigno mentre  riabbassavo la gonna. ‘Vorrei sparire’ pensai imbarazzata mentre sentivo le guance imporporarsi, al solo pensiero che… che…
 «Che cosa ci fai qui?» chiesi con un filo di voce.
 «Ci vivo» rispose sarcastico e mantenendo quella faccia da schiaffi.
 Raccolsi velocemente le mie cose e lo superai sulla soglia, dandogli una spallata infastidita. ‘Stronzo, egocentrico del cazzo’ 
Non sapevo neanche se gli aggettivi che gli stessi attribuendo fossero meritati, ma in quel momento qualsiasi cosa sbagliata e odiosa mi ricordava lui.
 Quando tornai da Charlotte, cercai di distrarmi e di non pensare a ciò che fosse successo in bagno, ovviamente non ne feci parola con lei. Non lo doveva sapere nessuno.
 Dopo tutto, Charlotte non era così noiosa. Stava iniziando a leggere Harry Potter ed avevamo iniziato un’allegra conversazione su Silente ed i punti a cazzo che attribuiva a Grifondoro e a quanto la Dramione fosse una delle coppie migliori di sempre.
 Verso la mezzanotte, zia Johannah entrò in camera per dirci di andare a dormire. Avrei preferito che non fosse entrata: era orribile con quel bikini a pois che usava come pigiama.
 Al comando della madre, Lottie – il soprannome con cui mi aveva chiesto di chiamarla da quel momento in poi - , cadde fra le braccia di Morfeo in pochi minuti mentre io mi rigiravo nel letto senza riuscire ad addormentarmi.
 «Che cosa ci fai qui?»
 «Ci vivo»

 ‘Maledetto idiota, magari vieni investito’
 Improvvisamente la porta si aprì di nuovo e temendo che fosse di nuovo mia zia, chiusi gli occhi e cercai di rilassare i muscoli della faccia per rendere più credibile la mia recita.
 Poi sentii lo schiocco di un bacio ed immaginai che zia Johannah fosse passata a darle il famoso ‘bacio della buona notte’. Non immaginavo che l’avrebbe dato anche a me, ma sentii dei passi avvicinarsi, invece che allontanarsi verso la porta.
 Accadde tutto in pochi secondi, appena sentii la ruvidità, tipica della barba maschile, sfiorarmi la fronte mentre due calde labbra mi solleticavano la pelle, alzai il braccio e gli piantai un ceffone in pieno viso. 
«Che cosa fai?»
 «Ero venuto a chiederti scusa…per prima» sentii la sua voce roca ed immaginai che si stesse massaggiando la guancia, visto che si trovava in penombra e la luce lunare proveniente dalla finestra non riusciva ad illuminarlo completamente.
 «Bel modo di chiedere scusa» 
Louis fece il giro del letto e appena si mise in controluce, permettendomi di intravedere la sua figura, rimasi immobile ad osservarlo.
 Alla vista del suo fisico da giocatore di palla a nuoto, coperto solo da un paio di boxer scuri e dai suoi soliti occhi azzurri e penetranti che riflettevano quel poco di luce, io rimasi senza fiato e senza nessuna rispostaccia da dirgli.
 Sentivo il mio cuore iniziare a battere all’impazzata e il sangue salire veloce sulle guance. Che strana sensazione stavo provando, fino a quel momento, non mi era mai capitato di sentirmi in quel modo.
«Fammi spazio» ordinò accucciandosi vicino alla brandina,e senza controbattere alzai il lenzuolo, facendomi più in là.
 Ormai, per quanto mi sporgessi dal bordo del letto, rischiavo di cadere ma per nessuna ragione al mondo l’avrei toccato o sfiorato. Sapevo che se l’avessi fatto, la tensione che stavo provavo sarebbe aumentata e mi avrebbe fatto impazzire. 
Rimanemmo per due minuti fermi immobili, guardando il soffitto, senza proferire parola: non avevo nulla da dirgli, ma più i secondi passavano, più sentivo caldo; diedi la colpa all’estate e all’umidità, non al fatto che Louis si trovasse a meno di un centimetro da me.
 «Non abbiamo mai avuto occasione di parlare» disse lui voltando la testa sul cuscino.
 Non mi girai ma alzai gli occhi al cielo sperando che mi vedesse.
 «Cosa mi racconti di nuovo?»continuò.
 «Litigo spesso con mia madre – gli confessai dopo un po’ – in questo periodo non sopporto come tratta mio padre» 
Mi morsi il labbro e mi pentii di aver detto questo davanti a lui.
 «I tuoi genitori si amano troppo – sospirò pesantemente – non devi preoccuparti di nulla» 
«Già…» fu tutto quello che riuscii a dire. 
«Sai – esordì con un tono fermo – Mi piacerebbe tanto sposarmi, avere una famiglia e trattare mia moglie come se fosse la mia unica ragione di vita…»
 ‘Ahahaha- pensai sarcastica – frase copiata da Tumblr sicuramente’
 «Ma ogni volta che ripenso ai miei genitori… Penso che finirò come loro» 
«Tu non finirai come i tuoi genitori» risposi automaticamente, come se quello che avessi detto fosse una certezza. 
«Come fai a saperlo?» 
«Perché ti conosco – mi morsi il labbro – Se trovi la ragazza giusta, sono sicura che non vi lascerete mai. Sei un bravo ragazzo, Lou » 
Avrei voluto schiaffeggiarmi per il modo in cui parlavo, sembravo la solita presentatrice televisiva che dice frasi scontate stile ‘E vissero felici e contenti’. Che stupida.
 «Come mi hai chiamato?» Chiese alzando il busto e sporgendosi verso me e colta alla sprovvista rischiai di cadere a terra.
 «Era da tanto che non mi chiamavi Lou» continuò con quello stesso tono ‘malinconico’ ed io ricambiai con un sorriso timido.
 Louis si rimise straiato e ricalò il silenzio. Da una parte mi piaceva sentire il suo profumo ed era piacevole percepire quella strana scarica d’adrenalina che mi trasmetteva, ma dall’altra parte odiavo quella situazione del tutto sconosciuta e speravo vivamente che se ne andasse.
 «Mi dispiace tanto che mia madre mi abbia proibito di vedere voi Griffin»
 «Dispiace anche me» Bugia. Stavo tanto bene prima di rivederlo.
 «È da tanto che non vedo mio padre… si è trasferito> disse con la voce spezzata.
 «Lo so» risposi, ripensando con tristezza a zio Mark che, due anni fa, mi salutò all’aeroporto mentre partiva per il Canada.
 «Ogni volta li vedevo litigare… Era orribile. Si lanciavano le cose… urlavano…Charlotte… Charlotte, povera piccola…»
 Fu proprio sentendo quelle parole, quel dolore che portava dentro che mi voltai verso di lui e mi avvicinai. Aveva dei problemi quel ragazzo, lo sapevo, lo capivo. Louis era come un libro aperto per me, sapevo cosa gli stasse passando per la testa.
 «Non fare cavolate – cercai la sua mano tastando il materasso – Soprattutto, non dare la colpa a te stesso»
 Non era sicuramente colpa di Louis se i suoi genitori erano divorziati, anzi, lui era uno dei motivi per cui erano restati uniti. Zia Johannah non mi era mia piaciuta, sospettavo che fossero stati i suoi modi di fare da donna dai facili costumi a far fallire il matrimonio.
 «Troppo tardi» mormorò facendomi impallidire sul posto. 
Incerto se confessare o meno, Louis, iniziò un discorso introduttivo sui suoi amici e sulle nuove conoscenze che aveva fatto al liceo. Io ascoltavo impassibile il suo racconto, in cui ammetteva di aver iniziato a fumare qualche canna, in cui si sentiva la testa libera dai pensieri quando ogni tanto andava in una discoteca ad ubriacarsi, in cui praticamente, il ragazzino che giocava alle spie con me, era stato spazzato via, per lasciar posto ad un sedicenne pieno di complessi.
 Quando cominciò a parlare della volta in cui lo scorso capodanno rischiò di schiantarsi contro un muro col motorino, lo interruppi sedendomi sul letto ed incrociando le gambe: «Che cazzo ti salta in testa, idiota?»
 Gli diedi un pugno sul petto.
 «So che non è facile la tua situazione ma…Cerca di controllarti okay?! - chiesi alzando la voce- Rischiavi di … »
 Louis mi afferrò il polso della mano che tenevo premuta conto il suo petto e mi tirò a se, con un gesto così repentino che mi fece perdere l’equilibrio, facendomi cadere sopra di lui.
 «Oh, che carina – disse avvolgendomi in un abbraccio soffocante – ti preoccupi per me!»
«Lasciami!» gli ordinai con la guancia premuta sopra i suoi pettorali.
 ‘Anzi no, sto bene cosi, non dar retta a quello che dico’ 
«E tu invece? Cosa combini nella vita?» chiese senza lasciarmi, assecondando i miei pensieri invece che le mie parole.
 «Di sicuro non faccio la ragazzaccia come te» risposi col mio solito, incontrollabile, modo di fare da stronza-acida.
 «Mi chiedo come faccia il tuo ragazzo a sopportarti» disse allargando un po’ le braccia, permettendomi di respirare meglio.
 «Non l’ho mai avuto un ragazzo…»
 Ma che diavolo mi saltava in testa? Come potevo dire una cosa del genere a lui? 
«Spero tu stia scherzando» esclamò divertito, ridacchiando leggermente, come se gli avessi raccontato una barzelletta e si scostò quel poco che bastava per guardami in faccia.
 Ci guardammo per una decina di secondi, e man mano che vedeva la mia serietà e sincerità nello sguardo, il suo ghigno divertito scompariva poco a poco.
 «Beh, ma immagino che tu comunque abbia baciato qualcuno… insomma» 
Scossi la testa e con un sorriso amaro, ammisi a denti stretti il mio fallimento più grande:«Non sono abbastanza, nessun ragazzo vorrebbe una ragazza che preferisce leggere e non comprarsi vestiti e cosmetici…» 
Louis fece per parlare ma lo interruppi continuando il mio discorso, sentivo un estremo bisogno di sfogarmi con qualcuno: «Guardami! Ho una faccia da schiaffi, un corpo da balena flaccida e sappiamo bene che non ho chance con nessuno.» 
«Ti sbagli – Intervenne con tono fermo – hai un bel viso, somigli molto a Selena Gomez» 
Inarcai il sopracciglio come per dire ‘Non pretendermi per il culo’, anche se mi faceva piacere ricevere un complimento del genere. Mi sdraiai su un fianco per guardalo meglio, quella conversazione non sembrava così insopportabile come pensavo; nello spostarmi però, impigliai i piedi nel lenzuolo e con un movimento brusco, finii per scoprire entrambi e alzare pericolosamente la gonna della mia vestaglia.
 «Inoltre … - disse Louis tirando verso il basso un lembo della camicia da notte per coprirmi – Hai anche delle belle gambe»
 Ringraziai il cielo, che la luce della finestra riusciva ad illuminarmi solo fino al busto, perché in quel momento ero sicura di essere rossa come un pomodoro.
 «Se non fossi come una cugina, un pensierino su di te lo farei»
 E detto questo, con una voce indecifrabile, si alzò dal letto, lasciandomi inebetita sul posto, piena di pensieri ed inebriata dal suo profumo sul cuscino.

 16 Novembre 2012 
«Non vedo l’ora di andare a vedere l’ultimo film di Twilight!» dissi con voce sognante, mentre Charlotte mi chiedeva cos’avrei fatto durante la settimana.
 «Come sei noiosa - commentò Louis dall’altro capo della sala. – Ti piacciono cose da bambinetta stupida. »
 «Harry Potter?Hunger Games?One Piece?Naruto? – chiesi acida alzandomi dalla poltrona e raggiungendolo mentre digitava freneticamente sul cellulare – anche queste sono cose stupide?»
«Assolutamente» rispose impassibile, senza degnarmi di uno sguardo.
 «Ma tu guardavi Naruto con me!» 
«Avevo nove anni» rispose svogliato, continuando a guardare il suo Iphone.
 «Non ti piace nulla di ciò che mi  interessa » dissi abbassando la voce, palesemente offesa. 
«Ovvio – esordì girandosi per guardami in faccia – Sei la tipica idiota che corre appresso alle mode del momento»
 ‘Ti odio, brutto bastardo del cazzo’
 «Sempre meglio essere la tipica idiota che segue le mode, che una drogata che rischia la vita ogni giorno» Esclamai con la voce tagliente e dopo essermi voltata, me ne andai sbattendo la porta.

 5 Marzo 2013 
«Sara, c’è Louis! Vieni a salutare!» mi chiamò mia madre dal piano di sotto.
Mi guardai un attimo allo specchio, da quando avevo saputo che sarebbe venuto con sua madre a farci visita, mi ero chiusa in bagno per cercare di sembrare carina.
 Scesi le scale in fretta e furia, ma rallentai prima di raggiungere il corridoio: non volevo di certo fargli vedere che mi faceva piacere rivederlo.
 «Ciao» dissi impassibile, mostrandomi fredda. 
«Ciao» rispose lui mentre mi dava un bacio sulla guancia per salutarmi.
 Non sapevo come definire quello che provassi quando sentivo le sue labbra sulla mia pelle, l’unica cosa certa è, che sentivo il sangue salire sulle mie guance e il cuore battere all’impazzata. 
Non l’avrei mai ammesso però, chiunque mi conosceva, sapeva bene che ero una persona testarda e orgogliosa; ammettere che mi fossi lentamente innamorata di Louis, sarebbe stata come una pugnalata alle spalle. 
Appena mia madre trascinò in cucina tutti quanti, prima di seguirli, Louis mi mise una mano sulla spalla.
 «Comunque, un consiglio da amico: usa una crema per il viso, hai i pori così dilatati che sembri un’arancia….- Poi aggiunse qualcosa sottovoce, che riuscii purtroppo a cogliere lo stesso - … e poi ti chiedi perché non hai un ragazzo…» 
Crack.

14 Maggio  2013
Uchiha94: Ciao! Scusa il disturbo, ho visto i tuoi disegni, sei veramente brava!
Sakura_Uchiha97: Ehi! Ciao! Grazie mille!
 
Mi piaceva disegnare e fare ritratti per poi postarli su Deviantart, uno dei siti più popolari sulla grafica. Era una specie di social che frequentavo da circa un anno e avevo pubblicato più di cento disegni.
Deviantart: un nuovo messaggio.
 
Uchiha94: Dal tuo nick deduco che sei fan di Naruto
Sakura_Uchiha97: Puoi scommetterci! E penso di non essere la sola!
Uchiha94: Certo che non sei sola! Sono un appassionato di anime e manga. Ps= complimenti anche per i disegni su One Piece!
Sakura_Uchiha97: Arigatou!Anche a me piacciono molto gli anime ed i manga. Che mi dici di Fairy Tail?
Uchiha94: Sono un fan accanito! Comunque piacere, mi chiamo Shane
Sakura_Uchiha97: Piacere di conoscerti, io mi chiamo Sara
 
E dopo una lunga conversazione, durata due giorni, su Naruto e One Piece, avevo scoperto che era un appassionato di saghe fantasy e cinema. Fu inevitabile fare amicizia in poco tempo e scambiarci i numeri.
 
 
30 Giugno 2013

«Mi domando perché devo portare io il tuo cane a spasso!» chiesi con fare scocciato, accarezzando il piccolo barboncino bianco di razza pura, che Charlotte aveva comprato quell’anno.
La famiglia di Louis era ricca sfondata: zia Johannah era un’ereditiera con moltissime proprietà, possedeva persino la spiaggia in cui trascorrevamo insieme ogni estate.

«Lizzie! - disse Louis iniziando a correre – Vieni qui bella!»
La cagnolina, iniziò a scodinzolare e percorrendo velocemente il marciapiede del lungo mare, raggiunse il padrone davanti l’entrata della spiaggia privata.
Dopo poco arrivai anche io, che per evitare di rovinarmi le scarpette e il trucco, avevo continuato a camminare.
Siesta Beach era uno dei luoghi che amavo e a cui ero legata di più: i miei nonni avevano comprato una grandissima villa da cinquant’anni e come la tradizione voleva, io e la mia famiglia passavamo le vacanze con loro.
Gli ex signori Tomlinson, avevano acquistato tantissimo tempo fa, un mega villone con spiaggia privata e piscina, proprio per stare con i miei genitori. Mi tornò subito in mente quando zio Mark insegnava a me e Louis, i più grandi, a surfare mentre le sorelle più piccole, costruivano i castelli a riva.
Pensando che non avrei più riavuto quei momenti, con malinconia mi andai a sedere accanto a Louis, che steso sulla sabbia guardava il tramonto.

«Odio questa spiaggia» disse con voce atona mentre prendeva l’accendino e il pacchetto di sigarette dalla tasca dei bermuda.
«Io odio quando fumi»
«Dico sul serio – continuò ignorandomi – Se non fosse per mia madre e mia sorella, l’estate andrei in qualche villaggio turistico con i miei amici, invece di annoiami qui»
Crack.
 
 
8 Ottobre 2013
Whatsapp: Shane Kun ti ha mandato due messaggi.

«Mi spieghi a chi cavolo scrivi?! » chiese Louis, inarcando il sopracciglio e avvicinando il viso al mio cellulare.
Io gli mostrai la chat e lui fece una smorfia
«Ah… - disse – il ragazzo che studia medicina a Washington »
Mi sentivo fiera a parlare di Shane, Shane Harper, uno dei ragazzi più meravigliosi di questo mondo: il più intelligente, simpatico, aperto, dolce e gentile che avessi mai visto.
Certo, non era bellissimo, aveva un volto particolare ma tutto sommato, era carino.

«Mi domando perché perdi tempo con un carciofo del genere»
Mi lasciai scappare una risatina, irritata: «Disse quello che cambia ragazza, come se fossero mutande»
Dopo averlo mandato a farsi fottere mentalmente scesi in cucina, sperando che dopo quel giorno, mia madre la smettesse di invitare i Tomlinson a casa. Specialmente di invitare Louis.
 
 
31 Dicembre 2013
Un altro capodanno passato con i Tomlinson a Siesta Beach. Avrei tanto voluto prendere il primo aereo per Washington e passare il mio tempo con Shane ma non ero ancora maggiorenne e non avevo il permesso di fare viaggi senza genitori, figuriamoci da sola.
Inutile dire che i party che organizzava zia Johannah, erano pieni di gente e alcolici,  le persone facevano quello che volevano e con la musica a palla non si capiva quasi nulla.
Per fortuna con me c’era Charlotte, che sotto l’effetto di due bottiglie intere di birra si era buttata nella mini pista in sala hobby ed avevamo iniziato a ballare strusciandoci contro il primo che capitava.
Grazie al cielo, i miei genitori e tutti gli adulti si trovavano in spiaggia a preparare i fuochi d’artificio mentre le mie sorelle ed alcune ragazzine preparavano le lanterne e le stelle filanti.

«10!9!8!..»
Il conto alla rovescia stava iniziando. Dopo aver guardato Johannah tracannarsi l’ennesimo bicchiere di champagne e barcollare in piedi per quanto era strafatta, mandai un messaggio d’auguri a Shane, che ormai era diventato il mio migliore amico.
‘Altro che quel coglione di Louis!’ pensai  guardandolo  dalla finestra mentre spaccava una bottiglia di birra sulla ringhiera del suo terrazzo, facendo ridere di gusto tutti i suoi amici deficienti.
Raggiunsi Lottie che giaceva sul divano, troppo stanca per continuare a ballare e mi sedetti accanto a lei con due bicchieri di vodka in mano.

«3!…2!...» Le avvicinai l’altro bicchiere ma lei rifiutò con un cenno e chiuse gli occhi addormentandosi.
 
1 Gennaio 2014

«Buon anno a me» dissi a me stessa nonostante la mia voce venne coperta dalla musica mentre mandavo giù l’alcool.
Quello stronzo di Louis mi trattava malissimo. Da due anni, proprio quando io avevo iniziato ad apprezzarlo, lui mi trattava come se fossi un vecchio giocattolo: un attimo prima, in preda ai ricordi, era tutto gentile e premuroso, l’attimo dopo, per motivi ignoti, sfoggiava tutta la sua maleducazione e menefreghismo.
Arrabbiata per la situazione in cui mi trovavo, presi il bicchiere destinato a Charlotte e lo mandai giù con foga mentre osservavo quel cazzone divertirsi con gli amici.
Il mio sguardo rabbioso si posò su una vecchia foto di me e Louis in braccio alle nostre mamme e pervasa dalla malinconia, decisi di salire in camera sua, per prendere l’album delle foto di zio Mark che teneva sotto il letto.
‘Che divertimento’ pensai sarcastica, rendendomi conto che tutto l’alcool che avevo bevuto invece di rendermi più allegra e spigliata, mi stava inducendo in una strana sonnolenza.
Arrivai nella stanza di Louis e sdraiandomi per terra sul tappeto, cominciai a rivivere grazie a delle foto, tutti i momenti che i Tomlinson ed i Griffin avevano vissuto insieme fino al 2009.
All’inizio dell’album, c’era la dedica che zio Mark aveva scritto a Louis quando glielo regalò per il suo compleanno. Mi scappò un sorriso triste ed iniziai a sfogliare le pagine.
Mi chiedevo davvero che cosa fosse cambiato. Perché i signori Tomlinson avevano divorziato?
Perché zio Mark era andato a vivere in Canada da quasi quattro anni e tornava raramente, solo per le grandi occasioni?
Perché Louis da che mi sbavava dietro, era diventato un coglione che si comportava con me peggio della canzone ‘Hot n’ Cold’ di Katy Perry?
In fondo però, non gli potevo dare tutte le colpe di quello che magari, stava succedendo solo nella mia testa.
Ero stata io a dirgli di lasciarmi stare, ed ero sempre io che mi comportavo come una stronza, rispondendogli male e che cambiava per prima, umore ogni cinque secondi.
Cos’eravamo io e lui? Migliori amici? Mai stati, non avevamo nulla in comune e litigavamo troppe volte. Eravamo solo due persone, che si conoscevano fin dall’infanzia per via dei genitori, e sempre grazie a quest’ultimi rimanevamo in contatto. Ero sicura, che se fosse stato per entrambi, non ci saremmo più visti.
Non sapevo allora come spiegare, l’agitazione che provavo quando sentivo qualcuno pronunciare il suo nome, il mio cuore che smetteva di battere ogni volta che si avvicinava, mi guardava o mi chiamava, le guance che si imporporavano quando mi faceva un complimento, la rabbia distruttiva che provavo quando litigavamo e la tristezza quando pensavo che il rapporto che avevamo era uno schifo.
Non era colpa sua, se ogni volta che venivo a sapere delle sue ragazze, mi ingelosivo pensando ‘Cos’hanno loro che io non ho, per essere notate da Louis?’.
Non era colpa sua, se io avevo desiderato troppo tardi di essere il suo primo bacio e mi ero ritrovata a rifiutare qualsiasi altro ragazzo che ci provava con me.
Non era colpa sua, se mi ero innamorata di lui e a lui non importava nulla.
 
 
Mi svegliai intontita, aprendo lentamente gli occhi, credendo di risvegliarmi nella mia stanza.
Pareti celesti azzurre chiaro, foto della squadra di palla a nuoto sul comodino, letto a due piazze con le coperte blu, arredamento semplice e spoglio: la camera di Louis.
‘Cosa ci faccio qui?!’ pensai scostando le lenzuola e alzandomi così velocemente da avere le vertigini.
Qualcosa cadde per terra e quando mi chinai a raccoglierlo, capii cos’era successo ed ipotizzai di essermi addormentata mentre guardavo le fotografie e che qualcuno mi aveva spostato sul letto, invece che svegliarmi.
Mi sdraiai di nuovo per via del lieve mal di testa. Ringraziai il cielo, per non aver esagerato con la birra e lo champagne.
Chissà cos’aveva fatto Louis, si era ubriacato insieme ai suoi amici? Si era divertito?
Sperai con tutto il mio cuore, che a spostarmi nel letto, non fosse stato lui.
Guardai l’orario dal cellulare e mi resi conto che se non sentivo nessun rumore provenire dalla casa, era perché probabilmente stavano ancora dormendo tutti, nonostante la luce del mattino, passava per la finestra, illuminando la stanza.
Mandai un messaggio a mia madre, che magari era ne già al corrente, scrivendole che mi trovavo a casa di zia Johannah e che sarei tornata a casa per pranzo.
Sentivo il profumo di Louis inondarmi le narici e le sue coperte, mi avvolgevano calde e accoglienti, mentre riaprivo l’album per continuare a guardare le foto. In fondo, stare nel suo letto non era così male.
Sfogliai lentamente le pagine, soffermandomi sull’anno 2005. L’anno in cui Louis si era  ‘dichiarato’ ed io come una sciocca gli avevo proposto di rifarmi la proposta nove anni dopo.
‘Magari se lo ricorda’ pensai con una smorfia nostalgica.
Scossi la testa. Come poteva ricordarsi di una cosa del genere?
Per come mi trattava, era certo che aveva eliminato dalla sua testa tutti i ricordi che avevamo.
Passai alla pagina successiva, chiedendomi cosa sarebbe successo se quel giorno, invece di spostarmi, gli avessi preso la mano e ricambiato il bacetto che stava per darmi.
Fu proprio in quel momento, che qualcosa scivolò sul mio petto: un foglietto.
Riconobbi la grafia di Louis e lessi curiosa il contenuto.
‘Per stavolta chiudo un occhio.        
Lo sai che è maleducazione farsi gli affari altrui?’
 
 
 9 Marzo 2014
Tenevo in grembo il piccolo pacco  bianco decorato con nastrini rosa qua e la, chiedendomi per quale motivo Shane non voleva che l’aprissi subito.
‘Sentiamoci su Skype domani’ recitava il messaggio di Whatsapp.
Che dolce che era, ci conoscevamo da quasi un anno tramite internet senza mai esserci visti dal vivo, eppure, mi aveva fatto un regalo per il mio compleanno.
Adoravo Shane, lui mi capiva al volo, diceva sempre le cose giuste al momento giusto e nonostante fosse costantemente impegnato a studiare, riusciva sempre a trovare un po’ di tempo per fare una video chat con me.
La prima volta che lo vidi in foto, pensai subito che fosse un bel ragazzo e mi sembrava troppo strano che oltre ad avere un aspetto piacevole fosse una persona seria ed intelligente.
Aveva i capelli scuri, in contrasto con gli occhi grigi e dei lineamenti gradevoli, nonostante fossero leggermente spigolosi.
Shane era pieno di pregi, spesso mi chiedevo se fosse finto e come faceva a stare con una come me, che al contrario ero brutta, stupida e a volte anche un po’ maleducata.
Era da poco però, che avevo iniziato ad arrossire quando mi faceva i complimenti o aspettare con ansia i suoi messaggi.
Una parte di me, avrebbe voluto prendere il primo aereo per Washington per stare con lui e magari diventare qualcosa di più che amici ma…una piccola, ma fastidiosa, altra parte di me diceva che Shane non era abbastanza, che gli mancava qualcosa per farmi innamorare davvero di lui e non si trattava della distanza da casa.
 
«Ho invitato i Tomlinson per il tuo compleanno» m’informò mia madre, mentre stavo per leggere la risposta che Shane aveva scritto al mio messaggio.
‘Non vedo l’ora di vederti, voglio dirti qualcosa di importante’

«Sempre con quel cellulare!» aveva aggiunto mia sorella Jessica seguendo mia madre in cucina.
Ignorai tutto e tutti, incuriosita da ciò che sarebbe successo domani con Shane. Non sapevo cosa aspettarmi, ma conoscendolo, lui mi avrebbe sicuramente reso felice.
 
10 Marzo 2014
Giorno del mio compleanno. Come al solito, mia madre aveva organizzato una festa con i parenti senza il mio permesso ed i Tomlinson erano arrivati in ritardo.
Avevo festeggiato i miei diciotto anni il sabato precedente, visto che il mio compleanno cadeva proprio di lunedì e la maggior parte dei miei amici doveva studiare per gli esami.
Non avevo fatto nulla di che, avevo invitato dieci amici in pizzeria per una serata tranquilla. Non ero un tipo da super party come mia zia Johannah e quello scapestrato di suo figlio.
Inutile dire, che non mi divertii molto, l’unica che mi teneva compagnia mentre mia nonna raccontava barzellette su mio padre, era Charlotte, che al contrario di suo fratello, era felice di parlare con me, invece che stare sempre col telefono in mano.
La sera, appena i primi ospiti cominciarono a tornare a casa, ignorai Louis e il resto degli invitati per chiudermi in camera mia e fare la chiamata con Shane.
Ero così contenta che fosse arrivato il momento di prendere il suo regalo e scoprire cosa mi avesse regalato e cosa volesse dirmi, che per poco non inciampai sul tappeto mentre mi muovevo velocemente.
Chiamata da Shane kun in arrivo’ lessi sullo schermo del mio computer mentre mi sedevo a gambe incrociate sul letto.
Cliccai su accetta e cercai di sistemarmi i capelli, prima che la webcam si accendesse.

«Come al solito sei bellissima»
Arrossii, portandomi una ciocca dietro i capelli.
«Auguri!»
Dopo averlo ringraziato, gli mostrai il suo regalo e gli chiesi se finalmente potevo aprirlo e sapere cosa voleva dirmi di così importante.
Sciolsi tutti i fiocchi con cura, cercando di non fare movimenti troppo bruschi e risultare impacciata davanti a lui, che ripeteva ogni tanto ‘Spero ti piaccia’,’Se non ti piace dimmelo’, ‘Posso comprati un’altra cosa’.
Infine alzai il coperchio della scatola, e tirai fuori una collanina d’argento con un ciondolo a forma di ‘S’.

«È … è bellissima!» esclamai con un sorriso, mentre la alzavo in alto e ammiravo il piccolo brillantino rosa, nella parte superiore della lettera.
«Abbraccio virtuale» dissi avvicinandomi a braccia aperte verso la webcam.
«C’è… c’è… anche un biglietto in fondo…» m’informò con una lieve sfumatura di imbarazzo e mi chiesi se quel leggero rossore sulle sue guance fosse reale oppure era la telecamera che sfarfallava.
Presi nuovamente la scatola e mi accorsi che effettivamente c’era un piccolo foglietto  ripiegato al suo interno.
Incuriosita, lo presi in mano per  aprirlo e leggere il contenuto.
Ero pronta a leggere qualcosa tipo ‘felice compleanno’ o ‘adesso sei maggiorenne, goditi la vita’ e non una frase fandom style, come piacevano a me, legata ad Hunger Games:
‘Vuoi essere la mia ragazza? Vero o Falso?’

«Ho due biglietti per il concerto di Justin Bieber!» esclamò qualcuno entrando nella mia stanza e aprendo la porta, sventolando due pezzi di carta.
Se da una parte avevo un bellissimo e dolce ragazzo che mi stava chiedendo in video chat di mettermi con lui, dall’altra avevo un completo rompipalle che mi stava dando l’opportunità di andare al concerto di uno dei miei artisti preferiti. A chi rispondere per primo?
Guardai Shane che sembrava essere diventato ancora più rosso di prima e poi guardai Louis, che dopo aver sbirciato cosa stavo facendo al computer aveva fatto una smorfia scocciata.

«Ehm… Shane…ecco io…»
Cosa gli avrei risposto?
«Mi piacerebbe molto diventare la tua ragazza… - In quel momento, evidenziando quelle parole, ero certa di aver attirato l’attenzione di Louis - … ma …»
Respirai profondamente, non era quella la situazione giusta per parlare di fidanzamenti.
«… Non ci siamo mai visti e la distanza… insomma… Tu mi piaci, e anche tanto… solo che…»
«Senti amico – Louis si mise davanti alla telecamera – Oggi magari non è il caso di fare certe proposte. Tu sei maggiorenne no? Allora prendi il primo aereo per NewYork e vieni a chiederglielo di persona»
«Hai ragione» Fu tutto quello che riuscì a dire Shane, che sicuramente voleva sparire.
Mi sentivo in colpa per averlo trattato in quel modo, avrei voluto dargli una risposta migliore, ma la presenza di Louis mi bloccava.
Rimanemmo tutti e tre in silenzio, con Louis che sbandierava i biglietti per il concerto di Bieber in talto, finchè la chiamata venne interrotta e Shane mi scrisse un messaggio: ‘Magari adesso non è il momento, ma voglio finire gli esami e venirti a trovare’
‘Shane, scusami’ risposi poggiando sul comodino la collana e digitando freneticamente sulla tastiera.
‘Non preoccuparti, ha ragione il tuo amico Louis, devo chiedertelo di persona e soprattutto, devo essere sicuro al cento per cento di piacerti’
Cosa gli avrei scritto? Rimasi a guardare la chat, indecisa sulla mia risposta.

«Una collana? Ma questo fa sul serio? – commentò Louis divertito mentre si rigirava il ciondolo fra le dita – Che regalo banale!»
‘Non preoccuparti, - aggiunse Shane – ne riparliamo dopo’
«Sei uno stronzo!» urlai mentre mi alzavo in piedi per colpirlo.
«Il mio regalo è sicuramente migliore del suo» commentò, parando il ceffone che stavo per dargli.
Sbuffai e mi risedetti in silenzio sul letto e Louis, che come al solito pensava di stare a casa sua, spostò il computer portatile sulla mia scrivania e si sedette accanto a me.

«Ti ho comprato i biglietti per il concerto del frocetto che ti piace tanto»
«Non è gay!» gli urlai, dandogli un pugno sulla spalla.
Lui ridacchiando, mi passò i biglietti ed iniziai a leggere le informazioni che contenevano:
’21 Agosto, Toronto…’

«Ma dovrei andare in Canada!» esclamai con aria interrogativa. Ero contenta che mi avesse regalato quei biglietti, sicuramente era uno dei regali migliori che avevo ricevuto, ma ancora non sapevo come organizzarmi e chi invitare.
«Sei maggiorenne no? – rispose riprendendo i biglietti in mano – Non sarà un problema»
Continuai a guardarlo di sbieco mentre mentalmente cercavo qualche amica, fan di Justin che avrebbe sicuramente accettato di buon grado il mio invito.
«L’hotel, il volo e tutto quanto sono stati prenotati da mia madre e tuo padre ci ha già dato il permesso» aggiunse lui con un sorrisetto che non riuscii a cogliere subito.
«Aspetta … - mormorai analizzando le sue parole – hai detto ci? Noi due?!» esclamai  spalancando gli occhi.
«I tuoi genitori non ti avrebbero mandato da sola insieme a qualche tua amica, sei un’irresponsabile, così mi sono offerto volontario» rispose pacato, ma nonostante si mostrasse così  calmo, io lo trovavo irritante.
«Certo – risposi acida – Perché tu invece sei responsabile!»
«Tuo padre non la pensava in questo modo quando ha detto: ‘Certo Louis, sicuramente se nostra figlia viene con te è in buone mani’»
«Mio padre non ha detto questo!> ribattei, mettendomi le mani sui fianchi.
«È vero – disse trattenendo una risata – ma comunque i tuoi genitori si fidano di me e ti lascerebbero  andare al concerto solo con il sottoscritto»
Su quello che aveva appena detto, potevo credergli, nonostante fumasse e si comportasse da completo idiota, lui agli occhi dei miei genitori, appariva come il ragazzo perfetto: media alta a scuola(cosa che non riuscivo a spiegarmi), famiglia ricca, ragazzo ben educato(Solo davanti a chi gli pareva) e serio.
«Allora? – chiese – accetti, o devo regalare tutto a qualcun altro?»
Odiavo quella specie di ricatto. O lui e Justin oppure rimanevo a mani vuote. Louis era davvero insopportabile a volte ma da una parte, rimanere da sola con lui non mi sembrava una cattiva idea.
Decisi di accettare, ma per non abbassarmi ai suoi livelli o mostrarmi debole decisi di fargli promettere qualcosa.

«Accetterò di venire con te, solo se prometti che ti comporterai bene e non chiamerai mai più Justin frocio.»
«Lo prometto» disse con fare solenne mentre si portava la mano sul cuore.
«In questo caso… andremo al concerto insieme.»
 
 
14 Maggio 2014
‘Sakura Chan, devo darti una buona notizia’
Adoravo quando Shane mi chiamava Sakura, così nella mia risposta inserii un sacco di cuoricini e smile.
Dal giorno del mio compleanno, qualcosa era cambiato e lui si comportava diversamente, era più presente, si comportava come se volesse davvero essere il mio ragazzo, e nonostante il nostro fosse un rapporto a distanza, stavo iniziando ad apprezzare la sua proposta.
Guardai i biglietti del concerto di Justin. Shane mi piaceva molto, ma ero disposta ad accettare sul serio di diventare la sua ragazza?
‘A Settembre, mi trasferisco a New York’
Panico.
 
20 Agosto 2014   

«Questi sono i nostri posti» disse Louis indicando due poltrone rosse davanti a noi.
Come al solito, zia Johannah aveva speso una cifra ingente per i biglietti in prima classe, l’hotel davanti all’Ari Canada Center e tutte piccole accortezze che Louis, orgoglioso com’era, non mi avrebbe mai fatto ricambiare. Sapevo che era un regalo di compleanno, il mio diciottesimo compleanno, ma davvero c’era bisogno di farmi un regalo del genere?
Per di più, a distanza di un mese dalla partenza, avevo scoperto che in realtà non starei andata solo al concerto ma, avrei visitato per una settimana intera tutta la città di Toronto.
Io e Louis. Da soli.
Louis si sedette vicino al finestrino e senza aggiungere altro inviò gli ultimi messaggi prima che l’aereo decollasse.

«Scrivi alla tua ragazza?» chiesi prendendo posto.
«Sei gelosa?» chiese di rimando senza staccare gli occhi dal suo Iphone.
Arrabbiata, smisi di parlare e decisi di ignorarlo.
Passavano i minuti, e nonostante cercasse di attaccare bottone, io continuai a far finta che non esistesse mentre facevo finta di leggere la rivista che mi aveva passato l’hostess.

«E comunque … - disse una voce lontana – non ho una ragazza»
Mi sentii subito sollevata, avrei voluto sorridere ma ero troppo stanca ed intorpidita per farlo.
 
Qualcuno iniziò a scuotermi le spalle, sempre più insistentemente, mentre io continuavo a strusciare la testa sul mio cuscino e stringerlo con un braccio.

«So che sono comodo, però adesso devi svegliarti» sentii appena quelle parole, non intendevo svegliarmi.
«Sara, Sakura, o come cazzo vuoi farti chiamare – urlò al mio orecchio – l’aereo  è atterrato, ti vuoi svegliare?!»
Spalancai immediatamente gli occhi, mi ritrovai con la testa sopra la spalla di Louis e il braccio intorno alla sua vita.
Mi scostai subito arrossendo e lui come al solito, per aumentare il mio imbarazzo, mi fece notare una macchietta sulla sua camicia, dicendo che gli avevo anche sbavato addosso mentre dormivo.
Da quel momento, a parte uno ‘scusami’ sussurrato nel pieno della vergogna, non dissi più niente, scaricammo le valigie senza rivolgerci la parola, prendemmo un taxi fino all’hotel dicendo solo lo stretto indispensabile.
Mi sentivo così in imbarazzo, che avevo paura di interagire con lui. Conoscendolo mi avrebbe ricordato per sempre che mi ero addormentata su di lui e avevo anche sbavato.
Arrivammo all’hotel verso la sera, Louis si fermò da Burger King e mi offrì la cena. Quanto lo odiavo quando faceva così: faceva finta di essere un bravo ragazzo e di preoccuparsi per me, quando invece era un drogato del cazzo che da un momento all’altro mi avrebbe trattato come un rifiuto.
Trascinando svogliatamente la mia valigia, che ovviamente Louis non aveva voluto portare al mio posto, lo seguii mentre si dirigeva verso la reception.
Avevo già capito dall’imponenza dell’esterno dell’edificio, che zia Johannah non aveva badato a spese neanche per l’albergo.
La hall era una stanza ampia e ben decorata con poltrone di velluto bianco e tappeti rossi con rifiniture color oro.
Sulla destra, appena entrati, c’era un grande bancone color panna, dietro il quale tre segretarie si davano da fare per servire i vari clienti.
Sperai al più presto che Louis, ottenesse subito le chiavi della camera perché stavo morendo di sonno e non so per quanto sarei riuscita a trascinarmi dietro la valigia.

«Come prego? – disse Louis, alzando la voce, ma mantenendo quell’odioso tono pacato da bravo ragazzo, che usava con gli adulti – Sul sito c’era scritto chiaramente che la camera doppia, poteva  avere anche i letti separati»
Quella frase mi fece insospettire, così contro voglia mi avvicinai per sentire la risposta della receptionist.
«Mi dispiace signore, ma abbiamo solo stanze doppie con letti matrimoniali»
Letti matrimoniali? Oh no.
Non avrei dormito con lui per niente al mondo, anzi sì, io volevo dormire con lui, volevo che mi abbracciasse, e che tenesse stretta contro di lui, ma di sicuro  non gliel’avrei mai detto.

«Letti matrimoniali? – gli afferrai la spalla scuotendolo – che razza di storia è questa?!»
«Tranquilla – rispose scocciato – la mia voglia di dormire con te è pari a zero»
Lo sapevo, era stato si troppo gentile prima, adesso mi  avrei dovuto sopportare la parte in cui mi trattava come se fossi uno scarto.
«Inoltre non ho intenzione di dormire per terra» aggiunse per poi voltarsi e prendere il mazzo di chiavi sul bancone.
«Tieni – me lo porse – tu intanto va in camera, io provo a risolvere la situazione»
 
Dopo aver chiesto ad un facchino come si arrivava alla stanza 212  e ad un signore che passava per caso, come si apriva la porta, facendo una figuraccia, finalmente riuscii ad entrare.
Mi tolsi le scarpe e sentii la moquette morbida sotto i piedi mentre ammiravo l’arredamento in avorio stile ottocentesco: al centro c’era un letto matrimoniale enorme pieno di cuscini rossi e marrone mattone con ai lati due piccoli comodini in legno, contro la parete c’era un armadio e una specie di scrivania con sopra la televisione. Avevamo persino il bagno in camera!
Speravo che gli inconvenienti  fossero finiti lì, invece, appena aprii la valigia mi resi conto di non avere il pigiama.
‘Perfetto’ sospirai scocciata ‘Non può andare peggio di così’
Presi il cellulare e controllai se Shane mi aveva mandato un messaggio.
Da quanto mia sorella gli aveva detto per sbaglio, che sarei andata al concerto di Justin insieme a Louis, aveva smesso di scrivermi. Tutto era iniziato con conversazioni che duravano sempre di meno, lui rispondeva a monosillabe ed io, dopo un po’, esaurivo le domande.
Infine, era da una settimana che avevo smesso di scrivergli per metterlo alla prova, e lui non mi aveva mai contattato.
Infondo Shane aveva tutte le ragioni del mondo se voleva smettere di stare con me. Allora perché una parte di me si stupiva ogni giorno, quando la casella dei messaggi era vuota?
Mi aveva confessato di provare qualcosa e tutto quello che avevo fatto, era stato rimandare tutto e accettare di andare una settimana a Toronto con un altro ragazzo.
Io proprio non avevo idea di come comportarmi con i ragazzi, ero certa che sarei morta in una casa con quaranta gatti. A diciotto anni senza primo bacio, ero davvero una sfigata irrecuperabile.
Mi chiedevo, mentre mi mettevo una felpa lunga come pigiama, quale fosse stato il motivo, per cui ogni volta che mi si presentava l’occasione di mettermi con qualcuno, io mandavo tutto a rotoli inventando scuse.
Perché non riuscivo ad affrontare chi mi piaceva? Perché ogni volta scappavo?
Mi infilai svelta nel letto, per evitare che Louis mi vedesse con mezzo sedere di fuori e una felpa larga come pigiama e cercai di dormire.
Dopo poco, sentii dei passi venire dal corridoio, poi il rumore delle chiavi dentro la serratura ed infine la porta si aprii, rivelando un Louis stanco e disordinato che trascinava svogliato la sua valigia.

«Tanto lo so che non stai dormendo, apri gli occhi»
Arrossii da sotto le coperte e decisi di uscire allo scoperto, facendolo ridere di gusto.
«La solita cretina»
Stranamente, invece di rispondergli con un ‘testa di cazzo’, gli sorrisi e mi rinascosi sotto le lenzuola.
‘Questo è un grande passo avanti’ dissi a me stessa.

«Comunque… non sono riuscito a trovare un’altra stanza- m’informo mentre sentivo il rumore di una zip aprirsi – E non chiedermi di dormire per terra perché non lo farò»
Rimasi in silenzio e lasciai che disfacesse le sue valigie mentre io provavo ad addormentarmi.
 
Era da parecchio tempo che non sentivo rumori o che Louis non proferiva parola,così, visto che non ero riuscita a prender sonno, decisi di levarmi le coperte da sopra la testa e vedere dov’era finito.
Illuminato dalla luce fioca del comodino, lo trovai seduto sul bordo del letto, mentre si levava lentamente la maglietta, poi si alzò e si tolse alla bell’è meglio i pantaloni, rimanendo i boxer.
Lui, così … così maledettamente bello e attraente, avrebbe dormito con me?
Tirai ancor di più le coperte ma facendo così attirai la sua attenzione: «Scusami, non volevo svegliarmi
» disse arrossendo leggermente.
‘Se ti devo trovare così, puoi svegliarmi tutte le volte’ pensai, sentendo il cuore iniziare a battermi sempre più velocemente.

«Ti metti il pigiama o hai intenzione di rimanere mezzo nudo nel letto?» come al solito, le buone maniere non erano il mio forte.
Louis non disse niente, si limitò a scostare le coperte, spegnere la luce e sdraiarsi al bordo del letto dandomi la schiena.
Dopo dieci minuti di silenzio assoluto, capii che non ne valeva la pena di rimanere sveglia per vedere se mi avrebbe detto qualcosa, ma non era facile addormentarsi col cuore che batteva a mille.

«Senti – esordì senza girarsi – lo so che non mi sopporti e che non ti aspettavi di dormire con me, ma ho fatto il possibile per convincere quelli della reception a fare qualcosa…»
«Non fa niente…» lo interruppi, sorpresa dalle sue parole.
‘Lo so che non mi sopporti’

«Come fai a dire che non ti sopporto?» gli chiesi incuriosita, mentre sentivo una strana ansia crescermi nel petto man mano che aspettavo una risposta.
«Lo vedo dal modo in cui mi tratti – si girò verso di me e proseguì incerto– mi rispondi sempre male, sei sempre scocciata quando arrivo a casa tua e…»
«Ti sbagli invece, - mi sentii in dovere di dire qualcosa - io ti voglio bene»
«Bel modo di dimostrarlo» aggiunse sarcastico.
«Certo, perché tu mi tratti meglio. – mi avvicinai a lui, colta da una rabbia improvvisa – mi ignori sempre, mi dici cose cattive, mi prendi spesso in giro…»
«Scusami»mormorò lievemente, facendomi sentire meglio.
«Scusami anche tu» non aveva senso rispondergli male, magari se iniziavo a trattarlo meglio, anche lui avrebbe smesso di fare lo stronzo.
«Sei molto più sopportabile, quando non ti comporti come se non ti avessero ucciso il gatto»
«Idiota» esclamai alzando il braccio ed iniziando a dare pugni alla cieca.
Ad un tratto Louis mi bloccò il polso e mi trascinò verso di se.

«Non te la prendere brontolona!- esclamò ridacchiando. - sappi però, che ci rimango davvero male quando litighiamo»
aggiunse serio.
Quando fui abbastanza vicina, mi abbracciò come aveva fatto due anni prima a casa una e mi ritrovai con la testa sopra il suo petto e le mie gambe che si scontravano con le sue, provocandomi brividi e ‘arresti cardiaci’ di tanto in tanto.
Non mi sembrava neanche vero ritrovarmi abbracciata da lui dentro un letto, in una situazione così intima.
Desideravo così tanto essere la sua ragazza e che lui solo mio.
In quel momento ero combattuta da un senso di felicità e tristezza, felicità perché finalmente quello che stavo aspettando, stava accadendo e tristezza, perché sapevo che mancava qualcosa  e non ero sicura che sarebbe andato tutto come volevo.
Alla fine, dopo aver sciolto l’abbraccio, Louis mi augurò la buona notte e ci addormentammo.
 
21 Agosto 2014
«Troppo piccoli?» chiese confuso allontanandosi.
«Sì, abbiamo solo nove anni.»
«Quindi cosa facciamo?»
«Beh – Cosa gli avrei risposto?- chiedimelo fra nove anni.»
L’immagine di Louis a diciotto anni cominciò a farsi sempre più nitida, sostituendo il volto paffutello del bambino davanti a me.
«Porca miseria, lo vuoi capire che mi devi baciare?!» esclamai, dandogli uno schiaffo.
«Non sono io che devo fare il primo passo, sei tu!» rispose lui, massaggiandosi la guancia.
«Secondo la tradizione, sono i ragazzi che si dichiarano – sbottai alzando un pugno al cielo – poi non ammetterò mai che sono innamorata di te!»
«E perché no?» chiese beffardo con un ghigno.
«Perché… perché… »

 

Iniziai a sentire una pressione sulla pancia e sulla schiena, svogliatamente schiusi le palpebre per vedere dove mi trovavo.
Il braccio di Louis mi avvolgeva protettivo e mi stringeva contro di se. Adoravo stare fra le sue braccia e sentirmi così vicina a lui, anche se sentivo qualcosa di strano spingere all’altezza del mio sedere.
‘Ti prego – pensai cominciando ad arrossire – fa che non sia quello che penso’
Cercai di divincolarmi dalla sua presa o di alzare le coperte per vedere cosa ‘fosse successo’, ma mi stringeva così forte, che qualsiasi tentativo di spostarmi sarebbe stato inutile.
Svegliarlo e farmi trovare sveglia, consapevole di cosa aveva fra le gambe, l’avrebbe di sicuro fatto sprofondare nell’imbarazzo più totale.
Decisi allora di provare a riaddormentarmi e aspettare che lui si alzasse e si sistemasse, prima che io potessi svegliarmi.
Come previsto, la seconda ipotesi, si dimostrò la migliore: dopo un quarto d’ora lo sentii svegliarsi e ringraziai il cielo che la mia attesa fosse terminata.
Louis non fece nulla di particolare inizialmente, lo sentii solo sospirare rumorosamente prima di darmi un bacetto sulla guancia e mettersi a sedere sul letto.
Sperai con tutto il mio cuore di non essere arrossita e che il mio battito non si sentisse troppo, altrimenti Louis mi avrebbe scoperto.
Poco dopo, lo sentii imprecare: «Cazzo – si alzò dal letto – perché proprio stamattina!?»
Aprii leggermente gli occhi e, senza farmi notare, lo seguii con lo sguardo mentre entrava in bagno di corsa con una mano sulla patta dei boxer.
Se mio padre fosse venuto a sapere di tutto questo avrebbe ucciso Louis seduta stante: lui, mezzo nudo, nello stesso letto con me, per di più con un’erezione mattutina.
Approfittai della situazione, per pulirmi alla bell’e meglio la faccia con le mani e di sistemarmi un pochino, in modo che quando Louis fosse tornato nella stanza, non mi avrebbe trovato troppo in disordine.
‘Perché succede tutte a me?’ sospirai profondamente e mi rigirai nelle coperte.
Improvvisamente, udii il rumore dello sciacquone e la porta del bagno si aprì.
‘Chiudi gli occhi, sta zitta e respira regolarmente’ mi ordinai mentre i suoi passi si facevano sempre più vicini.
Sentii il rumore del suo cellulare che veniva riposto sul comodino e poi il letto si piegò un poco sotto il suo peso.
«Svegliati pigrona – disse mettendomi una mano sulla spalla – dobbiamo uscire e metterci in fila per prendere i posti migliori!»
Mi stava toccando. Non avevo sentito l’acqua del lavandino quando era andato in bagno.
«Maiale! – esclamai, gettandomi il più lontano possibile da lui – Te le sei lavate le mani?!»
Lui mi guardò confuso ma dopo qualche secondo parve capire e il suo viso diventò bordeaux.
«Io…» balbettò mordendosi le labbra.
«Non fa niente» esordii, alzandomi dal letto ed iniziando a prepararmi.
 
«Non capisco perché alcune ragazzine stiano già urlando e piangendo.» sbuffò Louis sistemandosi meglio il suo cappellino con la visiera.
Come al solito Louis mi aveva preso in giro per via della mia maglietta con scritto Bieber e le Supra viola, in occasione del concerto. Diceva che sembravo una deficiente ed io, per ripicca, gli avevo risposto che lui sembrava un barbone con quella maglietta bianca e quei  jeans fino al ginocchio.
Lo ignorai di nuovo e continuai a guardare la fila di persone davanti a noi, mi sarebbe davvero piaciuto andare un po’ più avanti ma non avevano ancora aperto i cancelli.
«Forza – mormorò avvicinandosi al mio orecchio- cerchiamo di superare un po’ di queste galline pazze per Bieber»
Mi prese per mano e, cominciando a sgomitare leggermente e senza farsi notare, riuscì a sorpassare una cinquantina di persone.
 
Inutile dire che quando i cancelli si aprirono ed alcune ragazze iniziarono ad urlare Louis iniziò a dirne di tutti i colori, chiedendosi per quale motivo si fosse lasciato trascinare in un casino del genere e fu inevitabile dargli un ceffone, dicendogli di piantarla.
Nonostante i nostri posti in platea non fossero numerati, grazie a Louis, riuscimmo ad arrivare abbastanza davanti.
Sentivo l’agitazione, l’emozione che ognuno provava pochi minuti prima dall’inizio del concerto, in quel momento ero felicissima di stare lì a sentire le canzoni di uno dei miei artisti preferiti, in compagnia del ragazzo di cui mi ero innamorata.
Ogni tanto mi lasciavo trasportare dalle fan di Justin che si lasciavano uscire urletti e, battendo le mani, cominciavano a fare cori divertenti.
Tutto il tempo passato in fila, per quanto fosse stato noioso e stressante, alla fine era servito a qualcosa.
Improvvisamente  le luci si spensero e sul mega-schermo posizionato in cima al palco comparve il conto alla rovescia.
Stranamente, anche quel brontolone di Louis si mostrò partecipe durante il concerto, battendo le mani, canticchiando i ritornelli di qualche canzone che conosceva e chiedendomi di tanto in tanto come stavo in mezzo a  quella folla di ragazzine urlanti.
Non c’era bisogno di chiedere se stavo bene, mi sentivo al settimo cielo.
 Ero certa che qualsiasi cosa fosse accaduta da quel momento in poi sarebbe stata solo positiva.
Cantavo, ballavo, saltellavo sul posto e finalmente Louis aveva piantato di fare commenti sarcastici su Justin e mi aveva preso anche per mano, unendosi ai miei cori.
«Devo dirti una cosa – disse Louis,  avvicinandosi al mio orecchio durante una pausa – io, volevo dirti che…»
Non capii le sue parole perché venne coperto dalle grida di alcune ragazzine, che al minimo cambio di luci si scatenavano come pazze. Sentii dire da alcune persone che lo staff di Bieber stava per scegliere la OLLG e mi lasciai scappare un: «Voglio salire sul palco e abbracciare Justin!».
«Che cosa?!» Esclamai subito dopo, rendendomi conto che Louis mi stava dicendo qualcosa.
Lui scosse la testa : «Sei bellissima stasera».
Un complimento? A me?
Il mio cuore cominciò a martellare più velocemente dentro il mio petto. Emozionata per il concerto e per il comportamento gentile di Louis, per un attimo pensai che sarei potuta svenire dalla felicità.
«Grazie» mormorai con un sorriso luminoso.
Le luci si spensero e si riaccesero parecchie volte e come previsto la canzone iniziò, ed io non ero stata scelta per nulla.
Provai a mettermi in punta di piedi, sgomitando qual e là per riuscire a vedere meglio, ma il mio tentativo fu inutile e Louis, accorgendosene, senza troppe cerimonie, mi fece salire sulle sue spalle.
«Sono pesante, dai …» provai ad oppormi anche se lui mi ignorò completamente mentre, senza sforzo, mi sollevava da terra.
Impacciata com’ero, mi strinsi forte a lui, che notando il mio disagio mi teneva saldamente le gambe.
«Grazie» gli sussurrai all’orecchio, una volta  presa confidenza con quella situazione.
Iniziai a cantare e dondolare piano le braccia, mentre una fan scelta fra il pubblico, entrava sul palco e si avvicinava a Justin.
Era davvero una scena dolcissima, vedere una ragazza così felice per aver realizzato il suo sogno che non feci a meno di pensare a che cosa sarebbe accaduto se io avessi realizzato il mio.
21 Agosto 2014, concerto di Justin Bieber, uno dei giorni migliori di sempre.
21 Agosto 2005, nove anni fa, io e Louis c’eravamo fatti una specie di promessa.
‘Non rovinare tutto’ dissi a me stessa ‘Questo è il momento’
«Louis – urlai per fami sentire – Fammi scendere!»
Delicatamente si abbassò piano e mettendomi le mani sui fianchi mi prese in braccio.
Prima che potesse mettermi a terra, avvicinai il mio viso al suo.
«Io non so se te lo ricordi – esordii con il cuore in gola – ma nove anni fa abbiamo lasciato un conto in sospeso»
Mi si inumidirono gli occhi per la troppa emozione e notando che sul suo viso si dipinse un sorriso,  mi avvicinai allacciandogli le braccia dietro il collo, per dargli il mio primo bacio.
 

 
 
#Kaizoku-ō ni orewà naru
traduzione per i babbani: 
Diventerò il re dei pirati. (Cit Monkey D. Rufy) 
(Ps= Si forza, fan di One Piece, sclerate pure perchè ho citato il nostro capitano preferito ahahah)

Ok, allora scusatemi se ci ho messo così tanto per pubblicarla, scusate gli errori, ho cercato di fare il possibile per far uscire una storia decente da postare il giorno del mio compleanno.
La trama non la commento, è una cosa troppo... Non mi va di parlarne. 
Come prestavolto ho scelto Louis, perchè essendo la storia molto personale ho deciso, di far interpretare tu sai chi, al membro degli One Direction a cui sono più affezionata.
In realtà il prestavolto del protagonista maschile sarebbe dovuto essere Joe Jonas, però vabbeh, non mi esprimo, sappiamo bene che se scrivo sui Jonas Brothers non mi caga nessuno ahha lol

Scusate se ci sono errori o altro, mi dispiace.Spero solo che vi piaccia e quindi se la storia vi  è piaciuta è sempre gradita una recensione, condivisione etc.. ahahhaha Ok, la smetto.
Ringrazio 
ohne_Namen_42 per aver revisionato la one shot.
Beh, il mio compleanno è passato, vi lascio con una foto del prestavolto di Shane e vi avviso che Shari la continuerò fra due settimane o una se tutto va bene,

Grazie a tutti per gli auguri e il supporto <3 
 



-Sara Scrive
 
   
 
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